CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 7 settembre 2016, n. C-549/14
LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – APPALTO – PROCEDURE DI AGGIUDICAZIONE DEGLI APPALTI PUBBLICI DI LAVORI – NON MODIFICA DELL’APPALTO
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114, e rettifica in GU 2004, L 351, pag. 44).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Finn Frogne A/S (in prosieguo: la «Frogne») e il Rigspolitiet ved Center for Beredskabskommunikation (centro di comunicazione d’emergenza della polizia nazionale, Danimarca) (in prosieguo: il «CFB») in merito alla regolarità di un accordo transattivo concluso tra il CFB, in qualità di amministrazione aggiudicatrice, e la Terma A/S, aggiudicataria di un appalto pubblico, nell’ambito dell’esecuzione di tale appalto.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 Ai sensi del considerando 2 della direttiva 2004/18:
«L’aggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico è subordinata al rispetto dei principi del trattato ed in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonché ai principi che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalità e di trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore ad una certa soglia è opportuno elaborare disposizioni di coordinamento comunitario delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali appalti fondate su tali principi, in modo da garantirne gli effetti ed assicurare l’avvio degli appalti pubblici alla concorrenza. Di conseguenza, tali disposizioni di coordinamento dovrebbero essere interpretate conformemente alle norme e ai principi citati, nonché alle altre disposizioni del trattato».
4 L’articolo 2 di tale direttiva, rubricato «Principi di aggiudicazione degli appalti», prevede quanto segue: «Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità, in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza».
5 L’articolo 28 della citata direttiva prevede quanto segue:
«Per aggiudicare gli appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici applicano le procedure nazionali adattate ai fini della presente direttiva.
Esse aggiudicano tali appalti pubblici mediante procedura aperta o mediante procedura ristretta. (…) Nei casi e alle condizioni specifiche espressamente previsti agli articoli 30 e 31, esse possono ricorrere a una procedura negoziata, con o senza pubblicazione del bando di gara».
6 L’articolo 31 di detta direttiva è formulato nel modo seguente:
«Le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare appalti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara nelle fattispecie seguenti:
1) per gli appalti pubblici di lavori, forniture e di servizi:
(…)
c) nella misura strettamente necessaria, quando l’estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le amministrazioni aggiudicatrici in questione, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette o negoziate con pubblicazione di un bando di gara di cui all’articolo 30. Le circostanze invocate per giustificare l’estrema urgenza non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici;
(…)
4) per gli appalti pubblici di servizi e gli appalti pubblici di lavori:
a) per i lavori o i servizi complementari, non compresi nel progetto inizialmente preso in considerazione né nel contratto iniziale, che sono divenuti necessari, a seguito di una circostanza imprevista, all’esecuzione dell’opera o del servizio quali ivi descritti, a condizione che siano aggiudicati all’operatore economico che presta tale servizio o esegue tale opera:
– qualora tali lavori o servizi o complementari non possano essere separati, sotto il profilo tecnico o economico, dall’appalto iniziale senza recare gravi inconvenienti all’amministrazione aggiudicatrice
oppure
– qualora tali lavori o servizi, pur essendo separabili dall’esecuzione dell’appalto iniziale, siano strettamente necessari al suo perfezionamento. Tuttavia, l’importo cumulato degli appalti aggiudicati per lavori o servizi complementari non deve superare il 50% dell’importo dell’appalto iniziale;
(…)».
7 La direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU 1989, L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007 (GU 2007, L 335, pag. 31) (in prosieguo: la «direttiva 89/665»), contiene un articolo 2 quinquies, rubricato «Privazione di effetti». Ai sensi di tale articolo:
«1. Gli Stati membri assicurano che un contratto sia considerato privo di effetti da un organo di ricorso indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice o che la sua privazione di effetti sia la conseguenza di una decisione di detto organo di ricorso nei casi seguenti:
a) se l’amministrazione aggiudicatrice ha aggiudicato un appalto senza previa pubblicazione del bando nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea senza che ciò sia consentito a norma della direttiva 2004/18/CE;
(…)
4. Gli Stati membri prevedono che il paragrafo 1, lettera a), del presente articolo non si applichi quando:
– l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che l’aggiudicazione di un appalto senza previa pubblicazione del bando nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea sia consentita a norma della direttiva 2004/18/CE,
– l’amministrazione aggiudicatrice ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso di cui all’articolo 3 bis della presente direttiva in cui manifesta l’intenzione di concludere il contratto, e
– il contratto non è stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data di pubblicazione di tale avviso.
(…)».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
8 Nel corso del 2007 lo Stato danese ha indetto una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, sotto forma di un dialogo competitivo, per la fornitura di un sistema globale di comunicazioni comune a tutti i servizi di emergenza e la manutenzione di tale sistema per diversi anni. Il CFB è divenuto in seguito l’autorità pubblica competente per tale appalto.
9 Detto appalto è stato aggiudicato alla Terma. Il contratto concluso con quest’ultima il 4 febbraio 2008 riguardava un importo complessivo di 527 milioni di corone danesi (DKK) (circa EUR 70 629 800), di cui DKK 299 854 699 (circa EUR 40 187 000) corrispondevano a una soluzione minima descritta nella documentazione di gara, mentre l’eccedenza concerneva opzioni e prestazioni che non sarebbero state necessariamente oggetto di una domanda di esecuzione.
10 Nel corso dell’esecuzione di detto contratto sono emerse difficoltà connesse con il rispetto dei termini di consegna e il CFB e la Terma si sono addossati reciprocamente la responsabilità dell’impossibilità di eseguire l’appalto conformemente a quanto previsto.
11 A seguito di negoziazioni, le parti sono giunte a una composizione transattiva ai sensi della quale l’appalto si sarebbe ridotto alla fornitura di un sistema di comunicazioni via radio per i corpi di polizia regionali, per un valore approssimativo di DKK 35 000 000 (circa EUR 4 690 000), mentre il CFB avrebbe acquistato due serie di server centralizzate, per un valore approssimativo di DKK 50 000 000 (circa EUR 6 700 000), che la Terma stessa aveva acquistato con l’intento di darle in locazione al CFB in esecuzione dell’appalto iniziale. Nell’ambito di tale composizione, ciascuna parte intendeva rinunciare ad ogni diritto derivante dall’appalto iniziale diverso da quelli derivanti dalla transazione.
12 Prima di concludere tale transazione, il CFB ha pubblicato il 19 ottobre 2010, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, un avviso volontario per la trasparenza ex ante concernente l’accordo transattivo che intendeva concludere con la Terma, conformemente all’articolo 2 quinquies, paragrafo 4, della direttiva 89/665.
13 La Frogne, che non aveva chiesto di essere preselezionata per partecipare alla procedura di gara riguardante l’appalto iniziale, ha proposto un ricorso dinanzi al Klagenævnet for Udbud (commissione per i ricorsi in materia di appalti pubblici, Danimarca) (in prosieguo: la «commissione per i ricorsi»).
Prima di pronunciarsi nel merito, quest’ultima, con decisione del 10 dicembre 2010, ha rifiutato di concedere a tale ricorso efficacia sospensiva.
14 La suddetta transazione è stata conclusa il 17 dicembre 2010.
15 Il ricorso della Frogne dinanzi alla commissione per i ricorsi è stato respinto con decisione del 3 novembre 2011.
16 L’azione giudiziaria proposta dalla Frogne a seguito di tale decisione è stata parimenti respinta con decisione dell’Østre Landsret (Corte d’appello della regione Est, Danimarca) del 20 dicembre 2013.
17 In primo luogo, tale giudice ha dichiarato che la modifica dell’appalto iniziale quale operata dalla transazione conclusa tra il CFB e la Terma costituiva una modifica sostanziale dello stesso, ai sensi della giurisprudenza della Corte.
18 In secondo luogo, detto giudice ha tuttavia ritenuto, da un lato, che tale transazione non fosse stata il risultato della volontà della Terma e del CFB di rinegoziare i termini essenziali dell’appalto iniziale allo scopo di ottimizzare la loro collaborazione successiva in condizioni sostanzialmente modificate, ma costituisse una composizione alternativa della controversia sorta tra le parti che si sostituiva alla risoluzione di tale appalto in circostanze in cui portarlo a compimento appariva impossibile, composizione nell’ambito della quale ciascuna parte aveva acconsentito a fare rinunce importanti nella prospettiva di giungere ad una soluzione accettabile, di portata nettamente ridotta rispetto a detto appalto, consentendo nel contempo di evitare a ciascuna rischi di perdite probabilmente sproporzionate. Dall’altro lato, niente lasciava supporre che l’intenzione del CFB o della Terma fosse stata quella di eludere le norme di aggiudicazione degli appalti pubblici.
19 In siffatte circostanze, l’Østre Landsret (Corte d’appello della regione Est) ha ritenuto che i principi di parità di trattamento e di trasparenza non ostassero alla conclusione di tale transazione purché sussistesse un collegamento stretto tra l’appalto iniziale e le prestazioni previste nell’ambito della prima. Orbene, è quanto sarebbe accaduto nel caso della fornitura di un sistema di radiocomunicazioni per i corpi di polizia regionali, ma non per la vendita delle due serie di server centralizzate. In considerazione di quest’ultimo elemento, tale giudice ha dichiarato che la decisione del CFB di ricorrere all’accordo transattivo di cui trattasi nel procedimento principale e la conclusione di tale accordo erano contrarie al principio di parità di trattamento e all’obbligo di trasparenza. Il fatto che la conclusione di detto accordo avesse consentito all’amministrazione aggiudicatrice di far fronte ai rischi connessi a una situazione conflittuale è stato giudicato irrilevante ai fini della legittimità di tale conclusione.
20 Tuttavia, l’Østre Landsret (Corte d’appello della regione Est) ha dichiarato che l’opinione del CFB, secondo la quale la conclusione dell’accordo transattivo con la Terma era consentita senza previa pubblicazione di un bando di gara ai sensi delle norme dell’Unione, non era manifestamente erronea. Prendendo in considerazione l’avviso volontario per la trasparenza ex ante che l’amministrazione aggiudicatrice aveva pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea concernente la transazione di cui era prevista la conclusione, in applicazione dell’articolo 2 quinquies, paragrafo 4, della direttiva 89/665, e il fatto che, prima di concludere la stessa, tale amministrazione aveva atteso non solo la scadenza del termine di dieci giorni di cui a detta disposizione, ma anche che la commissione per i ricorsi statuisse sull’eventuale efficacia sospensiva del ricorso proposto dalla Frogne dinanzi a quest’ultima, detto giudice ha ritenuto che tale accordo non potesse essere dichiarato privo di effetti, di modo che il ricorso dinanzi ad esso pendente doveva essere respinto.
21 Dinanzi alla Højesteret (Corte suprema, Danimarca), adita dalla Frogne, quest’ultima sostiene che la questione se un appalto pubblico previsto nell’ambito di una transazione relativa a un appalto pubblico iniziale debba essere oggetto di una procedura di aggiudicazione dipende esclusivamente dal carattere sostanziale o meno della modifica così apportata all’appalto iniziale. Nel caso di specie, la modifica sarebbe sostanziale, sia riguardo all’oggetto dell’appalto come modificato sia riguardo al valore sostanzialmente ridotto dello stesso, poiché l’appalto modificato poteva interessare imprese più piccole. Peraltro, né considerazioni di natura economica, né tantomeno la tutela della situazione dell’aggiudicatario, potrebbero essere invocate per giustificare una violazione del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza.
22 Il CFB prende in considerazione entrambi gli aspetti della transazione. Per quanto riguarda, da un lato, la limitazione del contratto alla fornitura di un sistema di comunicazioni via radio per i soli corpi di polizia regionali, esso sottolinea l’importanza che rivestirebbe il fatto che la modifica consistesse in una riduzione considerevole delle prestazioni, situazione che non sarebbe disciplinata dal diritto dell’Unione. Per quanto riguarda, dall’altro lato, l’acquisto delle serie di server centralizzate, di cui nell’ambito dell’appalto iniziale era prevista soltanto la locazione, esso ritiene, in sostanza, che la messa a disposizione di tali materiali a titolo di proprietà, anziché di locazione, non costituisca una modifica sostanziale di tale appalto.
23 Più in generale, il CFB ritiene che, qualora l’esecuzione di un appalto dia luogo a difficoltà, circostanza che non sarebbe insolita in taluni tipi di appalti, quali quelli relativi allo sviluppo di sistemi informatici, debba essere riconosciuto all’amministrazione aggiudicatrice un ampio potere discrezionale, al fine di consentirle di trovare una soluzione ragionevole in caso di difficoltà di esecuzione. In mancanza, essa si troverebbe o a dover rinunciare ad adeguamenti ragionevoli o a dover risolvere il contratto, con i rischi e le perdite che ciò comporta. Interpretare la direttiva 2004/18 nel senso che essa impone di ricorrere a una nuova procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in un’ipotesi del genere equivarrebbe, in pratica, a impedire la conclusione di una transazione, circostanza che costituirebbe un’ingerenza nel diritto delle obbligazioni non autorizzata dai trattati.
24 La Højesteret (Corte suprema) si interroga sulla portata dell’articolo 2 della direttiva 2004/18, in particolare sulla questione se il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza implichino che un’amministrazione aggiudicatrice non possa prendere in considerazione la possibilità di concludere una transazione per risolvere le difficoltà derivanti dall’esecuzione di un appalto pubblico senza che sorga automaticamente l’obbligo di indire una nuova gara vertente sui termini di detto accordo.
25 Secondo tale giudice, l’elemento nuovo rispetto alle situazioni precedentemente esaminate dalle Corte risiederebbe in tali difficoltà di esecuzione, la cui imputabilità all’una o all’altra delle parti è discussa e, in definitiva, la questione pertinente sarebbe se vi sia la possibilità di ricorrere a una transazione per porvi fine senza dover indire una nuova gara.
26 In tale contesto, la Højesteret (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’articolo 2 della direttiva 2004/18, letto in combinato disposto con le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea del 19 giugno 2008, pressetext Nachrichtenagentur (C-454/06, EU:C:2008:351), e del 13 aprile 2010, Wall (C-91/08, EU:C:2010:182), debba essere interpretato nel senso che un accordo transattivo comportante limitazioni e modifiche dei servizi inizialmente convenuti dalle parti nell’ambito di un appalto che ha già formato oggetto di una procedura di gara, nonché la rinuncia reciproca all’esercizio dei mezzi di ricorso in caso di inadempimento al fine di evitare una successiva controversia, costituisca un appalto che richiede di per sé una procedura di gara, nell’ipotesi in cui l’esecuzione dell’appalto iniziale si riveli problematica».
Sulla questione pregiudiziale
27 Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2 della direttiva 2004/18 debba essere interpretato nel senso che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, non può essere apportata una modifica sostanziale allo stesso senza l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione dell’appalto anche qualora tale modifica costituisca, obiettivamente, una modalità di composizione transattiva, comportante rinunce reciproche per entrambe le parti, allo scopo di porre fine a una controversia, dall’esito incerto, sorta a causa delle difficoltà incontrate nell’esecuzione di tale appalto.
28 Dalla giurisprudenza della Corte risulta che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne deriva ostano a che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali che dette disposizioni presentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle dell’appalto iniziale. È quanto avviene se le modifiche previste hanno per effetto o di estendere l’appalto, in modo considerevole, a elementi non previsti, o di alterare l’equilibrio economico contrattuale in favore dell’aggiudicatario, oppure ancora se tali modifiche sono atte a rimettere in discussione l’aggiudicazione dell’appalto, nel senso che, se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, sarebbe stata accolta un’altra offerta oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi (v., in tal senso, in particolare, sentenza del 19 giugno 2008, pressetext Nachrichtenagentur, C-454/06, EU:C:2008:351, punti da 34 a 37).
29 Riguardo a quest’ultimo caso occorre rilevare che una modifica degli elementi di un appalto consistente in una riduzione dell’entità dell’oggetto dello stesso può avere come conseguenza di renderlo alla portata di un numero maggiore di operatori economici. Infatti, ove l’entità iniziale di tale appalto fosse stata tale che solo alcune imprese erano in grado di presentare la loro candidatura o di fare un’offerta, una riduzione dell’entità di detto appalto è idonea a renderlo interessante anche per operatori economici di dimensioni minori. Peraltro, poiché i livelli minimi di capacità richiesti per un appalto determinato, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2004/18, devono essere connessi e proporzionati all’oggetto dell’appalto, una riduzione dell’oggetto dello stesso è tale da comportare una riduzione proporzionale dei requisiti di capacità previsti per i candidati o gli offerenti.
30 In linea di principio, una modifica sostanziale di un appalto pubblico dopo la sua aggiudicazione non può essere apportata in via di trattativa privata tra l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario, ma deve dare luogo a una nuova procedura di aggiudicazione vertente sull’appalto così modificato (v., per analogia, sentenza del 13 aprile 2010, Wall, C-91/08, EU:C:2010:182, punto 42). Diverso sarebbe soltanto se tale modifica fosse stata prevista dalle clausole dell’appalto iniziale (v., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2008, pressetext Nachrichtenagentur, C-454/06, EU:C:2008:351, punti 37, 40, 60, 68 e 69).
31 Emerge tuttavia dalla decisione di rinvio che, secondo l’analisi dell’Østre Landsret (Corte d’appello della regione Est), a cui si riferisce la Højesteret (Corte suprema), la particolarità della situazione di cui trattasi nel procedimento principale sta nel fatto che la modifica dell’appalto, qualificata come sostanziale, sarebbe derivata non già dalla volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali del contratto al quale erano inizialmente vincolate, ai sensi della giurisprudenza della Corte sopra menzionata, ma da difficoltà oggettive – dalle conseguenze imprevedibili – incontrate nell’esecuzione di tale contratto, difficoltà di cui taluni degli interessati che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte sottolineano il carattere parimenti imprevedibile allorché si tratta di appalti complessi, quali gli appalti che implicano lo sviluppo di sistemi informatici, come nel caso di specie.
32 Tuttavia, occorre constatare che né il fatto che una modifica sostanziale dei termini di un appalto pubblico sia motivata non già dalla volontà deliberata dell’amministrazione aggiudicatrice e dell’aggiudicatario di rinegoziare i termini di tale appalto, bensì dalla loro volontà di trovare una composizione transattiva a fronte di difficoltà oggettive incontrate nell’esecuzione di detto appalto, né il carattere obiettivamente aleatorio di talune realizzazioni possono giustificare il fatto che tale modifica sia decisa senza rispettare il principio di parità di trattamento di cui devono potersi giovare tutti gli operatori potenzialmente interessati a un appalto pubblico.
33 Per quanto riguarda, in primo luogo, i motivi che possono indurre l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario di un appalto a contemplare la possibilità di una modifica sostanziale dello stesso che implichi l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione, occorre rilevare, da un lato, che il riferimento alla volontà deliberata delle parti di rinegoziare i termini di tale appalto non è un elemento determinante. Certamente, a una siffatta intenzione si fa riferimento al punto 44 della sentenza del 5 ottobre 2000, Commissione/Francia (C-337/98, EU:C:2000:543), prima sentenza in cui la Corte ha esaminato tale problematica. Tuttavia, come risulta dai punti da 42 a 44 di tale sentenza, detta formulazione presentava un interesse circoscritto all’ambito fattuale specifico della causa che ha dato luogo alla medesima sentenza. Per contro, la qualificazione come modifica sostanziale deve essere analizzata da un punto di vista obiettivo, in funzione dei criteri ricordati al punto 28 della presente sentenza.
34 Dall’altro lato, dal punto 40 della sentenza del 14 novembre 2013, Belgacom (C-221/12, EU:C:2013:736), risulta che non si può prescindere dai principi di parità di trattamento e di non discriminazione nonché dall’obbligo di trasparenza che essi implicano, sanciti dal Trattato FUE, qualora si intenda modificare sostanzialmente un contratto di concessione di servizi o di un diritto esclusivo allo scopo di fornire una soluzione ragionevole atta a porre fine ad una controversia insorta tra enti pubblici e un operatore economico, per ragioni del tutto indipendenti dalla loro volontà, relativamente alla portata della convenzione che li vincola. Poiché tali principi e detto obbligo costituiscono il fondamento dell’articolo 2 della direttiva 2004/18, come emerge dalla lettura del considerando 2 della stessa, tale insegnamento vale altresì nell’ambito dell’applicazione di detta direttiva.
35 Per quanto riguarda, in secondo luogo, il carattere obiettivamente aleatorio di talune realizzazioni che possono essere oggetto di un appalto pubblico, occorre, certamente, ricordare che, conformemente all’articolo 31 della direttiva 2004/18, le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare un appalto mediante trattativa privata, ossia negoziando i termini del contratto con un operatore economico scelto senza previa pubblicazione di un bando di gara, in diversi casi, tra cui molti sono caratterizzati dall’imprevedibilità di talune circostanze. Tuttavia, come risulta dai termini dell’ultima frase dell’articolo 28, secondo comma, di tale direttiva, solo i casi e le condizioni specifiche espressamente previsti in detto articolo 31 possono dare luogo all’applicazione dello stesso, di modo che l’elenco delle eccezioni ivi considerate dev’essere ritenuto tassativo. Orbene, non appare che la situazione di cui trattasi nel procedimento principale corrisponda a una di tali situazioni.
36 Peraltro, il fatto stesso che, a causa del loro oggetto, taluni appalti pubblici possono essere a priori considerati aventi un carattere aleatorio rende prevedibile il rischio di sopravvenienza di difficoltà in fase di esecuzione. Pertanto, per un appalto del genere, spetta all’amministrazione aggiudicatrice non solo ricorrere alle procedure di aggiudicazione più adeguate, ma anche definire l’oggetto di tale appalto con cautela. Inoltre, come risulta dal punto 30 della presente sentenza, l’amministrazione aggiudicatrice può riservarsi la possibilità di apportare talune modifiche, anche sostanziali, all’appalto, dopo la sua aggiudicazione, a condizione che lo abbia previsto nei documenti che hanno disciplinato la procedura di aggiudicazione.
37 Infatti, sebbene il rispetto del principio della parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza debba essere garantito anche riguardo agli appalti pubblici particolari, ciò non impedisce di prendere in considerazione le specificità degli stessi. La conciliazione di tale imperativo giuridico con detta necessità concreta passa, da un lato, per il rigido rispetto delle condizioni di un appalto come fissate nei documenti dello stesso fino al termine della fase di esecuzione di tale appalto, ma anche, dall’altro, per la possibilità di prevedere espressamente, in tali documenti, la facoltà per l’amministrazione aggiudicatrice di adeguare talune condizioni, anche importanti, di detto appalto dopo la sua aggiudicazione. Prevedendo esplicitamente tale facoltà e fissandone le modalità di applicazione in detti documenti, l’amministrazione aggiudicatrice garantisce che tutti gli operatori economici interessati a partecipare a tale appalto ne siano a conoscenza fin dall’inizio e si trovino pertanto su un piede di parità nel momento della formulazione dell’offerta (v., per analogia, sentenza del 29 aprile 2004, Commissione/CAS Succhi di Frutta, C-496/99 P, EU:C:2004:236, punti 112, 115, 117 e 118).
38 Per contro, in mancanza di siffatte previsioni nei documenti dell’appalto, la necessità di applicare, per un determinato appalto pubblico, le stesse condizioni a tutti gli operatori economici richiede, in caso di modifica sostanziale dello stesso, di avviare una nuova procedura di aggiudicazione (v., per analogia, sentenza del 29 aprile 2004, Commissione/CAS Succhi di Frutta, C-496/99 P, EU:C:2004:236, punto 127).
39 Va precisato, infine, che l’insieme di tali considerazioni non incide sulle potenziali conseguenze dell’avviso volontario per la trasparenza ex ante che è stato pubblicato nell’ambito dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale.
40 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 2 della direttiva 2004/18 deve essere interpretato nel senso che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, a tale appalto non può essere apportata una modifica sostanziale senza l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione, anche qualora tale modifica costituisca, obiettivamente, una modalità di composizione transattiva, comportante rinunce reciproche per entrambe le parti, allo scopo di porre fine a una controversia, dall’esito incerto, sorta a causa delle difficoltà incontrate nell’esecuzione di tale appalto. La situazione sarebbe diversa soltanto nel caso in cui i documenti relativi a detto appalto prevedessero la facoltà di adeguare talune sue condizioni, anche importanti, dopo la sua aggiudicazione e fissassero le modalità di applicazione di tale facoltà.
Sulle spese
41 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:
L’articolo 2 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, a tale appalto non può essere apportata una modifica sostanziale senza l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione, anche qualora tale modifica costituisca, obiettivamente, una modalità di composizione transattiva comportante rinunce reciproche per entrambe le parti, allo scopo di porre fine a una controversia, dall’ esito incerto, sorta a causa delle difficoltà incontrate nell’esecuzione di tale appalto. La situazione sarebbe diversa soltanto nel caso in cui i documenti relativi a detto appalto prevedessero la facoltà di adeguare talune sue condizioni, anche importanti, dopo la sua aggiudicazione e fissassero le modalità di applicazione di tale facoltà.