AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 15 ottobre 2021, n. 714
Articolo 65 del decreto legge n. 18 del 2020 – Credito d’imposta per botteghe e negozi ed esercizio di attività “essenziali”
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa S.p.A. (di seguito, anche la “società istante”) è una società che fa parte del gruppo internazionale Beta SE, società di diritto europeo con sede a … operante nel settore del lusso.
La società istante è suddivisa internamente in tre divisioni che rappresentano tre imprese distinte e autonome dal punto di vista gestionale e commerciale:
– la divisione …, che racchiude in sé l’attività di commercio al dettaglio dei marchi …, …, … mediante punti vendita monomarca specializzati in articoli di abbigliamento, scarpe e di pelletteria;
– la divisione …, che si occupa della distribuzione delle fragranze e cosmetici di ciascun marchio del gruppo (i.e., …, …, …, …, ecc.);
– la divisione Gamma, che opera nel settore del commercio al dettaglio mediante la sua rete di punti vendita presenti sul territorio italiano, commercializzando prodotti cosmetici e di profumeria appartenenti a marchi che fanno capo al gruppo Beta SE e a marchi di soggetti terzi.
Nello specifico, la richiesta oggetto della presente istanza di interpello interessa tal ultima divisione.
Al riguardo, la società istante fa presente che l’attività dalla stessa svolta nei suoi punti vendita della Divisione Gamma non ha carattere misto. In altre parole, l’offerta merceologica è esclusivamente basata su prodotti cosmetici e di profumeria e in alcun modo vengono venduti prodotti di altre categorie come, per esempio, quelli afferenti alla Divisione ….
Il punto di forza della Divisione Gamma e il suo successo competitivo sono legati alla grande varietà di prodotti e servizi offerti ad una clientela sempre più fidelizzata, per lo più riconducibili ad articoli di bellezza di alta qualità.
Inoltre, avvalendosi di teams di consiglieri ed esperti di bellezza presenti negli stores, riesce ad offrire ai propri clienti una consulenza personalizzata di elevata qualità, volta a creare il perfetto percorso cosmetico adatto ad ognuno.
Abbracciando innovazione digitale e necessità di consulenza specializzata, Gamma ha creato dei veri e propri beauty hub, disponibili in qualsiasi momento online e con l’utilizzo di applicazioni su diverse piattaforme.
La Divisione Gamma è caratterizzata da una diffusione capillare su tutto il territorio nazionale (con circa … negozi), impiegando personale dipendente per un totale di … unità (compresa la sede).
I locali commerciali nei quali viene svolta l’attività sono stati concessi alla società istante mediante la stipula di numerosi contratti di locazione, aventi diversa natura. Sono, infatti, attualmente in essere contratti complessi di affitto d’azienda, il cui valore è rappresentato in prevalenza da immobili strumentali di varia natura (ad esempio, con categoria catastale D/8), oltre a semplici contratti di locazione di immobili strumentali (prevalentemente categoria catastale C/1).
Tra le misure a sostegno delle attività commerciali, adottate per fronteggiare la crisi economica causata dalla diffusione del virus COVID-19, vi è quella di cui all’articolo 65 del decreto legge n. 18 del 2020 (Decreto “Cura Italia”) rubricato ” Credito d’imposta per botteghe e negozi” che prevede il riconoscimento ai soggetti esercenti attività d’impresa, per l’anno 2020, di un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1.
Ai sensi dell’articolo 65, comma 2, del Decreto Cura Italia, “il credito d’imposta non si applica alle attività di cui agli allegati 1 e 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020 ed è utilizzabile, esclusivamente, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”.
Sul piano normativo, la società istante fa presente che il DPCM dell’11 marzo 2020 ha previsto, con riferimento al periodo di lockdown generalizzato nel nostro Paese, la chiusura di attività commerciali al dettaglio c.d. “non essenziali”, predisponendo un elenco di attività (senza indicarne il corrispondente codice Ateco) – ritenute dal Governo quali “essenziali” – ammesse a svolgere l’attività dedotta nell’oggetto sociale nei propri locali commerciali (allegati 1 e 2 del DPCM in commento).
Ai sensi dell’allegato 1 del DPCM 11 marzo 2020, tra le attività essenziali viene annoverato anche il “commercio al dettaglio di articoli di profumeria, prodotti per la toletta e per l’igiene personale”, descrizione che ricomprende l’attività svolta dalla Divisione Gamma. Con ciò evidentemente considerando tale attività quale essenziale.
Tale disposizione – e quindi la qualifica di attività essenziale con riferimento all’attività di commercio al dettaglio di articoli di profumeria come sopra descritta – è rimasta in vigore anche a seguito dell’emanazione dei successivi provvedimenti del Governo (DPCM 22 marzo 2020, decreto ministeriale 25 marzo 2020, decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020).
La società istante precisa che la stessa svolge attività di vendita di prodotti di profumeria e cosmetici che si collocano in una fascia di gamma “alta” di cui solo una minima parte può essere ricondotta alla categoria dell’igiene della persona. In particolare, i prodotti riconducibili a tale categoria rappresentano una quota pari ad appena l’… per cento del fatturato Retail realizzato nell’anno 2020 dalla Divisione, che si attesta complessivamente intorno ai … milioni di euro.
Tra questi prodotti è possibile annoverare, ad esempio, detergenti di varia natura (saponi, hand wash, shower e bath gel, shampoo), deodoranti, prodotti per la cura dei capelli oltre che per la cura della rasatura.
Alla luce della qualificazione dell’attività della Divisione Gamma quale “essenziale” ne è pertanto derivata una esclusione della stessa dall’applicazione della disposizione di cui all’articolo 65 del Decreto Cura Italia e dal ricorso al credito d’imposta previsto per le attività commerciali chiuse.
La società istante evidenzia che il DPCM 11 marzo 2020, nel consentire alle attività essenziali di continuare ad operare, ha tuttavia previsto il rispetto di regole di distanziamento sociale di “un metro”.
In aggiunta a tale previsione, il 14 marzo 2020, è stato sottoscritto il “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” (“Protocollo”), attuativo dell’articolo 1, comma 1, numero 9), del DPCM 11 marzo 2020 che – in relazione alle attività professionali e alle attività produttive – raccomanda intese tra organizzazioni datoriali e sindacali e contiene linee guida per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro non sanitari.
Principio ispiratore del Protocollo è che la prosecuzione delle attività produttive potesse avvenire solo in presenza di condizioni idonee ad assicurare ai lavoratori adeguati livelli di protezione: ciò significa che quand’anche le attività produttive fossero state ammesse a continuare la propria attività in quanto ritenuta essenziale, le stesse avrebbero dovuto valutare ed accertare la presenza delle condizioni – in concreto – che ne consentissero la prosecuzione in sicurezza.
La premessa del Protocollo recita: “E’ obiettivo prioritario coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità operative. Nell’ambito di tale obiettivo, si può prevedere anche la riduzione o la sospensione temporanea delle attività”
L’articolo 6 del Protocollo disciplina l’adozione e le modalità di utilizzo delle misure di igiene e dei dispositivi di protezione individuale.
Pertanto, afferma la società istante, se da un lato il DPCM ammetteva la prosecuzione delle attività essenziali, era da ritenersi che la prosecuzione delle medesime fosse una facoltà che le aziende dovevano considerare alla luce della concreta possibilità di rispettare le disposizioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro per garantire ai lavoratori la preminente tutela della salute. Nel caso in cui non fosse stato possibile garantire ai lavoratori adeguate misure di sicurezza, ciascuna azienda avrebbe dovuto valutare la possibile sospensione della propria attività.
Sospensione che è stata decisa dalla Divisione Gamma proprio perché non era in grado di fornire ai propri dipendenti i dispositivi di protezione individuale indicati nel Protocollo (mascherine, gel igienizzanti, guanti): infatti, a causa della carenza di approvvigionamento dei medesimi nel mese di marzo 2020, la Divisione ha subito forti ritardi nella consegna dei dispositivi di protezione individuale da parte dei propri fornitori.
A tal proposito, la società istante allega una breve presentazione in merito agli ordinativi di mascherine, guanti e gel igienizzante da cui si evince come le prime consegne di tali materiali siano avvenute il … aprile 2020 e una breve presentazione delle motivazioni concernenti le cancellazioni degli ordini da parte dei fornitori e dei ritardi nella consegna.
La Divisione Gamma avrebbe dovuto fornire tali prodotti (secondo i quantitativi indicati in apposita tabella)- nel solo mese di marzo – in … negozi e per un totale di dipendenti impiegati pari a circa … unità.
La decisione di sospendere l’attività assunta dalla Divisione Gamma si è pertanto resa necessaria in ottemperanza al Protocollo e non si è trattato di una mera scelta di opportunità.
Se la ratio della norma dell’articolo 65 del Decreto Cura Italia è quella di tutelare le aziende che sono state costrette a chiudere, l’applicazione della stessa dovrebbe ragionevolmente estendersi a tutte quelle ipotesi in cui le attività commerciali – considerate essenziali dal Governo – sono state costrette a chiudere in ottemperanza ad altre disposizioni normative di carattere emergenziale in quanto si sono ritrovate nell’impossibilità oggettiva, determinata da circostanze straordinarie che sfuggivano al loro controllo, di garantire:
– i requisiti minimi essenziali di protezione dei lavoratori imposti dai rigidi Protocolli e normativa emergenziali;
– le condizioni di sicurezza richieste per il pubblico e la clientela.
Tanto premesso, la società istante:
a) chiede il parere dell’Agenzia delle Entrate in merito all’applicabilità, in capo alla stessa, dell’articolo 65 del decreto legge n. 18 del 2020 rubricato “Credito d’imposta per botteghe e negozi “, tenendo in considerazione le particolari problematiche che la stessa si è trovata a fronteggiare nel periodo immediatamente successivo all’emanazione dei DPCM sopra menzionati, oltre che dei protocolli di sicurezza emanati per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19, volti a consentire lo svolgimento delle attività d’impresa riducendo i rischi di contagio per dipendenti e potenziali clienti;
b) chiede di conoscere, viste le caratteristiche peculiari dell’attività svolta, se possa ricomprendere nell’agevolazione anche le fattispecie relative a:
– immobili della categoria catastale D8 – Fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni, anche se aventi destinazione commerciale;
– contratti di affitto d’azienda o di ramo d’azienda, oltre che, più in generale, tutti i contratti aventi ad oggetto, oltre alla mera disponibilità dell’immobile, anche altri beni e servizi.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Quesito sub lettera a)
In merito al quesito sub lettera a), la società istante ritiene di poter fruire del credito d’imposta disciplinato dall’articolo 65 del Decreto Cura Italia (“Credito d’imposta botteghe e negozi”).
Nello specifico, osserva come la ratio della norma agevolativa sia quella di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica, come espressamente riportato nella relazione illustrativa all’articolo in oggetto.
Come confermato dall’Agenzia delle Entrate, la norma ha la finalità di ristorare il soggetto – trovatosi costretto a chiudere i propri punti vendita – del costo sostenuto, costituito dal predetto canone di locazione (cfr. circolare n. 8/E del 2020, risposta 3.1).
Si comprende, quindi, come l’obiettivo della disposizione sia quello di riconoscere, agli esercenti attività di impresa al dettaglio, che hanno dovuto sospendere l’attività, un parziale ristoro dei costi sostenuti per la locazione dell’immobile adibito all’attività commerciale e inutilizzato (cfr. in tal senso, risposta n. 321/E del 2020).
Non si ravvisano, pertanto, ragioni per le quali la società istante non possa fruire del menzionato credito d’imposta: la stessa, infatti, per le motivazioni più dettagliatamente suesposte, non è stata in grado di garantire tempestivamente la fornitura dei prodotti necessari ad assicurare il corretto rispetto delle norme di sicurezza introdotte.
Inoltre, come evidenziato in precedenza, la società istante ritiene che l’inclusione tra le attività essenziali non sia coerente con la realtà fattuale che evidenzia una forte incidenza di prodotti di cosmesi e profumeria di alta gamma rispetto a quelli rivolti alla cura dell’igiene personale per i quali invece il carattere di “essenzialità” risulta indubbio.
La società istante fa presente che:
a) stante l’interpretazione sopra riportata dell’articolato impianto normativo emergenziale, la prosecuzione dello svolgimento delle attività c.d. essenziali dovrebbe essere valutata come una possibilità che le aziende avrebbero dovuto tenere in considerazione solo se in grado – nel concreto – di rispettare le disposizioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro per garantire ai lavoratori la preminente tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) si è trovata costretta a sospendere l’attività di vendita al dettaglio per le ragioni sopra menzionate, pur con la consapevolezza di andare incontro ad una perdita di fatturato, perché obbligata al rispetto del Protocollo e della normativa emergenziale cui ogni azienda è stata chiamata ad adeguarsi rigidamente. Come si è detto, l’impossibilità oggettiva di adeguarsi alle norme di salvaguardia sanitaria non è dipesa da valutazioni di convenienza economica ma da circostanze oggettive, come l’irreperibilità sul mercato di un numero sufficiente di dispositivi di protezione e l’assenza di fornitori in grado di soddisfare la richiesta, che sfuggivano al controllo della società istante.
Infine, con la risposta n. 468/E del 2020, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto spettante il credito d’imposta calcolato sull’intero canone di locazione ad un soggetto che svolgeva, nell’ambito dello stesso locale, un’attività essenziale non prevalente ed un’attività sospesa. Con tale posizione, l’Agenzia delle Entrate ha confermato implicitamente che il credito d’imposta è abbinato alla singola unità locale/negozio e ribadito il riconoscimento del credito, prescindendo in qualche modo dall’attività svolta, per contenere gli effetti negativi derivanti dall’adozione delle misure antipandemiche.
Tale posizione sembra utile alla soluzione del caso di specie: anche se la società istante non svolge – come già indicato in precedenza – un’attività mista (un’attività essenziale ed una sospesa), di fatto la parte della sua attività ascrivibile alla commercializzazione dei prodotti per l’igiene personale (cui si deve presumere il legislatore abbia attribuito carattere di essenzialità) risulta assolutamente marginale rispetto alla vendita di prodotti di bellezza (a cui sembra incoerente attribuire la stessa caratteristica).
Come sopra descritto, non potendo rispettare il Protocollo emergenziale, la società istante ha dovuto, in ottemperanza a prescrizioni di legge, disporre la chiusura dei suoi negozi per contribuire a limitare la diffusione della pandemia subendone di conseguenza gli effetti negativi in termini di ricavi. Conseguenze negative che sembrano meritevoli di ristoro anche solo se si pensi alla posizione del personale dipendente impiegato in quelle attività.
Quesito sub lettera b)
Con riferimento al quesito sub lettera b), la società istante ritiene che l’ambito oggettivo dell’articolo 65 del Decreto Cura Italia debba essere esteso a tutti gli immobili di natura commerciale (compresi, quindi, ad esempio, gli immobili D/8) indipendentemente dalla categoria catastale ad essi attribuita: seguendo la ratio della norma e non solo il suo dato letterale, ciò che dovrebbe rilevare è che gli stessi siano destinati allo svolgimento delle attività d’impresa che si sono trovate costrette a chiudere nel periodo di sospensione oggetto di agevolazione (marzo 2020).
Risulta in tal senso opportuno un richiamo all’articolo 28 del decreto legge n. 34 del 2020 (“Decreto Rilancio”) che disciplina il “credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda”.
Nello specifico, la società istante evidenzia come l’obiettivo di tale disposizione sia quello di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, che hanno determinato una riduzione dei ricavi o dei compensi delle attività economiche a fronte dell’incidenza dei costi fissi quali, ad esempio, il canone di locazione (cfr. circolare n. 14/E del 2020, oltre al testo della norma citata). E’ evidente come tale norma persegua, di fatto, il medesimo fine del Credito d’imposta botteghe e negozi.
L’articolo 28, però, a differenza dell’articolo 65, non pone alcun limite oggettivo alla fruizione dell’agevolazione che sia riconducibile alla categoria catastale attribuita agli immobili in locazione. Al contrario, prevede esclusivamente che il contratto abbia ad oggetto immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività commerciale, di fatto colmando le incertezze sollevate sul punto in merito al Credito d’imposta botteghe e negozi.
Sembra, pertanto, che il legislatore, con tale nuova previsione, abbia voluto supplire alle imperfezioni riscontrate nella stesura della simile agevolazione fiscale ex articolo 65 del Decreto Cura Italia.
Inoltre, il divieto di cumulabilità tra l’agevolazione ex articolo 28 del decreto legge n. 34 del 2020 e il Credito d’imposta botteghe e negozi, espressamente previsto dal legislatore, porta a ritenere che lo stesso abbia voluto in qualche modo confermare l’analoga natura delle due agevolazioni: la relazione illustrativa al Decreto Rilancio spiega infatti che il divieto è volto ad evitare la duplicazione del beneficio in capo ad alcuni soggetti, che altrimenti fruirebbero di un doppio beneficio fiscale in relazione alla stessa tipologia di spese, relative al mese di marzo 2020.
Considerazioni analoghe possono essere mosse con riferimento all’estensione del beneficio ai contratti di affitto d’azienda.
Nello specifico, la società istante ritiene che qualora tali contratti includessero un immobile, utilizzato per lo svolgimento dell’attività d’impresa oggetto di sospensione, i rispettivi canoni di locazione dovrebbero poter essere oggetto dell’agevolazione prevista dall’articolo 65 del Decreto Cura Italia.
Molto spesso, infatti, come nel caso della società istante, la gestione delle attività commerciali, oggetto di sospensione a causa della pandemia, è regolata dalla sottoscrizione di contratti che fanno riferimento ad un “complesso organizzato”, dove la componente immobiliare è quasi sempre un elemento prevalente; i gestori di tali attività risultano pertanto danneggiati dalle sospensioni imposte dalla pandemia, al pari delle attività svolte in immobili condotti in locazione: escluderli dall’agevolazione evidenzierebbe una non giustificata discriminazione.
La norma contenuta nell’articolo 65 del Decreto Cura Italia non contiene alcuna pronuncia contraria a tale interpretazione e, in senso negativo si è pronunciato esclusivamente il Ministero dell’Economia e delle Finanze nelle Domande e risposte sulle nuove misure economiche – COVID-19, pubblicate sul suo sito istituzionale il 28 marzo c.a.
L’articolo 28 del Decreto Rilancio, inoltre, sembra aver colmato tale lacuna normativa, prevedendo espressamente che il credito d’imposta spetti – benché in misura ridotta – ai contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d’azienda, comprensivi di almeno un immobile ad uso non abitativo.
Il legislatore, in tal modo, ha riconosciuto gli affittuari quali soggetti gravati dalle limitazioni imposte dall’emergenza epidemiologica, al pari dei locatari di immobili strumentali.
Merita inoltre un approfondimento, ai fini dell’analisi in oggetto, il regime applicato ai contratti di affitto d’azienda con componente immobiliare, in tema di imposta di registro.
A tal proposito, la società istante ricorda brevemente che, se l’operazione di affitto d’azienda è imponibile ai fini IVA, in applicazione del principio di alternatività IVA-imposta di registro, quest’ultima è dovuta in misura fissa (i.e. 200 euro).
L’imposta di registro applicata in caso di semplice locazione di fabbricati strumentali per natura – tra soggetti passivi IVA – è invece pari all’1 per cento.
Allo scopo di evitare il diffondersi di prassi elusive basate sulla stipula di contratti di affitto di azienda in luogo di contratti di locazione immobiliare, è stata prevista una norma antielusiva (cfr. articolo 35, comma 10-quater, del decreto legge n. 223 del 2006) che impone di applicare all’affitto di azienda la disciplina dell’imposta di registro prevista per le locazioni immobiliari, ogni qual volta il valore dell’azienda concesso in affitto sia costituito per più del 50 per cento dal valore della sua componente immobiliare: in tal caso, anche ai contratti di affitto di azienda deve essere applicata l’imposta di registro con aliquota dell’1 per cento.
Stessa disciplina è riconosciuta, inoltre, a tutti gli atti successivi che fanno riferimento allo stesso contratto, per i quali di conseguenza bisogna far riferimento alla disciplina fiscale della locazione (in tal senso, la risposta n. 124/E del 2018 che, in tema di riduzione del canone di affitto d’azienda, prevede che al corrispondente atto si applichi l’esenzione prevista per la locazione di immobili, in quanto il contratto originario è stato inquadrato, ai fini fiscali, come un contratto di locazione di immobile strumentale, secondo la norma antielusiva).
L’obiettivo della norma è chiaramente quello di evitare comportamenti diretti ad aggirare la disciplina dettata in tema di imposte indirette per le locazioni di immobili strumentali, al fine di ottenere un indebito risparmio di imposta (cfr. risoluzione n. 35/E del 2008).
Per evitare tali comportamenti elusivi, risulta di fatto che il legislatore abbia “equiparato” il contratto di affitto di azienda con presenza prevalente di immobili strumentali al contratto avente ad oggetto la locazione di soli immobili strumentali, dando un peso prevalente alla sostanza e al contenuto dei contratti posti in essere, più che alla loro denominazione formale.
Pertanto, alla società istante sfuggono le ragioni per le quali, anche ai fini dell’applicazione dell’agevolazione fiscale oggetto della presente istanza di interpello, le due tipologie contrattuali non possano essere considerate in maniera analoga.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Quesito sub lettera a)
In via preliminare, si evidenzia che il presente parere non implica o presuppone un giudizio in merito alla sussistenza degli ulteriori requisiti per la fruizione del credito d’imposta di seguito descritto, su cui rimane fermo ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria.
L’articolo 65, comma 1, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 (“Decreto cura Italia”), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, stabilisce che “al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto, per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1”.
Ai sensi del successivo comma 2 “il credito d’imposta non si applica alle attività di cui agli allegati 1 e 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020 ed è utilizzabile, esclusivamente, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”.
Come chiarito anche nella risposta n. 468/E del 13 ottobre 2020, per poter beneficiare del credito d’imposta il locatario deve:
– essere titolare di un’attività economica, di vendita di beni e servizi al pubblico, oggetto di sospensione, in quanto non rientrante tra quelle identificate come essenziali;
– essere intestatario di un contratto di locazione di immobile rientrante nella categoria catastale C/1;
– avere effettivamente corrisposto il canone di locazione relativo al mese di marzo 2020.
Con la risoluzione n. 13/E del 20 marzo 2020 e con le circolari n. 8/E del 3 aprile 2020 e n. 11/E del 6 maggio 2020 sono stati forniti importanti chiarimenti in relazione al “credito d’imposta per botteghe e negozi”.
In seguito all’introduzione dell’articolo 122 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (“Decreto Rilancio”), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il soggetto beneficiario può, “in luogo dell’utilizzo diretto, optare per la cessione, anche parziale”, del credito d’imposta ad altri soggetti, entro il 31 dicembre 2021.
Ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 65 del Decreto cura Italia, il credito d’imposta in esame non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109 , comma 5, del TUIR.
Come si desume dal comma 2 dell’articolo 65 del Decreto cura Italia, il credito d’imposta botteghe e negozi non spetta per le attività di commercio al dettaglio e dei servizi per la persona – individuate rispettivamente dall’allegato 1 e dall’allegato 2 al D.P.C.M. 11 marzo 2020 – non soggette agli obblighi di chiusura, in quanto identificate come essenziali.
Tra le attività essenziali individuate dall’allegato 1 vi è il “commercio al dettaglio di articoli di profumeria, prodotti per toletta e per l’igiene personale” cui è riconducibile l’attività svolta dalla Divisione Gamma della società istante consistente nel commercio al dettaglio di articoli di profumeria e cosmetici.
La disposizione in questione, che qualifica come essenziale l’attività di “commercio al dettaglio di articoli di profumeria, prodotti per toletta e per l’igiene personale” è rimasta in vigore anche a seguito dell’emanazione dei successivi provvedimenti governativi. In particolare:
– il D.P.C.M. 22 marzo 2020, pur individuando, attraverso i rispettivi codici ATECO, le attività non interessate dalle misure di sospensione, all’articolo 1, comma 1, lettera a), ha specificato che “resta fermo, per le attività commerciali, quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020 e dall’ordinanza del Ministro della salute del 20 marzo 2020”. L’articolo 2 dello stesso D.P.C.M. 22 marzo 2020 stabilisce che le sue disposizioni “si applicano, cumulativamente a quelle di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 marzo 2020 nonché a quelle previste dall’ordinanza del Ministro della salute del 20 marzo 2020;
– il decreto ministeriale 25 marzo 2020, pur provvedendo alla sostituzione dell’elenco dei codici di cui all’allegato 1 del D.P.C.M. 22 marzo 2020, non ha abrogato l’allegato 1 del D.P.C.M. 11 marzo 2020 che, pertanto, ha mantenuto la sua efficacia;
– l’articolo 2, comma 3, del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, contenente “misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”, ha previsto che “continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in data (…) 11 marzo 2020 (…) come ancora vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Più precisamente, il D.P.C.M. 11 marzo 2020 ha cessato di produrre i suoi effetti dalla data di efficacia delle disposizioni del D.P.C.M. 10 aprile 2020 (14 aprile 2020).
Sul piano normativo, va evidenziato che l’articolo 1, comma 1, n. 7), del D.P.C.M. 11 marzo 2020 raccomanda, tra l’altro, che in ordine alle attività produttive e alle attività professionali, vengano assunti protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, vengano adottati strumenti di protezione individuale.
Sono, inoltre, favorite, a tal fine, limitatamente alle attività produttive, intese tra organizzazioni datoriali e sindacali [articolo 1, comma 1, n. 9), del D.P.C.M. 11 marzo 2020].
Proprio in attuazione di quest’ultima disposizione, in data 14 marzo 2020, è stato sottoscritto il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” (di seguito, il “Protocollo”) che contiene linee guida condivise tra le Parti per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio.
L’articolo 1, comma 3, del D.P.C.M. 22 marzo 2020 prevede il rispetto da parte delle imprese le cui attività non siano state sospese dei contenuti del Protocollo sottoscritto il 14 marzo 2020 fra il Governo e le parti sociali (Protocollo che, peraltro, è stato integrato in data 24 aprile 2020 e aggiornato in data 6 aprile 2021).
Con riferimento al caso di specie, la società istante, pur potendo continuare – in base alla previsione contenuta nell’allegato 1 al D.P.C.M. 11 marzo 2020 – ad esercitare l’attività della propria Divisione Gamma, consistente nel commercio al dettaglio di prodotti di profumeria e cosmetici, si è tuttavia trovata nell’impossibilità oggettiva di rispettare le prescrizioni contenute nel Protocollo del 14 marzo 2020 e nella normativa emergenziale, prescrizioni volte a garantire la salubrità e la sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative e quindi la tutela della salute dei lavoratori e della clientela stessa.
Come emerge anche dai documenti allegati alla presente istanza di interpello, non è stato possibile reperire tempestivamente (nel mese di marzo 2020) sul mercato un numero sufficiente di dispositivi di protezione né individuare fornitori in grado di soddisfare le richieste della società istante che, pertanto, in ossequio a quanto previsto dal più volte citato Protocollo del 14 marzo 2020, si è trovata costretta a sospendere l’attività svolta dalla Divisione Gamma.
Tuttavia, la scrivente fa notare che, sotto il profilo letterale, l’articolo 65, comma 2, del Decreto cura Italia esclude l’applicazione del “credito d’imposta per botteghe e negozi” “alle attività di cui agli allegati 1 e 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020”, ovvero a quelle attività non interessate, in quanto ritenute essenziali, dalla sospensione prevista dal D.P.C.M. 11 marzo 2020.
E tra tali attività, come si è detto in precedenza, rientra anche quella svolta dalla Divisione Gamma della società istante, consistente nel commercio al dettaglio di prodotti di profumeria e cosmetici, riconducibile al “commercio al dettaglio di articoli di profumeria, prodotti per toletta e per l’igiene personale” di cui all’allegato 1 al D.P.C.M. 11 marzo 2020
Si ritiene pertanto che il “credito d’imposta per botteghe e negozi” di cui all’articolo 65 del Decreto cura Italia non possa essere riconosciuto con riferimento ai locali condotti in locazione dalla Divisione Gamma della società istante; tuttavia, Alfa S.p.A., ricorrendone i requisiti, potrà usufruire, per lo stesso mese di marzo 2020, del credito d’imposta previsto dall’articolo 28 del decreto legge n. 34 del 2020.
Infatti, come chiarito dalla circolare n. 14/E del 6 giugno 2020, resta fermo che le imprese, che non hanno fruito del “credito d’imposta per botteghe e negozi” in relazione al mese di marzo 2020 perché non erano soddisfatti tutti i requisiti di cui all’articolo 65 del decreto legge n. 18 del 2020, possono fruire del credito d’imposta di cui all’articolo 28 del decreto legge n. 34 del 2020, qualora rientrino nell’ambito oggettivo e soggettivo delineato dalla norma da ultimo citata.
Quesito sub lettera b)
Considerata la risposta al quesito sub lettera a), vengono meno le condizioni per rispondere al quesito sub lettera b) concernente la possibilità di estendere l’ambito oggettivo dell’agevolazione prevista dall’articolo 65 del Decreto cura Italia anche agli (i) immobili della categoria catastale D8 – Fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni, anche se aventi destinazione commerciale e (ii) ai contratti di affitto d’azienda o di ramo d’azienda, oltre che, più in generale, a tutti i contratti aventi ad oggetto, oltre alla mera disponibilità dell’immobile, anche altri beni e servizi.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Credito d'imposta per canoni di locazione di botteghe e negozi - Articolo 65 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 - Risposta 13 ottobre 2020, n. 468 dell'Agenzia delle Entrate
- Concessione e credito d'imposta locazione botteghe e negozi - Articolo 65 del decreto 17 marzo 2020, n. 18 - Risposta 07 settembre 2020, n. 318 dell'Agenzia delle Entrate
- Determinazione del credito d'imposta per botteghe e negozi in caso di contratto avente ad oggetto più immobili appartenenti a diverse categorie catastali - Risposta 08 settembre 2020, n. 321 dell'Agenzia delle Entrate
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - Ordinanza 20 novembre 2020, n. 714 - Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali…
- AGENZIA DELLE ENTRATE - Provvedimento 09 agosto 2019, n. 670294 - Definizione delle modalità di presentazione della comunicazione per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nei comuni colpiti dagli eventi sismici a far data dal 24…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…