Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado delle Marche, sezione 1, sentenza n. 725 depositata il 17 giugno 2022
Agevolazioni fiscali prima casa e accorpamento di due immobili
In materia di agevolazioni tributarie, i benefici per l’acquisto della prima casa possono riguardare anche l’immobile risultante dall’accorpamento di più unità acquistate contemporaneamente, purché le stesse siano destinate dall’acquirente a costituire un’unica abitazione. Ciò a condizione che l’alloggio così realizzato rientri per la superficie, per il numero dei vani e per le altre caratteristiche specificate dalla legge, nella tipologia degli alloggi “non di lusso”
Imposta di Registro, Ipotecaria e catastale. Agevolazione “Prima casa”. Unica abitazione costituita mediante accorpamento di più alloggi. Presupposti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto depositato il 31.8.2016, R G ha presentato appello avverso la sentenza emessa dalla C.T.P. di Ancona n. 527/2016, pronunciata il 15.12.2015 e depositata il 10.2.2016, che ha rigettato il ricorso del contribuente, confermando l’avviso di liquidazione di imposta e irrogazione sanzione n. 20091T013753000, con condanna alle spese.
L’Ufficio in data 28.10.2016 ha depositato memoria di controdeduzioni.
All’odierna udienza, tenutasi in presenza (ad eccezione di uno dei componenti, collegato da remoto), le parti non sono comparse. Dopo la relazione del giudice relatore, la Commissione ha quindi riservato la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Oggetto della controversia sono i fatti seguenti. I coniugi A R e R G procedevano in tempi diversi all’acquisto di due distinte unità immobiliari, richiedendo per entrambe le agevolazioni cosiddette “prima casa” in materia di imposta di registro, ipotecaria e catastale. Nell’atto di acquisto notarile stipulato il 3 dicembre 2009, i due coniugi si sono assunti l’impegno di costituire un’unica abitazione mediante accorpamento degli alloggi, dichiarando ai fini delle richieste agevolazioni che l’immobile acquistato è destinato ad ampliamento di altre unità immobiliare già acquistata con le agevolazioni prima casa e che “sarà destinata a costituire un’unica unità immobiliare che avrà le caratteristiche di abitazione non di lusso”, richiamando altresì nell’atto la risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 25/E del 2005 e la circolare n. 38 del 2005. L’impegno di accorpamento delle predette unità immobiliari, tuttavia, rimaneva inadempiuto, tanto che l’Ufficio, con avviso di liquidazione n. 20091T013753000, notificato il 22 marzo 2013, revocava le agevolazioni fiscali e recuperava a tassazione una maggiore imposta di registro di euro 747,00, una maggiore imposta ipotecaria di euro 183,00, una maggiore imposta catastale di euro 8,00. Avverso il suddetto avviso, R G presentava istanza di mediazione e, dopo la proposta dell’Ufficio di riduzione delle sole sanzioni, proponeva ricorso, eccependo che l’Ufficio avesse richiesto un adempimento formale oneroso a carico della contribuente, l’accorpamento catastale dell’immobile, che né la legge né la stessa Agenzia dell’entrate prevedono. Questo medesimo motivo di doglianza è poi riprodotto nell’atto di appello che qui viene delibato, cui si aggiunge altresì l’impugnazione del passaggio motivazionale della sentenza di primo grado, dove la Commissione provinciale affermerebbe erroneamente che la ricorrente avrebbe comunque dovuto dimostrare in sede di ricorso il rispetto dei requisiti di abitazione non di lusso, anche se mai richiesto dall’Ufficio. Osserva la Commissione regionale che in materia di accorpamento a livello catastale dell’unità immobiliare acquistata con quella già posseduta, viene in rilievo la normativa in tema di agevolazioni “prima casa” contenuta nell’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al DPR numero 131 del 1986, che prevede l’applicazione dell’aliquota agevolata ai fini dell’imposta di registro del 3% per i trasferimenti che hanno per oggetto case di abitazione non di lusso, ove ricorrano determinate condizioni, indicate nella nota 2 bis contenuta nella stessa tabella. Risulta quindi destituita di fondamento l’eccezione dell’appellante relativa alla mancanza di una espressa previsione legislativa riguardante il caso dell’accorpamento di più unità immobiliari. Appare poi evidente, in virtù della coerente applicazione dei principi generali che regolano i regimi fiscali agevolati, che spetti al contribuente il quale invoca la concessione del beneficio l’onere di avere assolto a quanto su di lui incombente, vale a dire a procedere anche catastalmente all’accorpamento delle due unità immobiliari, in quanto in mancanza di tale adempimento si avrebbe l’ipotesi di un soggetto proprietario di altra casa di abitazione acquistata con l’agevolazione, che pertanto non ha diritto di usufruirne nuovamente.
Inoltre il requisito del fabbricato non di lusso va visto in chiave dinamica, ovvero avuto riguardo non alla consistenza e destinazione che gli immobili avevano prima di essere venduti, quanto piuttosto a quelle che esse assumono e che ricevono a seguito dell’acquisto. Ed invero, appare fondata la deduzione dell’Ufficio quando osserva che l’unione delle due unità immobiliari determina una diversa consistenza catastale dell’immobile originario, in quanto è solo da quest’ultimo momento che l’Ufficio può legittimamente revocare l’agevolazione, risultando impossibile rilevare la mancanza dei requisiti “prima casa” al momento della registrazione dell’atto di compravendita, in quanto sino a quel momento il contribuente avrebbe potuto ad es. unire solo una parte delle due unità immobiliari, al fine di rispettare il limite massimo dei 240 metri quadri, ovvero modificare la consistenza e la destinazione d’uso di alcuni vani ecc.
Appare quindi evidente che solo con la comunicazione di variazione per fusione effettuata al catasto può dirsi oggettivamente individuata la definitiva sistemazione dell’immobile e si realizza il presupposto che consente all’Ufficio di esercitare i poteri di controllo; solo con l’effettivo accorpamento degli immobili poi si viene a realizzare quella condizione indicata nell’atto notarile che sta alla base della concessione dell’agevolazione relativa alla “prima casa”.
È ben vero che la Corte di cassazione, con sentenza 21614/2020, ha chiarito che, ai fini del rispetto di tale condizione, è irrilevante l’omessa esecuzione della fusione catastale; ma nella motivazione della sentenza si legge altresì che è pur sempre necessario che il proprietario dimostri, in caso di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’effettiva unificazione dei due appartamenti confinanti. In altri termini, si è precisato che «in tema di agevolazioni tributarie, i benefici per l’acquisto della prima casa possono riguardare anche alloggi risultanti dalla riunione di più unità immobiliari, purché le stesse siano destinate dall’acquirente, nel loro insieme, a costituire un’unica unità abitativa: pertanto, il contemporaneo acquisto di due appartamenti non è di per sé ostativo alla fruizione di tali benefici, a condizione che l’alloggio così complessivamente realizzato rientri, per la superficie, per il numero dei vani e per le altre caratteristiche specificate dalla legge nella tipologia degli alloggi “non di lusso “. Del resto, anche in precedenza la Suprema Corte aveva statuito che «in tema di agevolazioni tributarie, i benefici per l’acquisto della “prima casa” possono essere riconosciuti anche quando siano più di una le unità immobiliari contemporaneamente acquistate purché ricorrano due condizioni e cioè l’effettiva destinazione, da parte dell’acquirente, di dette unità immobiliari, nel loro insieme, a costituire un’unica unità abitativa e la qualificabilità come alloggio non di lusso dell’immobile così “unificato” » (Cass., sent. 6613/2011; conf., Cass., ord. n. 9030/2017; 17015/2019). D’altronde, si consideri che l’operazione di fusione di due unità immobiliari, ordinariamente, richiede l’esecuzione di un intervento edilizio assimilabile alla tipologia delle opere di straordinaria manutenzione, come tale subordinato alla presentazione di una comunicazione inizio lavori asseverata, che deve concludersi con la prova di avvenuta dichiarazione in Catasto dello stato modificato.
Appare quindi ovvio come la prova più idonea per vincere eventuali contestazioni dell’Ufficio delle imposte sia proprio l’attestazione di avvenuta variazione catastale, attestazione che peraltro è necessaria anche per consentire future compravendite, ex D.L. 78/2010. E se è vero che la Corte Suprema ha svincolato l’accertamento del riconoscimento dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa dall’effettiva operazione di fusione catastale delle due unità immobiliari, è altrettanto vero che spetta comunque al contribuente dimostrare l’avvenuta unificazione delle due abitazioni: e ciò può essere ad es. attestato da una relazione tecnica descrittiva asseverata, che dichiari l’unificazione di fatto, con la citazione della Cila, ove presente, o, meglio, anche con l’allegazione di fattura per l’esecuzione dei lavori di unificazione (o di acquisto dei materiali occorsi, in caso di esecuzione in economia). La relazione tecnica potrà inoltre dimostrare che l’abitazione unificata rientra fra le tipologie immobiliari che possono beneficiare dell’agevolazione.
Ne consegue che anche in concreto ben disponeva il contribuente degli strumenti per la propria tutela dinanzi all’Ufficio e che quindi egli deve imputare a sé il mancato assolvimento del relativo onere probatorio.
Con riferimento infine alla censura mossa alla motivazione della sentenza di primo grado, laddove afferma la necessità che l’unità immobiliare mantenga, seguito dell’accorpamento, le caratteristiche di abitazione non di lusso, per superficie, numero di vani, tipologia dell’alloggio ecc., secondo i criteri dettati dal D.M. 2 agosto 1969, osserva la Commissione che il presupposto della caratteristica di abitazione non di lusso è uno dei requisiti essenziali che, in base all’articolo 1 della Tariffa parte prima allegata al DPR 131 del 1986 devono sussistere per potere accedere ai benefici della prima casa; sicché, anche sotto questo profilo la sentenza appellata appare ineccepibile. Ancora una volta, vale la pena di ribadire che, trattandosi di richiesta di beneficio fiscale, secondo i principi generali spetta al contribuente che lo richiede l’onere di provare la sussistenza dei requisiti di legge (cfr. da ultimo, Cass., ord. 3600/2020).
Ne consegue che l’appello è infondato e va pertanto rigettato, con conferma integrale della sentenza di primo grado e dell’avviso di accertamento impugnato. Le spese seguono come per legge la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello. Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in Euro 200,00.
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