Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna, sezione n. 14, sentenza n. 1425 depositata il 5 dicembre 2022
La cessione della totalità delle quote sociali e la cessione d’azienda hanno la medesima “identità di effetti” a prescindere dal nomen iuris attribuito all’atto dalle parti
FATTO
L’Agenzia delle Entrate di Piacenza proponeva appello avverso la sentenza 48/2018 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza che ha accolto il ricorso del contribuente “Ditta B.G. & Figli srl” e di B.L., B.S., B.A., P.G. avverso l’avviso di liquidazione n 20141T007934XXX, mediante il quale veniva riliquidata l’imposta di registro.
La vicenda nasce dal rogito del 19/11/2014 (reg. a Piacenza il 20/11/2014 al n. XXXX mod. 1T) – con il quale i quattro soci della società “Immobiliare T. Srl” cedevano le proprie quote del capitale sociale pari al 100% delle quote di tale società) alla “Ditta B.G. & Figli srl”.
L’ Ufficio Territoriale di Piacenza, riqualificando l’atto come cessione di azienda, liquidava l’imposta di registro (versata, al momento della registrazione, nella somma totale di ? 800,00), nella misura pari ad ? 145.360,00 (oltre ai relativi interessi), applicata con l’aliquota del 3% prevista per le cessioni di azienda, ai sensi dell’art. 2, Tariffa Parte Prima, TU 131/1986.
La società acquirente e i soci venditori impugnavano il predetto atto e ne chiedevano l’annullamento sulla base dei seguenti motivi:
1. In via preliminare: illegittimità dell’atto impugnato per falsa applicazione dell’art. 20, DPR 131/1986, in merito ai presupposti impositivi dell’imposta di registro e alle regole di interpretazione degli atti;
2. Illegittimità dell’atto impugnato per violazione e falsa applicazione dell’art. 20, DPR 131/1986, per assenza assoluta di finalità antiabuso della norma;
3. Illegittimità dell’atto impugnato per violazione del principio del diritto di difesa in assenza del contraddittorio preventivo;
NEL MERITO
4. Illegittimità dell’atto impugnato per la sussistenza di valide ragioni economiche e conseguentemente, per l’assenza degli elementi costitutivi l’abuso di diritto;
5. Illegittimità dell’atto impugnato per errata qualificazione dell’imposta di registro liquidata.
I giudici di primo grado, con la sentenza n. XX/02/2017, accoglievano il ricorso e compensavano le spese di giudizio.
Avverso la suddetta sentenza ricorreva in appello la Direzione Provinciale di Piacenza per i motivi esposti in ricorso.
Si costituiva il contribuente chiedendo il rigetto dell’appello.
DIRITTO
L’appello deve essere accolto.
Invero, ritiene il Collegio che la sentenza della CTP abbia errato nell’applicazione dell’art. 20 (sia nel testo modificato dalla legge di bilancio 2018, sia nel testo vigente ratione temporis) del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
Il novellato art. 20 recita:
“L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”. Le modificazioni apportate dalla legge di bilancio 2018 hanno determinato una rivisitazione strutturale profonda e antitetica della fattispecie impositiva pregressa: “1 ‘art 20 previgente (….) imponeva la tassazione sulla base di elementi (il dato extratestuale ed il collegamento negoziale) che vengono invece oggi espressamente esclusi”
Di conseguenza, secondo la tesi del contribuente, non potendo essere valutati altri atti collegati estrinseci all’atto di cui si chiede la riqualificazione, l’operazione in oggetto non potrebbe essere valutata diversamente dalla cessione di quote, e ciò a prescindere dalla successiva operazione di fusione per incorporazione che i contribuenti hanno posto in essere.
In giurisprudenza è dibattuta la natura retroattiva della nuova norma.
Secondo parte della giurisprudenza “In tema d’imposta di registro, l’art. 1, comma 87, lett. a), della 1. n. 205 del 2017, che ha modificato l’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, non esplica, in mancanza di espressa previsione, effetto retroattivo, in quanto è privo dei connotati della legge interpretativa, poiché, da un lato, introduce limiti all’attività di riqualificazione giuridica della fattispecie in assenza non previsti e, da un altro, non sussisteva sulla portata della disposizione un contrasto giurisprudenziale, sicché la nuova disciplina trova applicazione soltanto per gli atti stipulati successivamente alla data in vigore della stessa, ovvero al 1° gennaio 2018. (Cass Sentenza n. 4407 del 23/02/2018 (Rv. 647209 -01).
Altra giurisprudenza invece ritiene che per la natura interpretativa della norma alla stessa debba riconoscersi natura retroattiva.
In ogni caso anche preso in considerazione singolarmente il singolo atto di cessione delle quote sociali, si osserva che la cessione totalitaria di quote sociali e cessione di azienda hanno la medesima identità di effetti (in tal senso, cfr. ordinanza n. 8619 del 09/04/2018; sentenze, ex multis, n. 30160 del 15.12.2017).
Invero, al di là del nomen iuris dato dalle parti all’atto occorre verificare quale sia la reale causa concreta del negozio soggetto a tassazione, dovendosi applicare le imposte in base all’effetto pratico che è stato conseguito dall’atto stesso e non già in base alla qualificazione autonomamente data dalle parti.
Nel caso di specie, tramite la cessione della totalità delle quote la società ” Ditta B.G. & Figli srl” è divenuta unico socio della Immobiliare T. srl.
Successivamente, in esecuzione delle delibere dei soci del 25 novembre 2014 le società Ditta B.G. & figli srl e società immobiliare T. srl si sono fuse mediante incorporazione della società Immobiliare T. srl nella società Ditta B. & figli srl.
La società Ditta B.G. & figli srl è subentrata a tutti gli effetti in tutto il patrimonio attivo e passivo della società incorporata T. srl.
L’operazione di vendita di tutte le quote della società T. alla società Ditta B. configura intrinsecamente la cessione dell’azienda, successivamente incorporata mediante fusione per incorporazione.
Nel caso in esame la causa concreta sottesa al passaggio integrale delle quote corrisponde alla cessione delle quote, in quanto la cessione delle quote non può avere altro scopo che l’ingresso della cessionaria in tutte le attività attive e passive della cedente.
Non è fondata neanche la censura relativa all’assenza di contraddittorio, come chiarito dalla Suprema Corte (Cass., Sez. 5^, 10 gennaio 2022, n. 366), che ha interpretato l’art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 come concernente l’oggettiva portata effettuale dei negozi e non finalizzato in chiave antielusiva strictu sensu, come quella dell’art. 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, sicché l’avviso di liquidazione ex art. 20 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 non soggiace all’obbligo di contraddittorio preventivo ex art. 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600.
Alla luce del descritto orientamento giurisprudenziale, consegue la piena legittimità dell’operato dell’Ufficio il quale ha ritenuto che la cessione totalitaria delle quote della società Immobiliare T. srl avesse il medesimo effetto giuridico della cessione dell’azienda sociale e, come tale, al prezzo dichiarato dalle parti per le quote (pari ad € 4.872.00,00), ha applicato l’imposta di registro con l’aliquota del 3% (prevista appunto per le cessioni di azienda ai sensi dell’art. 2, Tariffa Parte Prima TUR 131/86).
Ne consegue l’accoglimento dell’appello con condanna al pagamento delle spese legali.
P. Q. M.
La Commissione Tributaria Regionale di Bologna accoglie l’appello e, per l’effetto, rigetta il ricorso del contribuente avverso l’avviso di liquidazione n. 201411007934XXX;
Condanna parte appellata a corrispondere all’appellante le spese legali nella misura di euro 3000,00 oltre accessori di legge.
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