Massima:

La verifica delle caratteristiche degli immobili oggetto delle dichiarazioni tramite procedura DOC.FA e a seguire, la modifica delle risultanze censuarie mediante l’attribuzione della rendita catastale definitiva può intervenire anche oltre il termine di dodici mesi previsti dall’articolo 1, comma 3, Dm n. 701/1994; infatti, la determinazione della rendita catastale definitiva da parte dell’ufficio è soggetto a termine di natura ordinatoria anziché perentoria. Inoltre, il giudice conferma la non-necessità di sopralluogo: infatti, stante l’assenza di un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale l’esigenza di visita-sopralluogo va senz’altro esclusa “quando il nuovo classamento consegua ad una denuncia di variazione catastale presentata dal contribuente”, secondo quanto si desume dall’art. 11, comma 1, d.l. n. 70 del 1988, convertito nella legge n. 154 del 1988.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.G. e B.S. impugnavano il provvedimento di variazione di classamento, emesso dall’Agenzia delle Entrate di XXX, che, anche a seguito di una diversa distribuzione degli spazi interni comunicata con dichiarazione del 20/05/2013, di un fabbricato sito nel Comune di GM, aveva attribuito una nuova rendita catastale modificando la categoria da A/3 ad A/2 ed anche i vani.

I ricorrenti chiedevano l’accoglimento del ricorso per mantenere la Cat. A/3, i vani complessivi e la rendita catastale in essere, facendo presente che l’immobile oggetto della controversia era un vecchio fabbricato, costruito inizi anni ’60, situato in zona non centrale, vicino alla ferrovia che, salvo un intervento di copertura nel 1978, non era mai stato oggetto di ristrutturazione.

Secondo i contribuenti i lavori effettuati negli anni 2012 e 2013 erano stati di scarsa rilevanza in quanto non avevano modificato, con delle tramezzature gli spazi interni destinando un locale ad uso garage ma mantenendo lo stesso numero di vani prima esistenti e gli stessi impianti.

L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio chiedendo in rigetto del ricorso in quanto, in base alla nuova planimetria, i vani risultavano essere 12 (e non 10+1) e che l’immobile, con l’intervento realizzato presentava le caratteristiche tipiche della Cat. A/2 che doveva già essere attribuita a seguito di un intervento di ampliamento, che ne aveva mutato la tipologia, effettuato nel 1993, e ciò anche sulla base di quanto già disposto per altri fabbricati con caratteristiche analoghe esistenti nella stessa zona.

Con successiva memoria i ricorrenti insistevano per l’accoglimento del ricorso precisando la tipologia degli interventi realizzati che non avevano portato ad un aumento dei vani né alla modifica delle caratteristiche dell’immobile de-quo al quale andava mantenuta la cat. A/3. La Commissione Tributaria Provinciale di XXX con sentenza n. 1097/2016 pronunciata il 07/12/2016 e depositata in data 28/12/2016 ha accolto il ricorso compensando tra le parti le spese processuali del grado.

Il giudice di prime cure ha così deliberato per estratto: “In effetti dalla documentazione prodotta dai ricorrenti si evince chiaramente che il fabbricato in questione, a seguito dei modesti interventi effettuati non ha affatto mutato la consistenza e la tipologia originaria che non sembra, nonostante i detti interventi, potersi fare rientrare nella cat. A/2 attribuita dall’ufficio…”. Avverso la predetta decisione ha proposto appello l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di XXX -.

L’Ufficio appellante nell’atto di gravame ha criticato la decisione assunta dai primi giudici ed ha proposto alcuni motivi di impugnazione che qui di seguito si andranno ad esaminare, ribadendo la giustezza del proprio operato e rassegnando le conclusioni così come trascritte in epigrafe. I Sigg.ri B.G. e B.S. non si sono costituiti nel giudizio de-quo.

All’udienza del giorno 13 dicembre 2022 la causa è stata trattenuta a sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello è fondato per le ragioni che seguono.

L’Ufficio appellante descrive nell’atto di appello la storia catastale dell’immobile in questione e gli ampliamente su di esso realizzati. Ciò che qui interessa in particolare è che in data “20/05/2013”, così riferisce l’Ufficio “il proprietario B.G. ha presentato una nuova dichiarazione di variazione (all.5) per per modifiche dichiarate con prot. 16756.

La richiesta di inizio attività è formulata per interventi di manutenzione straordinaria per opere interne: dalla planimetria presentata si evince che l’intervento ha interessato il piano terra. 5-2014: L’attività accertativa dell’ufficio scaturisce dalla dichiarazione presentata dal contribuente il 20/05/2013 tramite procedura doc.fa, la quale prevede la proposta di una rendita da parte del proprietario dichiarante. L’Amministrazione, in base al regolamento ministeriale 701/1994,

Questo collegio, esaminando gli atti del processo, ritiene condivisibili le predette affermazioni dell’Ufficio finanziario: in effetti, gli interventi possono essere configurati come straordinaria manutenzione (tra l’altro dichiarata anche dal contribuente) e come tali da incidere in modo significativo e dirimente sulla valutazione per l’attribuzione della categoria catastale.

Sulla possibilità da parte dell’Amministrazione finanziaria di verificare le caratteristiche degli immobili oggetto delle dichiarazioni tramite procedura doc.fa e, quindi, di modificarne le risultanze censuarie mediante l’attribuzione della rendita catastale definitiva non sussistono oramai dubbi di sorta. La Cassazione, in linea con la posizione dell’amministrazione finanziaria, ha affermato che il termine di dodici mesi per la determinazione della rendita catastale definitiva da parte dell’ufficio (articolo 1, comma 3, Dm n. 701/1994) non è di natura perentoria ma ordinatoria. E ciò si deduce sia dalla norma primaria che da quella regolamentare che non prevede una specifica sanzione. In particolare, la Corte Suprema con l’ordinanza n. 6218/2020 ha affermato che un limite temporale alla rettifica o all’aggiornamento delle rendite catastali sarebbe “assolutamente incompatibile” con la disciplina legislativa di riferimento.

Nel caso di specie l’Ufficio finanziario, valutando le condizioni a quella data dell’immobile conseguenti ad ampliamenti importanti avvenuti negli anni 1993 e 2013, ad una realizzata diversa divisione interna con la realizzazione di due scale di collegamento tra i piani e ad altri lavori ivi eseguiti, ha rettificato il classamento proposto determinando una nuova rendita catastale definitiva ed attribuendo la categoria A/2 anziché l’originaria categoria A/3.

In effetti, con l’accertamento de-quo l’Ufficio ha provveduto ad attribuire all’immobile la categoria adeguata e plausibile rispetto alle caratteristiche costruttive e di rifiniture dell’immobile così come emergono dalla documentazione probatoria (anche fotografica) versata in atti dall’Ufficio medesimo.

Le caratteristiche prevalenti di un immobile accatastato in categoria A2 sono le seguenti: Superficie commerciale superiore ai 100 mq, consistenza catastale superiore ai 5.5 vani con servizi igienici, suddivisione tra la zona giorno e la zona notte, finiture civili.

In sostanza si tratta di unità immobiliari che sono solitamente destinate ad un uso privato e che si compongono di un edificio che ha delle caratteristiche buone dal punto di vista costruttivo ed abitativo.

Un’abitazione di tipo civile gode di alcuni requisiti precisi:

  • è composta da locali di media grandezza con una certa e accurata distribuzione interna dei locali; · si tratta di opere di buona fattura che abbiano locali ben illuminati, ben fatti e ben collegati;
  • rifiniture, generalmente indicate come buone e date anche dai materiali di buona fattura utilizzati nella costruzione;
  • un’abitazione di tipo civile generalmente è provvista di impianti che rientrano nell’ambito dell’ordinaria tecnologia.

Viceversa, la categoria catastale A3 indica i fabbricati economici che si caratterizzano per la presenza di materiali limitati all’indispensabile e di qualità inferiore.

Osserva il Collegio che le caratteristiche dell’immobile in questione (immobile unifamiliare, superficie consistente dal momento che il solo piano seminterrato è indicato nella misura 100,80 mq. ed il piano sottotetto con cambio di destinazione d’uso è indicato nella misura di 68,89 mq., notevole numero dei vani, ben 11, ecc.) siano confacenti e tipiche della categoria A/2.

Nello specifico, al punto sub 3 pag. 3 dell’appello sono dettagliatamente descritti i numerosi e radicali interventi che hanno determinato il significativo ampliamento dell’immobile in questione.

La circostanza altresì assunta dai primi giudici per emettere la decisione favorevole al contribuente, ossia il fatto che l’Ufficio si sarebbe limitato ad effettuare un esame delle planimetrie senza effettuare un sopralluogo sul posto, non è dirimente ai fini della rettifica di classamento. A prescindere dal fatto, ribadito dall’Ufficio in sede di appello, in ordine alla effettuazione in data 09/10/2014 del sopralluogo in seguito al quale, viene riferito, “si è potuta rideterminare la consistenza, originariamente di 12 vani, in 11 come successivamente notificato” (al contribuente), è necessario precisare che la Corte di Cassazione con varie pronunce si è espressa nel senso della non-necessità di sopralluogo.

Stante l’assenza di un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale si è in particolare espressa anche Cass., n. 21923/12, la quale ha aggiunto che l’esigenza di visita-sopralluogo va senz’altro esclusa “quando il nuovo classamento consegua ad una denuncia di variazione catastale presentata dal contribuente”, secondo quanto si desume dall’art. 11, comma 1, d.l. n. 70 del 1988, convertito nella legge n. 154 del 1988.

Ne consegue che l’eventuale assenza di sopralluogo comunque ed in ogni caso non compromette assolutamente la legittimità della rettifica di classamento operata dall’Ufficio finanziario. Le altre considerazioni poste da parte contribuente a sostegno del ricorso tributario si palesano altrettanto non dirimenti ai fini della decisione testé assunta.

Il requisito della struttura antisismica dell’immobile ai fini della sua ricomprensione nella categoria A/2 non è condivisibile dal momento che tale requisito concerne esclusivamente la struttura statica dell’immobile e la sua sicurezza mentre non concerne l’attribuzione della rendita catastale. Non influisce sull’attribuzione della rendita catastale la valutazione energetica dell’immobile e neppure la sua vicinanza alla ferrovia, quindi con ubicazione in zona che i contribuenti ritengono non appetibile. Trattasi di requisiti specificatamente riconducibili alla classe dell’immobile poiché sono caratteristiche che riguardano l’ambiente esterno e non le caratteristiche intrinseche dell’unità immobiliare in questione che, viceversa, influiscono sulla sua categoria catastale.

Osserva questo Collegio di seconda istanza che non sono altresì condivisibili le affermazioni del giudice di prime cure allorquando sostiene che “il raffronto con gli altri due fabbricati segnalati dall’ufficio” ai fini della comparazione “non è pertinente”.

L’Ufficio ha dimostrato con documentazione versata in atti che le unità prese per la comparazione rientrano nello stesso foglio catastale e che quindi sono ubicate nella stessa zona. In particolare l’Ufficio rimarca “…la presenza dell’immobile censito al f° 5 mapp. 238 distante circa 150 mt., censito in cat. A/2 c. 2 con caratteristiche similari all’u.i. interessata, anche se di consistenza inferiore (all. 6)”. Inoltre, sostiene l’Ufficio che “La valutazione che gli immobili sono stati edificati in periodi diversi è assolutamente irrilevante in quanto le rendite catastali sono riferite al biennio 1988/89, le cui tariffe sono state determinate tramite l’individuazione di unità tipo, la cui valutazione risale al periodo di costituzione del catasto dei fabbricati, le cui indicazioni operative sono contenute nella del 1952”.

Ed ancora sostiene l’Ufficio che “l’area limitrofa alla u.i. interessata comprende immobili principalmente censiti in categoria A/3 per una motivazione molto semplice: non sono immobili unifamiliari!. L’immobile oggetto di contenzioso è l’unica a destinazione unifamiliare, con garage di pertinenza e scoperto esclusivo, con caratteristiche e consistenza diversa da quelle adiacenti e quindi non possono essere valutazioni comparabili adeguate”.

Orbene, trattasi di argomentazioni condivisibili e giuridicamente rilevanti in punto di fatto e di diritto, argomentazioni che non sono state concretamente ed efficacemente contrastate dal contribuente.

Pertanto, per le motivazioni innanzi esplicitate l’appello dell’Ufficio deve essere accolto.

Restano assorbite le altre questioni, argomentazioni ed eccezioni, (ad esempio la questione concernente la consistenza dei vani rettificata dall’Ufficio) le quali vengono ritenute non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonee a sostenere una conclusione di tipo diverso.

Le spese processuali di entrambi i gradi del giudizio vengono compensate tra le parti attesa la estrema particolarità della fattispecie trattata nonché la rilevata interpretazione dottrinale e giurisprudenziale in materia non sempre univoca.

P.Q.M.

a Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado delle Marche accoglie l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di XXX – e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, dichiara legittima la pretesa tributaria. Spese compensate di entrambi i gradi di giudizio