Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, sez. n. 16, sentenza n. 608 depositata il 19 luglio 2023
IRES – Doppie imposizioni – Ritenute su interessi – Compatibilità tra il disposto di cui all’art. 26, comma 5, DPR 600/73 ed i principi di libertà di stabilimento nell’Unione Europea e di libera circolazione di capitali di cui agli artt. agli artt. 49, 54 e 63 del Trattato CE – Sussiste
Massima:
Tra normativa tributaria nazionale e, in particolare, il disposto di cui all’art. 26, comma 5, DPR 600/73, ed i principi di libertà di stabilimento nell’Unione Europea e di libera circolazione di capitali espressi negli artt. 49, 54 e 63 del Trattato CE non sussiste incompatibilità. Infatti, seppur la disciplina italiana vigente in materia di ritenute sugli interessi, preveda una ritenuta a titolo di imposta – e, quindi, un prelievo fiscale immediato e definitivo – sui proventi erogati a favore di soggetti residenti all’estero, ancorché presentino una situazione di perdita, l’unica disparità di trattamento evincibile consiste nel regime di prelievo che, per i residenti, è a titolo di acconto, mentre per i non residenti è a titolo di imposta; ed anzi la convenzione bilaterale tra lo Stato italiano e quello francese in materia di doppie imposizioni prevede l’applicazione di una aliquota agevolata per il non residente del 10%.
Testo:
1. Con sentenza N. 37/01/2022 pronunciata in data 24.1.2022 depositata il 3.2.2022 la CTP di Pescara rigettava il ricorso di V. avverso il silenzio – rifiuto su istanza di rimborso delle ritenute operate dalla società controllata S. Spa con sede in Italia sugli interessi da quest’ultima corrisposti alla V. negli anni di imposta 2015, 2016, 2017 e 2018 a fronte di finanziamenti erogati dalla stessa V., società di diritto francese con sede in Francia, operante all’interno di un gruppo di società quale holding preposta alla gestione dei finanziamenti nei confronti di società del medesimo gruppo e che aveva optato per il regime del consolidato fiscale con consolidante la società V. SA (soc. controllante poi fusa con la V.).
2. In particolare i primi giudici rigettavano il ricorso ritenendo la normativa italiana in materia di ritenute sugli interessi non incompatibile con il diritto comunitario, rilevando la non contrarietà del disposto di cui all’art. 26 c. 5 DPR 600/73 al principio della libera circolazione dei capitali ex art. 63 TUEF, laddove prevede l’assoggettamento a ritenuta degli intessi corrisposti ad una società non residente ancorché in perdita.
3. Al riguardo, infatti i primi giudici espressamente hanno concluso nei seguenti termini: “Dalla lettura della norma richiamata e invocata dalla ricorrente quale foriera della pretesa discriminazione del trattamento fiscale delle ritenute sugli interessi se la società percipiente è residente in Italia o all’estero, l’unica disparità di trattamento evincibile consiste nel regime di prelievo che, per i residenti, è a titolo di acconto, mentre per i non residenti è a titolo di imposta mentre, quanto all’aliquota applicata sussiste un’agevolazione (ma favorevole alla ricorrente) perché è prevista un’aliquota del 10% come da convenzione bilaterale tra lo Stato italiano e quello francese in materia di doppie imposizioni (esecutiva con Legge 20/1992); ai sensi dell’art. 11 di detta Convenzione “gli interessi provenienti da uno Stato e pagati ad un residente dell’altro Stato sono imponibili in detto Stato. Tuttavia tali interessi possono essere tassati nello Stato dal quale essi provengono ed in conformità della legislazione di detto Stato ; il trattamento discriminatorio, in realtà è previsto… nell’ordinamento tributario dello Stato francese ed è oggetto di rinvio al Giudice Comunitario da parte del giudice nazionale su ricorso di due società belghe che lamentavano la violazione delle norme dei Tratti (TFUE) da parte dell’amministrazione tributaria francese che, sui dividendi alle stesse corrisposti da una società di diritto francese, aveva operato in via immediata e definitiva la ritenuta di imposta sui dividendi, nonostante dette società avessero chiuso il bilancio in perdita, mentre per le società domestiche in perdita nell’anno di maturazione degli interessi, il prelievo veniva differito al successivo primo periodo di chiusura in attivo del bilancio.” Pertanto, secondo i primi giudici, “poiché, si ripete, nell’ordinamento tributario italiano non è dato rinvenire in materia di ritenuta fiscale sugli interessi o altri redditi di capitale (e nemmeno in quella, semmai applicabile, che disciplina il trattamento fiscale delle ritenute sui dividendi) una normativa discriminatoria riconducibile o assimilabile a quella denunciata dalla ricorrente, la richiesta di annullamento del silenzio-rifiuto avanzata dalla ricorrente deve essere rigettata, dovendosi, per converso, ritenere legittimo il diniego tacito dell’Agenzia del Entrate di rimborsare le ritenute fiscali in oggetto.”
4. La V. proponeva appello avverso la suddetta sentenza della CTP di Pescara, deducendo la violazione del divieto di restrizione alla libera circolazione di capitali ex art. 63 TFUE e rilevando, in particolare, la nullità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto contraria alle norme comunitarie in materia di libera circolazione dei capitali perché discriminatoria, la disciplina italiana vigente in materia di ritenute sugli interessi, laddove quest’ultima prevede una ritenuta a titolo di imposta – e, quindi, un prelievo fiscale immediato e definitivo – sui proventi erogati a favore di soggetti residenti all’estero, ancorché presentino una situazione di perdita. Riteneva quindi, nella specie, censurabile la sentenza impugnata alla luce dell’inapplicabilità della ritenuta sugli interessi corrisposti dalla società S. Spa nei confronti della società V. negli anni di imposta 2015, 2016, 2017 e 2018 per violazione del divieto di cui all’art. 63 TFUE.
5. Con atto di controdeduzioni si costituiva nel giudizio di appello l’Agenzia delle Entrate Centro Operativo di Pescara, insistendo preliminarmente per l’inammissibilità per intempestività dell’istanza di rimborso per la quota di ritenute relative ad interessi introitati nell’annualità 2015 pari a ? 198.644,48, in virtù del decorso dei termini previsti a pena di decadenza dall’art. 38 c. 2 DPR 602 del 1973 e, comunque, sostenendo, nel merito, l’inesistenza delle discriminazioni denunciate e di violazioni di principi comunitari in tema di libera circolazione di capitali e di libertà di stabilimento anche per la legittimità della previsione di restrizioni a tali libertà se funzionali a preservare la coerenza del sistema fiscale italiano. Rilevava, inoltre, il mancato assolvimento dell’onere della prova sia con riguardo alla carenza di documentazione bancaria comprovante l’accredito degli interessi sia con riguardo all’assenza di valide certificazioni dell’Amministrazione fiscale francese sulla residenza convenzionale in Francia della società ricorrente.
6. All’udienza del 17.4.2023 la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, tratteneva la causa in decisione, depositando successivamente il dispositivo e la motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è infondato e va, pertanto, rigettato. Va preliminarmente accolto il rilievo dell’ufficio sull’intervenuta decadenza dell’istanza di rimborso per la quota di ritenute relative ad interessi introitati nell’annualità 2015, stante il decorso dei termini previsti dal secondo comma dell’art. 38 DPR 602/73 trattandosi di ritenute effettuate nell’anno 2015 – il 10.9.2015 e 10.12.2015 – a fronte di un’istanza di rimborso presentata il 30.12.2019.
Devono, inoltre, integralmente richiamarsi, perché pienamente condivisibili, le considerazioni espresse dai giudici di primo grado sull’insussistenza di incompatibilità tra la normativa tributaria nazionale e, in particolare, il disposto di cui all’art. 26, comma 5, DPR 600/73 e il Trattato CE e, in particolare, sull’insussistenza di violazioni agli artt. 49, 54 e 63 TFUE, ai principi di libertà di stabilimento nell’Unione Europea e di libera circolazione di capitali, posto che il trattamento complessivo riservato ai non residenti – valutato in concreto secondo quanto già più volte ribadito anche da questa CTR (v. CTR Abruzzo n. 11/07/2020 depositata in data 19.2.2020; CTR Abruzzo n. 267/06/2019 depositata in data 11.3.2019; CTR Abruzzo n. 842/06/2018 depositata in data 6.9.2018) – non appare discriminatorio.
Da un lato deve, infatti, rilevarsi che la società appellante ha chiuso in perdita solo l’esercizio 2015, mentre le perdite successive sono riferite esclusivamente al gruppo e non alla società V., di talchè solo in virtù della partecipazione ad un consolidato fiscale, si è determinata una perdita nel bilancio consolidato di gruppo per tutte le annualità 2015-2018.
Dall’altro, deve anche rilevarsi che non è ravvisabile alcuna irragionevole differenza di trattamento tra residenti e non residenti, posto che la stessa Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia Francia già prevede un ammontare dell’aliquota della ritenuta inferiore a quella applicabile alle società residenti. Tale differenza appare comunque compensata dalla previsione del titolo di acconto rispetto all’imposta definitiva. La regolamentazione delle spese deve avvenire secondo il generale principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da V. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate – Centro Operativo di Pescara avverso la sentenza pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Pescara N. 37/01/2022 in data 24.1.2022 depositata in data 3.2.2022, così provvede:
– Rigetta l’appello. Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in complessivi ? 14.000,00, oltre accessori.
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