CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 27 aprile 2017, n. C-680/15

“Rinvio pregiudiziale – Trasferimento d’impresa – Mantenimento dei diritti dei lavoratori – Direttiva 2001/23/CE – Articolo 3 – Contratto di lavoro – Normativa di uno Stato membro che autorizza la stipulazione di clausole che rinviano a contratti collettivi di lavoro successivi alla data del trasferimento – Opponibilità al cessionario”

1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 3 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (GU 2001, L 82, pag. 16) e dell’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la “Carta”).

2. Tali domande sono state presentate nell’ambito di una controversia nella quale il sig. Ivan Felja e la sig.ra Vittoria Graf (in prosieguo, congiuntamente: i “lavoratori”) si contrappongono, rispettivamente, alla Asklepios Kliniken Langen‑Seligenstadt GmbH e alla Asklepios Dienstleistungsgesellschaft mbH (in prosieguo, congiuntamente: la “Asklepios”), in merito all’applicazione di un contratto collettivo di lavoro.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3. La direttiva 2001/23 ha proceduto alla codificazione della direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1997, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (GU 1977, L 61, pag. 26), come modificata dalla direttiva 98/50/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998 (GU 1998, L 201; pag. 88) (in prosieguo: la “direttiva 77/187”).

4. L’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2001/23 prevede quanto segue:

“La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione”.

5. L’articolo 3 della medesima direttiva così dispone:

“1. I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.

(…)

3. Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest’ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo.

Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle condizioni di lavoro, purché esso non sia inferiore ad un anno.

(…)”.

Diritto tedesco

6. In Germania, i diritti e gli obblighi in caso di trasferimento di stabilimento sono disciplinati dall’articolo 613a del Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile), il cui paragrafo 1 così recita:

“Qualora uno stabilimento o una parte di uno stabilimento venga trasferito mediante negozio giuridico a un altro proprietario, questi subentra nei diritti e negli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro in corso al momento della cessione. Se tali diritti e obblighi sono disciplinati dalle clausole di un contratto collettivo o di un contratto aziendale, essi divengono parte integrante del rapporto di lavoro tra il nuovo titolare e il lavoratore e non possono essere modificati a danno del lavoratore prima che sia decorso un anno a partire dalla data del trasferimento. La norma contenuta nel secondo periodo non si applica quando i diritti e gli obblighi del nuovo proprietario siano disciplinati dalle clausole di un altro contratto collettivo o di un altro contratto aziendale. Prima della scadenza del termine di un anno di cui alla seconda frase, i diritti e gli obblighi possono essere modificati ove il contratto collettivo o il contratto aziendale non siano più in vigore ovvero in assenza dell’obbligo reciproco di conformarsi a un altro contratto collettivo la cui applicazione sia stata pattuita tra il nuovo proprietario e il lavoratore”.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

7. I lavoratori erano impiegati presso l’ospedale di Dreieich Lange (Germania), che dipendeva all’epoca da un ente territoriale comunale. Il sig. Felja lavorava in qualità di operaio polivalente/giardiniere dal 1978, mentre la sig.ra Graf lavorava in qualità di assistente di cura dal 1986. A seguito della cessione dell’ospedale, nel 1995, da parte di tale ente territoriale comunale a una società a responsabilità limitata (GmbH), la parte di stabilimento in cui erano occupati i lavoratori è stata trasferita, nel 1997, all’impresa KLS Facility Management GmbH (in prosieguo: la “KLS FM”).

8. I contratti di lavoro stipulati tra i lavoratori e la KLS FM, la quale non apparteneva ad alcuna organizzazione datoriale che avesse negoziato e partecipato all’adozione di un contratto collettivo di lavoro, contenevano una clausola di rinvio “dinamica” che precisava che il loro rapporto di lavoro sarebbe stato disciplinato, come avveniva prima del trasferimento, dal Bundesmanteltarifvertrag für Arbeiter gemeindlicher Verwaltungen und Betriebe (contratto collettivo federale dei lavoratori delle amministrazioni e degli stabilimenti comunali; in prosieguo: il “BMT‑G II”), ma anche, nel futuro, dai contratti collettivi che fossero sopraggiunti a completarlo, modificarlo e sostituirlo.

9. La KLS FM è, poi, entrata a far parte di un gruppo di imprese del settore ospedaliero.

10. Il 1° luglio 2008 la parte di stabilimento presso la quale svolgevano la propria attività i lavoratori è stata trasferita a un’altra società di detto gruppo, ossia la Asklepios. Come la KLS FM, la Asklepios non è vincolata, quale membro di un’organizzazione datoriale, né al BMT‑G II, né al Tarifvertrag für den öffentlichen Dienst (contratto collettivo del pubblico impiego; in prosieguo: il “TVöD”), che lo sostituisce dal 1° ottobre 2005, né al Tarifvertrag zur Überleitung der Beschäftigten der kommunalen Arbeitgeber in den TVöD und zur Regelung des Übergangsrechts (contratto collettivo che disciplina il passaggio dei lavoratori degli enti comunali al TVöD e il regime transitorio).

11. I lavoratori hanno proposto ricorso affinché fosse dichiarato che, conformemente alla clausola di rinvio “dinamica” al BMT-G II contenuta nei rispettivi contratti di lavoro, al loro rapporto di lavoro erano applicabili le disposizioni del TVöD e dei contratti collettivi che lo completano nonché quelle del contratto collettivo che disciplina il passaggio dei lavoratori degli enti comunali al TVöD e il regime transitorio, nella versione di dette disposizioni vigente al momento della proposizione del loro ricorso.

12. La Asklepios sostiene che la direttiva 2001/23 e l’articolo 16 della Carta ostano all’effetto giuridico, previsto dal diritto nazionale, di tale applicazione “dinamica” dei contratti collettivi del pubblico impiego cui rinvia il contratto di lavoro. Essa ritiene che, a seguito del trasferimento dei lavoratori di cui trattasi a un altro datore di lavoro, debba prevalere un’applicazione “statica” di detti contratti, nel senso che solo le condizioni di lavoro pattuite nel contratto di lavoro stipulato con il datore di lavoro cedente, derivanti dai contratti collettivi citati da tale contatto, possono essere opposte al datore di lavoro cessionario.

13. I giudici di grado inferiore hanno accolto i ricorsi proposti dai lavoratori e dinanzi al giudice del rinvio è stato proposto un ricorso in cassazione (“Revision”) da parte della Asklepios.

14. In tali circostanze, il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

“1. a) Se l’articolo 3 della direttiva (2001/23) osti a una normativa nazionale che prevede, nel caso del trasferimento di un’impresa o di uno stabilimento, che tutte le condizioni di lavoro individualmente concordate nel contratto di lavoro dal cedente e dal lavoratore nell’ambito dell’autonomia privata si trasferiscono immutate in capo al cessionario come se questi le avesse esso stesso negoziate nel singolo contratto con il lavoratore, qualora il diritto nazionale accordi al cessionario la possibilità di apportare adattamenti, consensualmente ma anche unilateralmente.

b) In caso di risposta affermativa alla prima questione(, lettera a),) nel suo insieme o rispetto a un determinato gruppo di condizioni di lavoro contenute nel contratto di lavoro e concordate individualmente tra cedente e lavoratore:

Se dall’applicazione dell’articolo 3 della direttiva (2001/23) si evinca che determinate condizioni del contratto di lavoro negoziate dal cedente e dal lavoratore nell’ambito dell’autonomia privata non si trasferiscono immutate in capo al cessionario e devono essere adeguate solo in ragione del trasferimento d’impresa o di stabilimento.

c) Se, in base ai criteri delle risposte fornite dalla Corte alla (prima questione pregiudiziale, lettere a) e b)), un rinvio individuale, concordato nel singolo contratto, in virtù del quale determinate disposizioni del contratto collettivo sono incluse – in forza dell’autonomia privata e in modo dinamico – nel contenuto del contratto di lavoro, non si trasferisce in forma immutata in capo al cessionario:

i) se ciò valga anche quando né il cedente, né il cessionario sono direttamente o indirettamente parti di un contratto collettivo, ossia se, già prima del trasferimento dell’impresa o dello stabilimento, le disposizioni del contratto collettivo non avrebbero trovato applicazione al rapporto di lavoro con il cedente in assenza di una clausola di rinvio concordata, nell’esercizio dell’autonomia privata, nel contratto di lavoro.

ii) In caso di risposta affermativa alla (prima questione, lettera c), sub i)):

Se ciò valga anche nel caso in cui il cedente e il cessionario sono imprese appartenenti al medesimo gruppo.

2. Se l’articolo 16 della (Carta) osti a una disposizione nazionale adottata in attuazione delle direttive (77/187) o (2001/23) in base alla quale, in caso di trasferimento di un’impresa o di uno stabilimento, il cessionario è vincolato alle condizioni contrattuali di lavoro negoziate individualmente nell’ambito dell’autonomia privata dal cedente e dal lavoratore prima di tale trasferimento come se le avesse esso stesso concordate anche quando, in forza delle suddette condizioni, sono incluse nel contratto, in modo dinamico, determinate disposizioni di un contratto collettivo che non troverebbe altrimenti applicazione al rapporto di lavoro, nei limiti in cui il diritto nazionale accordi al cessionario la possibilità di apportare adattamenti sia consensuali che unilaterali”.

Sulle questioni pregiudiziali

15. Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 3 della direttiva 2001/23, letto in combinato disposto con l’articolo 16 della Carta, debba essere interpretato nel senso che, in caso di trasferimento di stabilimento, il mantenimento dei diritti e degli obblighi derivanti in capo al cedente da un contratto di lavoro si estenda alla clausola, negoziata nell’ambito del principio dell’autonomia privata tra il cedente e il lavoratore, in virtù della quale il loro rapporto di lavoro è disciplinato non solo dal contratto collettivo vigente alla data del trasferimento, bensì anche dai contratti collettivi successivi a detto trasferimento e che completano, modificano o sostituiscono il primo, qualora il diritto nazionale preveda, a favore del cessionario, la possibilità di apportare adattamenti sia consensuali che unilaterali.

16. Anzitutto, è necessario rilevare che un contratto di lavoro può rinviare, mediante clausole contrattuali, ad altri strumenti giuridici, in particolare a contratti collettivi di lavoro. Siffatte clausole possono quindi operare un rinvio, vuoi, come le clausole di rinvio “statiche”, solo ai diritti e agli obblighi stabiliti dal testo del contratto collettivo in vigore alla data del trasferimento d’impresa, vuoi, come le clausole di rinvio “dinamiche” controverse nel procedimento principale, anche alle evoluzioni future dei contratti che comportino una modifica di tali diritti e obblighi.

17. A tal riguardo, la Corte ha precisato, nell’ipotesi di una clausola contrattuale di natura “statica” e nel contesto della direttiva 77/187, che dal tenore letterale di quest’ultima non risulta affatto che il legislatore dell’Unione abbia inteso vincolare il cessionario a contratti collettivi diversi da quello in vigore al momento del trasferimento e, di conseguenza, imporre di modificare ulteriormente le condizioni di lavoro con l’applicazione un nuovo contratto collettivo di lavoro stipulato dopo il trasferimento (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2006, Werhof, C‑499/04, EU:C:2006:168, punto 29).

18. Infatti, la finalità della direttiva 77/187 si limitava a salvaguardare i diritti e gli obblighi dei lavoratori vigenti al momento del trasferimento, e non a proteggere mere aspettative e quindi gli ipotetici benefici derivanti dalle evoluzioni future dei contratti collettivi (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2006, Werhof, C‑499/04, EU:C:2006:168, punto 29).

19. Se è vero che dalla giurisprudenza della Corte contemplata al precedente punto della presente sentenza discende che l’articolo 3 della direttiva 2001/23 deve essere interpretato nel senso che non impone una lettura “dinamica” di una clausola “statica”, la Corte ha altresì ricordato che un contratto è caratterizzato dal principio di autonomia della volontà, secondo il quale le parti sono libere di obbligarsi l’una nei confronti dell’altra (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2006, Werhof, C‑499/04, EU:C:2006:168, punto 23).

20. Orbene, dal tenore letterale della direttiva 2001/23, e in particolare dal suo articolo 3, non risulta in alcun modo che il legislatore dell’Unione abbia inteso derogare al suddetto principio. Ne consegue che la direttiva 2001/23, e segnatamente il suo articolo 3, non deve essere interpretata nel senso che mira ad impedire, in ogni caso, che una clausola contrattuale di natura “dinamica” produca i propri effetti.

21. Pertanto, qualora il cedente e i lavoratori abbiano liberamente pattuito una clausola contrattuale di natura “dinamica” e quest’ultima sia in vigore alla data del trasferimento, la direttiva 2001/23, e in particolare il suo articolo 3, deve essere interpretata nel senso che prevede, in via di principio, che tale obbligo derivante da un contratto di lavoro sia trasferito al cessionario.

22. Tuttavia, la Corte ha sottolineato, nell’ipotesi di una clausola contrattuale di natura “dinamica”, che la direttiva 2001/23 non mira unicamente a salvaguardare gli interessi dei lavoratori, ma intende assicurare un giusto equilibrio tra gli interessi di questi ultimi e quelli del cessionario. Ne deriva, in particolare, che il cessionario deve essere in grado di procedere, successivamente alla data del trasferimento, agli adeguamenti e ai cambiamenti necessari alla continuazione della sua attività (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Alemo-Herron e a., C‑426/11, EU:C:2013:521, punto 25, e dell’11 settembre 2014, Österreichischer Gewerkschaftsbund, C‑328/13, EU:C:2014:2197, punto 29).

23. Più nello specifico, l’articolo 3 della direttiva 2001/23, letto alla luce della libertà d’impresa, implica che il cessionario deve avere la possibilità di far valere efficacemente i propri interessi in un iter contrattuale al quale partecipa e di negoziare gli elementi che determinano l’evoluzione delle condizioni di lavoro dei suoi dipendenti in vista della sua futura attività economica (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Alemo-Herron e a., C‑426/11, EU:C:2013:521, punto 33).

24. Nel caso di specie, risulta dalla decisione di rinvio, e segnatamente dallo stesso tenore letterale delle questioni pregiudiziali, che la normativa nazionale controversa nel procedimento principale prevede che il cessionario possa, successivamente al trasferimento, apportare unilateralmente o consensualmente adattamenti alle condizioni di lavoro esistenti alla data del trasferimento.

25. Pertanto, si deve ritenere che la normativa nazionale controversa nel procedimento principale soddisfi i requisiti derivanti dalla giurisprudenza citata al punto 23 della presente sentenza.

26. Giacché detta giurisprudenza prende in considerazione l’articolo 16 della Carta, non occorre esaminare ulteriormente la compatibilità della legislazione nazionale controversa con il citato articolo.

27. È vero che la Asklepios sembra contestare l’esistenza o l’efficacia di tale possibilità di apportare modifiche. Tuttavia, in proposito è sufficiente rilevare che non spetta alla Corte pronunciarsi su tale questione.

28. Infatti, il giudice del rinvio è il solo competente a valutare i fatti e ad interpretare la normativa nazionale (v. in tal senso, in particolare, sentenza del 4 febbraio 2016, Ince, C‑336/14, EU:C:2016:72, punto 88).

29. Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni sottoposte dichiarando che l’articolo 3 della direttiva 2001/23, letto in combinato disposto con l’articolo 16 della Carta, deve essere interpretato nel senso che, in caso di trasferimento di stabilimento, il mantenimento dei diritti e degli obblighi derivanti in capo al cedente da un contratto di lavoro si estende alla clausola, negoziata tra il cedente e il lavoratore nell’ambito dell’autonomia privata, in virtù della quale il loro rapporto di lavoro è disciplinato non solo dal contratto collettivo vigente alla data del trasferimento, ma anche dai contratti collettivi successivi a detto trasferimento e che completano, modificano o sostituiscono il primo, qualora il diritto nazionale preveda, a favore del cessionario, la possibilità di apportare adattamenti sia consensuali che unilaterali.

Sulle spese

30. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.

Dichiara:

L’articolo 3 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, letto in combinato disposto con l’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che, in caso di trasferimento di stabilimento, il mantenimento dei diritti e degli obblighi derivanti in capo al cedente da un contratto di lavoro si estende alla clausola, negoziata tra il cedente e il lavoratore nell’ambito dell’autonomia privata, in virtù della quale il loro rapporto di lavoro è disciplinato non solo dal contratto collettivo vigente alla data del trasferimento, ma anche dai contratti collettivi successivi a detto trasferimento e che completano, modificano o sostituiscono il primo, qualora il diritto nazionale preveda, a favore del cessionario, la possibilità di apportare adattamenti sia consensuali che unilaterali.