Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, sezione n. 4, sentenza n. 414 depositata il 2 maggio 2023
La deducibilità delle spese di sponsorizzazione si fonda sul giudizio di inerenza, intesa in senso qualitativo, come correlazione tra costi ed attività imprenditoriale nel suo complesso. Non ha, invece, rilevanza, a tal fine, il rapporto tra costi sostenuti e ricavi, né l’omogeneità tra sponsorizzante e sponsorizzato rispetto all’attività svolta
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il contribuente, la S. L. spa, società operante nel settore del pellame, ebbe ad impugnare un avviso di accertamento relativo ad IRES, IVA ed IRAP 2010/2011 con il quale venivano recuperati a tassazione costi relativi a spese di sponsorizzazione in quanto ritenuti non inerenti. Il ricorso veniva rigettato dal CTP, la cui decisione, impugnata, trovava conferma, quanto alla valutazione di “non inerenza”, nella sentenza della CTR che basava il proprio convincimento sulla incongruità della spesa rispetto all’attività sponsorizzata oltre che sulla antieconomicità manifesta dei costi sostenuti. Contro tale decisione proponeva ricorso per Cassazione la società contribuente con due motivi, il secondo dei quali trovava accoglimento: in sostanza, il SC riteneva che il giudice di appello avesse correttamente fatto ricorso al principio dell’inerenza dei costi, facendone tuttavia cattivo uso nella applicazione concreta, posto che aveva assunto le sue conclusioni sulla base della sproporzione del costo assunto rispetto al potenziale ritorno economico offerto dalle manifestazioni sponsorizzate. La Corte quindi, dopo aver sottolineato – con ampie indicazioni della più recente giurisprudenza di legittimità – che la correlazione va effettuata tra costi ed attività imprenditoriale anziché tra costi e ricavi, come invece ritenuto dal Giudice di appello, cassava la sentenza impugnata rimettendo gli atti a diversa sezione della (ora) Corte Tributaria della Toscana anche per quanto attiene alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Da qui la riassunzione da parte del contribuente, che conclude per una riforma della decisione di primo grado. Controparte, costituitasi, insiste invece per la conferma di tale decisione e, quindi, per la legittimità dell’atto di accertamento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è fondato e va accolto. La vicenda delle spese di sponsorizzazione della società contribuente è stata oggetto di vario contenzioso (questa stessa sezione ha avuto modo di decidere identica questione relativa ad annualità diversa – nr. 1736/20 RG- ma anch’essa introdotta da ricorso per riassunzione) focalizzandosi essenzialmente sulla loro “inerenza”. L’Ufficio nega la deducibilità delle spese pubblicitarie perché legate a sponsorizzazioni del mondo delle gare automobilistiche, ossia ad un settore del tutto diverso da quello di cui si occupa la società contribuente, che è quello dei prodotti in pelle; ritiene che la consistenza delle spese sostenute sia del tutto sproporzionata rispetto al ritorno di immagine che l’azienda ne trae; rileva come tra i piloti delle scuderie vi sia anche il presidente del cda dell’azienda in questione, il che pare corroborare l’idea che la spesa sia funzionale ad assecondare una passione del ricorrente piuttosto che a promuovere il prodotto dell’azienda. In realtà, i criteri utilizzati per escludere l’inerenza del costo appaiono inadeguati ovvero insufficienti proprio alla luce delle osservazioni esplicitate dal SC. Certamente non è convincente il primo, essendo pacifico che l’inerenza non può essere ricondotta ad un concetto di omogeneità implicante la necessità che tra sponsorizzante e sponsorizzato vi sia una sorta di omogeneità quanto ad attività svolta. Quanto alla presunta sproporzione tra costo sostenuto e ritorno di immagine, a parte la difficoltà di operare una valutazione i cui confini però non dovrebbero tradursi in una sorta di “sostituzione” rispetto alle valutazioni che compie l’imprenditore, rimane il fatto che la più recente giurisprudenza di legittimità in materia individua la necessità della correlazione non già tra costi e ricavi, bensì tra il primo termine di relazione e l’attività imprenditoriale nel suo complesso, avuto riguardo all’oggetto dell’impresa. Da qui la conclusione secondo la quale il giudizio sull’inerenza ha carattere qualitativo e non quantitativo, sicché la sua (reale o presunta) antieconomicità degrada a mero elemento sintomatico della mancanza di inerenza. Nel caso di specie, peraltro, la parte ricorrente ha adeguatamente rappresentato, anche documentalmente, i vantaggi ricavati dalla campagna pubblicitaria, di talché un giudizio di non inerenza, nei sensi sopra specificati, appare difficilmente sostenibile. Le conclusioni, infine, non possono essere rimesse in discussione per avere talora partecipato alle gare il presidente del cda della società ricorrente, che, insieme ad altri piloti – ed in tono “minore” – ha partecipato a qualche gara evidentemente assecondando una personale inclinazione che non per questo può considerarsi “incompatibile” con il tipo di sponsorizzazione praticata. L’insieme delle considerazioni sopra esposte induce pertanto a concludere nel senso della fondatezza dell’appello e, per conseguenza, della riforma della decisione di primo grado. La complessità giuridica e fattuale della vicenda, come testimoniato dall’articolato percorso giudiziario che ne è scaturito, induce a compensare le spese dell’intero procedimento.
P.Q.M.
la Corte di giustizia tributaria di appello della Toscana, sez. IV, accoglie l’appello e compensa le spese.
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