AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 17 marzo 2021, n. 187
Articolo 1, commi da 198 a 206, della legge 27 dicembre 2019, n. 160
Credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Il gruppo ALFA, … è conosciuto per la progettazione e la fornitura di attrezzature e impianti di …
BETA S.r.l. ha strutturato la propria divisione di R&S che opera come primo riferimento per l’intero gruppo internazionale nelle attività di ideazione e sviluppo delle nuove soluzioni. In tal senso è la creatività del team italiano ad aver progressivamente permesso al gruppo di dotarsi di impianti sia di gamma che pensati per soddisfare le singole richieste di importanti clienti, …
BETA S.r.l. ha un laboratorio interno in cui il team di R&S può condurre attività di …
BETA S.r.I., dal punto di vista economico, riaddebita i costi della propria R&S alla casa madre (francese) che ne diventa una comproprietaria in termini di proprietà intellettuale secondo accordi di gruppo.
Il quesito verte sull’ammissibilità al credito d’imposta dell’attività svolta dall’istante sotto il profilo oggettivo, in relazione alle attività di … commissionate dalla casa madre francese.
Tanto premesso, la società ha presentato istanza di interpello ai sensi dell’art. 11, Legge 27 luglio 2000, n. 212 sull’applicazione dell’articolo 1, commi da 198 a 206 , della legge 27 dicembre 2019, n. 160, sul credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Agenzia delle entrate, in passato, si è pronunciata con l’estensione alla R&S commissionata ad impresa residente da committente estero per le attività svolte direttamente dal soggetto commissionario in laboratori o strutture ubicate in Italia (risposta all’istanza di interpello n. 83 del 26.03.2019).
Prima dell’entrata in vigore della modifica normativa con l’aggiunta del comma 1-bis all’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2014, al caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione Europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo, in Stati compresi nell’elenco di cui al “M. 04.09.1996”, le spese di ricerca e sviluppo sostenute da imprese residenti in esecuzione di contratti di ricerca stipulati con imprese non residenti e prive di stabile organizzazione in Italia non erano ammissibili ai fini della determinazione del credito d’imposta e parimenti non rilevavano ai fini del calcolo della media storica.
A seguito della modifica normativa, come chiarito sia al paragrafo 1.6, sia ai paragrafo 2.2 della circolare 13/E del 2017, il soggetto commissionario residente che esegue attività di ricerca e sviluppo per conto di committenti esteri viene ora equiparato, ai fini dell’agevolazione, al soggetto residente che effettua investimenti in proprio. Nella determinazione del credito di imposta trovano, dunque, applicazione le medesime regole valide per le imprese residenti che effettuano investimenti in ricerca e sviluppo.
E, pertanto, l’istante ritiene di dover adottare il seguente comportamento.
Nel caso in esame, la società istante ritiene ammissibili al credito d’imposta di cui all’articolo 1 della Legge 27 dicembre 2019, n. 160, commi da 198 a 206, i costi sostenuti da BETA S.r.l. per le attività direttamente svolte con proprio personale e direttamente connesse alla sperimentazione, studio e sviluppo nel settore della …. La società istante ritiene ciò poiché tali attività risultano collegate alla risoluzione di incertezze scientifiche e tecnologiche e sono svolte su territorio italiano con know how italiano e non commissionate a soggetti terzi.
Parere dell’Agenzia delle entrate
In via preliminare si rappresenta che la presente risposta non costituisce implicito riconoscimento dell’ammissibilità al credito d’imposta ricerca e sviluppo delle attività svolte dalla società istante e da questa asseritamente considerate di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante ai fini di detta disciplina.
L’articolo 3 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, come sostituito dall’articolo 1, comma 35, legge 23 dicembre 2014, n. 190, e, da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 209, della legge n. 27 dicembre 2019, n. 160, al comma 1, riconosce un credito di imposta a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, «a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019».
In relazione alla ricerca commissionata, con la circolare n. 6/E del 16 marzo 2016, la scrivente ha chiarito che «La misura agevolativa in esame, infatti, è rivolta ai soggetti che svolgono attività di ricerca eleggibile sostenendo i relativi costi e che si avvalgono degli eventuali relativi risultati, assumendosi il rischio per l’attività svolta.
Di conseguenza, è da escludere che il credito spetti alle imprese che svolgono attività di ricerca su commissione di terzi, atteso che in tal caso l’impresa commissionaria in realtà non sostiene i relativi costi, in quanto li riaddebita, in base ai corrispettivi contrattualmente previsti, al committente che ne sostiene l’onere».
Inoltre, «nell’ipotesi di ricerca commissionata da un ‘impresa non residente, priva di stabile organizzazione nel territorio dello stato italiano, ad una impresa residente o alla stabile organizzazione di un soggetto non residente, né la prima, per mancanza del presupposto della territorialità, né le seconde potranno beneficiare del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo»».
A decorrere dal 1° gennaio 2017, l’articolo 1, comma 15, lett. b), legge 11 dicembre 2016, n. 232, ha inserito il comma 1-bis nel corpo dell’articolo 3, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145.
Ai sensi del citato comma 1-bis «Il credito d’imposta di cui al comma 1 spetta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996»».
In sostanza, come chiarito dalla circolare n. 13/E del 27 aprile 2017, per gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2017 sino al 31 dicembre 2019, «il soggetto commissionario residente che “esegue attività di ricerca e sviluppo “per conto di committenti non residenti viene ad essere equiparato, ai fini dell’agevolazione, al soggetto residente che “effettua investimenti” in attività di ricerca e sviluppo».
Come noto, l’articolo 1, comma 198, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (c.d. legge di Bilancio 2020) prevede che «per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative, è riconosciuto un credito d’imposta alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206».
La nuova disciplina introdotta dalla legge di Bilancio 2020, applicabile agli investimenti realizzati a partire dal 1° gennaio 2020, ha sostituito la precedente, anticipandone, di fatto, di un anno la cessazione.
Nel corpo della nuova disciplina, per volontà del legislatore, non è stata prevista alcuna disposizione che, analogamente a quanto fatto dal citato comma 1-bis, regoli, ai fini del credito di imposta, le attività di ricerca svolte dal commissionario residente per conto di committenti non residenti. In tal senso, la relazione tecnica alla legge di Bilancio 2020 prevede che «a legislazione vigente, il credito d’imposta R&S (che viene abrogato dalla proposta normativa) assicura ai contribuenti la possibilità di fruire dell’agevolazione per le spese in R&S commissionate dall’estero (Inward BERD). La nuova formulazione del credito di imposta esclude invece tali spese»
Pertanto, alla luce di tutto quanto sopra, si ritiene di non poter condividere la soluzione interpretativa proposta dall’istante, in quanto, a partire dal 1° gennaio 2020, devono considerarsi escluse dall’ambito di applicazione della misura le spese sostenute per attività di ricerca svolte da commissionari residenti in Italia, sulla base di contratti con soggetti esteri.
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