Agenzia delle Entrate – Risoluzione n. 41 del 26 luglio 2022
Credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo – Attività attinenti al design e all’ideazione estetica – Articolo 3 del
decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145
Con la presente risoluzione sono portati all’attenzione degli Uffici dell’Agenzia delle Entrate i chiarimenti forniti per la corretta individuazione dei criteri che, in generale, rilevano ai fini dell’ammissibilità al credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, e successive modifiche ed integrazioni (di seguito anche “decreto-legge”), effettuati nel comparto della moda, della pelletteria, della gioielleria e dell’occhialeria.
Nell’ambito delle attività istruttorie relative a istanze di interpello riferite ad attività svolte nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, presentate prima della pubblicazione della circolare n. 31/E del 23 dicembre 2020 (con la quale, si ricorda, sono state fornite, per quanto di interesse nel caso di specie, nuove indicazioni sulla gestione degli interpelli che involgono questioni tecniche di competenza di altre Amministrazioni), la scrivente ha provveduto a chiedere al Ministero dello Sviluppo Economico (di seguito anche “Mi.S.E.”) il parere tecnico previsto dalla previgente modalità di istruttoria delle istanze in argomento (cfr. circolare n. 5/E del 16 marzo 2016).
In considerazione di quanto espresso dal Mi.S.E alla scrivente in ordine all’ammissibilità delle attività rappresentate al beneficio di cui all’articolo 3 del decreto legge, relativamente agli aspetti che interessano in questa sede, si ritiene opportuno portare a conoscenza il contenuto di uno dei pareri in questione, riguardante la società ALFA SPA (di seguito anche “ALFA”, “società” o “istante”), esercente l’attività di ideazione e prototipia di beni rientranti nel comparto della moda, della pelletteria, della gioielleria e dell’occhialeria – e quella successiva di produzione –svolta per alcuni marchi detenuti da società appartenenti ad un Gruppo BETA di cui anche ALFA fa parte (di seguito anche “Brand Owners”).
Al riguardo, ALFA riferisce di svolgere “attività di ricerca e sviluppo a partire dalle fasi di ideazione, sino alla fase di prototipia … per i summenzionati Brand”.
In particolare, come rappresentato nell’istanza d’interpello, a seguito “… della individuazione di un tema stilistico che dia l’impronta riconoscibile della singola Brand Owner al prodotto, la Società procede con la realizzazione di diversi modelli prototipali estetici e tecnici, ognuno finalizzato ad un diverso studio delle caratteristiche del futuro prodotto richiesto. Solo successivamente si procede alla realizzazione di un modello di prototipo che racchiude tutte le soluzioni tecniche le quali saranno compatibili con le scelte estetiche e con le esigenze di vestibilità e di comfort nell’utilizzo del prodotto …. A seguito della realizzazione dei vari step di prototipia, ogni modello di prototipo verrà presentato alla Brand Owner che esprimerà le proprie valutazioni in ordine al successivo sviluppo dell’input creativo …”.
In ordine alle attività svolte, ALFA chiede di usufruire dell’incentivo del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decreto- legge per taluni costi sostenuti nell’anno d’imposta 2019.
Il Mi.S.E., nell’aprile 2022, ha espresso il seguente parere in merito all’ammissibilità dell’attività svolta da ALFA al credito d’imposta in argomento:
«… [S]i ricorda in via generale che l’individuazione delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta è stata condotta dal legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”. Tali definizioni, com’è noto, risultano a loro volta mutuate da quelle adottate a livello internazionale per le rilevazioni statistiche nazionali in materia di spese in ricerca e sviluppo, secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel c.d. Manuale di Frascati, concernente “Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development”. In questo senso, si ricorda, al punto 75 della citata Comunicazione 198/01 del 2014, viene espressamente precisato che: “Per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, la Commissione si baserà sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche fornite nel Manuale di Frascati dell’OCSE”. Pertanto, come più volte precisato e ribadito da questo Ufficio e dalla stessa Agenzia delle Entrate nei documenti di prassi emanati in materia, i principi generali e i criteri contenuti nelle suddette linee guida per le rilevazioni statistiche nazionali delle spese per ricerca e sviluppo elaborate dall’OCSE assumono diretta rilevanza anche ai fini dell’applicazione della disciplina del credito d’imposta.
Secondo i principi e i criteri contenuti in tale manuale, le attività qualificabili come ricerca e sviluppo sono quelle specificamente svolte, nell’ambito di un processo di innovazione condotto da un’impresa, per il superamento di una o più incertezze scientifiche o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico, con la finalità di pervenire alla realizzazione di nuovi prodotti (beni o servizi) o processi o al miglioramento sostanziale di prodotti o processi già esistenti. Si tratta, quindi, di attività (lavori) che necessariamente si caratterizzano, anzitutto, per la presenza di elementi di novità e creatività e, quindi, anche per il grado di incertezza o rischio d’insuccesso scientifico o tecnologico che, di regola, implicano. Proprio per tali contenuti e caratteristiche, contribuendo all’avanzamento delle conoscenze generali attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche o tecnologiche e, quindi, producendo un beneficio per l’intera economia, le attività di ricerca e sviluppo sono potenzialmente meritevoli di essere incentivate con la concessione di contributi pubblici. In coerenza con tale impostazione, quindi, le attività di ricerca e sviluppo agevolabili sono quelle che si rendono necessarie, nell’ambito di uno specifico progetto di innovazione industriale o commerciale, per il superamento di un ostacolo o un’incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili; mentre, non si considerano attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta le attività innovative che costituiscono il risultato di un semplice utilizzo dello stato dell’arte nello specifico settore e che, pertanto, pur potendo dare luogo sia a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa e sia a un miglioramento dei suoi prodotti o processi, non comportino un progresso delle conoscenze o delle capacità generali già disponibili (stato dell’arte).
In tal senso, come più volte chiarito anche dalla stessa Agenzia delle Entrate (si veda, in particolare, la risoluzione n. 40/E del 2 aprile 2019), nel campo di applicazione del credito d’imposta non rientrano automaticamente tutte le attività che l’impresa intraprende nel suo processo di innovazione, ma esclusivamente quelle – svolte internamente ovvero commissionate all’esterno – che si caratterizzano per la presenza di reali contenuti di ricerca e sviluppo secondo i criteri di classificazione e qualificazione sopra indicati: vale a dire, si ripete, le attività che nell’ambito di un determinato progetto finalizzato all’introduzione di un nuovo prodotto (bene o servizio) o di un nuovo processo (di produzione di un prodotto) – o finalizzato ad apportare significativi miglioramenti a prodotti o processi esistenti – si rendano necessarie per il superamento di un problema o di un’incertezza scientifica o tecnologica, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico. Per converso, devono ritenersi escluse le attività che, pur dando luogo a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa, derivino essenzialmente dall’effettuazione di investimenti volti all’introduzione da parte della stessa di tecnologie e conoscenze già note e diffuse nell’ambito del settore di appartenenza.
I criteri sopra ricordati, come ribadito dalla stessa Agenzia delle Entrate con la risposta n. 188 del 17 marzo 2021, assumono valenza generale, nel senso che devono intendersi applicabili a tutti i settori economici, sia pur con gli adattamenti di nozioni e concetti che i diversi comparti (industriali e commerciali) richiedono in ragione della loro specificità. Pertanto, avendo riguardo al settore e alla fattispecie che qui occupa, potrebbero essere considerate in via di principio attività ammissibili al credito d’imposta le attività volte, nell’ambito di uno specifico progetto di innovazione industriale o commerciale, al superamento di un ostacolo o un’incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili, in materia, a esempio, di performance tecniche (omissis…). Mentre, devono in via di principio ritenersi escluse dalle attività ammissibili al credito d’imposta le attività concernenti il lancio di nuovi prodotti, o le modifiche ai prodotti e procedimenti esistenti, non finalizzate alla risoluzione di un ostacolo di carattere scientifico e/o tecnologico non risolvibile sulla base delle conoscenze e capacità già disponibili nello stato dell’arte e nella prassi del settore. In particolare, è questo il caso delle attività attinenti al design e all’ideazione estetica, il cui obiettivo sia la concezione e la realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentino elementi di novità rispetto alle collezioni o campionari precedenti con riguardo ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme, ai colori e ad altri elementi rilevanti, ma il cui unico “effetto tecnico” riguardi, in senso ampio, la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto. Tali attività non costituiscono attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta, non comportando in linea di principio lo svolgimento di lavori necessari per il superamento di ostacoli di tipo scientifico o tecnologico non superabili con le conoscenze generali già disponibili. Analogamente, non costituiscono attività ammissibili al credito d’imposta le attività relative alle ricerche di mercato finalizzate a raccogliere dati concernenti i gusti e le abitudini dei consumatori, nonché le attività riguardanti la valutazione di gradimento dei prodotti (sotto il profilo estetico), necessarie per il corretto posizionamento di una nuova collezione, al fine anche di individuarne il mercato di inserimento. In generale, devono considerarsi escluse le attività finalizzate alla modifica in senso ampio dell’estetica dei prodotti e al lancio di nuove tendenze di moda, ma non finalizzate alla risoluzione di un’incertezza di carattere tecnico o scientifico.
In questo senso, tornando all’esame della fattispecie oggetto d’interpello, (omissis), la società istante ha, tra l’altro, rappresentato che “…la Società … è chiamata alla realizzazione di prodotti (omissis) che, per poter cogliere le aspettative e i gusti dei clienti, devono presentare soluzioni tecniche e di materiali sempre nuovi, collegate da un vincolo di stretta complementarietà con lo sforzo estetico unico e nuovo per ogni stagione”; senza tuttavia documentare in che modo e per quali specifici aspetti l’utilizzo di nuovi materiali e soluzioni tecniche per la realizzazione delle nuove collezioni stagionali avrebbe reso necessari lavori finalizzati al superamento di ostacoli tecnici o scientifici non superabili con le conoscenze già in possesso della società e del gruppo di appartenenza e comunque facenti parte delle conoscenze già ampiamente diffuse nel settore di appartenenza. Allo stesso modo, le attività descritte (omissis) in generale come “…sforzo preliminare, in termini di compatibilità dei tre elementi fondamentali succitati (materiali, tecnica e forma, complementariamente intesi), mediante lo svolgimento di studi (omissis), individuando soluzioni strutturali compatibili con il tipo di prodotto (omissis) …” e “…ricerca soluzioni nuove come l’ideazione e lo sviluppo (omissis) o la sperimentazione di materiali mai utilizzati nel comparto, testandoli in termini di resistenza, leggerezza e qualità (omissis) …” non sembrano potersi classificare, in mancanza di altri elementi più specifici, alla stregua di attività di ricerca e sviluppo nell’accezione sopra precisata. Anche l’evidenziata circostanza che “…di pari passo allo studio di materiali nuovi, vi è anche quello delle tecniche di realizzazione delle parti strutturali o meramente estetiche (omissis), che possono comportare delle difficoltà per la realizzazione di dettagli (omissis) …” rappresenta una problematica di carattere ricorrente nell’ambito dello specifico settore in cui opera l’impresa e che, pertanto, non può qualificarsi alla stregua di un’incertezza tecnica non superabile con le conoscenze già disponibili nel settore.
Gli elementi forniti dalla società istante (omissis) …, non consentono, dunque, di enucleare quali sarebbero state le attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta svolte dalla medesima società nel periodo d’imposta 2019 e per le quali, inoltre, la medesima società avrebbe assunto anche il rischio d’insuccesso tecnico e finanziario (sempre nell’accezione rilevante ai fini della disciplina agevolativa). A ben guardare, infatti, le ulteriori informazioni fornite dalla società istante poggiano sull’assunto apodittico e generico secondo il quale le attività relative all’ideazione e alla successiva produzione dei nuovi modelli dei prodotti sarebbero complementari e, pertanto, includendo anche fasi di ingegnerizzazione delle creazioni elaborate nelle fasi di design e ideazione estetica, assumerebbero automaticamente la qualificazione di attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta. In effetti e più propriamente, sulla base delle informazioni rappresentate dalla società istante, le attività in questione devono considerarsi quali attività ricollegabili all’ordinario processo di progettazione e realizzazione dei nuovi prodotti, sia pur sulla base degli obiettivi e di programmi individuati in esito alle attività di ricerca stilistica; tali devono considerarsi, in particolare, anche le attività svolte per l’individuazione di materiali e soluzioni tecniche compatibili con gli input dei reparti deputati alla definizione del tema stilistico, attraverso la scelta di materiali di alta qualità … e l’effettuazione di prove di combinazione di forme, materiali e colori, per le quali la società istante non ha fornito concreti elementi per l’individuazione di eventuali fasi e lavori di ricerca e sviluppo finalizzati al superamento di un ostacolo o un’incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili nel settore e soprattutto già note nell’ambito del gruppo di appartenenza.
Naturalmente, non può escludersi che nell’ambito dei progetti finalizzati al lancio di nuovi prodotti possano essere stati svolti dei lavori con contenuti di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta; tuttavia, la documentazione prodotta dalla società non fornisce alcuna evidenza di tali lavori, né della tempistica di eventuale svolgimento, né delle spese eventualmente correlate. In particolare, si ricorda che, a stretto rigore, sia l’individuazione degli specifici lavori ammissibili, sia la determinazione delle correlate spese eleggibili, non possono prescindere da una più chiara definizione della Work Breakdown Structure (o struttura analitica) del progetto di ricerca, all’interno della quale siano individuabili le singole unità più elementari (Work Packages e Work Breakdown Elements), alle quali siano associabili il team di progetto (personale interno e/o esterno all’impresa), i costi connessi, il valore dello stato di avanzamento (Work In Progress), sia in termini di costi sostenuti e sia di rapporto verso l’obiettivo.
In sostanza e in conclusione, deve osservarsi che le attività descritte dalla società istante, pur essendo in generale finalizzate al rinnovo ricorrente dei prodotti secondo lo schema operativo tipico delle imprese del settore attraverso la realizzazione di nuove collezioni e campionari, non evidenzino in concreto contenuti significativi ai fini dell’individuazione di eventuali fasi qualificabili come attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta; senza considerare che, attenendo le medesime attività in larga parte a innovazioni inerenti al marketing, non risultano caratterizzate, come già rilevato, neanche da elementi di rischio di insuccesso tecnico e finanziario nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta.
Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, ferma restando la possibilità per l’impresa di produrre eventualmente ulteriori elementi a supporto dell’applicazione del beneficio, anche in punto di corretta ricostruzione sia della tempistica di svolgimento di eventuali attività ammissibili e sia del rispetto dell’approccio incrementale, si ritiene che le attività svolte dalla società istante nel corso del periodo d’imposta 2019, così come descritte nella documentazione prodotta, non costituiscano nel loro complesso attività di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante agli effetti del credito d’imposta.
Ciò precisato, si ritiene opportuno segnalare, da ultimo, che la nuova disciplina del credito d’imposta, introdotta, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla suddetta data del 31 dicembre 2019, dall’art. 1, commi 198 e ss., della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha ampliato la tipologia delle attività ammissibili al beneficio. Nel nuovo contesto normativo, infatti, l’ambito oggettivo delle fattispecie agevolabili non è più circoscritto alle sole attività di ricerca e sviluppo nell’accezione sopra ricordata, ma è stata estesa, tra l’altro, anche alle attività di design e ideazione estetica, nell’ambito delle quali, tenendo presente il carattere di misura generale del credito d’imposta, potrebbero in linea di principio rientrare, pur sempre verificandosi il requisito della novità e della significatività (e della “non ripetitività”) nonché gli altri requisiti richiesti dalla norma, alcune attività di carattere creativo svolte dalla società istante.».
Ciò posto, alla luce del suddetto parere tecnico qui sopra riprodotto, ALFA non può usufruire del credito d’imposta ricerca e sviluppo di cui al più volte richiamato articolo 3 del decreto-legge.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
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