Agenzia delle Entrate – Risposta n. 236 del 29 aprile 2022
Credito d’imposta ricerca, innovazione e design introdotto dall’articolo 1, commi 198 e seguenti, della legge n. 160 del 2019
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
La società Alfa S.r.l. (di seguito, anche “società istante”) svolge attività di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nel campo dell’intelligenza artificiale ed è controllata, a partire dal 5 maggio 2020, dalla società Beta S.p.A. ai sensi dell’articolo 2359, commi 1 e 2, del codice civile.
Al fine di uniformare il proprio esercizio fiscale con quello della controllante, la società istante ne ha modificato la data di chiusura al 30 aprile.
Pertanto, nel corso dell’anno solare 2020, saranno presenti due esercizi fiscali, uno con inizio 1° gennaio 2020 e termine 30 aprile 2020 e l’altro con inizio 1° maggio 2020 e termine 30 aprile 2021. Alfa S.r.l., a fronte della modifica dell’esercizio sociale, chiede quale periodo temporale debba considerare per il calcolo del credito d’imposta ricerca, innovazione e design introdotto dall’articolo 1, commi 198 e seguenti, della legge n. 160 del 2019.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
La società istante ritiene che la locuzione “il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019“, utilizzata dal legislatore (articolo 1, comma 198, della legge n. 160 del 2019) ai fini dell’individuazione del periodo di applicazione del credito d’imposta, debba essere interpretata come il primo periodo d’imposta, successivo al 31 dicembre 2019, avente una durata di dodici mesi.
Nel caso di specie, si tratterebbe del periodo d’imposta che va dal 1° maggio 2020 al 30 aprile 2021.
Tale soluzione interpretativa risulterebbe conforme all’obiettivo perseguito dal legislatore di incentivare le attività di ricerca, sviluppo, innovazione e design per un arco temporale di dodici mesi.
A parere della società istante, inoltre, detta interpretazione risulterebbe in linea con i chiarimenti forniti dalla risoluzione n. 121/E del 2017 in tema di credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui al decreto legge n. 145 del 2013.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, infatti, la durata temporale dell’agevolazione dovrebbe essere coincidente tra imprese potenzialmente beneficiarie per evitare ingiustificate disparità di trattamento.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’articolo 1, comma 198, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 dispone che “per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative, è riconosciuto un credito d’imposta alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206“.
La nuova disciplina opera per il periodo di imposta successivo al 31 dicembre 2019 e si sostituisce a quella del credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 e successive modificazioni., il cui periodo di operatività è cessato anticipatamente il 31 dicembre 2019.
Possono accedere al nuovo credito d’imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito d’impresa, che effettuino investimenti in una delle attività ammissibili alla misura.
In ogni caso, per le imprese ammesse al credito d’imposta, la fruizione del beneficio spettante (nelle misure stabilite dal successivo comma 203) è subordinata alla condizione del rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro applicabili in ciascun settore e al corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori (comma 199).
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione, subordinatamente all’avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione previsti dal comma 205 del citato articolo 1 della legge n. 160 del 2019.
L’agevolazione in esame:
- non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive;
- non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR;
- non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno del consolidato fiscale;
- è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza del credito d’imposta alla formazione del reddito e della base imponibile dell’IRAP, non porti al superamento del costo sostenuto.
Con riferimento all’obbligo di certificazione previsto dal comma 205, si evidenzia che, ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili deve risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti.
Per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, l’apposita certificazione deve essere rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti iscritti nella sezione A del Registro dei revisori legali e delle società di revisione di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n.39.
In quest’ultimo caso, le spese sostenute per adempiere all’obbligo di certificazione andranno ad incrementare il credito d’imposta per un importo non superiore a 5.000 euro.
Ai fini dei successivi controlli, le imprese sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività ammissibili svolte.
Sono tenute anche ad effettuare un’apposita comunicazione al Ministero dello sviluppo economico affinché possano essere acquisite le informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure agevolative
Le disposizioni applicative per il nuovo credito d’imposta sono contenute nel decreto del Ministro delle Sviluppo Economico del 26 maggio 2020.
In particolare, l’articolo 6 del decreto attuativo stabilisce che, fermo restando il rispetto delle regole generali di effettività, pertinenza e congruità delle stesse, si considerano ammissibili al credito d’imposta le spese fiscalmente imputabili, in applicazione dell’articolo 109, commi 1 e 2, del TUIR, al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.
In deroga a tale regola generale, viene previsto che, ai soli effetti dell’individuazione del periodo d’imposta a decorrere dal quale è possibile l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta, le spese per la certificazione della documentazione contabile, qualora rilevanti ai sensi del citato comma 205, quinto periodo, dell’articolo 1 della citata legge n. 160 del 2019, si considerano imputabili allo stesso periodo d’imposta di effettuazione degli investimenti nelle attività ammissibili.
Nel caso di specie, la società istante riferisce di aver modificato l’ambito temporale dell’esercizio sociale, prevedendone la chiusura anticipata al 30 aprile 2020, al fine di uniformare la durata dello stesso a quello della società che detiene il controllo del suo capitale sociale.
Pertanto, il “periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 ” è quello compreso tra il 1° gennaio 2020 e il 30 aprile 2020, con la conseguenza che saranno agevolabili le spese in ricerca, sviluppo, innovazione e design sostenute dalla società istante in tale arco temporale.
La soluzione interpretativa appena esposta risponde alla scelta del legislatore che individua l’ambito temporale e la cadenza applicativa della disciplina agevolativa in funzione del periodo di imposta rilevante agli effetti delle imposte sui redditi, motivo per cui in nessun caso l’anticipata chiusura del “primo periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2019“, come avvenuto nel caso di specie, può comportare una modifica dell’inizio del periodo di vigenza della disciplina agevolativa.
Al riguardo, si evidenzia che il legislatore prevede l’obbligo, “in caso di periodo d’imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi“, di operare il ragguaglio ad anno del limite massimo delle spese ammissibili, lasciando chiaramente intendere che, ai fini dell’applicazione della disciplina agevolativa, può assumere rilevanza anche un periodo d’imposta – “successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019” – avente una durata inferiore (o superiore) ai dodici mesi.
A conferma della scelta interpretativa su esposta si richiamano anche i chiarimenti contenuti nella risoluzione n. 121/E del 9 ottobre 2017 e nella circolare n. 8/E del 16 maggio 2010, seppur relativi alla disciplina in materia di credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo che l’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013 riconosce per gli investimenti effettuati “a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020“, commisurandolo alle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media delle spese ammissibili sostenute “nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015“.
Come precisato nei richiamati documenti di prassi, va attribuita rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, ai singoli periodi d’imposta, a prescindere dalla durata degli stessi.
A ciò, tuttavia, va aggiunto che l’arco temporale di applicazione dell’agevolazione prevista dall’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013 corrisponde, complessivamente, a sei periodi di imposta di durata standard (ovvero a complessivi settantadue mesi).
Di conseguenza, nell’ipotesi di chiusura anticipata o posticipata di uno dei periodi d’imposta agevolati, al fine di evitare incongruenze nonché ingiustificate disparità di trattamento, è necessario adeguare la tempistica per la determinazione del credito spettante in modo da garantire la possibilità di accedere al beneficio per un arco temporale complessivamente non superiore o inferiore a settantadue mesi e allo scopo di evitare ingiustificate disparità di trattamento nei confronti delle altre imprese potenzialmente beneficiarie che si trovino a poter fruire dell’incentivo per sei periodi di imposta.
Ciò comporta che tutte le volte in cui ci si trovi in presenza di un periodo agevolato di durata inferiore o superiore a quella standard di dodici mesi, i parametri rilevanti per il meccanismo di calcolo del credito d’imposta (importo minimo di investimenti, importo massimo del credito spettante e media storica di riferimento) dovranno essere ragguagliati alla durata effettiva del periodo agevolato.
In sostanza, la presenza di periodi di imposta di durata diversa da quella standard di dodici mesi non deve generare effetti distorsivi – a vantaggio o a svantaggio – nel calcolo del beneficio attribuibile.
Ad analoghe conclusioni si perviene anche con riferimento al credito d’imposta previsto dall’articolo 1, commi 198 e seguenti, della legge n. 160 del 2019, il cui arco temporale di applicazione corrisponde a un periodo di imposta costituito da complessivi dodici mesi.
Pertanto, con riferimento al caso prospettato dalla società istante, considerato che “il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019” ha una durata di quattro mesi (1° gennaio 2020 – 31 aprile 2020), Alfa S.r.l. potrà beneficiare dell’agevolazione anche nel successivo periodo di imposta 1° maggio 2020 – 30 aprile 2021 avendo riguardo però ai soli investimenti effettuati nei primi otto mesi (1° maggio 2020 – dicembre 2020).
Anche in tal caso, il limite massimo delle spese ammissibili dovrà essere ragguagliato alla durata effettiva del periodo agevolato.
IL DIRETTORE CENTRALE
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