La Corte di Cassazione con la sentenza n. 24003 depositata il 26 settembre 2019 intervenendo in tema di principio di competenza dei costi ha statuito che “In materia di prestazioni professionali vige la regola della post numerazione (artt. 2225 e 2233 c.c.), secondo la quale il diritto al compenso pattuito si matura una volta posta in essere una prestazione tecnicamente idonea a raggiungere il risultato a cui la prestazione è diretta (regola mitigata da un duplice ordine di diritti del professionista: quello all’anticipo delle spese occorrenti all’esecuzione dell’opera e quello all’acconto, da determinarsi secondo gli usi sul compenso da percepire una volta portato a termine l’incarico)”. In particolare ha puntualizzato che “La prestazione difensiva ha così carattere unitario e ciò importa che gli onorari di avvocato debbano essere liquidati in base alla tariffa vigente nel momento in cui la prestazione è condotta a termine per effetto dell’esaurimento o della cessazione dell’incarico professionale, unitarietà che va rapportata ai singoli gradi in cui si è svolto il giudizio, e quindi al momento della pronunzia che chiude ciascun grado”
Pertanto, per i giudici di legittimità, il corrispettivo della prestazione del professionista legale e la relativa spesa si considerano rispettivamente conseguiti e sostenuti quando la prestazione è condotta a termine per effetto dell’esaurimento o della cessazione dell’incarico professionale.
La vicenda ha riguardato una società di capitale a cui veniva notificato un avviso di accertamento con cui, l’Amministrazione finanziaria, si contestatva, con il relativo recupero delle imposte, l’erronea imputazione all’esercizio di competenza di sopravvenienze passive, compenso all’amministratore e spese legali. La società contribuente avverso tale atto impositivo proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici accolgono le doglianze della società ad eccezione della contestazione relativa ai compensi di collaborazione non di competenza.
Avverso la decisione della CTP proponeva appello principale l’Agenzia delle Entrate ed appello incidentale la contribuente.
La Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello incidentale e rigettava le doglianze dell’Agenzia delle Entrate. In particolare, i giudici di secondo grado, avevano ritenuto che “i corrispettivi delle prestazioni si considerano conseguiti alla data in cui le prestazioni stesse sono state eseguite, e non ultimate; le sopravvenienze passive ed i ricavi erano deducibili nell’anno 2002 in quanto solo in detto anno la contribuente aveva acquisito la certezza della loro esistenza e quantificazione; con riferimento all’appello incidentale, ha ritenuto che i compensi liquidati all’ex amministratore per le prestazioni svolte nel 2002 erano di competenza nel suddetto anno in quanto non assimilabili a redditi di lavoro dipendente ma a prestazioni di lavoro autonomo.”
L’Agenzia delle Entrate avverso la decisione dei giudici di appello proponevano ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.
Gli Ermellini accolgono le doglianze dell’Agenzia delle Entrate affermando che i giudici della CTR avevano mal applicato i principi di diritto.
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