CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 10 ottobre 2013, n. C-86/12

«Cittadinanza dell’Unione — Articoli 20 TFUE e 21 TFUE— Direttiva 2004/38/CE — Diritto di soggiorno di un cittadino di un paese terzo ascendente diretto di cittadini dell’Unione in tenera età — Cittadini dell’Unione nati in uno Stato membro diverso da quello di cui possiedono la cittadinanza che non hanno mai esercitato il loro diritto alla libera circolazione — Diritti fondamentali»

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle disposizioni degli Articoli 20 TFUE e 21 TFUE nonché della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e rettifiche GU L 229, pag. 35, e GU 2005, L 197, pag. 34).

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone la sig.ra A. nonché i suoi figli J. e E.M. al Ministre du Travail, de l’Emploi et de l’Immigration [Ministro del Lavoro, dell’Occupazione e dell’Immigrazione (in prosieguo: il «Ministro»)], in merito alla decisione di quest’ultimo che nega alla sig.ra A. un diritto di soggiorno in Lussemburgo e le ordina di lasciare il territorio di tale Stato membro.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

Le direttive 2003/86/CE e 2003/109/CE

3. Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU L 251, pag. 12), e dell’articolo 1, lettera a), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag.  44), tali direttive hanno lo scopo di stabilire, l’una, le condizioni in cui viene esercitato il diritto al ricongiungimento familiare di cui godono i cittadini di paesi terzi legalmente residenti sul territorio degli Stati membri e, l’altra, le condizioni di conferimento e di revoca dello status di soggiornante di lungo periodo concesso da uno Stato membro ai cittadini di paesi terzi legalmente soggiornanti nel suo territorio e i diritti afferenti.

La direttiva 2004/38

4. Sotto il titolo «Definizioni», l’articolo 2 della direttiva 2004/38 enuncia quanto segue: «Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1) “cittadini dell’Unione” qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;

2) “familiare”:

(…)

d) gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);

3) “Stato membro ospitante” lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al

fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno».

5. L’articolo 3 della direttiva 2004/38, intitolato «Aventi diritto», al suo paragrafo 1 così dispone:

«La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2 che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo».

6. L’articolo 7 di tale direttiva, intitolato «Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi», ha il seguente tenore:

«1. Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a) di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

b) di disporre, per sé stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c) – di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale;

– di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per sé stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o

d) di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c).

2. Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda all[e] condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c).

(…)».

Il diritto lussemburghese

7. La legge del 29 agosto 2008 relativa alla libera circolazione delle persone e all’immigrazione (Mémorial A 2008, pag. 2024; in prosieguo: la «legge relativa alla libera circolazione») mira a recepire le direttive 2003/86 e 2004/38 nell’ordinamento giuridico lussemburghese.

8. A norma dell’articolo 6 di tale legge:

«(1) Il cittadino dell’Unione ha diritto di soggiornare nel territorio per un periodo superiore a tre mesi qualora soddisfi una delle seguenti condizioni:

1. svolga un’attività lavorativa come lavoratore subordinato o autonomo;

2. disponga, per sé stesso e per i propri familiari, quali menzionati all’articolo 12, di risorse sufficienti per non diventare un onere per il sistema di assistenza sociale, nonché di un’assicurazione malattia;

3. sia iscritto presso un istituto d’istruzione pubblico o privato, riconosciuto nel Granducato di Lussemburgo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari in vigore, per seguirvi a titolo principale un corso di studi o, in tale ambito, una formazione professionale, garantendo comunque di disporre, per sé stesso e per i propri familiari, di risorse sufficienti per non diventare un onere per il sistema di assistenza sociale, nonché di un’assicurazione malattia.

(2) Un regolamento granducale specifica le risorse richieste ai punti 2 e 3 del precedente paragrafo (1) e le modalità secondo cui deve esserne fornita la prova.

(…)».

9 L’articolo 12 della legge in parola recita:

«(1) Sono considerati familiari:

(…)

d) gli ascendenti diretti a carico del cittadino dell’Unione e gli ascendenti diretti a carico del coniuge o del partner di cui al punto b).

(2) il Ministro può autorizzare ogni altro familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, che non rientri nella definizione di cui al paragrafo (1), a soggiornare nel territorio se soddisfa una delle seguenti condizioni:

1. nel paese di origine, era a carico o faceva parte del nucleo familiare del cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale;

2. gravi motivi di salute impongono al cittadino dell’Unione di assistere personalmente il familiare di cui trattasi.

La domanda di ingresso e di soggiorno dei familiari di cui al precedente comma è sottoposta ad un esame approfondito tenendo conto della loro situazione personale.

(…)».

10. Ai sensi dell’articolo 103 della medesima legge:

«Prima di adottare una decisione di diniego di soggiorno, di revoca o di diniego di rinnovo del titolo di soggiorno o una decisione di allontanamento dal territorio nei confronti del cittadino di paesi terzi, il Ministro tiene conto segnatamente della durata del soggiorno dell’interessato nel territorio lussemburghese, della sua età, del suo stato di salute, della sua situazione familiare ed economica, della sua integrazione sociale e culturale nel paese e dell’intensità dei suoi legami con il paese di origine, sempre che la sua presenza non costituisca una minaccia per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza.

Nessuna decisione di allontanamento dal territorio, ad eccezione di quella fondata su gravi motivi di pubblica sicurezza, può essere adottata nei confronti di un minore non accompagnato da un rappresentante legale, salvo se l’allontanamento sia necessario nel suo interesse».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

11. La sig.ra A., cittadina togolese, il 21 novembre 2006 ha presentato presso le autorità lussemburghesi una domanda di protezione internazionale ai sensi della legge del 5 maggio 2006 relativa al diritto di asilo e a forme complementari di protezione (Mémorial A 2006, pag. 1402). Tale domanda è stata tuttavia respinta dalle predette autorità e la decisione di queste ultime è stata confermata dai giudici lussemburghesi.

12. In seguito, la sig.ra A. ha presentato presso le medesime autorità una domanda diretta alla concessione di uno status di tolleranza. Sebbene inizialmente tale domanda sia stata oggetto di una decisione di rigetto, essa è stata riesaminata e il suddetto status è stato concesso alla sig.ra A. fino al 31 dicembre 2008, in quanto, in data 17 agosto 2008, a Lussemburgo, l’interessata aveva dato alla luce due gemelli ed essi dovevano fruire di cure tenuto conto della loro nascita prematura.

13. I figli della sig.ra A. sono stati riconosciuti, al momento della formazione degli atti di nascita, dal sig. M., cittadino francese. Essi possiedono la cittadinanza francese e hanno beneficiato del rilascio di un passaporto e di una carta nazionale d’identità francesi, rispettivamente, il 15 maggio e il 4 giugno 2009.

14. Nel frattempo, la domanda di proroga dello status di tolleranza presentata dalla sig.ra A. è stata respinta dalle autorità lussemburghesi, le quali hanno tuttavia concesso a quest’ultima una sospensione del provvedimento di allontanamento fino al 5 giugno 2010, non prorogata in seguito.

15. Il 6 maggio 2010, la sig.ra A. ha presentato una domanda di autorizzazione di soggiorno in base alla legge relativa alla libera circolazione. In risposta a una richiesta di informazioni supplementari del Ministro, la sig.ra A. ha indicato che non poteva stabilirsi con i propri figli sul territorio francese, dove risiede il padre di questi ultimi, in quanto essa non intratteneva alcun rapporto con il medesimo e i suddetti figli necessitavano di assistenza medica in Lussemburgo a causa della loro nascita prematura. Con decisione del 14 ottobre 2010 il Ministro ha respinto tale domanda.

16. Secondo la predetta decisione, da un lato, poiché il diritto di soggiorno dei familiari di un cittadino dell’Unione si limita agli ascendenti diretti che sono a carico di quest’ultimo, la sig.ra A. non soddisferebbe tale condizione. Dall’altro, e quanto a loro, i figli della sig.ra A. non soddisferebbero le condizioni fissate dall’articolo 6, paragrafo 1, della legge relativa alla libera circolazione. Peraltro, detta decisione evidenziava che l’assistenza medica di tali minori poteva essere perfettamente garantita in Francia e che la sig.ra A. non soddisfaceva neppure le condizioni richieste nell’ambito delle altre due categorie di soggiorno contemplate dalla legge in parola.

17. La sig.ra A. ha proposto, dinanzi al tribunal administratif (tribunale amministrativo) (Lussemburgo), in nome proprio e dei due figli, un ricorso avverso la decisione del Ministro.

Con sentenza del 21 settembre 2011, tale organo giurisdizionale ha respinto il suddetto ricorso in quanto infondato. Con atto introduttivo depositato il 31 ottobre 2011 la sig.ra A. ha interposto appello contro siffatta sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

18. Quest’ultimo giudice rileva che non viene contestato che i figli della sig.ra A. non abbiano mai goduto di una vita familiare con il proprio padre, il quale si sarebbe limitato a dichiarare la loro nascita e a rendere possibile il rilascio dei documenti d’identità francesi che li riguardano. Del pari, tale giudice constata che la sig.ra A. e i suoi figli hanno, de facto, condotto una vita familiare comune in un centro d’accoglienza, sin dalla degenza prolungata di questi minori nel reparto maternità, e che questi ultimi non hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione in senso proprio.

19. Ciò premesso, la Cour administrative ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se l’articolo 20 TFUE, eventualmente in combinato disposto con gli articoli 20, 21, 24, 33 e 34 della Carta dei diritti fondamentali [dell’Unione europea], letti separatamente o congiuntamente, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro, da un lato, neghi al cittadino di un paese terzo, che si faccia carico da solo dei propri figli in tenera età, cittadini dell’Unione, il soggiorno nello Stato membro di residenza di questi ultimi, dove essi vivono sin dalla nascita senza averne la cittadinanza, e, dall’altro, neghi al detto cittadino di un paese terzo un titolo di soggiorno o anche un permesso di lavoro.

Se tali decisioni debbano essere considerate idonee a privare detti minori, nel paese di residenza in cui vivono sin dalla nascita, del godimento reale ed effettivo del nucleo essenziale dei diritti connessi allo status di cittadino dell’Unione anche nelle circostanze di specie, in cui l’altro ascendente in linea retta, con il quale i figli non hanno mai condotto una vita familiare comune, risiede in un altro Stato dell’Unione, del quale ha la cittadinanza».

Sulla questione pregiudiziale

20. In via preliminare, si deve rilevare che, sebbene il giudice del rinvio abbia limitato la sua questione all’interpretazione dell’articolo 20 TFUE, la Corte gli può nondimeno fornire tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possono essere utili per dirimere la controversia sottopostagli, a prescindere se il giudice del rinvio vi abbia fatto o meno riferimento nel formulare la questione (v., in tal senso, sentenza del 5 maggio 2011, McCarthy, C-434/09, Racc. pag. I-3375, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

21. Pertanto, la questione posta dal giudice del rinvio deve essere intesa come volta a determinare, in sostanza, se, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, gli articoli 20 TFUE e 21 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano a che uno Stato membro neghi a un cittadino di un paese terzo un diritto di soggiorno sul suo territorio quando tale cittadino abbia a proprio carico esclusivo figli in tenera età, cittadini dell’Unione, che sin dalla nascita soggiornano con lui in tale Stato membro senza possederne la cittadinanza e senza aver esercitato il proprio diritto alla libera circolazione.

22. A tal riguardo, va ricordato che gli eventuali diritti conferiti ai cittadini di paesi terzi dalle disposizioni del diritto dell’Unione riguardanti la cittadinanza dell’Unione non sono diritti originari dei suddetti cittadini, bensì diritti derivati dall’esercizio della libertà di circolazione da parte di un cittadino dell’Unione. La finalità e la ratio di tali diritti derivati, segnatamente i diritti di ingresso e di soggiorno dei familiari di un cittadino dell’Unione, si basano sulla constatazione che negare il loro riconoscimento può pregiudicare la libertà di circolazione del cittadino di cui trattasi, dissuadendolo dall’esercitare i propri diritti di ingresso e di soggiorno nello Stato membro ospitante (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2013, Ymeraga e Ymeraga-Tafarshiku, C-87/12, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

23. Del pari, va sottolineato che esistono situazioni le quali, sebbene siano disciplinate da normative che rientrano a priori nella competenza degli Stati membri — vale a dire le normative sul diritto d’ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi al di fuori del campo di applicazione delle disposizioni del diritto derivato che, in presenza di determinate condizioni, prevedono il conferimento di un siffatto diritto —, hanno tuttavia un rapporto intrinseco con la libertà di circolazione di un cittadino dell’Unione che osta a che ai suddetti cittadini di paesi terzi sia negato il diritto di ingresso e di soggiorno nello Stato membro in cui risiede il cittadino dell’Unione di cui trattasi, al fine di non pregiudicare tale libertà (v. sentenza Ymeraga e Ymeraga-Tafarshiku, cit., punto 37).

24. Nel caso di specie, va rilevato, in primo luogo, che la sig.ra A. non può essere considerata beneficiaria della direttiva 2004/38, a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, della medesima.

25. Infatti, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la qualità di familiare «a carico» del cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno risulta da una situazione di fatto caratterizzata dalla circostanza che il sostegno materiale del familiare è garantito dal titolare del diritto di soggiorno, di modo che, quando si verifica la situazione inversa, vale a dire che il titolare del diritto di soggiorno è a carico del cittadino di un paese terzo, quest’ultimo non può dirsi ascendente «a carico» di detto titolare, ai sensi della direttiva 2004/38, per beneficiare di un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante (sentenza dell’8 novembre 2012, Iida, C-40/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 55).

26. Nella specie, sono i titolari del diritto di soggiorno, ossia i due figli della sig.ra A., ad essere effettivamente a carico di quest’ultima, sicché l’interessata non può invocare lo status di ascendente a loro carico ai sensi della direttiva 2004/38.

27. Tuttavia, nell’ambito di una situazione simile a quella in esame nel procedimento principale, in cui un cittadino dell’Unione era nato in uno Stato membro ospitante e non aveva esercitato il suo diritto alla libera circolazione, la Corte ha dichiarato che i termini «dispongano […] di risorse sufficienti», contenuti in una disposizione analoga all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, dovevano essere interpretati nel senso che è sufficiente che i cittadini dell’Unione dispongano di siffatte risorse, senza che tale disposizione contenga il minimo requisito in merito alla provenienza delle medesime — infatti, le risorse potevano essere fornite dal cittadino di un paese terzo genitore del minore in questione (v., in tal senso, per quanto riguarda gli strumenti del diritto dell’Unione anteriori a tale direttiva, sentenza del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen, C-200/02, Racc. pag. I-9925, punti 28 e 30).

28. Di conseguenza, è stato constatato che il rifiuto di consentire al genitore, cittadino di uno Stato membro o di un paese terzo, che abbia effettivamente la custodia di un cittadino dell’Unione minorenne, di soggiornare insieme a tale cittadino nello Stato membro ospitante priverebbe di ogni efficacia il diritto di soggiorno di quest’ultimo, dal momento che il godimento del diritto di soggiorno da parte di un minore in tenera età implica necessariamente che tale minore abbia la facoltà di essere accompagnato dalla persona che ne garantisce effettivamente la custodia e, quindi, che tale persona possa risiedere con lui nello Stato membro ospitante durante tale soggiorno (v. citate sentenze Zhu e Chen, punto 45, nonché Iida, punto 69).

29. Pertanto, mentre conferiscono un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante al cittadino in tenera età di un altro Stato membro il quale soddisfi le condizioni fissate dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, l’articolo 21 TFUE e la direttiva 2004/38 consentono al genitore che abbia effettivamente la custodia di tale cittadino di soggiornare con lui nello Stato membro ospitante (v., in tal senso, sentenza Zhu e Chen, cit., punti 46 e 47).

30. Nella specie, spetta al giudice del rinvio verificare se i figli della sig.ra A. soddisfino le condizioni fissate dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 e godano, di conseguenza, di un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante in base all’articolo 21 TFUE. In particolare, tale giudice deve verificare se i suddetti figli dispongano, da soli o grazie alla madre, di risorse sufficienti e di un’assicurazione malattia completa, come prevede l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38.

31. Qualora non siano soddisfatte le condizioni fissate dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, l’articolo 21 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a che alla sig.ra A. venga negato un diritto di soggiorno sul territorio lussemburghese.

32. Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’articolo 20 TFUE, la Corte ha dichiarato che esistono situazioni molto particolari in cui, malgrado la circostanza che il diritto derivato relativo al diritto di soggiorno dei cittadini di paesi terzi non sia applicabile e che il cittadino dell’Unione interessato non abbia fatto uso della propria libertà di circolazione, non si può negare, in via eccezionale, il diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo, familiare di tale cittadino, pena pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione di cui gode quest’ultimo, se, come conseguenza di un siffatto diniego, tale cittadino si trovasse obbligato, di fatto, a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme, venendo così privato del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione (v. citate sentenze Iida, punto 71, e Ymeraga e Ymeraga-Tafarshiku, punto 36).

33. Di conseguenza, il giudice del rinvio, sebbene constati che l’articolo 21 TFUE non osta a che alla sig.ra A. venga negato un diritto di soggiorno sul territorio lussemburghese, deve ancora verificare se un siffatto diritto di soggiorno non potrebbe esserle comunque concesso in via eccezionale, pena pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione di cui godono i suoi figli, poiché, in conseguenza di siffatto diniego, questi ultimi sarebbero di fatto costretti a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme e privati, quindi, del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status suddetto.

34. A tal riguardo, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 55 e 56 delle conclusioni, la sig.ra A., nella sua qualità di madre di J. e di E.M. e di persona che, sin dalla loro nascita, ne ha da sola la custodia effettiva, potrebbe godere di un diritto derivato ad accompagnarli e a soggiornare con loro sul territorio francese.

35. Ne discende che, in linea di principio, il diniego da parte delle autorità lussemburghesi di concedere un diritto di soggiorno alla sig.ra A. non può avere come conseguenza di obbligare i figli della medesima a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se, alla luce di tutte le circostanze del procedimento principale, tale ipotesi ricorra effettivamente.

36. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione deferita dichiarando che, in una situazione come quella in esame nel procedimento principale, gli articoli 20 TFUE e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro neghi a un cittadino di un paese terzo un diritto di soggiorno sul suo territorio quando tale cittadino abbia a proprio carico esclusivo figli in tenera età, cittadini dell’Unione, i quali sin dalla nascita soggiornano con lui in tale Stato membro senza possederne la cittadinanza e senza aver esercitato il proprio diritto alla libera circolazione, sempreché tali cittadini dell’Unione non soddisfino le condizioni fissate dalla direttiva 2004/38 sempreché un siffatto diniego non li privi del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Sulle spese

37. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla  Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

P.Q.M.

 

Dichiara:

In una situazione come quella in esame nel procedimento principale, gli articoli 20 TFUE e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro neghi a un cittadino di un paese terzo un diritto di soggiorno sul suo territorio quando tale cittadino abbia a proprio carico esclusivo figli in tenera età, cittadini dell’Unione, i quali sin dalla nascita soggiornano con lui in tale Stato membro senza possederne la cittadinanza e senza aver esercitato il proprio diritto alla libera circolazione, sempreché tali cittadini dell’Unione non soddisfino le condizioni fissate dalla direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, e sempreché un siffatto diniego non li privi del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti  conferiti dallo status di cittadino dell’Unione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.