AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 12 dicembre 2019, n. 520
Credito d’imposta di cui all’articolo 3 del decreto legge 23 dicembre 2013,n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n.9 e da ultimo modificato dall’articolo 1, commi 70 e 71, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA (di seguito, “l’istante” o “la società”), che svolge attività di “…”(codice Ateco …), dichiara di aver realizzato nel 2018 un progetto di ricerca e sviluppo, per il quale intenderebbe fruire del credito d’imposta di cui all’articolo 3 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 e da ultimo modificato dall’articolo 1, commi 70 e 71, della legge30 dicembre 2018, n. 145 (di seguito, articolo 3).
L’istante evidenzia che non costituisce oggetto di interpello la riconducibilità del citato progetto di ricerca ad una delle attività di ricerca ammissibili ai sensi dell’articolo 3.
Più nello specifico, l’istante dichiara di aver sottoscritto con l’ingegnere TIZIO (di seguito “Fornitore”) un “contratto …” (di seguito “ICT”), con il quale conferisce al professionista l’incarico di “(a) … …; (b) ….” (cfr. contratto allegato all’istanza).
Dal richiamato contratto ICT, allegato all’istanza, emerge che il “Fornitore eseguirà detto incarico senza alcun obbligo di ubicazione in totale libertà, senza alcun vincolo di subordinazione e senza assoggettamenti gerarchici, disciplinari e di orari di lavoro…”.
Nello stesso accordo è previsto, altresì, che l’istante dovrà corrispondere all’ingegnere TIZIO, oltre al compenso per l’esecuzione dell’incarico oggetto del contratto, anche un rimborso delle spese, anticipate dal professionista in nome e per conto della committente (come specificato nelle notule allegate), per viaggi e alloggi “relativi ad eventuali viaggi di lavoro che il Fornitore dovrà effettuare su richiesta del Committente”.
Ciò premesso, la Società chiede di sapere se ai fini della quantificazione dell’agevolazione ad essa spettante nell’anno 2018 possa “considerare, nell’ambito dei costi relativi alle prestazioni per attività di ricerca e sviluppo eseguite dall’ingegnere TIZIO, anche quello sostenuto per il costo di trasferta classificato sotto la voce “Altre spese sostenute”.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La società ritiene di poter considerare nell’ambito dei costi agevolabili anche quelli di trasferta “sostenuti dall’ingegnere TIZIO affinché potesse svolgere le attività R&S, contenuti e identificabili delle notule di pagamento mensili”.
A fondamento di tale soluzione, l’istante ricorda che il credito di imposta ricerca e sviluppo è un incentivo automatico teso ad agevolare i costi sostenuti dalle imprese per la realizzazione di attività di ricerca e sviluppo, costi tra i quali l’istante ritiene che debbano essere incluse anche le spese per “trasferta”, in quanto sostenute esclusivamente per permettere all’ingegnere di svolgere l’attività di ricerca e sviluppo.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si rappresenta che – come evidenziato dall’istante – non sono oggetto della presente risposta la riconducibilità delle attività descritte nell’istanza d’interpello e nei relativi allegati alle attività di ricerca e sviluppo ammissibili all’agevolazione, rimanendo in merito impregiudicato ogni potere di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria.
Va tuttavia evidenziato che dall’esame dei fatti sommariamente esposti dall’istante, emergerebbero perplessità in merito alla riconducibilità dell’attività posta in essere a quelle agevolabili.
Infatti, la suddetta attività non risulterebbe ammissibile, né qualora fosse circoscritta a modifiche non sostanziali, operate su una piattaforma esistente, né nel caso in cui si trattasse dello sviluppo dell’intera piattaforma.
Ciò premesso, con specifico riferimento al quesito posto dall’istante si osserva quanto segue.
Il comma 1 dell’articolo 3, nella versione attualmente vigente, efficace dal 1°gennaio 2019, prevede un credito d’imposta per tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020” in misura pari al 25 per cento “delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015”.
Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, del 27 maggio 2015 sono state adottate le disposizioni applicative dell’agevolazione (c.d. “decreto attuativo”).
Le circolari n. 5/E del 16 marzo 2016, n. 13/E del 27 aprile 2017, n. 10/E del 16 maggio 2018 e n. 8 del 10 aprile 2019 hanno, ratione temporis, fornito chiarimenti in merito al menzionato credito di imposta.
La richiamata circolare n. 5/E del 2016, al paragrafo 2.2.3, ha chiarito che i costi sostenuti per l’attività di ricerca svolta da professionisti in totale autonomia di mezzi e di organizzazione possono astrattamente rientrare nella categoria di costi ammissibili ai sensi della lettera c) del comma 6, relativa alla c.d. ricerca “extra-muros”, alle condizioni previste per tale categoria di costi dalla disposizione normativa agevolativa.
Il medesimo documento di prassi, con riferimento alle caratteristiche che devono avere i contratti di ricerca “extra-muros” ai fini dell’ammissibilità dei relativi costi,precisa che gli stessi devono contenere l’impegno a svolgere, direttamente o indirettamente, attività di ricerca e sviluppo ammissibili ai sensi del comma 4 dell’articolo 3 e devono, inoltre, prevedere che l’effettivo beneficiario degli eventuali risultati di tale attività sia l’impresa committente.
La circolare n. 5/E del 2016, con riferimento ai costi “extra-muros” eleggibili, ritiene applicabili le considerazioni svolte nella circolare n. 51/E del 28 novembre 2011 (emanata a commento del “credito di imposta per le imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca” di cui all’articolo 1 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70), secondo cui i costi relativi “alla ricerca contrattuale” sono considerati ammissibili “nella misura congrua e pertinente”, purché i risultati di tale ricerca siano acquisiti “nell’ambito di un’operazione effettuata alle normali condizioni di mercato e che non comporti elementi di collusione”.
Nel caso specifico, il contratto prevede, in due distinti punti, sia il compenso”per l’esecuzione dell’incarico oggetto del contratto” sia il rimborso “di tutte le spese documentate e fiscalmente regolari per viaggi …e alloggio … relative ad eventuali viaggi di lavoro che il fornitore dovrà effettuare su richiesta del committente”.
Considerate le peculiarità della fattispecie, come rappresentata dall’istante e sulla base dei documenti allegati e delle informazioni fornite, nel caso in esame i “viaggi di lavoro” non risultano collegati allo svolgimento dell’asserita attività di ricerca e sviluppo oggetto del contratto.
Ciò non esclude che l’istante possa dimostrare che si tratti di “viaggi di lavoro”strumentali allo svolgimento dell’attività di ricerca e sviluppo oggetto del contratto (elemento questo di carattere fattuale che non può essere oggetto di analisi nel contesto dell’istituto dell’interpello) considerandoli, solo in tale ipotesi, rilevanti ai fini della determinazione del credito di imposta in argomento. Resta fermo che tali oneri concorreranno, eventualmente, nel periodo d’imposta di competenza, ai sensi dell’articolo 109 del Tuir e che dovrà essere garantita dal committente la congruità di tali oneri rispetto all’attività di ricerca.
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