Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado delle Marche, sezione n. 1, sentenza n. 738 depositata il 21 settembre 2023
Il termine per accertare la violazione dei requisiti necessari per ottenere il credito d’imposta per R&S varia, a seconda che la relativa fruizione debba essere considerata inesistente o non spettante. Nel caso specifico, i giudici hanno stabilito che le violazioni integrate dal contribuente non rappresentano una carenza “ictu oculi” dei relativi requisiti previsti dal “manuale Frascati”. Di conseguenza, non potendo essere considerata inesistente la fruizione del credito, le violazioni si sarebbero dovute constatare nei termini ordinari di quattro anni.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con tempestivo atto di appello del 07.07.2022, depositato nella segreteria di questa Corte in data 21.07.2022 la Bespeco Professional srl società appellante, ha impugnato la sentenza n° 246/01/2022 depositata in data 11.04.2022 dalla CGT I° G di Ancona chiedendone in via principale, l’integrale riforma e la conseguente declaratoria di nullità integrale o comunque di annullamento dell’atto di recupero impugnato; in via subordinata, qualora una parte dei costi risultassero inammissibili all’agevolazione, una coerente rideterminazione del recupero d’imposta corrispondente ai costi ritenuti ammissibili, ferma restando l’annullamento della pretesa sanzionatoria; in via gradata di ulteriore subordine, anche in caso di rigetto solo parziale del gravame, dichiarare non dovute le sanzioni, ovvero dichiarare le sanzioni applicabili nella misura del 30% e con tutti i benefici e le riduzioni di legge anche in elazione alla sproporzione di quelle applicate. Il tutto con vittoria delle spese per entrambi i gradi di giudizio.
Si è costituita in giudizio depositando articolate controdeduzioni l’appellata Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Ancona in data 06.10.2022 chiedendo, in conclusione, il rigetto dell’appello e la condanna del ricorrente alle spese di lite del presente grado di giudizio.
In data 28.11.2022, l’appellante ha depositato documentazione integrativa riguardante: la giurisprudenza in materia, una perizia asseverata, e una dispensa del MISE sui brevetti. Ancora in data 09.12.2022 l’appellante ha depositato una memoria di sintesi e di replica richiamandosi alle conclusioni rassegnate con l’atto di appello, che qui possono così sintetizzarsi: tardività e decadenza del recupero; difetto di motivazione; abuso di potere; infondatezza nel merito; invalidità dell’irrogazione sanzionatoria per difetto di motivazione; mancata applicazione delle esimenti; inapplicabilità della sanzione irrogata nella misura del 100% in luogo della sanzione per indebita compensazione pari al 30%; diniego delle attenuanti di legge circa l’applicazione delle sanzioni; ingiusta condanna alle spese. Per effetto del principio devolutivo l’appellante ha riproposto dinanzi a questa Corte tutte le domande del gravame presentato dinanzi al primo giudice e non accolte nella sentenza impugnata che ha rigettato integralmente il ricorso. La complessità degli atti di appello e di controdeduzione impone al giudicante una ricostruzione dettagliata per una migliore comprensione della vicenda per cui si rende necessario ripercorrere in punto di fatto i principali accadimenti che hanno caratterizzato la vicenda processuale. Premesso che a norma dell’art. 8 del D.M. 27 maggio 2015 “Attuazione del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo” (GU n.174 del 29-7-2015).
L’Agenzia delle Entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al predetto beneficio, in data 31.03.2021 l’ADE ha inviato tramite PEC una richiesta dati e documentazione a norma dell’ art. 32 d.p.r.600773 e 51 d.p.r. 633/72 alla società Bespeco Professional srl.
La richiesta era finalizzata all’esame e riscontro della documentazione comprovante il diritto all’ottenimento del credito d’imposta maturato nel periodo d’imposta chiuso al 31.12.2015 (Unico SC 2016); credito che la società ha scomputato in detrazione attraverso la presentazione del modello F24 nel periodo di imposta 2016, col codice tributo 6857, (credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo) per l’importo di ? 32.157,00.
In risposta alla richiesta formulata dall’Ufficio, con specifico riferimento al credito d’imposta utilizzato nell’anno d’imposta 2016, la contribuente ha presentato la seguente documentazione: relazione tecnica; schede presenze personale e collaboratori qualificati e non; lettere di incarico; contratti di ricerca e relative fatture; prospetti per il calcolo dell’ammortamento degli strumenti di laboratorio e relative fatture di acquisto (per le annualità in cui rilevano); prospetti di calcolo del credito di imposta per R& S spettante; certificazione del revisore di effettività dei costi sostenuti per il credito di imposta per R& S.
Dall’esame della documentazione prodotta l’ufficio addiveniva alla convinzione che l’attività di ricerca svolta dalla contribuente nell’ambito dei progetti in questione non rispettasse i requisiti richiesti per poter accedere alle agevolazioni in materia di ricerca e sviluppo previste dall’art. 3 del D.L. 145/2013, non essendo possibile evincere dalla relazione tecnica esibita “ né il requisito della novità, né la presenza del rischio di insuccesso tecnico (oltreché di tipo finanziario), non essendo individuabile alcun ostacolo scientifico o tecnologico non superabile sulla base dello stato dell’arte del settore e che avrebbe reso necessario lo svolgimento di lavori di ricerca e sviluppo”.
Pertanto con atto di recupero n. TQYCRE100030/2021 notificato in data 31.05.2021 alla società appellante è stato disconosciuto, in quanto ritenuto inesistente, il credito d’imposta per Ricerca e Sviluppo, pari ad ? 32.157,00, previsto e beneficiato secondo l’appellante, ai sensi e per gli effetti della disposizione contenuta nell’art. 3 del D.L. 145/2013 conv. con L. 190/2014. Tale credito esposto dalla società nel quadro RU della dichiarazione dei redditi presentata per l’anno d’imposta 2015 è stato dalla stessa società interamente utilizzato in compensazione nel successivo anno d’imposta 2016.
Contestualmente al recupero del credito d’imposta L’Agenzia delle Entrate ha irrogato la sanzione prevista dall’art. 13, comma 5, del D.Lgs. 471/1997 con pena edittale (rafforzata) dal 100% al 200%, dei crediti inesistenti indebitamente utilizzati in compensazione.
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L’appello ed i motivi di impugnazione.
La contribuente ha impugnato l’atto di recupero dinanzi al giudice di prime cure eccependo:
1) Tardività del recupero e decadenza dall’azione di accertamento. Nel merito illegittimità del recupero, nella convinzione che l’indebito utilizzo del credito d’imposta non sia classificabile nella categoria dell'” inesistenza”, ma semmai in quella della “non spettanza” dei crediti contestati, con la conseguenza che nel caso di specie non è applicabile il termine lungo di otto anni previsto dall’art. 27, comma 16, del D.L. 185/2008, per il recupero dei crediti “inesistenti”, dovendosi applicare il termine ordinario quadriennale per l’accertamento previsto dall’art. 43 del DPR 600/73 vigente ratione temporis, (2015) con la conseguenza che l’atto di recupero impugnato sarebbe tardivo in quanto emesso oltre il termine del 31.12.2020;
termine fissato altresì dall’art. 157, comma 1, del D.L. 34/2020 per gli atti non indifferibili o non urgenti, per i quali i termini decadenziali, calcolati senza tener conto della sospensione per l’emergenza sanitaria prevista dall’art. 67, comma 1, del D.L. 18/2020, scadevano tra l’8 marzo 2020 e il 31.12.2020.
2)Difetto di motivazione l’atto di recupero é immotivato in quanto basato unicamente su mere opinioni personali di “operatori tributari” privi delle competenze tecniche e scientifiche necessarie a valutare i progetti di ricerca”. Infatti a riprova della esattezza della propria tesi l’appellante stigmatizza come le relazioni tecnico-esplicative prodotte dalla Società in risposta all’invito dell’Ufficio e riversate in atti processuali siano assolutamente precise e dettagliate e certamente evidenziano tutti gli elementi innovativi di ciascun progetto; le relazioni tecniche prodotte specificano anche in modo chiaro le innovazioni rilevanti ed i miglioramenti significativi raggiunti nei progetti di ricerca e sviluppo interessati dal credito d’imposta recuperato.
3) L’appellante denuncia “abuso di potere” dell’Agenzia delle Entrate in relazione ai poteri di controllo esercitati in quanto i poteri ispettivi normativamente riconosciuti all’Ufficio sarebbero circoscritti al solo riscontro dell’effettivo svolgimento delle attività di R& S ed alla verifica del sostenimento dei relativi costi che ne danno diritto, mentre sarebbero riservate “al MI.S.E. eventuali valutazioni di elevata complessità tecnico/scientifica riguardanti il merito della ricerca e dei risultati raggiunti e, quindi, del diritto all’accesso del credito d’imposta.
4)Infondatezza dell’atto di recupero impugnato nel merito perché tutti e tre i progetti realizzati, che hanno dato vita al credito d’imposta attraverso l’attività di R& S, sarebbero pienamente agevolabili nonché debitamente ed esaustivamente documentati. In particolare, a comprovare i profili di novità necessari per l’ammissibilità all’agevolazione, Controparte deposita le privative industriali ottenute dalla società:
Per i progetti 1 (“asta diritta”) e 2 (supporto per chitarra”), l’Attestato di registrazione per disegno e modello ornamentale n. 402015000088666 Per il progetto 3 (“cavalletto di supporto”) il brevetto per modello di utilità industriale n. 20201500008856. A corredo della ricerca svolta la società, inoltre, ha prodotto una apposita relazione tecnica a cura della società Warrant Hub s.p.a., redatta in data 21.07.2021, nella quale i tre progetti in questione vengono dettagliatamente descritti, anche con illustrazione fotografica, nelle diverse fasi di ideazione, progettazione, sperimentazione e realizzazione del prodotto finale, evidenziando per ciascun progetto le caratteristiche di novità, creatività, incertezza dei risultati, sistematicità e riproducibilità che, secondo la relatrice peritale, integrerebbero i requisiti necessari per l’ammissibilità all’agevolazione R& S anche secondo le linee guida fornite dal “Manuale Frascati”. Nel merito quindi, ritenendo di aver pienamente rispettato gli obblighi documentali richiesti per fruire dell’agevolazione, lamenta la pretestuosità, l’ inconferenza e l’ irrilevanza delle censure mosse dall’Ufficio in ordine alla insufficienza e/o inattendibilità probatoria della documentazione prodotta, ritenendo infondate anche le anomalie contestate dall’Ufficio in merito all’incongruità dei costi di verniciatura dei prototipi e delle spese sostenute per la certificazione contabile dei costi di ricerca e sviluppo.
5) In fine l’appellante contesta l’illegittimità dell’irrogazione sanzionatoria per difetto di motivazione circa l’inesistenza del credito utilizzato in compensazione, qualificabile semmai come “non spettante”; lamenta inoltre la mancata applicazione delle esimenti previste dall’art. 6, commi 1 e 2, del D.Lgs. 472/1997 (obiettiva incertezza normativa) e dall’art. 10, comma 2, della L. 212/2000 statuto dei diritti del contribuente in materia di tutela dell’affidamento e della buona fede.
6) Contesta in fine la condanna alle spese di giudizio perché ritenuta ingiusta in relazione alla normativa richiamata ed alla incertezza di applicazione della stessa laddove il comportamento della società fosse confermato illegittimo.
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Le controdeduzioni ed i motivi di resistenza.
L’appellata Agenzia delle Entrate D.P. si è costituita in giudizio attraverso le proprie controdeduzioni ed ha insistito per:
1) la piena tempestività dell’accertamento operato in quanto emesso per il recupero di crediti da ritenersi a tutti gli effetti “inesistenti” secondo la definizione puntualmente prevista dall’art. 13, comma 5, del D.Lgs. 471/1997.
2) L’esaustività e completezza della motivazione dell’atto impugnato, rilevando invece l’insufficiente assolvimento da parte della società contribuente dell’onere probatorio sullo stesso gravante di comprovare la ricorrenza di tutti i requisiti necessari per l’ammissibilità dei costi sostenuti per fruire del credito d’imposta, rimarca l’insufficienza probatoria non sanata neanche con la ulteriore documentazione prodotta in giudizio, ritenuta comunque tardiva.
3) resiste e contesta l’illogicità e l’infondatezza dell’eccezione di abuso di potere per la mancata acquisizione del parere tecnico del MISE (invero previsto dalla norma in via meramente facoltativa e solo per i casi tecnicamente più complessi).
4) Resiste nel merito, per l’assenza dei requisiti necessari per l’ammissione al credito d’imposta controverso dei tre progetti di ricerca che, lungi dall’essere particolarmente innovativi o risolutivi di problematiche scientifiche e/o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe stata possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento, appaiono piuttosto costituire semplici adattamenti di carattere ordinario di prodotti preesistenti, pur in presenza di miglioramenti nella tecnica di costruzione o nel design.
Ritiene non rilevanti le privative industriali esitate dalla appellante (brevetto per modello di utilità industriale per il progetto “Cavalletto di supporto” e attestato di registrazione per disegno e modello ornamentale per i progetti “Asta diritta” e “Supporto per chitarra” considerandole, viceversa, quali elementi a sostegno della valutazione effettuata dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate in ordine allo scarso profilo di innovatività dei progetti a cui si riferiscono.
5) Afferma la piena legittimità delle sanzioni irrogate, perché specificatamente previste in caso di crediti inesistenti, nonché l’assenza dei presupposti per l’applicazione delle esimenti o delle riduzioni invocate dalla contribuente.
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Le motivazioni della sentenza impugnata.
Il giudice di prime cure attraverso l’impugnata sentenza ha affrontato e deciso tutte le questioni sollevate col ricorso introduttivo secondo il seguente iter logico-giuridico che può così riassumersi:
a) In merito alla invocata decadenza dal potere di accertamento reputa il Collegio che l’Ufficio non è decaduto dal potere di accertamento dal momento che, nel caso di specie, in considerazione della natura di mero accertamento dell’atto di recupero impugnato e dell’oggetto del recupero impositivo – relativo a crediti ritenuti inesistenti per cui , a giudizio del primo giudicante il recupero operato dall’Ufficio trae fondamento da un controllo di tipo sostanziale e non meramente cartolare, come del resto si desume dal citato l’art.27, comma 16, del D.L. 185/2008, che espressamente estende fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione il termine per la notifica dell’atto di recupero nei casi in cui il credito indebitamente utilizzato in compensazione sia risultato inesistente.
b) Infondata è, altresì, l’eccezione di nullità per carenza di motivazione, dal momento che la mera disamina dell’atto di recupero consente di verificarne l’adeguata motivazione, in quanto lo stesso si profila sufficientemente esplicativo delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della pretesa impositiva.
c) Ad analoghe conclusioni deve giungersi relativamente alla asserita carenza di potere in capo all’Ufficio e di abuso di potere in ordine all’accertamento.
d) Passando al merito, nella sentenza impugnata il giudicante ha tenuto nella debita considerazione i chiarimenti interpretativi ripetutamente offerti dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall’Amministrazione Finanziaria con la Circolare 5/E del 16 marzo 2016 – par. 2.2.1, la quale precisa che l’elencazione delle attività ammesse al credito di imposta debba ricalcare sostanzialmente le “Definizioni” riportate nel paragrafo 1.3, punto 15, della vigente “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione” di cui alla Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014 (pubblicata nella GUUE C/198 del 27 giugno 2014) relative, rispettivamente, alle già citate categorie di “ricerca fondamentale” (lettera m), “ricerca industriale” (lettera q) e allo “sviluppo sperimentale” (lettera j). In buona sostanza il primo giudice secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel cosiddetto Manuale di Frascati.
Tanto premesso, appare altresì importante sottolineare che erra il ricorrente oggi appellante allorquando sostiene la illegittimità della verifica condotta dall’Ufficio in ordine alla sussistenza dei presupposti per usufruire dell’agevolazione, essendo legittimo da parte dell’agenzia delle Entrate operare un controllo sulle caratteristiche di innovatività dell’investimento realizzato dall’impresa che fa valere il credito di imposta, apprezzabili e verificabili anche senza il necessario apporto di “esperti” o di tecnici del settore. Il primo giudice, quindi, nell’analizzare la documentazione versata in atti in relazione al dettato normativo (art.3 d.l.145/2013) ha da un lato rilevato la conformità formale dei tre progetti realizzati dalla BESPECO S.r.l. ai requisiti richiesti dalla normativa richiamata negli atti di causa, tuttavia dall’altro ha ritenuto l’attività di ricerca e sviluppo svolta e documentata, non idonea a dimostrare l’effettivo impiego del personale interno in attività di ricerca e sviluppo e, soprattutto, non consente di annoverare i progetti tra quelli di carattere innovativo per i quali è concessa la agevolazione, non rientrando nell’elenco dell’art.3 del D.L. 145/2013; in definitiva la Corte di primo grado reputa che i progetti realizzati dalla società ricorrente siano in realtà privi del requisito della “innovatività”. Ne consegue che può fondatamente reputarsi che i progetti “asta diritta”, “supporto per chitarra” e “cavalletto di supporto” costituiscano meri adattamenti di carattere ordinario di prodotti preesistenti, anche se lo stesso giudice rileva che i progetti esprimono miglioramenti nella tecnica di costruzione o nel design.
5) Relativamente al motivo di gravame inerente le sanzioni irrogate nell’atto di recupero, il primo giudice considera il credito d’imposta inesistente e di conseguenza reputa legittima la sanzione irrogata concludendo che deve intendersi inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articoli 36-bis e 36-ter e al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 54- bis”; conclude in fine ” che sussistendo nel caso di specie entrambi i presupposti richiesti dalla richiamata norma sanzionatoria, atteso che i tre progetti erano privi ab origine dei requisiti necessari ai fini del riconoscimento del credito di imposta la sanzione irrogata nell’atto di recupero deve considerarsi legittimamente applicata.”.
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Questa Corte letti tutti gli atti del processo udite le parti come rappresentate ed intervenute alla pubblica udienza come da processo verbale redatto chiusa la discussione orale trattiene la causa per la sentenza, riservandosi la decisione.
All’esito della odierna camera di consiglio, la Corte, a scioglimento della riserva che precede osserva:
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello merita parziale accoglimento nei limiti di questa motivazione.
La vicenda processuale che la Corte è chiamata a risolvere concerne la speciale normativa di agevolazione tributaria che riconosce un credito d’imposta alle imprese che svolgono attività di “ricerca e sviluppo” nel periodo d’imposta (2015). Le complesse vicende di legittimità e di merito che caratterizzano la contesa tanto in ordine all””an” dell’agevolazione che al “quantum” e per le relative domande ed eccezioni sollevate, richiedono da parte del giudicante una analisi dei fatti e della normativa applicabile al caso di specie.
Secondo il principio generale del “tempus regit actum”, che governa il processo tributario, sulla scorta degli insegnamenti della Corte Costituzionale, anche in relazione allo ius superveniens, le valutazioni della legittimità della richiesta di credito d’imposta formulata dal contribuente e quella dell’atto di accertamento (ergo recupero) emesso dall’Agenzia delle Entrate vanno ricondotte con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento delle loro adozioni; vedasi al riguardo ( Corte Costituzionale Sent. 49del 2016; Sent.30 del 2016; Sent. 151del 2014, principio confermato dalla Corte di Cassazione in materia tributaria con giurisprudenza consolidata vedi ex multis Cass. Civ. sent. 3633 /2015; 1476/2015 27525/2014; 15016/2014; 24998/2013.
Ne consegue, quindi, che il giudice è sempre chiamato ad applicare alla fattispecie scrutinanda la normativa pro-tempore vigente ed applicabile per il periodo di imposta oggetto di giudicato.
In aggiunta a tale principio generale al caso di specie si applica altresì un ulteriore principio specifico per le agevolazioni tributarie rappresentato dal divieto di applicazione analogica di giudicati, di norme o prassi similari, principio ormai consolidato presso il giudice di legittimità; vedi al riguardo: (Cass sez. Trib. Ordinanza n° 14781 del 10.05.2022).
Orbene nel caso di specie l’agevolazione afferente il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, di cui è processo, riguarda il periodo di imposta 2015, (periodo di determinazione) nonché il periodo d’imposta 2016 periodo in cui è stato scomputato in detrazione il credito mediante l’utilizzo diretto con il modello F24.
Con riferimento al periodo di imposta (2015-2016) la normativa in vigore per il credito d’imposta R& S era regolamentata dall’articolo 3 del D.L. 145 del 23.12.2013 (G.U.300 del 23.12.2013, convertito nella legge n°9 del 21.02.2014 e successivamente modificato dall’Art. 1 della legge n°190 del23.12.2014 con vigenza al 01.01.2015; norma rimasta in vigore fino al 31.12.2016.
Il predetto art. 3 al comma 14 prevede l’emanazione di una normativa regolamentare, per l’applicazione pratica del credito d’imposta, rimandando, quindi, ad uno specifico decreto attuativo che per quanto qui di interesse è stato emanato tempestivamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 27 maggio 2015 è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 174 del 29 luglio 2015 (attuazione del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo).
Pertanto la richiamata normativa applicabile nel periodo di imposta interessato (2015-2016) si completa in fine con la prassi di riferimento, nella circolare n° 5 del 16 Marzo 2016 emanata dalla Agenzia delle Entrate a beneficio degli uffici finanziari e dei contribuenti per una agevole ed uniforme applicazione della nuova normativa riguardante le agevolazioni per il credito d’imposta di attività di ricerca e sviluppo.
Al riguardo, la circolare dell’ADE n°5 del 2016 (citata) fornisce a giudizio di questo giudice, una puntuale e condivisibile ricostruzione della normativa applicabile ratione temporis (2015) al credito d’imposta R& S.
In particolare considerate le modifiche che hanno interessato il predetto art. 3 D.L.145/13 fin dalla sua emanazione, risulta puntuale e condivisibile la considerazione svolta nella premessa di detta circolare in cui si legge: (Pag.4 della circolare 5/16): “A seguito delle modifiche apportate dalla legge di Stabilità 2015, il “nuovo” credito di imposta per la copertura finanziaria non si avvale dei fondi strutturali comunitari, ma, tra l’altro, delle risorse liberatesi per effetto della cessazione, alla data del 31 dicembre 2014, del “credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati” di cui all’articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, e del credito di imposta per ricerca e sviluppo di cui all’articolo 1, commi da 95 a 97, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (misura, quest’ultima, anch’essa mai attuata). Il “nuovo” credito di imposta, non soggiacendo più alla limitazione delle risorse, determinata, in passato, dal finanziamento connesso all’utilizzo dei fondi strutturali europei, si caratterizza per una più rapida possibilità di fruizione da parte dei beneficiari, in quanto non è riconosciuto – come nella precedente formulazione – a seguito della presentazione di un’apposita istanza per via telematica, ma è concesso in maniera automatica, a seguito della effettuazione delle spese agevolate. Il novellato articolo 3 riconosce, per i periodi di imposta a decorrere da quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo in corso al 31 dicembre 2019, a tutte le imprese – senza limiti di fatturato e indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato – che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, un credito di imposta pari al 25 per cento delle spese incrementali sostenute rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.”
La normativa applicabile alla agevolazione R& S per il periodo d’imposta (2015-2016) sarà pertanto la seguente:
Art. 3 del d.l. 145/2013 nel testo novellato dall’art.1 c. 35 L. 190/2014 che al Comma 1 così dispone: “A tutte le imprese indipendentemente dalla forma giuridica dal settore economico in cui operano nonché dai regimi contabili adottati che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31/12/2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019 è attribuito un credito d’imposta nella misura del 25% delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedente a quello in corso al 31 dicembre 2015”;
· D.M. 27.05.2015 che per quanto riguarda l’aspetto applicativo della legge (art.3 d.l. n° 145/13), e sulla stregua del comma 14 del predetto art. 3 che richiede l’emanazione di uno specifico decreto ministeriale secondo cui: “con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il ministro dello sviluppo economico sono adottate le disposizioni applicative necessarie nonché le modalità di verifica e controllo dell’effettività delle spese sostenute le cause di decadenza e revoca del beneficio le modalità di restituzione del credito d’imposta di cui l’impresa ha fruito indebitamente” (comma 14 cit.).
Pertanto sulla scorta del D.M. emanato dal ministero dell’Economia e delle Finanze in data 27.05.2015 (G.U.n°174 del 29.07.2015), in attuazione del regolamento per la fruizione del credito d’imposta per attività di R& S l’articolo 2 del citato decreto circoscrive il perimetro delle attività ammissibili a fruire del beneficio del credito d’imposta R& S; la lettera B dell’art. 2 del D.M. precisa che sono ammissibili le attività di: “ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi necessari per la ricerca industriale ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c;”. Dal tenore letterale delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti ratione-temporis nonché dalle disposizioni contenute nel decreto ministeriale citato, appare evidente come anche l’attività di R& S rivolta ad ottenere “un miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti” rientri fra le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al beneficio della speciale norma tributaria.
Tanto premesso, quindi, occorre quindi, gradatamente individuare e definire nello specifico e, secondo il giudizio di questa Corte, analizzando caso per caso, l’attività in concreto posta in essere dall’impresa che richiede l’agevolazione, al fine per comprendere se l’attività posta in essere ed i risultati raggiunti contengano tutti gli elementi legali per essere legittimamente identificata in una attività di “ricerca e sviluppo” agevolabile anche quando sia rivolta al miglioramento di prodotti o processi già esistenti in azienda. Al riguardo un contributo tecnico alla materia così complessa e difficile è stato fornito dal cosiddetto “Manuale di Frascati OCSE 2015″ documento non richiamato da alcuna disposizione di legge vigente nel 2015-2016 ma che ha trovato una postuma consacrazione legislativa solo con vigenza dal 2021 attraverso il comma 200 dell’articolo 1 della legge n°160 del 27.12.2019 (modificato dalla L.178 del 30.12.2020 Art.1 ), (legge di previsione del bilancio dello Stato per il triennio finanziario 2020-2022) in cui il legislatore a far data dal 2021, al fine di agevolare l’applicazione del novellato articolo 3 d.l.145/13 modificato a far data dall’01.01.2020 dopo l’ennesima modificazione subita dalla tormentata norma attraverso (L.n°160/2019) il legislatore ha avvertito la necessità di meglio circoscrivere il campo di attività di R& S nel perimetro indicato attraverso la disposizione di legge richiamata del citato comma 200 il quale al riguardo dispone che: ” Sono considerate attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta le attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico, come definite, rispettivamente alle lettere m) q) e j) del punto 15 del paragrafo1.3 della comunicazione della commissione ( 2014/C 198/01) del 27 giugno 2014 concernente la disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da pubblicare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge sono dettati i criteri per la corretta applicazione di tali definizioni tenendo conto dei principi generali e dei criteri contenuti nel manuale di Frascati dell’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).
Ai fini della determinazione della base di calcolo del credito d’imposta sono considerate ammissibili nel rispetto delle regole generali di effettività pertinenza e congruità.
La modificazione della portata della norma agevolativa per il triennio 2020-2022 e l’emanazione della nuova normativa se da un lato hanno contribuito a chiarire la portata e l’ambito della disposizione agevolativa per il futuro certamente non hanno risolto quelle incertezze che hanno caratterizzato la prima fase applicativa dell’agevolazione. Dal 2021 quindi, tutte le attività di ricerca e sviluppo ammissibili debbono essere caratterizzate da una genesi ricompresa nel perimetro delineato dal comma 200 citato in cui entrano a far parte di diritto i principi ed i riferimenti contenuti nel Manuale di Frascati; un percorso di verifica che seppur di non facile ed immediata comprensione, in definitiva fornisce dal 2021 in poi le coordinate di riferimento, almeno nelle linee essenziali di ammissibilità dei progetti qualificabili come attività di R& S. Tuttavia benché solo dal 2021 la novella si arricchisce delle soprarichiamate disposizioni, la Corte non dubita che anche prima di tale data l’ attività di R& S doveva in ogni caso essere ben individuata da specifici progetti accompagnati da tutta la documentazione a corredo dalla legge pro-tempore vigente (art. 3 D.L. 145/13) e (D.M.27.05.2015).
Al riguardo questa Corte, intende porre l’accento sul fatto secondo cui le indicazioni fornite nel “Manuale di Frascati” sebbene codificato per gli anni di ricerca e sviluppo successivi (2021-2022) a quello di cui è causa (2015-2016) potevano in ogni caso, laddove conosciute ed applicate, contribuire a fornire una buona base di ragionamento per l’indicazione e per l’individuazione delle attività di ricerca e sviluppo pur in assenza di uno specifico obbligo legislativo al riguardo come invece avvenuto dal 2021 in poi. Secondo le indicazioni fornite dal “manuale” l’attività di ricerca e sviluppo sperimentale (R& S) si identifica in un’attività caratterizzata da un esito finale incerto nel risultato e nel tempo e nelle risorse necessarie per raggiungerlo, risultato che tuttavia raggiunga risultati liberamente trasferiti o trasferibili in un libero mercato; a tal fine l’attività di (R& S) individuata nel “Manuale di Frascati” viene connotata e codificata attraverso l’individuazione sintetica ed esemplificativa dei seguenti requisiti: 1) novità; 2) creatività; 3) incertezza; 4) sistematicità; 5) trasferibilità o riproducibilità.
Il progetto di ricerca e sviluppo in ultima analisi deve rispondere simultaneamente ai principi sopraelencati al fine di identificarsi in una vera e propria attività di ricerca e sviluppo sperimentale. Nel caso di specie il credito d’imposta ricerca e sviluppo è riferito all’anno 2015 e fruito nel periodo d’imposta 2016 per cui esso deve ottemperare agli obblighi di legge pro-tempore vigenti.
Delineato il perimetro legislativo che la Corte intende considerare, per questa sentenza in relazione al periodo di cui è processo (2015-2016); questo collegio precisa preliminarmente che proprio in virtù di quanto disposto dall’articolo 8 comma 1 del D.M. 27.05.2015 in materia di controlli va precisato che: “per la verifica della corretta fruizione del credito d’imposta di cui al presente decreto l’agenzia delle entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio, la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal presente decreto.”;
E’ evidente come il legislatore abbia voluto all’Agenzia delle Entrate il diritto di svolgere i controlli sulla spettanza dell’agevolazione. Per questa ragione l’Agenzia delle Entrate potrà adottare tutti i provvedimenti che ritiene legittimo utilizzare nell’interesse erariale. Proprio questo diritto riservato all’organo accertatore impone a questo collegio una preliminare riflessione trattandosi di una valutazione che investe l’analisi tanto della legittimità che del merito dell’ atto emesso dall’Agenzia delle Entrate, con la sentenza qui impugnato.
(1) In rito l’appellante ripropone dinanzi questa Corte l’eccezione di inammissibilità dell’atto accertativo perché intempestivo; l’azione amministrativa di accertamento del credito d’imposta in vero è stata azionata con la notifica ” dell’Atto di Recupero n° TQYCRE100030″ avvenuta in data (25.05.2021) per il periodo di imposta 2015 e secondo l’appellante oltre il termine massimo di decadenza per l’azione di accertamento previsto dall’art. 43 d.p.r. 600/73 entro la data 31.12.2020.
Per una ricostruzione esegetica della vicenda processuale occorre innanzitutto approfondire ed analizzare la natura giuridica del titolo impugnato oggetto di questo procedimento rappresentato non da un “avviso di accertamento” ma da un ” atto di recupero del credito d’imposta”.
In base all’articolo 1, comma 421, della legge n. 311/2004, l’atto di recupero di un credito d’imposta, con cui l’amministrazione finanziaria può procedere alla riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione, nonché delle relative sanzioni e interessi, ha natura prodromica, e non consequenziale, all’avviso di accertamento, per cui l’omessa adozione di quest’ultimo atto impositivo non incide sulla sua legittimità, né comporta alcuna menomazione del diritto di difesa del contribuente, atteso che, come l’avviso di accertamento, anche l’atto di recupero, deve essere motivato con riferimento alle ragioni giuridiche e ai presupposti di fatto dell’azione di recupero e pertanto ha valenza di atto impositivo autonomamente impugnabile ai sensi dell’articolo 19 del Dlgs n. 546/1992. (Corte di Cassazione – ordinanza n. 9437 del 22 maggio 2020).
Secondo il giudice di legittimità, l’equiparazione dell’atto di recupero del credito d’imposta, all’avviso di accertamento, se da un lato ne impone, al pari del secondo, l’obbligo di motivazione, dall’altro gli conferisce l’equipollente valenza accertativa sia nei limiti che nei contenuti “tipici” dell’avviso di accertamento.
Col primo motivo di appello viene quindi riproposta l’eccezione decadenziale dell’atto di accertamento in merito alla tempestività del recupero da parte della appellata Agenzia delle Entrate. Sul piano ontologico, questa Corte è chiamata, quindi, in primis a rilevare la differenza fra “credito d’imposta inesistente “e credito d’imposta non spettante” trattandosi di fattispecie diversamente regolamentate dalle disposizioni di legge vigenti in ordine alla decadenza dell’azione accertatrice dell’una rispetto all’altra. In vero” l’inesistenza del credito d’imposta” violazione più grave e dannosa per l’erario sconta un termine più lungo di accertamento rispetto “al credito di imposta non spettante “situazione di merito oggetto di valutazione e congruità sicuramente meno pericolosa in termini di danno erariale.
Secondo questo giudice la ragione della corretta differenziazione fra le due fattispecie sanzionatorie sopra richiamate, fonda le proprie ragioni di diritto proprio sulla pericolosità che l’operazione di scomputo del credito d’imposta genera nelle casse dell’erario. Infatti il meccanismo di autotassazione vigente nel nostro sistema di riscossione dei tributi e la possibilità di recupero del credito d’imposta in autotassazione anche con utilizzo orizzontale del credito stesso, consente a qualsiasi contribuente di inserire nel modello F24 qualsiasi somma a scomputo delle imposte dovute sotto forma di credito d’imposta per R& S.
Questo pericolo tanto più grave si palesa quanto maggiori sono gli eventi connessi ai crediti d’imposta;
ciò comporta, quindi, la necessità per l’erario di un termine maggiore per accertare ed eventualmente recuperare i crediti d’imposta non spettanti. Per tali patologie in relazione proprio alla gravità non solo il termine di decadenza per l’azione di accertamento deve trovare un tempo maggiore (otto anni) rispetto agli ordinari termini (cinque anni art.43/600) ma anche le sanzioni irrogabili in caso di violazione per “credito d’imposta inesistente” sono più severe di quelle ordinarie elevandosi dal 100% al 200% del credito non spettante.
In definitiva il comportamento tenuto dal contribuente deve essere connotato da elementi di gravità tali da avvicinare lo scomputo del credito d’imposta a palese violazione di legge tale per cui la non spettanza del credito si palesa “icto oculi” senza necessità di ulteriori approfondimenti di merito. Una questione molto delicata dato il confine giuridico che separa le due fattispecie. A tutt’oggi la questione risulta rilevata ed affrontata dal giudice di legittimità che ha rimesso dinanzi le Sezioni Unite della Corte di Cassazione la vexata quaestio attraverso l’ordinanza interlocutoria della sezione Tributaria della Corte di Cassazione del 02.12.2022 n°35536/2022.
Il Supremo collegio dopo aver stigmatizzato la sostanziale differenza fra “credito d’imposta “inesistente” e “non spettante”al riguardo osserva: “L’impostazione della società contribuente trova riscontro in una recente sentenza di questa Corte, per la quale, in tema di compensazione di crediti fiscali «l’applicazione del termine di decadenza ottennale, previsto dall’art. 27, comma 16, d.l. n. 185 del 2008, conv., con modif., in l. n. 2 del 1999, presuppone l’utilizzo non già di un mero credito “non spettante”, bensì di un credito “inesistente”, per tale ultimo dovendo intendersi – anche ai sensi dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, d.lgs. n. 471 del 1997 (introdotto dall’art. 15, d.lgs. n. 158 del 2015) – il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (cioè il credito che non è “reale”) e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973 e all’art. 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972» (così Cass. n. 34444 del 16/11/2021, alla cui ampia motivazione si rimanda)” “ .omissis .
La superiore sentenza si discosta consapevolmente dall’orientamento tradizionale (Cass. n. 19237 del 02/08/2017 Cass. n. 354 del 13/01/2021), che non distingue tra credito non spettante e credito inesistente, e propone un’interpretazione adeguatrice dell’originario tessuto normativo, letto alla luce delle successive riforme e, in particolare, dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, del d.lgs. n. 471 del 1997 (introdotto dall’art. 15 del d. lgs. n. 158 del 2015). “ omissis .
Tale interpretazione, tuttavia, richiamata unicamente da Cass. n. 31429 del 25/10/2022, non è stata recepita dalla giurisprudenza successiva di questa Corte, che ha continuato ad accreditare un’esegesi del tessuto normativo che non distingue tra crediti inesistenti e crediti non spettanti e applica, indifferentemente, il termine di decadenza di otto anni, come evincibile dalla seguente massima: «L’art. 27, comma 16, del d.l. n. 185 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 2 del 2009, nel fissare il termine di otto anni per il recupero dei crediti d’imposta inesistenti indebitamente compensati, non intende elevare l'”inesistenza” del credito a categoria distinta dalla “non spettanza” dello stesso (distinzione a ben vedere priva di fondamento logico- giuridico), ma mira a garantire un margine di tempo adeguato per il compimento delle verifiche riguardanti l’investimento che ha generato il credito d’imposta, indistintamente fissato in otto anni, senza che possa trovare applicazione il termine più breve stabilito dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per il comune avviso di accertamento.” ..omissis ”
Le considerazioni che precedono in ordine al persistente contrasto interpretativo all’interno della Sezione Tributaria di questa Corte e la rilevanza della questione, idonea a riproporsi in numerosi futuri giudizi, giustificano la decisione del Collegio di trasmettere gli atti al Primo Presidente della Corte di cassazione per l’eventuale rimessione alle Sezioni unite”. ( Cassazione Ord. 35536/2022 del 02.12.2022) .
Preso atto del recente ed attuale orientamento della Corte di Cassazione, questa Corte territoriale di appello non dubita della fondatezza e ragionevolezza della distinzione fra la fattispecie di credito “inesistente” e credito “non spettante”; differenziazione che trova, peraltro, anche riscontro nella interpretazione fornita dalla stessa Agenzia delle Entrate attraverso la richiamata Circolare numero 5 del 16 Marzo 2016 (pag 70) laddove precisa: ” Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca virgola in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36 bis e 36 ter. Nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numero 600 e all’articolo 54 bis. Del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, numero 633.” In definitiva il giudizio di questa Corte consegue l’interpretazione che il legislatore ha voluto fornire alle due fattispecie anche in termini di decadenza dell’azione di accertamento che trova fondamento giuridico nella ontologica diversità dell’illecito che deve essere contrastato; da un lato. Il credito d’imposta inesistente ed indicato autonomamente dal contribuente nel modello F 24 siccome scomputato direttamente senza alcun controllo; Dall’altro, il credito d’imposta non spettante, frutto di una valutazione “errata” di una agevolazione (credito d’imposta esistente) applicata in modo anche formalmente conforme al dettato normativo ma comunque non spettante. L’accertamento del primo illecito (Credito inesistente.) necessita ovviamente di un tempo di accertamento maggiore (8 anni.) data la gravità e la modalità con cui il credito d’imposta è stato fruito, rispetto ai normali termini di accertamento previsti dall’art. 43 d.p.r.600/73 e 54 D.P.R. 633/772 applicabili invece per il credito d’imposta (non spettante). In definitiva, quindi questa Corte, ritiene di condividere ed uniformarsi per le ragioni sopra esposte, al recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione che ha generato la rimessione della questione al Supremo consesso delle Sezioni Unite del giudice dei giudici.
Ne consegue sul punto l’accoglimento del primo motivo d’appello per avere l’appellata Agenzia delle Entrate proceduto al recupero del credito d’imposta “non spettante” oltre l’ordinario termine decadenziale fissato dall’articolo 43 d.p.r. 600/73 attraverso l’atto di recupero del credito d’imposta impugnato. In merito alla data di notifica dell’Atto di recupero del credito d’imposta va rilevato che ai sensi del 115 cpc la data di notifica dell’atto impositivo risulta da un fatto certo e non contestato dalle parti in causa, essendo da tutti individuato nella data 25.05.2021.
Pertanto l’atto di accertamento per il recupero del credito “d’imposta inesistente” deve considerarsi fuori termine rispetto all’ordinario termine previsto dall’art. 43/600 -ratione temporis vigente- fissato per il 2015 entro il termine del 31.12.2020, data entro la quale l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto notificare un avviso di accertamento piuttosto che un atto di recupero del credito d’imposta volto a contestare nel merito l’attività di R& S svolta dal contribuente qui appellante. Il primo motivo di appello, merita accoglimento.
Non possono trovare accoglimento i motivi di appello n°2 (difetto di motivazione) e n° 3 (Abuso di potere) e sul punto la sentenza impugnata merita di essere confermata anche in grado di appello. 2) In vero quanto al secondo motivo di impugnazione (difetto di motivazione) la Corte osserva come il giudice di prime cure abbia correttamente motivato la sentenza che ha rigettato l’eccezione di nullità qui riproposta dall’appellante in ordine al difetto di motivazione dell’atto di recupero anche in ordine alla sentenza impugnata. Il primo giudice esplicitando le ragioni secondo cui l’atto impositivo doveva essere considerato valido per assenza di vizio motivazionale, lamentato come inesistente dal ricorrente, ha compiutamente esaminato e condiviso le motivazioni esplicitate dall’Agenzia delle Entrate nell’atto di recupero del credito d’imposta a cui ha inteso uniformarsi come appare chiaro nella motivazione della sentenza impugnata. L’accoglimento integrale della motivazione espressa nell’atto di accertamento ed il riferimento a quella, dispensa il giudice dal ripetere il percorso logico-giuridico alla base della motivazione dell’atto ritenuto legittimo. Sul punto l’eccezione del difetto di motivazione, riproposta in appello deve essere respinta e con essa il secondo motivo di impugnazione.
3) In merito al terzo motivo di appello (Abuso di potere) come ampiamento argomentato in questa sentenza il decreto ministeriale del 27.05.2015 articolo 8 comma 2 dispone che: qualora nell’ambito di attività di verifica e di controllo effettuate dall’agenzia delle entrate si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all’ ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti la predetta agenzia può richiedere al ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere.” Dal tenore letterale del decreto appare in tutta evidenza come la normativa in vigore non imponesse l’obbligo all’Agenzia delle Entrate di interpellare altri soggetti (MISE) per ciò che concerne il riconoscimento dell’agevolazione trattandosi ai fini dell’accertamento di una facoltà e non di un obbligo.
Per ciò che riguarda la piena autonomia accertativa dell’Agenzia delle Entrate in ordine all’accertamento e i controlli; il comma 1 del predetto articolo 8 del d.m. 27.05.2015 dispone che:” Per la verifica della corretta fruizione del credito d’imposta di cui al presente decreto l’agenzia delle entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal presente decreto.” E’ evidente, quindi, come l’attività di controllo rappresenti, per riserva di legge, una esclusiva attività di accertamento spettante di diritto all’Agenzia delle Entrate che può sviluppare in piena autonomia o. se lo ritiene necessario, avvalendosi anche di altre strutture della pubblica amministrazione utili e competenti per la motivazione dell’atto di accertamento; ovviamente trattasi di facoltà e non di obbligo e nell’ambito della piena autonomia della formazione dell’atto impositivo l’Agenzia delle Entrate ha, nel caso di specie, correttamente operato senza alcun abuso di potere. Per questa ragione anche il terzo motivo di appello non può trovare accoglimento.
4) Fondato appare il quarto motivo in ordine alla “infondatezza delle ragioni di merito” dell’atto di recupero del credito d’imposta. Il giudice di prime cure ha ritenuto con una motivazione non sorretta da un valido percorso logico-giuridico motivazionale, non spettante l’agevolazione per il riconoscimento del credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo basando principalmente il giudicato sull’analisi del rapporto esistente fra brevettabilità dei progetti e conseguente “innovazione” degli stessi. La ragione che ha condotto i giudici di prime cure al mancato riconoscimento del credito d’imposta per i progetti oggetto di esame si basa sul fatto che gli stessi ” siano privi del requisito della innovatività” limitando però l’analisi della ricerca al superfluo rapporto esistente fra la stessa e i diritti di privativa (brevetti) richiesti per gli stessi ed argomentando, di conseguenza che: ” la BESPECO ha ottenuto per i primi due progetti la registrazione per disegni e modelli ornamentali e per il terzo progetto il brevetto di utilità industriale laddove se i progetti fossero stati davvero innovativi avrebbe dovuto ottenere i brevetti di invenzione caratterizzati dalla necessaria ricorrenza di un alto grado di innovazione dell’invenzione presentata alla registrazione e che soprattutto rappresenti una soluzione nuova ed originale ad un problema tecnico mai risolto prima”. Una affermazione che non può essere condivisa. E’ di tutta evidenza come né la legge (Art.3 D.L.145/13), ratione temporis vigente, né il D.M. (27.05.2015) né la circolare dell’ADE (n° 5 del 2015 ) né tanto meno il “Manuale di Frascati” richiedono che i progetti di R& S per essere riconosciuti “Innovativi” tali debbano ottenere una privativa industriale di brevetto per “invenzione”. Analizzando il merito della vicenda il giudice di prime cure nella motivazione della sentenza impugnata stigmatizza la mancanza del requisito di innnovatività ” nei progetti indicati di R& S ricavando impropriamente dalla documentazione versata in atti ( diritti di privativa industriale quali i brevetti per “modelli di utilità” ) la prova della mancanza di uno dei requisiti richiesti per l’ammissione al beneficio quale appunto quello della “Innovazione” che, a dire del primo giudice, può essere verificato solo con un brevetto registrato di “invenzione”.
L’assunto non può essere condiviso in quanto il sito del ministero dello sviluppo economico nell’introduzione riservata all’utilizzo per le piccole e medie imprese di brevetti trattando di brevettazione dei modelli di utilità così precisa:” l’articolo 82 CPI prevede che possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilità i nuovi modelli atti a conferire particolare efficienza o comodità di applicazione o di impiego di macchine o di parti di esse strumenti utensili ovvero oggetti di uso in genere quali nuovi modelli consistenti in particolari conformazioni disposizioni configurazioni o combinazioni di parti. Per essere protetto con modello di utilità è necessario che il prodotto industriale sia nuovo ed originale che abbia particolare efficacia o comodità); E’ evidente, quindi, come il concetto di innovazione debba ricomprendersi tanto nel brevetto di utilità quanto nelle brevetto di invenzione nel senso che senza la novità e l’originalità ergo, l’innovazione, non è possibile ottenere l’iscrizione neanche come brevetto di utilità. Questa conclusione conforta la Corte nella sua interpretazione anche in considerazione delle disposizioni legislative (art 76 CPI ) laddove è prevista anche la possibilità di conversione della domanda di brevetto in domanda di modello di utilità e viceversa su sentenza del giudice. (La stessa avvertenza è pubblicata anche nel sito del MISE). In definitiva quindi la registrazione come modello di utilità piuttosto che come invenzione nulla toglie al concetto di “innovazione” che qui interessa, individuando nella tutela legale più limitata quella della registrazione del brevetto di utilità rispetto a quella del brevetto di invenzione; ma ciò rientra nella libera scelta imprenditoriale, non sindacabile dal giudice ai fini dell’agevolazione richiesta per R& S in quanto anche la registrazione del brevetto per “utilità” per essere ottenuta necessita di un prodotto o processo “innovativo”. Le controdeduzioni all’appello su questo punto non possono essere condivise per le ragioni sopraesposte in quanto la scelta del tipo di privativa da adottare dal punto di vista privatistico-imprenditoriale non può mai costituire una “ammissione implicita” al mancato riconoscimento del requisito di “novità”, laddove peraltro come precisato deve comunque essere rinvenibile anche nel brevetto di “utilità”.
Approfondendo l’esame del merito delle attività di ricerca e sviluppo dai documenti versati in atti risulta che la società appellante ha prodotto ai sensi Art. 3 D.L. 145/2013, e del D.M. 27/05/2015 in relazione all’attività di ricerca e sviluppo effettuate nel corso del 2015 per i progetti oggetto di R& S agevolata rispettivamente: Progetto 1: Asta dritta – relazione tecnica, tabelle costi e schede presenze; Progetto 2: Supporti chitarra – relazione tecnica, tabelle costi e schede presenze; Progetto 3: Cavalletto di supporto – relazione tecnica, tabelle costi e schede presenze. La società inoltre ha prodotto in sede di richiesta dell’agevolazione a sostegno dell’attività svolta la documentazione giustificativa composta da: schema costi personale e collaboratori; prospetto calcolo credito imposta R& S; prospetto calcolo media costi di ricerca e sviluppo anni pregressi 2012 – 2013 – 2014; prospetto di dettaglio riepilogativo dei costi per attività di R& S sostenuti anno 2015 come certificato dall’organo di revisione; contratto di ricerca stipulato con l’impresa “169 Design di Gabriele Santini”. Dai documenti in atti risulta, come già rilevato dal primo giudice e non impugnato, che dal punto di vista formale la società appellante ha ottemperato ai precetti normativi in ordine alla produzione e conservazione della documentazione necessaria atta a dimostrare l’attività di R& S svolta nel rispetto della normativa di legge soprarichiamata (art.3 d.l. 145/2013 e D.M. 27.05.2015) e della prassi rappresentata dalla circolare n° 5 /del Marzo 2016 dell’Agenzia delle Entrate.
Osserva la Corte come la prassi richiamata (Circ5/2016) sul punto fornisce dettagliate e precise istruzioni operative. (Vedi § 7). Per il dettaglio, l’attività svolta nei tre progetti può riassumersi nella descrizione fornita nell’atto di appello che trova riscontro nelle due relazioni tecniche di parte prodotte in giudizio (DOC 6) (Warrant Hub spa e Ing. Capitanelli). Dall’esame della documentazione versata in atti oltre alle specifiche tecniche che hanno accompagnato la richiesta agevolazione di R& S ai sensi dell’art.3 d. l.145/13 (ratione temporis vigente) la società appellante ha prodotto due relazioni tecniche ritenute dalla Corte significative per comprendere la vera natura dell’attività svolta sia perché provenienti da soggetti diversi in tempi diversi sia soprattutto perché rassegnano le stesse conclusioni in merito ai risultati conseguiti dai progetti di ricerca. Rimandando nel dettaglio delle relazioni le cui conclusioni sono condivise da questo giudicante va comunque rilevato che la prima, quella della Warrant Hub spa ( Doc.6), e la seconda -asseverata- quella rilasciata da un tecnico indipendente Ing. Leonardo Capitanelli (Doc.6) illustrano e specificano nel dettaglio con commenti tecnici e schede di progetti tutti gli elementi di novità e di innovazione, riscontrabili anche attraverso allegata documentazione fotografica a corredo delle innovazioni apportate ai prodotti. In sintesi i tre progetti oggetto della regiudicanda; si declinano in tre specifici prodotti: Progetto 1 ( Asta dritta); progetto 2 (supporto per chitarra); progetto 3 (cavalletto di supporto); (“asta dritta”), riguarda aste microfoniche a due braccia collegate da uno snodo centrale adatto a consentire la rotazione del braccio superiore fino a 270°, in modo da renderlo adattabile a vari tipi di ripresa del suono (canto, strumenti, amplificatori, ); (“supporto per chitarra”), riguardante un supporto universale per chitarra in grado di alloggiare uno o più strumenti anche molto diversi fra loro per forma, peso e dimensione (chitarra classica, acustica, elettrica, basso. ), regolabile in altezza, completamente ripiegabile, sostituibile in ogni sua componente, realizzato in materiale altamente resistente (lega di zinco) per sopportare a pesi e sollecitazioni anche rilevanti e adatto ad evitare graffi o altri danneggiamenti agli strumenti; (forcella di base ergonomica; punto di contatto con lo strumento antigraffio e antidanneggiamento;
stabilità maggiore rispetto ai prodotti analoghi; alloggiamento universale); (“cavalletto di supporto”), riguarda un supporto innovativo per tastiera e/o altri tipi di strumentazione con regolazione indipendente dei bracci superiori rispetto alle gambe inferiori, in modo da garantire stabilità a qualunque strumento/apparecchiatura di qualsiasi dimensione, ingombro e/o peso ed evitare al musicista di doverne acquistare uno specifico per ogni diverso strumento/apparecchiatura utilizzati. Le relazioni tecniche prodotte hanno entrambi concluso e dimostrato come i tre progetti abbiano anche soddisfatto i requisiti di 1) novità, 2) creatività, 3) incertezza dei risultati; 4) sistematicità 5) riproducibilità, richiesti dal “Manuale di Frascati”. La lettura delle relazioni ed il loro dettaglio a cui questa Corte fa riferimento, fugano in definitiva ogni dubbio in merito alla verifica della prova relativa al concetto di “novità” della ricerca svolta. La Corte analizzando la natura soggettiva del richiedente l’agevolazione ha preso anche atto che la Bespeco ha svolto negli anni precedenti a quello in cui l’agevolazione è stata richiesta (2015-2016) attività costante di ricerca e sviluppo di prodotti rilevando come la ricerca e l’innovazione abbia caratterizzato anche in passato lo svolgimento dell’attività sociale attraverso la registrazione di brevetti nel periodo 1993-2013.
Per ciò che concerne l’aspetto formale della documentazione necessaria prevista dall’art 3 del d.l. 145/2013 e D.M. 27.05.2015 già prodotta in sede di controllo non sono state sollevate eccezioni dal parte della appellata Agenzia delle Entrate se non limitatamente ( ed in minima parte di valore) alla congruità di alcuni costi (verniciatura 2.581,00 e spese per 1.500,00) costi che tuttavia trovano piena giustificazione nelle perizie redatte e soprattutto non sono confutati da prove contrarie che abbiano una valenza contraddittoria o di smentita tale da rendere fondata l’eccezione dell’Agenzia delle Entrate. La Corte in definitiva ha valutato le relazioni introdotte nel giudizio dall’appellante quali elementi di prova indiziaria e come tali li ha valutati in ordine alla gravità ,precisione e concordanza, non attribuendo a ciascuna singola relazione valenza di autonomo elemento di prova ma formando insieme agli altri indizi raccolti dalle altre relazioni e dalla documentazione versata in atti un valido elemento indiziario di prova.
La valenza indiziaria della documentazione prodotta da parte contribuente costituisce una concreta attuazione dei principi del giusto processo ex articolo 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e garantisce il principio di parità delle armi processuali nonché la effettività del diritto di difesa (Cass. Sent.n° 9903/2020). Tale documentazione inoltre non potrà nel processo tributario mai assumere valore di prova neanche se sorretta da asseverazione o giuramento ( ex multis Cass. Ord.14173/2021) ma conserverà valore di prova indiziaria.
In definitiva le prove anche indiziarie versate in atti da parte della società appellante e raccolte dalla Corte superano tecnicamente ogni diversa conclusione in tema di attività di R& S svolta dalla Bespeco per gli anni 2015-2016; viceversa l’appellata Agenzia delle Entrate non ha fornito alcuna prova tecnica idonea a confutare la documentazione prodotta dalla appellante né a smentire la conclusioni rassegnate nei due elaborati peritali che stante la mancanza di prova contraria non autorizzano questo giudice ad adottare alcuna attività istruttoria suppletiva ( nomina CTU) ai sensi dell’art 7 d.lgs. 546/92. Per queste ragioni il quarto motivo di appello deve essere accolto.
5) il quinto motivo di impugnazione relativo alla (invalidità delle sanzioni irrogate) e le conseguenti esimenti invocate nell’atto di appello, vengono assorbiti dall’accoglimento del primo e quarto motivo di gravame che comportando rispettivamente: la nullità dell’atto di recupero per decadenza dell’azione di accertamento (primo motivo); nonché l’annullabilità nel merito dell’atto di recupero per mancanza di valida ed idonea motivazione (quarto motivo) dell’atto di recupero; esonera questa Corte da ulteriori considerazioni al riguardo non essendo applicabili le sanzioni irrogate nell’atto di recupero impugnato.
Per quanto riguarda le spese di giudizio, l’accoglimento del primo motivo assorbente in ordine degradante gli altri, consente in considerazione delle contrastanti interpretazioni giurisprudenziali citate che hanno condotto a questo giudicato, anche seguito del ricorso alle SSUU della Corte di Cassazione nelle more di questo giudizio, giustificano la compensazione integrale per entrambi i gradi di giudizio delle stesse ai sensi degli articoli 15 d.lgs 546/92 e 92 comma 2 c.p.c. applicabile ratione temporis.
P.Q.M.
In parziale accoglimento dell’appello respinge il secondo e terzo motivo di appello; dichiara assorbito il quinto motivo ed in accoglimento del primo motivo di appello dichiara nullo l’atto di recupero impugnato per decadenza dei termini di accertamento; nel merito, in accoglimento del quarto motivo di appello, dichiara illegittimo ed inefficace l’atto di recupero impugnato per le ragioni esposte nella parte motivazionale di questa sentenza. Spese compensate fra le parti per entrambi i gradi di giudizio.
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