Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, sezione 6, sentenza n. 655 depositata il 3 novembre 2022
IMU – Esenzione – Per abitazione principale si intende il luogo dove il soggetto passivo ha la residenza anagrafica e la dimora abituale a nulla rilevando il luogo di residenza e dimora degli altri membri della famiglia – Sussiste
Massima:
La Corte costituzionale con la sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni di cui al D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011 nella parte in cui stabiliscono che “per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”, anziché disporre: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente» e della Legge n. 160 del 2019 nella parte in cui prevede che il possessore e i componenti del suo nucleo familiare hanno diritto ad una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse. La Corte Costituzionale ha riscritto la definizione di abitazione principale, definendola il luogo dove il soggetto passivo ha la residenza anagrafica e la dimora abituale, a nulla rilevando il luogo di residenza e dimora degli altri membri della famiglia, così legittimando l’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) per l’abitazione adibita a dimora principale anche nelle ipotesi di scissione del nucleo familiare sia all’interno dello stesso territorio comunale sia in Comuni diversi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
B. L. M. impugnava dinanzi alla CTP di Chieti l’avviso di accertamento emesso dalla RISCO, società di gestione e riscossione dei tributi per conto del Comune di Francavilla al Mare, con cui le era stato contestato l’omesso versamento della 1^ e 2^ rata dell’IMU relativa all’anno 2015 sulla base delle verifiche d’ufficio da cui era emersa l’insussistenza del presupposto per il riconoscimento dell’esenzione IMU da abitazione principale, costituito dalla residenza anagrafica e dalla dimora abituale del contribuente e della sua famiglia all’interno dell’immobile di proprietà della predetta contribuente.
La CTP di Chieti con la sentenza in epigrafe indicata rigettava l’appello della contribuente sostenendo che la ricorrente era residente nel comune di Francavilla al Mare dal 1977 mentre il coniuge era residente nel comune di Casacanditella e che, dovendosi dedurre che dopo il matrimonio celebrato nel 1981, la residenza coniugale fosse nel comune di Casacanditella, la ricorrente avrebbe dovuto provare, ma non l’aveva fatto, l’effettiva necessità del trasferimento a Francavilla al Mare presso l’abitazione di sua proprietà e non quella del coniuge di mantenere la residenza a Casacanditella per esigenze di lavoro.
Avverso tale statuizione propone appello la contribuente chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza con vittoria di spese processuali del doppio grado di giudizio e, in via preliminare, la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.
Si costituisce la RISCO con controdeduzioni chiedendo il rigetto dell’appello con vittoria di spese processuali e dell’istanza cautelare.
All’odierna udienza di trattazione l’appellata ha avanzato richiesta di rinvio della discussione della causa.
Con separato provvedimento è stata disposta la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, quindi la causa è stata decisa come da dispositivo in calce.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La questione posta nel presente giudizio riguarda la spettanza alla contribuente dell’agevolazione IMU per la casa adibita ad abitazione principale.
Come pacifico tra le parti (secondo motivo di appello, a pag. 8, nonché pag. 16 delle controdeduzioni dell’appellata), nel caso di specie viene in rilievo la disposizione di cui all’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, che, nel testo applicabile ratione temporis, prevedeva che «Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», aggiungendo poi che «Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile» (ipotesi, quest’ultima, non ricorrente nel caso di specie in cui è pacifico che i coniugi B. e Dell’Osa avessero due diverse residenze, la prima in Francavilla al Mare ed il secondo in Casacanditella.
Orbene, sulla questione è intervenuta la Corte costituzionale che, con la recentissima sentenza n. 209 del 2022, depositata il 13 ottobre 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale:
– dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, D. L. n. 201 del 6 dicembre 2011, nella parte in cui stabilisce che:
“per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”, anziché disporre: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e
risiede anagraficamente»;
– dell’art. 13, comma 2, quinto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, e successivamente modificato dall’art. 1, comma 707, lettera b), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui limita l’esenzione dall’IMU ad uno solo degli immobili situati nello stesso Comune;
– dell’art. 1, comma 741, lettera b), primo periodo, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nella parte in cui stabilisce che «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»;
– dell’art. 1, comma 741, lettera b), secondo periodo, della legge n. 160 del 2019, nella parte in cui prevede che il possessore e i componenti del suo nucleo familiare hanno diritto ad una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse;
– dell’art. 1, comma 741, lettera b), secondo periodo, della legge n. 160 del 2019, come successivamente modificato dall’art. 5-decies, comma 1, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215, che dispone che «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.
Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare».
In buona sostanza con la sentenza in commento, la Corte Costituzionale ha riscritto la definizione di abitazione principale, definendola il luogo dove il soggetto passivo ha la residenza anagrafica e la dimora abituale, a nulla rilevando il luogo di residenza e dimora degli altri membri della famiglia, così legittimando l’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) per l’abitazione adibita a dimora principale anche nelle ipotesi di scissione del nucleo familiare sia all’interno dello stesso territorio comunale sia in Comuni diversi.
Ciò posto e tenuto conto delle questioni che comunque sono insorte nel presente giudizio, pare opportuno dare conto di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella predetta sentenza ed in particolare che, diversamente da quanto affermato in sentenza dalla CTP ; che ha sostenuto che la residenza dei coniugi fosse in Casacanditella, ovvero nel comune di residenza del marito Dell’Osa al momento della celebrazione del matrimonio (1981) nonostante la moglie B. risiedesse dal 1977 a Francavilla al Mare, non è invocabile a giustificazione dell’esclusione del beneficio fiscale in esame «l’obbligo di coabitazione stabilito per i coniugi dall’art. 143 del codice civile, dal momento che una determinazione consensuale o una giusta causa non impediscono loro, indiscussa l’affectio coniugalis, di stabilire residenze disgiunte (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 28 gennaio 2021, n. 1785). Né a tale possibilità si oppongono le norme sulla “residenza familiare” dei coniugi (art. 144 cod. civ.) o “comune” degli uniti civilmente (art. 1, comma 12, della legge 20 maggio 2016, n. 76, recante «Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze»). Inoltre, il secondo comma dell’art. 45 cod. civ., contemplando l’ipotesi di residenze disgiunte, conferma la possibilità per i genitori di avere una propria residenza personale. Nella norma censurata, invece, attraverso il riferimento al nucleo familiare, tale ipotesi finisce per determinare il venir meno del beneficio, deteriorando così, in senso discriminatorio, la logica che consente al singolo o ai conviventi di fatto di godere pro capite delle esenzioni per i rispettivi immobili dove
si realizza il requisito della dimora e della residenza abituale».
Inoltre, la Corte costituzionale ha precisato che «a difesa della struttura della norma censurata nemmeno può essere invocata una giustificazione in termini antielusivi, motivata sul rischio che le cosiddette seconde case vengano iscritte come abitazioni principali. In disparte che tale rischio esiste anche per i conviventi di fatto, va precisato che i comuni dispongono di efficaci strumenti per controllare la veridicità delle dichiarazioni, tra cui, in base a quanto previsto dall’art. 2, comma 10, lettera c), punto 2, del d.lgs. n. 23 del 2011, anche l’accesso ai dati relativi alla somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio; elementi dai quali si può riscontrare l’esistenza o meno di una dimora abituale».
Orbene, nel caso di specie l’appellante non ha posto alcuna questione di tal genere, limitandosi, in sede di discussione della causa, a chiedere un rinvio della trattazione che il Collegio ritiene non accoglibile atteso che nella presente fattispecie è fatto pacifico ed accertato anche dalla CTP che la B. dimorasse effettivamente in Francavilla al Mare e che il Dell’Osa dimorasse ed avesse la residenza a Casacanditella per motivi di lavoro.
In sintesi, pertanto, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza di primo grado, va annullato l’avviso di accertamento impugnato con integrale compensazione tra le parti delle spese dei due gradi di giudizio, in ragione dell’intervenuta sentenza della Corte costituzionale.
P.Q.M.
Accoglie l’appello e compensa le spese processuali.
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