AGENZIA DELLE ENTRATE – Principio di diritto 11 dicembre 2018, n. 15
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3, comma 1-bis, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 – Costi sostenuti per attività di ricerca commissionata a società residente dal socio unico statunitense
L’articolo 3, comma 1-bis, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, e successive modifiche e integrazioni, riconosce a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020, un credito di imposta per investimenti, in misura pari al 50 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello di prima applicazione dell’agevolazione.
Nel caso di ricerca commissionata, con l’articolo 1, comma 15, lettera b), della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017), sono state apportate significative modifiche alla disciplina del credito d’imposta per ricerca e sviluppo di cui al citato articolo 3.
Nello specifico, è stato previsto che il credito di imposta spetta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996.
Con la circolare n. 13/E del 2017 è stato altresì chiarito che, a fronte di tale modifica normativa, il soggetto commissionario residente che esegue attività di ricerca e sviluppo per conto dei suddetti committenti non residenti viene ad essere equiparato, ai fini dell’agevolazione, al soggetto residente che effettua investimenti in attività di ricerca e sviluppo e, conseguentemente, ai fini della determinazione del beneficio spettante, non assume rilievo il corrispettivo contrattuale pattuito con il committente estero, ma la somma delle singole voci di spesa, analiticamente documentate, appartenenti alle categorie di costi ammissibili all’agevolazione, che rileveranno nel periodo di imposta del loro effettivo sostenimento, ai sensi del citato articolo 109 del Tuir, e non già in quello di completamento della commessa o dello stato di avanzamento della stessa.
La citata circolare precisa che la nuova disposizione si applica anche nell’ipotesi in cui il contratto sia stipulato con una parte correlata (ad esempio, tra la società capo gruppo estera e la società controllata italiana dedita alle attività di ricerca e sviluppo), nonché nel caso in cui le spese agevolabili siano sostenute da una stabile organizzazione in Italia in esecuzione degli accordi intercorrenti con la casa madre estera.
I predetti chiarimenti di prassi risultano applicabili all’ipotesi di attività di ricerca e sviluppo commissionata a società residente in Italia da società estera statunitense, che è socio unico della società commissionaria e alla quale la società commissionaria riaddebita i costi della suddetta attività di ricerca.
Al riguardo si fa comunque presente che l’articolo 8 del decreto legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96 (c.d. decreto dignità) ha stabilito, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data della sua entrata in vigore, che non si considerano ammissibili al beneficio i costi sostenuti per l’acquisto, anche in licenza d’uso, dei beni immateriali di cui al comma 6, lettera d) dell’articolo 3, derivanti da operazioni infragruppo.
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