CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza del 24 novembre 2016, n. C-454/15

LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – TUTELA DEI LAVORATORI SUBORDINATI IN CASO D’INSOLVENZA DEL LORO DATORE DI LAVORO – DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA SICUREZZA SOCIALE – PORTATA – MISURE NECESSARIE ALLA TUTELA DEI DIRITTI MATURATI O IN CORSO DI MATURAZIONE DEI LAVORATORI SUBORDINATI NELL’AMBITO DI UN REGIME COMPLEMENTARE DI PREVIDENZA

Sentenza

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (GU 2008, L 283, pag. 36).

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. W.S. e il sig. S., in qualità di curatore fallimentare della B.P.D.G. (in prosieguo: la «B.P.»), in merito a un diritto di separazione dalla massa fallimentare dei contributi previdenziali non versati da tale società prima che divenisse insolvente.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3. Il considerando 3 della direttiva 2008/94 così recita:

«Sono necessarie disposizioni per tutelare i lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro e per assicurare loro un minimo di tutela, in particolare per garantire loro il pagamento dei diritti non pagati, tenendo conto della necessità di un equilibrato sviluppo economico e sociale [nell’Unione]. (…)».

4. L’articolo 3 di tale direttiva è del seguente tenore:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l’articolo 4, il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro, comprese le indennità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro, se previste dal diritto nazionale.

I diritti di cui l’organismo di garanzia si fa carico sono le retribuzioni non pagate corrispondenti a un periodo che si colloca prima e/o eventualmente dopo una data determinata dagli Stati membri».

5. Ai sensi dell’articolo 4 di tale direttiva:

«1. Gli Stati membri hanno la facoltà di limitare l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia di cui all’articolo 3.

2. Quando gli Stati membri si avvalgono della facoltà di cui al paragrafo 1, fissano la durata del periodo che dà luogo al pagamento da parte dell’organismo di garanzia dei diritti non pagati. Questa durata tuttavia non può essere inferiore ad un periodo, riferito alla retribuzione degli ultimi tre mesi, di rapporto di lavoro che si colloca prima e/o dopo la data di cui all’articolo 3, secondo comma.

(…)

3. Gli Stati membri possono inoltre fissare massimali per i pagamenti effettuati dall’organismo di garanzia. Tali massimali non devono essere inferiori ad una soglia socialmente compatibile con l’obiettivo sociale della presente direttiva.

Quando gli Stati membri si avvalgono di questa facoltà, comunicano alla Commissione i metodi con cui fissano il massimale».

6. L’articolo 6 della medesima direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri possono prevedere che gli articoli 3, 4 e 5 non si applichino ai contributi dovuti a titolo dei regimi legali nazionali di sicurezza sociale o d[e]i regimi complementari di previdenza, professionali o interprofessionali, diversi dai regimi legali nazionali di sicurezza sociale».

7. L’articolo 8 della direttiva 2008/94 così dispone:

«Gli Stati membri si accertano che vengano adottate le misure necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati e quelli delle persone che hanno già lasciato l’impresa o lo stabilimento del datore di lavoro alla data dell’insorgere della insolvenza di quest’ultimo, per quanto riguarda i diritti maturati o i diritti in corso di maturazione, in materia di prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, previste dai regimi complementari di previdenza, professionali o interprofessionali, diversi dai regimi legali nazionali di sicurezza sociale».

8. L’articolo 11, primo comma, della suddetta direttiva è formulato nei seguenti termini:

«La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare e di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli per i lavoratori subordinati».

Diritto tedesco

9. L’articolo 47 dell’Insolvenzordnung (regolamento sull’insolvenza) dispone quanto segue:

«Chiunque, sulla base di un diritto reale o personale, possa far valere che un bene non appartiene alla massa concorsuale non è un creditore nella procedura di insolvenza. Il suo diritto di separazione del bene dalla massa è disciplinato dalle leggi che si applicano al di fuori della procedura di insolvenza».

10. L’articolo 165 del libro III del Sozialgesetzbuch (codice della previdenza sociale) è del seguente tenore:

«1. I lavoratori subordinati hanno diritto a un’indennità di insolvenza se occupavano un impiego in Germania e se vantano ancora diritti salariali per i tre mesi di lavoro precedenti all’insorgere dell’insolvenza. (…)

(…)

2. I diritti salariali includono ogni diritto a retribuzione fondato sul rapporto di lavoro. (…) Se il lavoratore dipendente ha convertito parte della sua retribuzione, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, punto 3, del Betriebsrentengesetz (legge sulle pensioni professionali), e se tale parte di retribuzione è investita in un fondo pensione, una cassa pensione o un prodotto di assicurazione diretta, la conversione della retribuzione si considera, ai fini del calcolo dell’indennità di insolvenza, non avvenuta nel caso in cui il datore di lavoro non abbia versato i contributi all’organismo incaricato di corrispondere la pensione di vecchiaia».

Controversia principale

11. Il sig. W.S. ha lavorato a tempo parziale per la B.P. dal 18 novembre 1996. Il 1° ottobre 2013 è stata avviata una procedura di fallimento nei confronti di tale impresa. Il sig. S. è stato nominato curatore fallimentare.

12. Il sig. W.S. ha proposto dinanzi all’Arbeitsgericht Darmstadt (tribunale del lavoro di Darmstadt, Germania) un ricorso diretto alla condanna del sig. S., in qualità di curatore fallimentare della B.P., a corrispondergli la somma di EUR 1 017,56, oltre a interessi. Il ricorrente nel procedimento principale ha spiegato che tale somma corrispondeva a diritti salariali che la B.P. avrebbe dovuto versare sul suo conto pensione personale presso la Hamburger Pensionskasse a titolo di contributi per una pensione professionale.

13. I diritti, compresi quelli relativi al regime pensionistico professionale, a copertura del periodo di tre mesi precedenti alla data di avvio della procedura fallimentare sono stati onorati dall’organismo di garanzia. Attualmente, la controversia tra le parti verte esclusivamente sulla separazione dalla massa fallimentare di contributi al regime pensionistico professionale per il periodo da gennaio a giugno 2013 compreso.

14. Il sig. W.S. ha sostenuto, in tale contesto, di beneficiare di un diritto di separazione dalla massa fallimentare di un importo pari alla somma rivendicata, ai sensi dell’articolo 47 del regolamento sull’insolvenza. Ha aggiunto che tale somma era stata trattenuta a titolo fiduciario e che, pertanto, non faceva parte di detta massa fallimentare. Il sig. W.S. ha altresì richiamato l’articolo 8 della direttiva 2008/94 per affermare che, se non gli venisse riconosciuto un diritto di separazione delle somme dovute dalla suddetta massa fallimentare, tale disposizione risulterebbe violata nella fattispecie.

15. Il sig. S. ha sostenuto che la somma rivendicata dal sig. W.S. non era mai uscita dal patrimonio della B.P. e che, in particolare, non era stato stipulato alcun contratto fiduciario relativo a tale somma tra il sig. W.S. e la B.P.. Pertanto, secondo il sig. S., il sig. W.S. non poteva appellarsi all’articolo 47 del regolamento sull’insolvenza per vantare un diritto alla separazione dalla massa fallimentare.

16. L’Arbeitsgericht Darmstadt (Tribunale del lavoro di Darmstadt) ha respinto il ricorso del sig. W.S.. Detto giudice ha anzitutto rilevato che egli non era legittimato a ottenere un versamento dei contributi previdenziali sul proprio conto, e poteva domandare solamente un versamento su un conto pensione personale. Il medesimo giudice ha inoltre osservato che il sig. W.S. non aveva fornito la prova dell’esistenza di un contratto fiduciario concluso con la B.P.. Infine, ha sottolineato che, anche supponendo che un contratto del genere fosse stato stipulato, un diritto di separazione dalla massa sarebbe escluso a causa dell’indeterminabilità dell’attivo fiduciario rispetto alle altre somme nella massa fallimentare.

17. Il sig. W.S. ha proposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio. Collocandosi nella solco del dibattito tra le parti, come riassunto ai punti 14 e 15 della presente sentenza, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 8 della direttiva 2008/94 osti a un’interpretazione dell’articolo 47 del regolamento sull’insolvenza secondo cui il sig. W.S. non avrebbe il diritto di separare dalla massa fallimentare l’importo dei contributi non versati dalla B.P. alla Hamburger Pensionskasse.

18. In tale contesto, lo Hessisches Landesarbeitsgericht (Tribunale superiore del lavoro del Land dell’Assia, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’interpretazione nazionale di una disposizione, secondo cui i crediti salariali scaduti che sono stati affidati in deposito al datore di lavoro ai fini del loro versamento a una cassa pensione a una data stabilita, ma che tale datore di lavoro non ha versato su un conto separato, non beneficiano per tale ragione del diritto alla separazione dalla massa fallimentare di cui all’articolo 47 della legge sull’insolvenza (Insolvenzordnung – InsO), violi l’articolo 8 della direttiva 2008/94/CE e il diritto dell’Unione».

Sulla questione pregiudiziale

19. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8 della direttiva 2008/94 debba essere interpretato nel senso che impone, in caso di insolvenza del datore di lavoro, che le ritenute sullo stipendio convertite in contributi previdenziali di un ex dipendente, ritenute che il suddetto datore di lavoro avrebbe dovuto versare su un conto pensione a beneficio di detto dipendente, siano escluse dalla massa fallimentare.

20. In limine, occorre rispondere all’interrogativo, sollevato dal sig. S. e dalla Commissione nelle loro osservazioni scritte, sull’applicabilità dell’articolo 8 della direttiva 2008/94 alla causa principale, o se quest’ultima trovi disciplina esclusivamente nell’articolo 3 della direttiva medesima, il che presuppone una delimitazione dell’ambito di applicazione di ciascuna di queste disposizioni.

21. L’articolo 3 della direttiva 2008/94 impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l’articolo 4 della medesima direttiva, il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati.

22. Ai sensi dell’articolo 6 di tale direttiva, gli Stati membri possono prevedere che gli articoli 3, 4 e 5 della suddetta direttiva non si applichino ai contributi dovuti a titolo dei regimi complementari di previdenza. La possibilità di escludere tali contributi implica che questi trovino disciplina, in linea di principio, nell’articolo 3 della medesima direttiva.

23. Tuttavia, da quanto detto non si può dedurre che i contributi previdenziali non pagati siano esclusi dal campo di applicazione dell’articolo 8 della direttiva 2008/94. Dalla sua formulazione emerge che tale articolo impone agli Stati membri di prendere le misure necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati per quanto riguarda i loro diritti maturati o in corso di maturazione, in materia di prestazioni di vecchiaia previste dai regimi complementari di previdenza, professionali o interprofessionali, diversi dai regimi legali nazionali di sicurezza sociale.

24. Benché i contributi previdenziali non siano espressamente menzionati all’articolo 8 della direttiva 2008/94, essi sono strettamente correlati ai diritti maturati o in corso di maturazione in materia di prestazioni di vecchiaia, che tale disposizione mira a tutelare. Infatti, tali contributi sono intesi a finanziare i diritti maturati a beneficio del lavoratore subordinato al momento della sua pensione. A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che il mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro può costituire causa di copertura insufficiente del regime complementare di previdenza professionale, situazione che ricade nell’articolo 8 della suddetta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 25 aprile 2013, Hogan e a., C-398/11, EU:C:2013:272, punti da 37 a 40). Ne consegue che tanto l’articolo 3 quanto l’articolo 8 della medesima direttiva assumono rilievo in caso di mancato pagamento dei contributi previdenziali.

25. Cionondimeno, l’articolo 3 e l’articolo 8 della direttiva 2008/94 hanno finalità diverse e hanno ad oggetto forme di tutela distinte.

26. Quanto all’articolo 3 della direttiva, esso impone che il pagamento dei diritti non pagati, comprendenti non solo i diritti salariali, ma anche, fatto salvo l’articolo 6 della medesima direttiva, taluni contributi a titolo di diritti salariali, sia assicurato dagli organismi di garanzia. Inoltre, l’articolo 4, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2008/94 conferisce agli Stati membri la facoltà di restringere il campo di applicazione dell’articolo 3 della medesima. Una restrizione siffatta può riguardare tanto la durata del periodo che dà luogo al pagamento da parte dell’organismo di garanzia dei diritti non pagati, quanto il massimale dei pagamenti effettuati da tale organismo. Peraltro, la tutela istituita dall’articolo 3 della suddetta direttiva riguarda, in linea di principio, i diritti a breve termine, come altresì rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni.

27. Orbene, l’articolo 8 della direttiva 2008/94 ha, dal canto suo, una portata materiale più ristretta, nel senso che è volta a tutelare l’interesse dei lavoratori al pagamento dei loro diritti pensionistici. Inoltre, tale articolo, contrariamente agli articoli 3 e 4 della suddetta direttiva, non prevede espressamente la facoltà per gli Stati membri di limitare il livello di tutela (sentenza del 25 gennaio 2007, Robins e a., C-278/05, EU:C:2007:56, punto 43). Infine, a differenza dell’articolo 3 della medesima direttiva, il suo articolo 8 è volto a garantire una tutela degli interessi a lungo termine dei lavoratori subordinati, dato che simili interessi, per quanto riguarda i diritti maturati o in corso di maturazione, si estendono in linea di principio su tutta la durata della pensione.

28. Da quanto detto deriva che l’articolo 8 della direttiva 2008/94 si applica al caso dei contributi previdenziali non pagati, purché non siano compensati ai sensi dell’articolo 3 di tale direttiva. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, la tutela fornita dall’articolo 8 della suddetta direttiva è complementare a quella garantita dall’articolo 3 della stessa, e entrambe queste disposizioni possono applicarsi congiuntamente a un solo e identico caso.

29. Nella fattispecie, dagli atti presentati alla Corte emerge che il sig. W.S. ha ricevuto, ai sensi dell’articolo 165 del libro III del codice di previdenza sociale, un’indennità di insolvenza per i diritti salariali non pagati per i tre mesi di lavoro precedenti all’avvio della procedura di insolvenza a carico della B.P.. Inoltre, poiché la Repubblica federale di Germania non si è avvalsa della facoltà ad essa concessa dall’articolo 6 della direttiva 2008/94 di escludere i contributi previdenziali dal campo di applicazione dell’articolo 3 di tale direttiva, il ricorrente nel procedimento principale è stato altresì indennizzato con riferimento ai suoi contributi previdenziali per questi stessi tre mesi. Orbene, la causa principale verte sui contributi previdenziali dovuti per il periodo dai nove ai tre mesi precedenti all’avvio della suddetta procedura di insolvenza. Dato che questi contributi non pagati non hanno dato luogo ad alcuna indennità versata a compensazione e che il mancato pagamento ha necessariamente prodotto effetti sull’importo dei diritti in corso di maturazione, essi rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 8 della suddetta direttiva.

30. Di conseguenza, occorre esaminare la questione posta alla luce del solo articolo 8 della direttiva 2008/94.

31. A termini del suo considerando 3, tale direttiva è volta, in particolare, a «tutelare i lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro» e ad «assicurare loro un minimo di tutela (…) tenendo conto della necessità di un equilibrato sviluppo economico e sociale [nell’Unione]».

32. Quindi, la suddetta direttiva, che tende a conciliare gli interessi dei lavoratori subordinati e le necessità di uno sviluppo economico e sociale equilibrato, ha lo scopo di garantire a detti lavoratori subordinati, nell’ambito del diritto dell’Unione, un minimo di tutela in caso di insolvenza del datore di lavoro, fatte salve, conformemente al suo articolo 11, le disposizioni più favorevoli che gli Stati membri possono applicare o introdurre. Il livello di tutela richiesto dalla medesima direttiva per ciascuna delle garanzie specifiche che essa istituisce deve essere determinato con riferimento ai termini utilizzati nella disposizione corrispondente, interpretati, all’occorrenza, alla luce delle suesposte considerazioni (v., in tal senso, sentenza del 25 gennaio 2007, Robins e a., C-278/05, EU:C:2007:56, punti da 39 a 41).

33. Per quanto riguarda il testo dell’articolo 8 della direttiva 2008/94, esso enuncia, in maniera generale, che gli Stati membri «si accertano che vengano adottate le misure necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati».

34. A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che gli Stati membri godono di un ampio potere discrezionale per determinare tanto il meccanismo quanto il livello di tutela dei diritti a prestazioni di vecchiaia in base ad un regime complementare di previdenza professionale in caso di insolvenza del datore di lavoro, che esclude un obbligo di garanzia integrale (sentenze del 25 gennaio 2007, Robins e a., C-278/05, EU:C:2007:56, punti 36 e da 42 a 45, nonché del 25 aprile 2013, Hogan e a., C-398/11, EU:C:2013:272, punto 42).

35. Anche se gli Stati membri godono, quindi, di un ampio potere discrezionale nell’attuazione dell’articolo 8 della direttiva 2008/94, essi sono nondimeno tenuti, conformemente all’obiettivo perseguito da tale direttiva, a garantire ai lavoratori subordinati un minimo di tutela richiesto da tale disposizione. A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che per un corretto recepimento dell’articolo 8 della suddetta direttiva è necessario che un lavoratore subordinato percepisca, in caso di insolvenza del suo datore di lavoro, almeno la metà delle prestazioni di vecchiaia derivanti dai diritti pensionistici maturati per i quali ha versato contributi nell’ambito di un regime complementare di previdenza professionale (v., in tal senso, sentenze del 25 gennaio 2007, Robins e a., C-278/05, EU:C:2007:56, punto 57, nonché del 25 aprile 2013, Hogan e a., C-398/11, EU:C:2013:272, punto 51), senza tuttavia escludere che, in altre circostanze, le perdite subite potrebbero pure, anche se la loro percentuale è differente, essere considerate manifestamente sproporzionate alla luce dell’obbligo di tutela degli interessi dei lavoratori subordinati, previsto all’articolo 8 della direttiva medesima.

36. Nella fattispecie, dagli atti di causa, in particolare dalle informazioni fornite dal sig. W.S., emerge che, a causa del mancato versamento dei contributi previdenziali durante il periodo di cui al procedimento principale, i suoi diritti a pensione di vecchiaia verrebbero ridotti di un importo compreso tra EUR 5 e 7 al mese. Date tali circostanze, la cui esattezza dev’essere verificata dal giudice del rinvio, si deve ritenere che l’articolo 8 della direttiva 2008/94 non richieda una tutela ulteriore a quella già fornita, nel caso di specie, al ricorrente nel procedimento principale.

37. Pertanto, nella misura in cui uno Stato membro rispetti l’obbligo di garantire il minimo di tutela richiesto dall’articolo 8 della direttiva 2008/94, il suo potere discrezionale per quanto riguarda il meccanismo di protezione dei diritti a prestazioni di vecchiaia in base a un regime complementare di previdenza professionale in caso di insolvenza del datore di lavoro deve rimanere intatto.

38. Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione posta che l’articolo 8 della direttiva 2008/94 dev’essere interpretato nel senso che non impone, in caso di insolvenza del datore di lavoro, che le ritenute sullo stipendio convertite in contributi previdenziali di un ex dipendente, ritenute che il suddetto datore di lavoro avrebbe dovuto versare su un conto pensione a beneficio di detto dipendente, siano escluse dalla massa fallimentare.

Sulle spese

39. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.

L’articolo 8 della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che non impone, in caso di insolvenza del datore di lavoro, che le ritenute sullo stipendio convertite in contributi previdenziali di un ex dipendente, ritenute che il suddetto datore di lavoro avrebbe dovuto versare su un conto pensione a beneficio di detto dipendente, siano escluse dalla massa fallimentare.