CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 30942 depositata il 16 luglio 2015
la corretta definizione della condotta di appropriazione impone di valutare preventivamente le peculiarità e le differenze delle nozioni di “interesse sociale”, “oggetto sociale” e “scopo sociale”. Quanto a queste ultime, invero, ai sensi dell’art. 2328 cod. civ., deve ritenersi che la nozione di oggetto sociale altro non è che il modulo definitorio delle attività di impresa per cui un determinato ente societario è stato costituito, ed individua, quindi, l’ambito dell’attività aziendalistica della società ed il presupposto della sua stessa esistenza nel mondo del diritto, differenziandosi dalle nozioni di “interesse sociale” e “scopo sociale” le quali, in un particolare momento storico, possono involgere la società ed i suoi vertici gestionali, siano gli stessi sovrapponibili o non agli obiettivi imprenditoriali che qualificano l’attività produttiva di beni o servizi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con atto depositato in data 01.12.2014, il Procuratore della Repubblica di Pescara proponeva appello ex art. 322 bis cod. proc. pen. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Pescara che, in data 21.11.2014, nell’ambito del procedimento a carico di D.N. C. ed altri, aveva rigettato la richiesta di misura cautelare reale relativamente ai capi d’incolpazione sub B1), C1) ed E1). Lamentava la pubblica accusa che aveva errato il giudicante laddove, pur avendo ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di truffa aggravata ai danni dello Stato, aveva, di contro, escluso il fumus boni juris in ordine ai reati di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n. 11 cod. pen. e, dunque, di illecito reimpiego ex art. 648 ter cod. pen..
2. Con ordinanza in data 29.01.2015, il Tribunale di Pescara rigettava l’appello del pubblico ministero ritenendo “del tutto condivisibile la decisione del giudice per le indagini preliminari di escludere la sussistenza del reato di cui all’art. 648 ter cod. pen. in difetto dei presupposti per la configurabilità del contestato reato presupposto di appropriazione indebita ex art. 646 cod. pen. essendo state, di contro, le somme indicate nei capi d’imputazione B1), C1) ed E1) come oggetto di condotta appropriativa, oggetto, invece, di una mera distrazione da parte dei legali rappresentanti e degli amministratori delle società negli stessi capi indicate”.
3. Avverso detto provvedimento, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pescara propone ricorso per cassazione lamentando, quale motivo unico di doglianza, l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 646 cod. pen. e 2634 cod. civ.. In particolare, lamenta il ricorrente l’erroneità del ragionamento del Tribunale, secondo il quale la riconducibilità delle operazioni distrattive finalizzate al perseguimento degli interessi personali del Gruppo e/o del dominus del medesimo, D.N. C. , ne determinerebbe la liceità, essendosi in presenza di un “vantaggio compensativo, in difetto di danno ingiusto”: ragionamento che si traduce, in realtà, in un’inaccettabile sovrapposizione tra “interesse delinquenziale dell’associazione per delinquere” e “interesse del gruppo societario”, realizzando un’inedita depenalizzazione dei “reati fine” di appropriazione indebita in virtù della loro (ovvia) congruenza allo scopo associativo delinquenziale. Censurabile era poi sia la ritenuta assenza di una sostanziale condotta di interversio possessionis che l’esistenza della realizzazione di un interesse non dell’agente bensì del soggetto preposto all’associazione criminale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del pubblico ministero, evocativo – almeno in parte – delle doglianze sollevate in sede di gravame d’appello, è manifestamente infondato e, come tale, va dichiarato inammissibile.
2. Va preliminarmente osservato come l’esito del giudizio svuota di interesse la mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti di Testa Guerino al quale, come eccepito, non risulta notificato l’avviso dell’odierna udienza camerale.
3. Il Tribunale ha confermato il provvedimento di prime cure sulla base dei seguenti rilievi: -l’ontologica differenza tra condotte di distrazione e condotte di appropriazione; -la ricorrenza degli estremi del vantaggio compensativo di gruppo; -la presenza dell’autorizzazione all’esborso da parte dei competenti organi societari.
3.1. Ritiene il Collegio come il provvedimento impugnato sia totalmente immune da vizi logico-giuridici e perfettamente rispondente ai rilievi contenuti nel ricorso dell’Accusa. Richiama il Tribunale il consolidamento orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui “la nozione di “appropriazione” che integra la materialità del delitto di cui all’art. 646 cod. pen. non coincide con quella di “distrazione”; ad integrare la prima assume valore non l’oggetto sociale della società di capitali, ma l’interesse e l’utilità aziendali diretti od indiretti, a nulla rilevando che questi siano stati raggiunti dai terzi fornitori … mediante la commissione di reati (cfr., Cass. nn. 7795/2014; 16362/2012)”.
3.2. Peraltro, la corretta definizione della condotta di appropriazione impone di valutare preventivamente le peculiarità e le differenze delle nozioni di “interesse sociale”, “oggetto sociale” e “scopo sociale”. Quanto a queste ultime, invero, ai sensi dell’art. 2328 cod. civ., deve ritenersi che la nozione di oggetto sociale altro non è che il modulo definitorio delle attività di impresa per cui un determinato ente societario è stato costituito, ed individua, quindi, l’ambito dell’attività aziendalistica della società ed il presupposto della sua stessa esistenza nel mondo del diritto, differenziandosi dalle nozioni di “interesse sociale” e “scopo sociale” le quali, in un particolare momento storico, possono involgere la società ed i suoi vertici gestionali, siano gli stessi sovrapponibili o non agli obiettivi imprenditoriali che qualificano l’attività produttiva di beni o servizi.
3.3. D’altro canto, la stessa giurisprudenza civile ha da tempo chiarito che, in tema di società di capitali, “l’eccedenza dell’atto rispetto ai limiti dell’oggetto sociale, ovvero il suo compimento al di fuori dei poteri conferiti, non integra un’ipotesi di nullità dell’atto medesimo, ma, al più, di inefficacia e di inopponibilità nei rapporti con i terzi; e posto che è rimesso alla società, e solo ad essa, di respingere gli 5 , effetti dell’atto, deve correlativamente essere riconosciuto alla società il potere di assumere ex tunc quegli effetti, attraverso la ratifica, ovvero di farli preventivamente propri, attraverso una delibera autorizzativa, capace di rimuovere i limiti del potere rappresentativo dell’amministratore. Ne deriva che ogni questione relativa alla estraneità dell’atto compiuto dall’amministratore rispetto all’oggetto sociale è da ritenersi irrilevante a seguito e per effetto dell’adozione di una delibera di autorizzazione preventiva adottata dalla società, posto che tale delibera impegna la società medesima alla condotta di essa esecutiva e ad essa conforme posta in essere dall’organo di gestione, idonea o meno che sia rispetto al perseguimento dell’oggetto sociale” (Cass. civ., Sez. 1″, sentenza 15 aprile 2008 n. 9905; conformi, Sez. I, sentenza 2 settembre 2004 n. 17678, e Sez. lav., sentenza 17 settembre 2009 n. 20035). Il principio ora richiamato discende dal rilievo che, se l’inefficacia dell’atto estraneo all’oggetto sociale è prevista dal legislatore quale conseguenza del regime della rappresentanza, qualora il rappresentato previamente o successivamente con la ratifica faccia proprio l’atto del rappresentante, non può esservi lesione dell’interesse tutelato e non può porsi il problema dell’inefficacia dell’atto nei confronti del terzo (cfr., Sez. 2, sent. n. 7795 del 19/11/2013, dep. 19/02/2014, Gualtieri, Rv. 259008).
3.4. Ne consegue che appare idonea ad integrare il reato di cui all’art. 646 cod. pen. solo un’appropriazione in senso stretto “con immanenti esiti ablativi (appropriazione-espropriazione), corrispondente ad una condotta uti dominus che violi il titolo del possesso-disponibilità”: laddove, invece, la condotta sia conforme al titolo del possesso, agendo il rappresentante in conformità al volere del rappresentato, non può dirsi integrata la fattispecie dell’appropriazione indebita.
3.5. Tutto ciò premesso e considerato ha indotto il Tribunale a concludere ritenendo che “le condotte presuntivamente appropriative contestate a Testa Guerino, Di Ianni Antonio e D.N. Antonella, presupposto delle fattispecie di illecito reimpiego di cui ai capi B1), C1) ed E1) integrino in realtà delle mere distrazioni di somme di denaro. Gli atti di disposizione patrimoniale posti in essere dai suddetti soggetti nella loro qualità di amministratori unici, infatti, sono comunque risultati idonei a soddisfare, anche se indirettamente, 6 l’interesse sociale .. e non, invece, un interesse esclusivamente personale del disponente in contrasto con quello proprio della società E ciò in quanto deve escludersi che le singole società facenti parte del Gruppo D.N. fossero portatrici di un interesse diverso ed ulteriore rispetto a quello proprio del Gruppo stesso …”. E, alle delibere preventive di autorizzazione ha fatto seguito la formale e definitiva ratifica costituita dall’approvazione dei bilanci, nei quali siffatte operazioni venivano man mano iscritte.
4. Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso del pubblico ministero Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.
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