La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 46439 depositata il 21 novembre 2013 intervenendo in tema di reati presupposti per il D.Lgs. 231/2001 ha affermato che è legittimo l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi per la società verso cui sussistono gravi indizi di responsabilità per illecito amministrativo dipendente da reato commesso dagli amministratori nel suo interesse o vantaggio. La misura interdittiva ex D.Lgs. 231/2001 non viene meno neanche se gli indagati si sono dimessi, salvo che l’impresa non abbia già avviato una nuova gestione.
La vicenda ha riguardato una società il cui amministratore era stato indagato dal PM a causa del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all’articolo 640 bis c.p. Nei confronti della società veniva emesso un ordinanza di l’esclusione della ricorrente da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi attribuitigli a qualsiasi titolo, stante i gravi indizi di responsabilità a suo carico per illecito amministrativo dipendente da reato.
Avverso tale ordinanza del Tribunale del riesame, la società propose ricorso alla Corte Suprema. Gli Ermellini hanno respinto il ricorso proposto poiché, contrariamente agli assunti difensivi, la semplice circostanza che gli amministratori indagati abbiano dichiarato di dimettersi dalle loro funzioni, senza – peraltro -essere stati sostituiti, non costituisce, di per sé, sintomo del superamento delle circostanze che hanno dato origine alle condotte illecite.
La valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari che costituiscono, insieme al “fumus commissi delicti”, il presupposto per l’applicazione delle misure cautelari interdittive a carico dell’ente, puntualizza il Supremo Collegio, implica l’esame di due tipologie di elementi: la prima di carattere oggettivo e attinente alle specifiche modalità e circostanze del fatto, può essere evidenziata dalla gravità dell’illecito e dalla entità del profitto; la seconda ha natura soggettiva e attiene alla personalità dell’ente, e per il suo accertamento devono considerarsi la politica di impresa attuata negli anni, gli eventuali illeciti commessi in precedenza e soprattutto lo stato di organizzazione dell’ente.
Nello stesso senso si è espressa la Corte con la sentenza n. 32626 del 2006 puntualizzando in motivazione che, nell’ipotesi di responsabilità derivante da condotte perpetrate dai dirigenti dell’ente, la sostituzione o l’estromissione degli amministratori coinvolti possono portare a escludere la sussistenza del “periculum”, purché ciò rappresenti il sintomo del fatto che l’ente inizia a muoversi verso un diverso tipo di organizzazione, orientata nel senso della prevenzione dei reati.
Nel caso di specie il Tribunale ha ben giudicato, laddove ha ravvisato la ricorrenza del “periculum”, in assenza di elementi sintomatici di una svolta nell’organizzazione d’impresa.
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