AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 12 dicembre 2019, n. 516
Articolo 3 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145. Credito di imposta ricerca e sviluppo
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società istante, costituita nel luglio 2018, iscritta nella sezione speciale delle start-up innovative, è titolare dei seguenti brevetti conferiti dal socio e presidente del consiglio di amministrazione Tizio:
– XXXXXXXXXXXXXXXXXX oggetto della domanda n. ………………, presentata il …………….., depositata presso la Camera di Commercio …………….., data concessione …………….., numero concessione ……………; rilascio del brevetto europeo n. ………………. del ………………. e del Brevetto USA n. …………… del ……………………..;
– YYYYYYYYYYYYYYYYYY oggetto della domanda n. ………………., presentata il ……………………….., depositata presso la Camera di Commercio il…………………….., data di concessione ………………., numero concessione ………………..
Nel corso del 2018 la società, attraverso (tra gli altri) l’opera dell’amministratore e di collaboratori esterni (professionisti titolari di reddito di lavoro autonomo), ha svolto attività di sviluppo sperimentale.
La società si è avvalsa della possibilità di remunerare detti collaboratori esterni dell’amministratore, oltre che in denaro, attraverso l’assegnazione di quote al capitale sociale, secondo la fattispecie del cosiddetto work for equity, come stabilito dall’articolo 27 del decreto legge n. 179 del 2012, fattispecie prevista anche nel vigente statuto.
Parte del corrispettivo maturato per effetto delle prestazioni aventi a oggetto l’attività di sviluppo sperimentale svolte nel corso del 2018 sarà pertanto remunerato attraverso l’assegnazione di equity, in ordine a quanto normativamente consentito e in esecuzione delle previsioni contrattuali correnti tra le parti.
In sede di istanza di interpello, il contribuente ha dichiarato che ai professionisti collaboratori esterni e all’amministratore saranno assegnate quote di nuova emissione di capitale sociale della società che saranno emesse alternativamente:
1. per effetto dell’aumento gratuito di capitale, ossia attraverso il passaggio a capitale sociale delle riserve da sovrapprezzo iscritte in bilancio, e contestuale rinuncia all’esercizio del diritto di opzione da parte dei soci esistenti a favore di prestatori d’opera di ricerca e sviluppo;
2. per effetto dell’aumento gratuito di capitale, che sarà contestualmente acquistato dalla società stessa e successivamente destinato alla remunerazione dei terzi prestatori d’opera di ricerca e sviluppo;
3. per effetto dell’aumento di capitale c.d. “a pagamento”, ovvero sostanzialmente l’aumento di capitale a fronte del conferimento in natura del credito vantato dai professionisti e dall’amministratore, maturato in ragione dell’attività svolta.
Tuttavia, con successiva documentazione integrativa, l’istante ha specificato che”l’assegnazione delle quote di partecipazione al capitale della Società (c.d. Work for Equity) sono state effettuate attraverso l’aumento di capitale a pagamento liberato mediante compensazione di un credito maturato per effetto delle prestazioni d’opera con il debito di sottoscrizione”.
La società istante precisa, inoltre, che il valore nominale delle quote che saranno assegnate all’amministratore e ai professionisti collaboratori esterni prestatori dell’attività di ricerca e sviluppo a titolo di remunerazione delle prestazioni effettuate,sarà inferiore al credito vantato dagli stessi per effetto del corrispettivo maturato. Tra le parti, infatti, è stato convenuto di assegnare alla società un valore del capitale economico superiore al valore nominale del capitale (da cui anche la presenza del sovrapprezzo) e, in particolare, è stato attribuito un rapporto tra valore nominale e valore economico di 1:10.
Quindi, a titolo meramente esemplificativo, a fronte di un credito maturato dai professionisti/collaboratori per euro 1.000,00 saranno assegnate quote di nuova emissione per il valore nominale di euro 100,00.
Rimane fermo che il compenso maturato dai professionisti sarà assoggettato a Iva in ragione del valore normale della prestazione, quindi in ragione degli onorari concordati (con riferimento all’esempio di cui sopra pari a euro 1.000,00); in particolare, nella situazione di specie, gli importi delle prestazioni effettuate e il relativo ammontare del capitale di nuova emissione che sarà destinato a remunerarle è precisato di seguito:
– amministratore per compensi: compensi concordati euro x.xxx,xx, valore nominale euro yyy,yy;
– amministratore per premi specifici per attività di ricerca e sviluppo:compensi concordati euro xx.xxx,xx, valore nominale euro y.yyy,yy;
– professionista 1: compensi concordati euro xx.xxx,xx, valore nominale y.yyy,yy;
– professionista 2: compensi concordati euro x.xxx,xx, valore nominale euro yyy,yy.
In sede di documentazione integrativa, l’istante ha precisato che non esiste alcuna differenza tra il valore delle prestazioni e il valore della remunerazione riconosciuta.
La differenza tra il valore delle prestazioni professionali e il controvalore assegnato ai professionisti in termini di quota di partecipazione al capitale della società è infatti soltanto nominale ed esclusivamente legata al fatto che il capitale nominale è stato definito per un valore inferiore al valore economico della società.
L’evidenza di tale differenza è riconducibile al valore nominale di conferimento dei brevetti inferiore al valore economico degli stessi.
Le parti hanno convenuto un maggior valore economico della società, coerente con le stime prodotte, e anzi maggiormente tendente alla stima più prudenziale, da cui si giustifica il rapporto 1/10 tra il valore nominale della quota di partecipazione al capitale sociale e il valore economico dello stesso.
A comprova del maggior valore economico rispetto al corrispondente valore nominale attribuito, i soci che hanno effettuato apporti in denaro hanno accettato che gli venisse riconosciuta una quota di partecipazione al capitale pari a 1/10 del valore effettivamente apportato.
Tutto ciò premesso, l’istante pone i seguenti dubbi circa la fruibilità del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo:
a) con riferimento alla modalità di remunerazione delle spese sostenute: quindi nel caso in cui i costi ammessi (compensi professionisti e collaboratori) siano remunerati attraverso l’assegnazione di quote di partecipazione al capitale anziché in denaro, e ancor più nel dettaglio nel differente caso in cui: (i) il capitale di nuova emissione a favore dei prestatori sia emesso attraverso l’utilizzo delle riserve all’uopo disponibili [nel caso di specie attraverso l’impiego della riserva da sovrapprezzo] (c.d.”aumento gratuito” di capitale), ovvero nel caso in cui (ii) il capitale di nuova emissione a favore dei prestatori sia emesso attraverso il conferimento in natura del credito vantato dai prestatori stessi per effetto dell’attività di ricerca e sviluppo prestata(c.d. aumento di capitale “a pagamento”);
b) in relazione alla quantificazione del costo ammissibile al beneficio del credito d’imposta e, nello specifico, se si debba avere riguardo al valore della prestazione effettuata (come contrattualmente stabilita dalle parti) o al valore del corrispettivo capitale nominale assegnato.
Tanto premesso, la società istante chiede un parere riguardo la soluzione interpretativa ritenuta corretta rispetto al caso concreto sopra prospettato.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La società ritiene possibile la fruibilità del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, poiché le prestazioni in esame sono da ritenersi costi sostenuti dalla società e rientranti tra le spese ammissibili, elencate al comma 6 dell’articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, indipendentemente dalle modalità di remunerazione delle stesse.
Per quanto riguarda invece il valore da considerare ai fini del calcolo del credito d’imposta, la società ritiene di dover fare riferimento al valore economico della prestazione contrattualmente stabilito tra le parti e non al valore nominale della quota assegnata.
La disposizione normativa, infatti, non fa alcun riferimento alle modalità di pagamento, prevedendo solo che si tratti di spese che rientrino in una certa categoria agevolabile.
In merito al minor valore nominale della quota assegnata rispetto al credito maturato, il criterio seguito rientra nell’alveo della libera contrattazione delle parti e, in particolare, comporta una migliore struttura patrimoniale della società istante che ne viene rafforzata.
Sotto il profilo Iva, come precisato in premessa, l’imposta sarà applicata sul valore del compenso in ragione del valore normale della prestazione, quindi in funzione degli oneri concordati, e sarà pagata tramite denaro (bonifico bancario) e non tramite assegnazione di quote con capitale di nuova emissione.
Pertanto, la società ritiene di considerare le prestazioni in oggetto come spese sostenute ai sensi delle lettera a) e d) del comma 6 dell’articolo 3 del decreto legge 23dicembre 2013, n. 145, per le quali è riconosciuto un credito d’imposta nella misura del 50% calcolato sulla base del valore economico della prestazione effettuata.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare si rappresenta che non sono oggetto del presente interpello:
– la riconducibilità delle attività descritte in istanza tra quelle ammissibili al credito di imposta ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del decreto legge n. 145 del 2013;
– la congruità dei compensi riconosciuti, anche in sede di assemblea, all’amministratore/socio e ai consulenti esterni/soci per lo svolgimento di attività asseritamente considerate dalla società istante come ammissibili al credito d’imposta;
– lo status di start-up innovativa dichiarato dalla società istante, con particolare riferimento alla disciplina del credito di imposta in attività di ricerca e sviluppo e alla disciplina introdotta dal decreto legge n. 179 del 2012 per favorire la nascita e lo sviluppo delle start-up innovative anche in considerazione della circostanza, che emerge dalla documentazione trasmessa, che i medesimi soggetti hanno posto in essere negli anni precedenti attività di ricerca e sviluppo già conclusa con l’immissione sul mercato dei relativi prodotti;
– la sussistenza dei requisiti per fruire delle agevolazioni di cui all’articolo 27del decreto legge n. 179 del 2012, in relazione, in particolare, a quei soggetti che, oltre ad essere dipendenti, collaboratori o amministratori, possiedono il ruolo di soci, anche di maggioranza;
– le modalità di calcolo del credito di imposta ricerca e sviluppo, anche in relazione alla corretta quantificazione della media aritmetica di riferimento. A tal proposito, si ricorda che “agli effetti della corretta applicazione dell’agevolazione,devono considerarsi neo costituiti i soggetti in capo ai quali si verifichi l’effettivo avvio di una nuova attività imprenditoriale piuttosto che la continuazione di una vecchia attività in capo ad un “nuovo” soggetto” (cfr. circolare n. 5/E del 16 marzo 2016).
Sulle predette circostanze rimane fermo ogni potere di controllo dell’amministrazione finanziaria.
Il comma 1 dell’articolo 3, nella versione attualmente vigente, prevede un credito d’imposta per tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020” in misura pari al 25 percento “delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015”. Detta aliquota viene elevata al 50 per cento con riferimento alle spese indicate al comma 6-bis.
Le tipologie di spese ammissibili sono elencate al comma 6, lettere a), a-bis), b),c), c-bis), d) e d-bis) del citato articolo 3.
Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, del 27 maggio 2015 sono state adottate le disposizioni applicative dell’agevolazione (di seguito: decreto attuativo).
Le circolari n. 5/E del 16 marzo 2016, n. 13/E del 27 aprile 2017, n. 10/E del 16 maggio 2018 e n. 8/E del 10 aprile 2019 hanno fornito chiarimenti in merito al menzionato credito d’imposta.
Tanto premesso, in relazione al quesito posto dall’istante sull’ammissibilità all’agevolazione in commento degli importi riconosciuti al socio amministratore e ai consulenti “esterni” (che sono altresì soci della società) a titolo di corrispettivo per l’attività di ricerca e sviluppo svolta a favore della società, si osserva quanto segue.
Come chiarito dai documenti di prassi pubblicati in materia, l’imputazione degli investimenti in ricerca e sviluppo ad uno dei periodi di imposta di vigenza dell’agevolazione (i.e., dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019) avviene secondo le regole generali di competenza fiscale, previste dall’articolo 109 del TUIR, come disposto anche dall’articolo 4, comma 1, del decreto attuativo, in base al quale “sono ammissibili i costi di competenza, ai sensi dell’articolo 109 del testo unico …, del periodo d’imposta di riferimento direttamente connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili”.
Il riferimento all’articolo 109 del TUIR è un criterio generale necessario per individuare il momento di effettuazione dell’investimento, indicato dall’articolo 4, comma 1, del decreto attuativo, di imputazione per competenza ai sensi dell’articolo 109 del TUIR.
Con riferimento alla modalità di remunerazione delle spese sostenute per le attività poste in essere dal socio-amministratore e dai consulenti esterni/soci, l’istante nel corso del 2018 si è valsa della possibilità di riconoscere quote di partecipazione al capitale sociale, secondo la fattispecie del cosiddetto work for equity, con aumento di capitale a pagamento liberato mediante compensazione di un credito maturato per effetto delle prestazioni d’opera con il debito di sottoscrizione.
In sostanza, il credito maturato per l’attività svolta nel corso del 2018 dal socio-amministratore e dai consulenti esterni/soci viene trasformato, per la quota parte non regolata in denaro, in quote di partecipazione (equity) al capitale della società, per altro a un rapporto di 1/10 tra il valore nominale della quota di partecipazione al capitale sociale e il valore economico dello stesso, per le ragioni esposte nella descrizione del fatto, ferma restando l’imputazione dei restanti 9/10 ad aumento delle riserve.
Al riguardo, si rammenta che, come chiarito con la circolare n. 10/E del 2018, la disciplina agevolativa de qua “debba essere interpretata secondo principi che ne salvaguardino la natura di (incentivo) e le finalità (di fare crescere gli investimenti in ricerca e sviluppo) e che consentano un adeguato controllo sull’utilizzo dello strumento, prescindendo dalle regole applicabili in sede di determinazione del reddito di impresa ogni qualvolta la loro automatica estensione in ambito agevolativo possa alterare la funzione assegnata all’incentivo dal legislatore o dare luogo a ingiustificabili disparità di trattamento tra imprese” (cfr. circolare citata, paragrafo 1).
Pertanto, ai fini dell’agevolazione in commento, l’effettiva remunerazione riconosciuta al socio-amministratore e ai consulenti esterni/soci, pur costituendo, ai fini Ires, un costo per prestazioni rese dai soci (il cui debito si trasforma in capitale a seguito di rinuncia al credito da parte dei soci) e uno speculare provento ordinariamente tassabile in capo ai soci, rispettivamente a titolo di compenso per l’attività di amministratore e compenso professionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 27 del D.L. n. 179 del 2012, qualora dovessero ricorrere nel caso in esame le condizioni di applicabilità, non può essere agevolato ai fini del credito d’imposta ricerca e sviluppo non rappresentando un costo effettivamente sostenuto dalla società.
Infatti, nel caso di specie, in cui la società ha come controparti l’amministratore e soci qualificati, si determina, sotto il profilo sostanziale, un apporto di lavoro che si trasforma in capitale di rischio mediante la rinuncia al credito, lavoro che sarà remunerato solo se e quando saranno conseguiti i profitti. Tale situazione quindi non consente di ritenere effettivi i costi sostenuti dalla società che ha come controparte dei soci qualificati e non economie terze.
In relazione al corretto trattamento fiscale, ai fini IVA, delle remunerazioni corrisposte al socio-amministratore e ai collaboratori esterni/soci, si concorda con la soluzione prospettata dall’Istante, restando impregiudicata l’applicazione del normale regime IVA sulle prestazioni di servizi in esame (cfr. circolare n. 16/E del 2014,paragrafo 4).
Di conseguenza, a fronte dell’apporto di opere e servizi, il prestatore deve emettere fattura con IVA ad aliquota ordinaria da calcolarsi sul corrispettivo contrattualmente pattuito per la prestazione oggetto di conferimento.
La risoluzione 16 marzo 2005, n. 35/E chiarisce che il momento di effettuazione di detta operazione coincide sostanzialmente con la compensazione che dà luogo al pagamento, sempre che precedentemente non sia stata emessa fattura. L’IVA pagata dalla Società dovrà essere poi regolarmente versata all’Erario da parte del prestatore.
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