AGENZIA delle DOGANE – Circolare n. 20 del 4 ottobre 2024
D.Lgs. 26 settembre 2024, n. 141 – «Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e di altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi» – Allegato 1 – Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’unione
Sommario
Premessa
Titolo I – Disposizioni generali
Capo I – Fonti, definizioni e linea di vigilanza doganale – Articolo 1 – Fonti della disciplina doganale e definizioni
Capo I – Fonti, definizioni e linea di vigilanza doganale – Articolo 2 – Linea di vigilanza doganale
Capo II – Organizzazione dei servizi doganali – Articolo 4 – Coordinamento delle attività
Capo II – Organizzazione dei servizi doganali – Articolo 5 – Orario degli uffici dell’Agenzia
Capo II – Organizzazione dei servizi doganali – Articolo 6 – Conduzione di strutture affidata alla Guardia di Finanza
Capo III – Vigilanza e controlli – Articolo 7 – Edifici in prossimità della linea di vigilanza doganale e nel mare territoriale
Capo III – Vigilanza e controlli – Articolo 9 – Restrizioni per il deposito di merci non unionali nei territori extra-doganali
Capo III – Vigilanza e controlli – Articolo 10 – Spazi doganali
Capo III – Vigilanza e controlli – Articolo 11 – Circuito doganale
Capo III – Vigilanza e controlli – Articolo 16 – Servizio approdi
Titolo II – Rapporto doganale
Capo I – Obbligazione doganale e diritti doganali – Articolo 27 – Diritti doganali e diritti di confine.
Capo I – Obbligazione doganale e diritti doganali – Articolo 28 – Liquidazione e riscossione dei diritti e delle spese
Capo I – Obbligazione doganale e diritti doganali – Articolo 29 – Merci perdute o distrutte. Cali ammissibili
Capo I – Obbligazione doganale e diritti doganali – Articolo 30 – Soggetti obbligati al pagamento dei diritti di confine
Capo II – La rappresentanza doganale – Articolo 31 – Il rappresentante doganale
Capo II – La rappresentanza doganale – Articolo 32 – Sospensione della rappresentanza diretta – Articolo 33 – Revoca dell’abilitazione della rappresentanza diretta
Capo III – Procedure di accertamento – Articolo 34 – Verifica della merce e definizione dell’accertamento
Capo III – Procedure di accertamento – Articolo 36 – Operazioni doganali relative a merci arrivate o spedite via mare
Capo III – Procedure di accertamento – Articolo 37 – Visite di controllo
Capo III – Procedure di accertamento – Articolo 38 – Poteri sostitutivi
Capo III – Procedure di accertamento – Articolo 39 – Potenziamento dello Sportello unico doganale e dei controlli
Capo IV – REVISIONE DELL’ACCERTAMENTO 23
Capo V – Riscossione – Articolo 44 – Modalità di pagamento o deposito dei diritti doganali.
Capo V – Riscossione – Articolo 45 – Pagamenti dilazionati o periodici dei diritti doganali
Capo V – Riscossione – Articolo 46 – Interessi sul pagamento dilazionato
Capo V – Riscossione – Articolo 47 – Ritardo nel pagamento dei diritti
Capo V – Riscossione – Articolo 48 – Termini per la notifica dell’obbligazione doganale
Capo V – Riscossione – Articolo 49 – Interessi per il ritardato pagamento
Capo V – Riscossione – Articolo 50 – Garanzia per l’obbligazione doganale potenziale o esistente
Capo V – Riscossione – Articolo 51 – Riduzione dell’importo della garanzia ed esonero dalla garanzia
Capo V – Riscossione – Articolo 52 – Forme di garanzia
Capo V – Riscossione – Articolo 54 – Restituzione delle somme per il tramite dei rappresentanti doganali
Capo V – Riscossione – Articolo 55 – Interessi passivi
Titolo III – Movimento delle merci
Capo I – Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci – Articolo 57 – Esercizio della temporanea custodia
Capo II – Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci – Articolo 58 – Arrivi dai laghi.
Capo II – Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci – Articolo 60 – Divieti di approdo e di sosta delle navi
Capo II – Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci – Articolo 61 – Obbligo del manifesto del carico. Vigilanza
Capo II – Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci – Articolo 62 – Trasmissione del manifesto
Titolo IV – Procedure e Regimi doganali
Capo I – Deposito doganale e istituti speciali – Articolo 69 – Vigilanza sui magazzini e depositi doganali
Capo I – Deposito doganale e istituti speciali – Articolo 70 – Istituzione ed esercizio delle zone franche
Capo I – Deposito doganale e istituti speciali – Articolo 72 – Temporanea esportazione
Capo I – Deposito doganale e istituti speciali – Articolo 73 – Ammissione temporanea di veicoli in uso privato nell’ambito di convenzioni internazionali
Capo I – Deposito doganale e istituti speciali – Articolo 74 – Provviste e dotazioni di bordo
Titolo V – Trattamento delle merci
Titolo V – Trattamento delle merci – Articolo 75 – Cessione e distruzione dei beni
Titolo V – Trattamento delle merci – Articolo 76 – Procedimenti per la vendita delle merci
Titolo VI – Violazioni doganali
Premessa sulla logica sottesa al nuovo impianto sanzionatorio
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 78 – Contrabbando per omessa dichiarazione – Articolo 79 – Contrabbando per infedele dichiarazione
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 80 – Contrabbando nel movimento delle merci marittimo, aereo e nei laghi di confine
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 81 – Contrabbando per indebito uso di merci importate con riduzione totale o parziale dei diritti
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 82 – Contrabbando nell’esportazione di merci ammesse a restituzione di diritti.
Articolo 83 – Contrabbando nell’esportazione temporanea e nei regimi di uso particolare e di perfezionamento
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 84 – Contrabbando di tabacchi lavorati
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 85 – Circostanze aggravanti del delitto di contrabbando di tabacchi lavorati – Articolo 86 – Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 87 – Equiparazione del delitto tentato a quello consumato
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 88 – Circostanze aggravanti del contrabbando
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articoli da 89 a 93
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 94 – Delle misure di sicurezza patrimoniali. Confisca – Articolo 95 – Destinazione di beni sequestrati o confiscati a seguito di operazioni anticontrabbando
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 96 – Sanzioni amministrative
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 97 – Violazioni nelle zone extra-doganali.
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 98 – violazioni sul manifesto e sulla dichiarazione sommaria
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 99 – inosservanza di obblighi connessi al vincolo a un regime speciale e alla temporanea esportazione
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 100 – inosservanza degli obblighi imposti ai capitani di navi e ai comandanti di aeromobili
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 101 – Inosservanza di adempimenti per opere in prossimità della linea di vigilanza
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 102 – Rifiuto di fornire informazioni ed assistenza
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 103 – Altre violazioni
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articolo 104 -Rinvio all’impianto sanzionatorio tributario generale
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articolo 105 – Accertamento delle violazioni – 106 – Competenza dei funzionari dell’Agenzia
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articoli da 107 a 109
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articoli 110 e 111
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articolo 112 – Estinzione dei delitti di contrabbando punibili con la sola multa
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articolo 116 – Violazione dei divieti d’importazione e di esportazione
D.lgs 141/2024 – Articolo 6 – Modifiche in materia di Iva all’importazione (articolo 67 D.P.R. 633/1972)
Premessa
Il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale (TULD) è stato approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, più di 52 anni fa e, in questo periodo, ha subito alcune modifiche e ha visto l’emanazione, a partire dal 1° gennaio 1993, dei codici doganali dell’Unione Europea di cui l’ultimo, in ordine di tempo, entrato in applicazione nel maggio del 2016.
Le modifiche sostanziali e più significative intervenute sul TULD, nel corso di questi 52 anni,
possono riassumersi nell’introduzione:
– del contrabbando di tabacchi lavorati esteri (Legge del 19/03/2001 n. 92);
– delle sanzioni amministrative per le violazioni di lieve entità (cd contrabbando depenalizzato);
– della competenza della Guardia di Finanza per le visite, ispezioni e controlli fuori degli spazi doganali;
– di norme relative alla destinazione di beni sequestrati o confiscati a seguito di operazioni anticontrabbando.
Rilevante è stata anche l’emanazione del D.L.vo 374/1990 – Riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento e controllo in attuazione delle direttive n. 79/695/CEE del 24 luglio 1979 e n. 82/57/CEE del 17 dicembre 1981, in tema di procedure di immissione in libera pratica delle merci, e delle direttive n. 81/177/CEE del 24 febbraio 1981 e n. 82/347/CEE del 23 aprile 1982, in tema di procedure di esportazione delle merci comunitarie
– che in materia di accertamento e controllo, immissione in libera pratica delle merci ed esportazione ha introdotto i necessari aggiornamenti alle allora vigenti disposizioni comunitarie.
Al di là di questi interventi normativi, altre norme integrative delle disposizioni del TULD sono state emanate in maniera sporadica e senza sistematicità.
A seguito dell’emanazione del codice doganale comunitario, di cui al Regolamento (CEE) n.2913/92 del Consiglio e del connesse disposizioni di applicazione di cui al Regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, il TULD, come noto, è stato disapplicato laddove in contrasto con la suddetta normativa doganale unionale, che ha disciplinato in dettaglio tutti gli istituti doganali, e fatta salva la disciplina dell’impianto sanzionatorio, ha continuato a svolgere un ruolo limitato, costringendo spesso l’amministrazione doganale e gli operatori ad interpretarlo per renderlo adeguato ai tempi ed alle specifiche situazioni.
Basti pensare all’articolo 303, che in materia di differenze nelle dichiarazioni doganali di importazione, non prevedeva, tra gli elementi che determinano l’accertamento, l’origine delle merci e solo in via amministrativa, l’amministrazione doganale ha considerato l’origine, per analogia, determinante per l’applicazione della eventuale sanzione.
L’entrata in applicazione del nuovo codice doganale dell’Unione (Reg.to UE 952/2013), lo ha ulteriormente reso desueto considerato che oltre all’innovazione degli istituti doganali si è passati da procedure cartacee su documenti doganali a operazioni completamente digitali e che lo stesso rapporto tra amministrazione doganale ed operatori è stato ridisegnato alla luce anche dell’introduzione del diritto al contraddittorio, dell’obbligo di motivare le decisioni sfavorevoli nonché di una notevole apertura ad istituti volti ad agevolare la compliance degli operatori.
Da ultimo, non va dimenticato che anche le riforme organizzative che hanno interessato l’amministrazione doganale, hanno inciso nel rendere il TULD non più attuale in quanto, non essendo stato aggiornato né al passaggio nel 1990 da direzione Generale a Dipartimento delle Dogane e imposte indirette né alla successiva modifica del 2001 da Dipartimento delle Dogane e imposte indirette ad Agenzia, è restato ancorato a strutture non più esistenti e ad un assetto ammnistrativo oramai superato che non tiene conto dell’autonomia organizzativa dell’Agenzia.
Con la Legge delega n. 111 del 9.08.2023 – Delega al Governo per la riforma fiscale – il Governo è stato delegato ad emanare, anche in materia doganale, uno o più decreti legislativi.
In particolare, per la materia doganale, la legge delega ha previsto i seguenti interventi, fissandone principi e criteri direttivi (NOTA 1)
Articolo delega fiscale | |
11.1, lettera a) | Riassetto del quadro normativo in materia doganale attraverso l’aggiornamento o l’abrogazione delle disposizioni attualmente vigenti, in conformità al diritto dell’Unione europea in materia doganale |
11.1, lettera b) | Completamento della telematizzazione delle procedure e degli istituti doganali |
11.1, lettera c) | Aumento della qualità dei controlli doganali migliorando il coordinamento tra le autorità doganali di cui al numero 1) dell’articolo 5 del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione, e semplificare le verifiche inerenti alle procedure doganali anche attraverso un maggiore coordinamento tra le amministrazioni coinvolte, potenziando lo Sportello unico doganale e dei controlli |
11.1, lettera d) | Riordino delle procedure di liquidazione, accertamento, revisione dell’accertamento e riscossione di cui al decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374 |
11.1, lettera e) | Revisione dell’istituto della controversia doganale previsto dal titolo II, capo IV, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 |
20, 3 lettere a), b) c) e d) | Revisione del sistema sanzionatorio |
In attuazione della predetta legge delega, è stato quindi predisposto ed emanato il Decreto Legislativo 26 settembre 2024, n. 141, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3.10.2024 il quale:
– all’articolo 1 dispone l’approvazione delle disposizioni contenute nell’allegato 1 allo stesso decreto legislativo (disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione) e
– all’articolo 8, lettera f, abroga il decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, il D.lgs 8 novembre 1990, n. 374 e altre disposizioni non più attuali o riprese nel nuovo testo.
Le disposizioni complementari al codice doganale dell’Unione, strutturate in 7 titoli per un totale di 122 articoli, a fronte dei più di 350 del TULD, disciplinano marginalmente gli istituti doganali, e introducono novità in materia di:
– rapporto doganale, in cui è stata chiarita l’inclusione dell’IVA tra i diritti di confine;
– rappresentanza doganale;
– riallineamento delle disposizioni nazionali a quelle unionali in tema di accertamento, con il potenziamento dello Sportello unico doganale e dei controlli;
– riordino delle procedure di liquidazione, accertamento, revisione dell’accertamento e riscossione, precedentemente disciplinate con il decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374;
– abrogazione dell’istituto della controversia doganale;
– riordino e semplificazione del quadro normativo sanzionatorio con una diversa razionalizzazione delle sanzioni penali per il contrabbando e di quelle amministrative.
La presente circolare ha l’obiettivo di illustrare le principali novità, rispetto al TULD, delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione (Disposizioni complementari).
Per completezza, in allegato, è stata predisposta una tabella di concordanza tra le “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione” e le “Disposizioni nazionali sostituite”, con l’indicazione in terza colonna della normativa unionale, della prassi e altre indicazioni utili.
Titolo I – Disposizioni generali
Capo I – Fonti, definizioni e linea di vigilanza doganale – Articolo 1 – Fonti della disciplina doganale e definizioni
L’art.1 contiene l’elenco delle fonti della disciplina doganale nonché le definizioni necessarie per la lettura dell’intero documento
Capo I – Fonti, definizioni e linea di vigilanza doganale – Articolo 2 – Linea di vigilanza doganale
La nozione di “linea doganale”, prevista dal TULD, non è presente nel codice doganale dell’Unione, il quale, all’articolo 4, si limita a fornire la definizione di “territorio doganale dell’Unione”, inteso come somma dei territori – a eccezione di quelli esplicitamente esclusi – degli Stati Membri, comprese le acque territoriali, le acque interne e lo spazio aereo dei medesimi.
Considerata l’unicità del “territorio doganale” prevista dal diritto unionale e vista la supremazia di quest’ultimo sulle norme nazionali, oggi non è dunque più possibile prevedere una “linea doganale” lungo il confine con gli Stati membri dell’Unione europea.
Al fine di rendere la normativa nazionale conforme alle disposizioni unionali ed evitare possibili difficoltà interpretative, il concetto di “linea doganale” è stato quindi perfezionato in quello più specifico di “linea di vigilanza doganale”.
Capo II – Organizzazione dei servizi doganali – Articolo 4 – Coordinamento delle attività
L’articolo 4 concerne il coordinamento delle attività dell’Agenzia e della Guardia di Finanza. La norma, di natura programmatica, va nella direzione già intrapresa dai due Enti con la firma del protocollo d’intesa firmato il 3.04.2023 e prevede il coordinamento delle attività nel settore doganale da perseguirsi sulla base di apposite intese.
Capo II – Organizzazione dei servizi doganali – Articolo 5 – Orario degli uffici dell’Agenzia
L’articolo 5 riprende, con modifiche, il testo dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 374 del 1990, recante il “Riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento e controllo in attuazione delle direttive n. 79/695/CEE del 24 luglio 1979 e n. 82/57/CEE del 17 dicembre 1981, in tema di procedure di immissione in libera pratica delle merci e delle direttive n. 81/177/CEE del 24 febbraio 1981 e n. 82/347/CEE del 23 aprile 1982”, al fine di conformarlo ai precetti contenuti nel codice doganale dell’Unione. In particolare, in ottemperanza a quanto disposto dall’articolo 52, paragrafo 2, del codice doganale dell’Unione, si riconosce all’Agenzia la possibilità, compatibilmente con le esigenze di servizio, di autorizzare, su richiesta motivata degli operatori, il compimento delle operazioni doganali, oltre gli orari ordinari o fuori circuito, previo pagamento del costo del servizio, il cui ammontare è definito dalla medesima Agenzia.
Per quanto concerne gli orari di apertura degli uffici doganali, il codice unionale prescrive che gli stessi siano ragionevoli e adeguati e che tengano conto della natura del traffico e delle merci e del regime doganale al quale devono essere vincolate, per evitare che il flusso del traffico internazionale sia ostacolato o distorto (articolo 159 CDU).
Premesso quanto sopra, in via generale, si ritiene che corrisponda ai principi di ragionevolezza e adeguatezza l’orario di apertura dalle ore 8.00 alle ore 18.00 nei giorni dal lunedì al venerdì e dalle ore 8.00 alle ore 14.00 nella giornata di sabato, con esclusione dei giorni festivi.
Per quanto concerne gli uffici doganali di confine, di mare e aeroportuali, l’orario di apertura deve garantire per tutte le 24 ore, per tutti i giorni, compresi i festivi, il passaggio della frontiera, con l’espletamento delle corrispondenti formalità doganali, alle persone ed ai mezzi di trasporto che circolano vuoti o che trasportano merci in regime doganale di transito.
Gli Uffici, nel determinare gli orari di apertura, si atterranno alle predette indicazioni, salvo modifiche opportunamente motivate da esigenze di servizio, come di seguito precisato.
Gli orari di apertura degli uffici doganali sono stabiliti dai dirigenti locali in relazione alle specifiche esigenze del traffico doganale. Eventuali riduzioni o ampliamenti degli orari prima indicati, così come dei servizi resi presso gli uffici doganali di confine nell’arco delle 24 ore e nei giorni festivi, potranno essere rideterminati qualora le esigenze di servizio e le risorse necessarie lo consentano, sentiti anche gli operatori e gli altri Enti interessati.
Si evidenzia che, in alternativa alla fissazione di un orario di apertura, al fine del contenimento dei costi di funzionamento della struttura, i dirigenti degli uffici potranno organizzare e garantire i servizi, facendo ricorso agli istituti contrattuali vigenti, in modo da assicurare i medesimi effetti (NOTA 2).
L’orario di apertura dell’ufficio doganale è da intendersi quale orario in cui l’utente può presentare una dichiarazione doganale o l’erogazione di un servizio doganale.
L’attività di controllo e vigilanza doganale viene svolta nell’orario di servizio che, di norma, si estende oltre gli orari di apertura. È, pertanto, necessario prevedere un orario di servizio che si estenda oltre l’orario di apertura, quando ciò sia necessario per l’attività di sdoganamento o di controllo, sempre qualora sia giustificato dall’effettivo traffico commerciale o passeggeri.
Capo II – Organizzazione dei servizi doganali – Articolo 6 – Conduzione di strutture affidata alla Guardia di Finanza
L’articolo innovando rispetto al TULD, in conformità ai principi di delega di facilitare e rendere più efficiente il sistema, dispone che in caso di insufficienza di personale dell’Agenzia, per l’attribuzione della conduzione di strutture operative territoriali di modestissimo traffico di confine alla Guardia di Finanza non è più necessario un provvedimento del Ministro delle finanze
– decreto ministeriale – bastando la richiesta del Direttore dell’Agenzia, alla Guardia di Finanza, che vi provvede con un provvedimento del Comandante Generale.
Capo III – Vigilanza e controlli – Articolo 7 – Edifici in prossimità della linea di vigilanza doganale e nel mare territoriale
Si tratta del precetto contenuto nell’articolo 19 del D.lgs 374/1990, ora abrogato. La sanzione, in caso di violazione del precetto, è stata inserita all’articolo 101.
Capo III – Vigilanza e controlli – Articolo 9 – Restrizioni per il deposito di merci non unionali nei territori extra-doganali
L’articolo stabilisce che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, può essere vietata ovvero limitata al bisogno degli abitanti la costituzione, in territori extra-doganali, di depositi di determinate merci non unionali. A questa norma è collegata la sanzione amministrativa di cui all’art.97.
Capo III – Vigilanza e controlli – Articolo 10 – Spazi doganali
Rispetto al TULD, le disposizioni complementari prevedono che in caso di istituzione o soppressione di varchi, prima dell’adozione del provvedimento di delimitazione degli spazi doganali debba essere acquisito il parere della Guardia di Finanza.
Ciò si rende necessario, considerato che l’istituzione di un nuovo varco doganale comporta, qualora la vigilanza sia delegata ai militari del predetto Corpo, il reperimento di risorse umane aggiuntive.
Il parere della Guardia di Finanza, si precisa, non è vincolante ai fini della determinazione di delimitazione degli spazi doganali ma potrebbe avere effetti sulla decorrenza della nuova delimitazione per dare modo al predetto Corpo di reperire le risorse umane aggiuntive.
Di norma, gli spazi doganali coincidono con un’area delimitata in cui sono identificati i varchi di ingresso e di uscita:
– per gli aeroporti doganali, gli spazi doganali generalmente coincidono con l’area lato volo (air side) (NOTA 3) che consiste nell’area perimetrata di movimento dei velivoli, negli edifici, porzioni di suolo e di edifici alla stessa adiacenti (es. aerostazione/i) il cui accesso è controllato. Gli spazi doganali possono essere estesi, per finalità di vigilanza e controllo, anche oltre il perimetro dell’air side, come ad esempio all’aerostazione passeggeri ovvero aree di carico e scarico merci adiacenti all’air side;
– per i porti commerciali (porti destinati al traffico di merci e al servizio di trasporto passeggeri), gli spazi doganali di norma coincidono con l’area perimetrata, i cui accessi sono controllati, destinata alla movimentazione (carico/scarico) delle merci e dei passeggeri (stazione marittima). A differenza degli aeroporti, gli spazi doganali nei porti possono avere una delimitazione che non coincide con l’intera area portuale.
Capo III – Vigilanza e controlli – Articolo 11 – Circuito doganale
Le disposizioni complementari non contengono alcuna innovazione rispetto al TULD con riferimento al circuito doganale.
Ai sensi dell’articolo 139 CDU, la presentazione delle merci in dogana deve intendersi quale presentazione delle merci nel circuito doganale, come identificato dall’ufficio doganale competente.
La delimitazione del circuito doganale è, pertanto, determinante ai fini dell’eventuale pagamento degli oneri per il cosiddetto fuori-circuito.
Nella delimitazione del circuito doganale è necessario tener conto, con particolare riferimento alle dogane aeroportuali, della necessità di prevedere diverse aree da ricomprendere nel medesimo (aerostazione passeggeri o parte di essa, zona cargo, ecc.), al fine di non comportare oneri per lo svolgimento di attività che devono essere garantite nel rispetto di quanto previsto dal CDU (articolo 52, paragrafo 2, lettera a).
Capo III – Vigilanza e controlli – Articolo 16 – Servizio approdi
La disposizione in argomento riproduce, razionalizzandola, quella già prevista dall’art. 121 del regio decreto 13 febbraio 1896, n. 65, di cui il decreto delegato dispone l’abrogazione.
Titolo II – Rapporto doganale
Capo I – Obbligazione doganale e diritti doganali – Articolo 27 – Diritti doganali e diritti di confine.
L’articolo 27 ha recepito, con modifiche, i contenuti della disposizione dell’articolo 34 del previgente TULD, e definisce diritti doganali tutti quelli che vengono riscossi dall’Agenzia, in forza dei vincoli che derivano dall’ordinamento unionale o da altre disposizioni di legge.
In particolare, è stato eliminato il richiamo ai diritti riscossi “in riferimento alle operazioni doganali”, atteso che, per alcuni diritti (come la tassa imbarco e sbarco, la tassa di ancoraggio, etc.), non necessariamente viene in rilievo un’operazione doganale (ad esempio, la tassa di imbarco e sbarco deve essere corrisposta anche per operazioni di imbarco e sbarco che non sono riferite ad operazioni doganali di importazione o esportazione).
Ma la più significativa delle innovazioni è che “…tra i “diritti doganali” costituiscono “diritti di confine” oltre ai dazi all’importazione e all’esportazione previsti dalla normativa unionale, anche le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione tra cui i diritti di monopolio, le accise, l’imposta sul valore aggiunto e ogni altra imposta di consumo dovuta all’atto dell’importazione a favore dello Stato”.
Rispetto alla formulazione dell’articolo 34 del previgente TULD, tra i diritti di confine viene quindi esplicitamente menzionata l’imposta sul valore aggiunto, al fine di chiarire, come specificato al successivo articolo 28 comma 2, che anche a questo tributo, per le operazioni di importazione, si applica la normativa unionale in materia di individuazione del debitore e di estinzione dell’obbligazione doganale.
Ciò in linea anche con le autorevoli statuizioni della suprema Corte di Cassazione (NOTA 4) che ha ritenuto di dare “continuità all’orientamento giurisprudenziale che qualifica l’IVA all’ importazione quale diritto di confine ai sensi dell’art. 34 TULD, la cui evasione integra il reato di contrabbando ex art. 292 TULD, e ciò in quanto detta soluzione interpretativa si presenta più aderente alla lettera dell’art. 34 TULD che, come visto, relativamente alle merci in importazione, ricomprende tra i diritti di confine non solo i dazi ma anche “ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato”.
Un’interpretazione che non risulta in conflitto con il quadro giuridico delineatosi dagli interventi ermeneutici della Corte di giustizia della UE che, con la sentenza CGUE, 25 febbraio 1988, Drexl, C-299/86, nel riconoscere le differenze intercorrenti tra le due tipologie di imposte (Iva all’ importazione e Iva interna) ha riconosciuto che le due categorie di infrazioni correlate si distinguono per diverse circostanze che attengono tanto agli elementi costitutivi dell’infrazione quanto alla difficoltà maggiore o minore di scoprirla. Infatti, l’Iva all’importazione è riscossa all’atto del semplice ingresso fisico del bene nel territorio dello Stato membro interessato, piuttosto che in occasione di uno scambio.
La testuale indicazione dell’Iva tra i diritti di confine è, inoltre, finalizzata a fornire una risposta normativa al principio enunciato dalla Corte di Giustizia Europea, 12 maggio 2022, causa C- 714/20, con cui è stato affermato che “l’articolo 201 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che non può essere riconosciuta la responsabilità del rappresentante doganale indiretto per il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, in solido con l’importatore, in assenza di disposizioni nazionali che lo designino o lo riconoscano, in modo esplicito e inequivocabile, come debitore di tale imposta”.
Infine, il comma 3 stabilisce, che l’imposta sul valore aggiunto non costituisce diritto di confine nei casi di:
- a) immissione in libera pratica di merci senza assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto, perché le medesime sono destinate alla successiva immissione in consumo in altro Stato membro dell’Unione europea (regime 42);
- b) immissione in libera pratica di merci senza assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto e vincolo delle medesime a un regime di deposito diverso dal deposito doganale. Si tratta del caso di merci immesse in libera pratica e poi introdotte in un deposito IVA (regime 45).
Con riferimento al già menzionato comma 3, l’Iva sarà considerata diritto di confine solo nel caso di irregolare introduzione in consumo in Italia (per il regime 42, ove non sia dimostrata l’immissione in consumo nell’altro Stato membro e non vi siano prove dell’uscita dal territorio italiano e per il regime 45, ove la merce non sia presa in carico nella contabilità del deposito IVA).
Capo I – Obbligazione doganale e diritti doganali – Articolo 28 – Liquidazione e riscossione dei diritti e delle spese
L’articolo 28 recepisce, con modifiche e integrazioni, il disposto di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 374 del 1990.
Di rilievo fondamentale per la lettura dell’impianto complessivo delle disposizioni complementari è la previsione di cui al comma 2, da leggere in combinato disposto con gli articoli 27 e 30, in base al quale “I diritti di confine sono accertati, liquidati e riscossi secondo le disposizioni della normativa doganale unionale. Per gli aspetti non disciplinati dalla normativa doganale unionale si applicano le disposizioni del presente allegato e, in mancanza, le disposizioni di settore”.
Si evidenzia che il comma 6 dell’articolo 28 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze con cui saranno stabiliti i criteri in base ai quali l’Agenzia fissa e aggiorna l’importo dovuto per il pagamento da parte dei dichiaranti dei sigilli forniti dall’Agenzia.
Nelle more dell’emanazione del predetto decreto resta valido quanto disposto dalla circolare 10/2024 del 11 novembre 2024, con riguardo al versamento del previsto contributo unitario alle spese per la fornitura dei sigilli.
Capo I – Obbligazione doganale e diritti doganali – Articolo 29 – Merci perdute o distrutte. Cali ammissibili
L’articolo 29 recepisce, con modifiche, l’ultimo comma dell’articolo 37 del previgente TULD.
La disposizione prevede che, fermo quanto previsto dalla normativa unionale, ai fini dell’estinzione dell’obbligazione doganale, i cali ammissibili sono determinati con decreto dal Ministro dell’economia e delle finanze.
La norma nazionale tiene conto delle disposizioni unionali, dal momento che la perdita, la distruzione delle merci e i cali ammissibili sono contemplati dall’articolo 124, paragrafo 1, lettera g), e dall’articolo 137, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione.
L’attuale regolamento – il D.M. 13 gennaio 2000, n. 55, emanato ai sensi del predetto articolo 37 TULD – si fonda sull’articolo 206 del previgente Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, nonché sugli articoli da 862 a 864 del previgente Regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993 (causa di non insorgenza dell’obbligazione doganale), che fissavano talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario, applicabili anche all’accertamento delle accise.
Tale atto regolamentare attuativo resta valido nelle more dell’emanazione dei nuovi provvedimenti.
Capo I – Obbligazione doganale e diritti doganali – Articolo 30 – Soggetti obbligati al pagamento dei diritti di confine
L’articolo 30 recepisce, con modificazioni, il dettato di cui al primo comma dell’articolo 38 del TULD, stabilendo che, per i diritti di confine, i soggetti obbligati al pagamento sono individuati in base alla normativa doganale unionale che regola l’obbligazione doganale.
L’individuazione dei soggetti passivi dell’obbligazione doganale è effettuata in conformità alla corrispondente disciplina unionale di cui agli articoli 77, 78 e 79 del codice doganale dell’Unione.
Capo II – La rappresentanza doganale – Articolo 31 – Il rappresentante doganale
Gli articoli 31, 32 e 33 sostituiscono l’art. 40 del TULD con modifiche significative del particolare istituto della rappresentanza (NOTA 5)
La normativa doganale unionale in materia di rappresentanza (art. 18 CDU) afferma il principio secondo cui chiunque può nominare un rappresentante per le sue relazioni con le autorità doganali.
La rappresentanza può essere diretta, se il rappresentante doganale agisce in nome e per conto di un’altra persona, oppure indiretta, se il rappresentante doganale agisce in nome proprio ma per conto di un’altra persona.
Tuttavia, nel caso in cui l’operatore non sia stabilito nel territorio unionale, lo stesso deve farsi rappresentare, per l’espletamento delle formalità doganali, esclusivamente da un soggetto stabilito nel territorio unionale che agisce in rappresentanza indiretta (comma 4 dell’art. 31). A corollario di quanto previsto nel citato comma e preso atto delle indicazioni riportate dai servizi della Commissione, si evidenzia che l’operatore non stabilito è il solo soggetto per conto del quale viene effettuata l’operazione doganale. Pertanto, il rappresentante indiretto nominato dall’operatore non stabilito non può nominare, a sua volta, una terza persona come rappresentante doganale, poiché in siffatta situazione quest’ultimo non agirebbe per conto dell’effettivo importatore della merce. È infatti chiaramente desumibile dalla lettura dell’art. 18 c.1 del CDU che il rappresentante doganale, al di là della spendita o meno del proprio nome, può agire per conto di una ed una sola persona, che è l’importatore della merce.
Nessuna condizione è invece richiesta per l’esercizio della rappresentanza “indiretta” che, pertanto, può essere esercitata da “qualsiasi persona nominata da un’altra persona ” affinché la rappresenti presso le autorità doganali per l’espletamento di atti e formalità previsti dalla normativa doganale.
Con l’adozione delle disposizioni complementari, il legislatore nazionale, nell’ambito della facoltà di cui all’art. 18 c. 3 del CDU, ha ora disciplinato l’istituto della “rappresentanza diretta” subordinandola al rilascio di un’abilitazione, secondo le specifiche condizioni indicate nella norma.
Tali condizioni sono considerate assolte per gli spedizionieri doganali, C.A.D e operatori economici autorizzati AEO (da intendersi i soggetti autorizzati almeno ai sensi dell’art. 38 c. 2 lettera a) del CDU). Per i predetti soggetti l’abilitazione può essere rilasciata contestualmente all’ottenimento dello status in questione, qualora il soggetto ne faccia espressa richiesta, e permane in relazione al mantenimento del medesimo status.
La volontà di essere abilitati alla rappresentanza diretta dovrà essere segnalata nella richiesta che verrà prodotta, alternativamente, per l’ottenimento:
– della patente di spedizioniere doganale. In tal caso, successivamente all’iscrizione all’albo degli spedizionieri doganali, l’Ufficio centrale provvederà all’abilitazione in questione;
– dell’autorizzazione all’esercizio del Centro di Assistenza Doganale (C.A.D.) presentata alla Direzione Territoriale competente. In tale circostanza, sarà cura della Direzione Territoriale comunicare l’esito positivo del procedimento autorizzatorio all’Ufficio centrale della Direzione Dogane, che procederà all’abilitazione alla rappresentanza diretta;
– dell’autorizzazione AEO. In quest’ultima ipotesi, l’istanza di abilitazione viene presentata nell’ambito dell’attività di audit producendo, all’Ufficio locale competente, il formulario disponibile sul portale ADM. In tal caso, in sede di presentazione della relazione di audit, l’Ufficio locale competente indicherà, nella relazione conclusiva, la dicitura “richiesta abilitazione” in corrispondenza del riquadro denominato “abilitazione alla rappresentanza diretta”.
In tutti gli altri casi, il richiedente deve presentare istanza (modello disponibile sul sito istituzionale dell’Agenzia) presso l’Ufficio delle dogane competente in relazione al luogo in cui è stabilito il suo domicilio fiscale, a cui deve essere allegata la dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi dell’art. 46 del DPR 28.12.2000, n. 445, relativa ai carichi pendenti e al casellario giudiziale, attestante l’assenza di condanne penali passate in giudicato e l’assenza di carichi pendenti presso le Procure della Repubblica italiana.
L’Ufficio locale, ricevuta l’istanza, ne verifica tempestivamente la regolarità e la completezza e, qualora ravvisi la necessità di integrazioni, informa l’istante che, entro il termine massimo di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, deve procedere alle integrazioni dovute.
In merito al requisito di cui alla lettera b), dell’art. 31, delle nuove disposizioni nazionali, si evidenzia che le violazioni gravi o ripetute riferite alla normativa fiscale, assumono rilevanza quando commesse nell’ambito dello svolgimento di attività doganali. Per l’accertamento delle stesse, gli Uffici si utilizzeranno principalmente la consultazione delle banche dati a disposizione dell’Agenzia, avendo cura di ponderare le eventuali infrazioni riscontrate in rapporto all’operatività del richiedente, da intendersi sia in termini di numero di dichiarazioni doganali presentate, sia in termini di valore delle stesse. Potrebbero essere, ad esempio, non ostative le infrazioni doganali relative all’accertamento di errori isolati, o comunque non ricorrenti, commessi dal richiedente al momento della compilazione dei dati contenuti nelle dichiarazioni doganali.
Relativamente alla verifica del requisito di cui alla lettera c) dell’art. 31 si evidenzia come la formulazione proposta dal legislatore delegato preveda due soluzioni alternative per l’assolvimento della condizione:
– la prima ipotesi, ossia il rispetto di standard minimi di competenza, si ritiene riconducibile all’effettuazione di una significativa pregressa attività doganale e/o allo svolgimento di formalità doganali, tutte comprovate dall’utilizzo del codice EORI del soggetto istante in qualità di dichiarante doganale e/o rappresentante indiretto. Al fine di individuare un criterio di valutazione oggettivo, e fatto salvo il giudizio dell’ufficio locale che istruisce la pratica, si ritiene che il requisito si possa intendere soddisfatto se nell’arco degli ultimi tre anni è riscontrabile una attività dichiarativa, anche non continuativa, pari ad almeno 300 dichiarazioni doganali presentate dall’interessato.
– il rispetto dello standard minimo di competenza si potrà intendere soddisfatto anche qualora il soggetto richiedente, titolare di una o più autorizzazioni previste dal CDU (Customs Decisions), dia dimostrazione di concreto e diretto coinvolgimento del medesimo in atti e procedure doganali inerenti alle suddette decisioni;
– la seconda ipotesi prevede la sussistenza del requisito di cui alla lettera c) mediante il superamento di un percorso formativo professionale, connesso alla materia doganale, espletato secondo le disposizioni emanate dall’Agenzia con la circolare n. 27/2023 “Attività formativa per il conseguimento della qualifica professionale ai fini AEO (operatore economico autorizzato) ai sensi dell’art. 27, par. 1, lett b) del Regolamento di esecuzione (UE) n. 2447/2015”.
Le risultanze dell’attività saranno oggetto di una relazione finale da inoltrare, per il tramite della Direzione territoriale competente, che ne valuterà e trasmetterà gli esiti alla Direzione Dogane – Ufficio AEO, compliance e grandi imprese, per l’adozione del provvedimento che, in linea con quanto sancito dall’art. 22 del CDU, dovrà avvenire entro il termine di 120 giorni.
Agli esiti positivi dell’attività istruttoria, l’ufficio provvederà, qualora il soggetto abilitato non ne sia già titolare, a rilasciare il codice EORI ai sensi dell’art. 9 del CDU.
Nel caso di esito negativo dell’istruttoria, l’Ufficio delle dogane comunicherà alla Parte i risultati dell’attività svolta. In tal caso, i termini di conclusione del procedimento sono sospesi, per un massimo di 30 giorni, al fine di concedere alla Parte la facoltà di produrre osservazioni e/o intraprendere le opportune iniziative atte a risolvere le criticità riscontrate. Decorso tale periodo, salvo istanza presentata dalla Parte medesima con espressa indicazione dei termini necessari a provvedere, in mancanza di replica e/o di variazioni della situazione, verrà predisposta la relazione conclusiva negativa, evidenziando le motivazioni a fondamento della proposta di diniego.
Tale relazione, trasmessa per le valutazioni alla sovraordinata Direzione Territoriale, verrà poi inoltrata, corredata di parere, al predetto Ufficio centrale per gli ulteriori adempimenti di competenza. Avverso il provvedimento di diniego è ammesso ricorso gerarchico al Direttore della Direzione Dogane o, in alternativa, ricorso giurisdizionale al TAR del Lazio, rispettivamente entro 30 e 60 giorni dalla notifica della decisione stessa.
Qualora, invece, vengano poste in essere le necessarie azioni correttive, si procede secondo le indicazioni già fornite in caso di istruttoria positiva.
L’Ufficio centrale provvederà, in caso di valutazione positiva, ad attestare l’abilitazione e ad inserire il soggetto abilitato in un’apposita banca dati con l’attribuzione di un codice identificativo.
Il provvedimento rilasciato abilita alla prestazione di servizi di rappresentanza diretta esclusivamente sul territorio nazionale, attestando l’assolvimento dei soli requisiti di cui all’art. 39 lettere a) e d).
Qualora, invece, l’operatore nazionale non titolare dello status di AEO, già abilitato o da abilitare, intenda prestare servizi di rappresentanza diretta anche in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito, sarà soggetto alla verifica degli ulteriori requisiti di cui all’articolo 39, lettere b) e c) del CDU, così come previsto dall’art. 18 c. 3 dello stesso codice.
L’operatore residente in uno stato dell’Unione diverso dall’Italia, che intende prestare servizi di rappresentanza diretta nel territorio nazionale, dovrà indirizzare la domanda alla Direzione Dogane – Ufficio AEO, compliance e grandi imprese producendo, oltre alla documentazione su indicata, ulteriori evidenze utili ad accertare l’assolvimento del requisito di cui all’art. 39 lettera c) del CDU.
Il comma 7 dell’art. 31, mutuando il principio previsto dalla normativa anticorruzione, sancisce il divieto di esercitare le funzioni di rappresentanza per il personale dell’Amministrazione finanziaria – qui intesa come Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – e della Guardia di Finanza, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto d’impiego. Decorso tale periodo, gli interessati appartenenti alle categorie su indicate, che vorranno esercitare le funzioni di rappresentante doganale agendo in modalità diretta, potranno richiedere l’abilitazione secondo la procedura prevista dall’art. 31, come sopra descritta. Resta ferma, per i medesimi soggetti, la possibilità prevista dalla Legge 213/2000, così come modificata dal decreto legislativo in commento adottato in esecuzione della Delega fiscale, di ottenere la patente di “spedizioniere doganale” in esonero dal sostenimento dell’esame finale. Il possesso della patente, come sopra detto, consente altresì l’esercizio dei servizi di rappresentanza diretta.
Capo II – La rappresentanza doganale – Articolo 32 – Sospensione della rappresentanza diretta – Articolo 33 – Revoca dell’abilitazione della rappresentanza diretta
In merito all’istituto della revoca dell’abilitazione alla rappresentanza diretta, così come disciplinato dal nuovo testo normativo, si evidenzia che il procedimento è innescato da una segnalazione proveniente da un ufficio delle dogane locale che, avendo avuto contezza del verificarsi di una delle cause previste dall’art. 33 c.1 lettere a), b), c) e d) informa, senza indugio, il rispettivo direttore territoriale affinché disponga l’avvio del procedimento di revoca.
Dell’avvio del procedimento è informata la Direzione Dogane che, solo nel caso in cui la revoca sia proposta per i motivi di cui all’art. 33 c.1 lettera b), esprime il proprio avviso in merito, a garanzia di equità, imparzialità ed omogeneità delle scelte dell’Amministrazione su tutto il territorio nazionale. In tale ipotesi, infatti, la Direzione Dogane valuterà la gravità e reiterazione delle violazioni alla normativa doganale ovvero il rispetto degli standard minimi di competenza o qualifiche professionali da parte dell’operatore, in coerenza con le evidenze verificatesi sul territorio nazionale.
Diversamente, il provvedimento di revoca avviato per i restanti casi previsti dall’art. 33 c. 1) lett. a), c), d), considerata l’oggettività delle cause e l’esigenza di garantire speditezza nell’agire amministrativo, viene adottato dal competente Direttore territoriale, informando, per conoscenza, la Direzione Dogane.
Nel caso degli spedizionieri doganali, si evidenzia che la sospensione/revoca dell’abilitazione alla rappresentanza diretta, per espressa previsione normativa dell’art 3, c. 6 della Legge 213/2000, così come modificata dal Decreto legislativo adottato in esecuzione della Delega fiscale, implica la contestuale sospensione/revoca della patente di Spedizioniere. Pertanto, in tale circostanza, il provvedimento di sospensione/revoca è adottato dalla Direzione Dogane.
La formulazione dell’art. 33 c.1 lett. b) prevede che la perdita del requisito degli standard minimi di competenza/professionalità, nonché il verificarsi di violazioni gravi o ripetute della normativa doganale, comporti la revoca dell’abilitazione alla rappresentanza diretta. Ciò implica una necessaria attività di monitoraggio periodico dei soggetti abilitati, assicurata dai competenti uffici locali che, oltre ad eventuali controlli d’iniziativa, acquisiranno, con cadenza annuale, un’autodichiarazione del soggetto abilitato da dove emerga il permanere dei requisiti previsti per l’esercizio dei servizi di rappresentante diretto. I soggetti AEO abilitati alla rappresentanza diretta sono esonerati da tale dichiarazione annuale, poiché l’attività di controllo sarà considerata assolta dai monitoraggi effettuati sulla base delle specifiche disposizioni unionali. La Direzione Dogane, per il tramite della Direzione Territoriale, sarà informata solo in caso di rilievi ostativi al mantenimento dell’abilitazione de qua.
Capo III – Procedure di accertamento – Articolo 34 – Verifica della merce e definizione dell’accertamento
L’articolo recepisce quanto previsto dall’art. 61 del TULD, apportando alcune modificazioni tese ad armonizzare il procedimento disciplinato ai principi unionali, con particolare riguardo al “diritto al contraddittorio”.
La disposizione in questione, mentre nei primi due commi affronta lo specifico tema delle verifiche/analisi di laboratorio e della disciplina concernente gli obblighi di comunicazione ai soggetti interessati dei relativi esiti, ai commi successivi si occupa della generalità dei controlli disposti dalla dogana (documentali, scanner, visita merci).
In particolare, a fronte dell’individuazione del dichiarante quale soggetto a cui obbligatoriamente notificare il risultato delle analisi di laboratorio sulle merci oggetto di controllo, di cui al comma 1, il successivo comma 2 individua in 10 giorni il termine entro il quale il dichiarante può esercitare la facoltà di chiedere la ripetizione delle analisi di laboratorio; l’esito della ripetizione delle analisi, al pari del primo risultato, deve essere notificato al dichiarante.
Relativamente, invece, al più generico tema degli esiti delle verifiche effettuate sulla merce, il/i funzionari deputati al controllo debbono redigere apposito verbale di constatazione in cui riportare in maniera chiara ed esaustiva le difformità riscontrate, quali, il mancato soddisfacimento delle condizioni previste per il vincolo al regime richiesto, la presenza di divieti o restrizioni o la debenza di un importo dei diritti di confine diverso da quello risultante dagli elementi della dichiarazione, nonché chiare informazioni circa le attività che l’Agenzia porrà in essere, in base alla normativa vigente.
Il verbale deve essere tempestivamente notificato alla parte che, dalla data di ricezione, ha diritto all’esercizio del contradditorio con le modalità e nei termini previsti dalla normativa doganale unionale.
Decorsi i termini di cui sopra, in base al comma 6, l’ufficio, a seguito delle informazioni fornite dalla parte nell’esercizio del diritto ad essere ascoltati, qualora non ritenga di dover procedere con una archiviazione, emette un provvedimento motivato di accertamento, che deve essere anch’esso tempestivamente notificato alla parte.
Si ritiene opportuno cogliere l’occasione per evidenziare l’importanza di fornire sempre, negli atti e nei provvedimenti di cui sopra, un’esaustiva ricostruzione dell’attività svolta, delle garanzie fornite alla controparte nell’attività di controllo, degli eventuali ulteriori soggetti intervenuti (come ad esempio, nelle ipotesi in cui sia necessario l’intervento delle autorità di vigilanza), dei tempi occorsi per l’esaustiva definizione del controllo e, non da ultimo, delle motivazioni fattuali e giuridiche che hanno determinato il/i funzionari e l’Ufficio all’emanazione degli atti/provvedimenti in questione.
In considerazione, da ultimo, dell’abrogazione del precetto di cui all’art. 35, comma 35 del decreto-legge n. 223 del 2006, le richieste di integrazione documentale da parte dell’Ufficio delle dogane sono effettuate ai sensi dell’art. 188 CDU con eventuale applicazione della sanzione di cui all’art. 102 nei casi di rifiuto di fornire le informazioni e/o l’assistenza richiesta.
Nell’analisi dell’art.34 non si puo sottacere l’eliminazione dall’ordinamento dell’istituto della controversia doganale come disciplinata dagli articoli da 65 a 76 del TULD, esplicitamente richiesta dalla legge delega.
Capo III – Procedure di accertamento – Articolo 36 – Operazioni doganali relative a merci arrivate o spedite via mare
La disposizione in questione prevede la facoltà, per gli Uffici doganali, di consentire lo svolgimento delle operazioni di controllo doganale relative a merci giunte o spedite via mare a bordo della nave, anche prima dello sbarco o dopo l’imbarco, delegando la definizione delle modalità per il suo esercizio a un provvedimento dell’Agenzia, di prossima adozione (comma 2).
Nelle more dell’adozione di detto provvedimento, al fine garantire parità di trattamento agli operatori economici indipendentemente dal luogo in cui vengono compiute le operazioni doganali e conformemente a quanto previsto dal paragrafo 2 dell’articolo 139 CDU, le strutture territoriali devono attenersi alle seguenti disposizioni.
La motivata richiesta dell’operatore economico interessato alla procedura in questione deve essere presentata all’Ufficio doganale competente prima della presentazione della dichiarazione doganale.
Lo svolgimento delle operazioni doganali a bordo della nave può essere autorizzato laddove la richiesta dell’operatore abbia ad oggetto l’intero carico di merci e sia possibile effettuare tutti gli accertamenti doganali necessari presso l’Ufficio doganale competente; non sarà, ad esempio, possibile effettuare il controllo a bordo a fronte di merci alla rinfusa per le quali è impossibile accertarne la quantità senza procedere allo scarico.
Qualora il sito di stazionamento della nave non sia ricompreso nel circuito doganale, l’accesso alla procedura in questione comporta il pagamento del fuori circuito.
La merce per la quale è stato effettuato il controllo a bordo e successivamente svincolata, avendo acquisito la qualifica di merce unionale, può liberamente circolare in ambito europeo, verso altri porti nazionali o unionali, scortata dal documento T2L/T2LF.
Capo III – Procedure di accertamento – Articolo 37 – Visite di controllo
La norma, nell’ambito dei poteri di controllo previsti dall’art. 48 CDU e recependo, con modifiche di mero drafting, l’articolo 63 del previgente TULD, attribuisce ai responsabili degli uffici dell’Agenzia, ai funzionari delegati, ai militari della Guardia di Finanza e agli operatori interessati la facoltà di procedere a visite saltuarie e al prelevamento di campioni, sulle merci non già oggetto di visita, nonché su quelle già visitate in tutto o in parte, purché non siano state già lasciate a disposizione del proprietario o del vettore.
Le suddette visite di controllo sono obbligatorie se ne fanno richiesta motivata i militari della Guardia di Finanza, a norma dell’articolo 15 dell’articolato in esame, o gli operatori interessati (comma 2).
Poiché intervengono in una fase successiva all’esito del circuito doganale di controllo, ma prima che le merci siano lasciate nella disponibilità dell’operatore, i controlli in questione sono da classificarsi come “a posteriori” e ne seguono la relativa disciplina.
Capo III – Procedure di accertamento – Articolo 38 – Poteri sostitutivi
Al fine di razionalizzare la normativa e adeguarla alle mutate strutture organizzative dell’Agenzia, la disposizione in esame, che riprende l’art.64 del TULD, attribuisce al Direttore territoriale la competenza a disporre, in presenza di casi straordinari di necessità e di urgenza, l’esenzione dalla visita doganale delle merci.
In coerenza con l’articolo 28 della Costituzione, il successivo comma 3 evidenzia che, in assenza di dolo o colpa grave, l’esercizio del potere di cui al precedente comma 1 non comporta responsabilità in capo al Direttore territoriale.
Le visite di controllo devono, in ogni caso, essere eseguite quando ne facciano richiesta motivata la Guardia di Finanza, per procedere al servizio di riscontro di cui all’articolo 15, o gli operatori interessati, secondo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 37.
Nelle more dell’emanazione del provvedimento dell’Agenzia con cui verranno determinati i presupposti, i criteri e i limiti del potere affidato al Direttore territoriale, il potere in questione potrà essere esercitato, con atto debitamente motivato, solo in presenza di oggettiva giustificata impossibilità a garantire l’effettuazione del controllo e a fronte di fondata richiesta dell’operatore con cui viene rappresentata l’urgente necessità di ricevere la merce e di non poter operare con il solo affidamento della stessa attraverso l’istituto della A 20. L’autorizzazione in questione in presenza di particolari motivate situazioni può essere rilasciata anche a fronte di più dichiarazioni doganali.
Capo III – Procedure di accertamento – Articolo 39 – Potenziamento dello Sportello unico doganale e dei controlli
In coerenza con quanto specificamente stabilito dal legislatore delegante, l’articolo 39 positivizza l’istituto dello Sportello unico doganale e dei controlli (S.U.Do.Co.), disciplinato:
– a livello unionale:
– dal Regolamento (UE) 2022/2399 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 novembre 2022 che istituisce l’ambiente dello sportello unico dell’Unione europea per le dogane e modifica il regolamento (UE) n. 952/2013;
– dall’articolo 47 del codice doganale dell’Unione;
– a livello nazionale:
– dall’articolo 4, comma 57, della Legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)”;
– dall’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, recante “Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, lettera f), della legge 7 agosto 2015, n. 124”;
– dal decreto del Presidente della Repubblica del 29 dicembre 2021, n. 235, recante “Regolamento recante disciplina dello Sportello unico doganale e dei controlli (S.U.Do.Co.)”.
Come noto, il S.U.Do.Co. è finalizzato al proficuo coordinamento, in via telematica, di tutti i procedimenti e dei controlli operati all’entrata e all’uscita delle merci nel o dal territorio nazionale, assicurando, al contempo, il conseguimento dell’obiettivo di cui alla Missione 3, riforma 2.1. rubricato «Semplificazione delle transazioni di importazione/esportazione attraverso l’effettiva implementazione dello Sportello Unico dei Controlli» del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
L’istituto si propone, nello specifico, di concentrare, in un unico tempo e in un unico luogo (single window), i controlli da eseguire sulle merci in entrata, in uscita o in transito, a opera di amministrazioni diverse, anche secondo quanto raccomandato dal “Trade and facilitation agreement”, entrato in vigore il 22 febbraio 2017.
Per dare attuazione a quanto disposto anche dal comma 2, laddove stabilisce che tutti i controlli di natura amministrativa previsti dalle disposizioni unionali che prescrivono l’esecuzione di una visita delle merci finalizzata al rilascio di un’autorizzazione o di un nulla osta (comunque denominati) devono essere svolti contemporaneamente e nello stesso luogo di quelli doganali, l’Agenzia sta implementando l’apposito portale S.U.Do.Co..
Capo IV – REVISIONE DELL’ACCERTAMENTO
Il capo IV riprende, con modificazioni, il disposto di cui ai previgenti articoli 11 e 21 dell’abrogato decreto legislativo n. 374 del 1990 integrandolo e adeguandolo alle vigenti disposizioni unionali e nazionali, nonché operando una fondamentale distinzione e separazione tra le diverse attività di controllo (art.40), redazione del verbale di constatazione (art.41), emanazione dell’atto di accertamento (art.42) che proceduralmente e temporalmente si susseguono nell’ambito dell’attività di controllo a posteriori.
Si richiama altresì quanto disposto dall’articolo 7, comma 2 del D.lgs 26 settembre 2024, n. 141, con riferimento alle procedure di revisione delle dichiarazioni previste dal TULD già avviate alla data di entrata in vigore del decreto presso uffici diversi da quello presso il quale la dichiarazione è stata registrata.
Capo IV – Revisione dell’accertamento – Articolo 40 – Controlli a posteriori
La disposizione, in esame, riconosce all’Agenzia e alla Guardia di Finanza il potere di effettuare controlli a posteriori delle dichiarazioni doganali la cui merce è già stata oggetto di svincolo e, con riguardo alla modalità di esecuzione, dispone che per la loro effettuazione i soggetti di cui sopra possano anche:
– invitare gli operatori o altri soggetti interessati alle medesime operazioni doganali, indicandone il motivo e fissando un termine non inferiore ai 15 giorni, a comparire, anche a mezzo di rappresentante, o a fornire notizie e documenti inerenti alle merci oggetto di operazioni doganali;
oppure
– accedere, muniti di apposita autorizzazione rilasciata dai responsabili dei rispettivi uffici, nei luoghi adibiti all’esercizio di attività produttive e commerciali e negli altri luoghi dove devono essere custodite le scritture e la documentazione inerenti alle merci oggetto di operazioni doganali, al fine di procedere all’eventuale ispezione di tali merci e alla verifica della relativa documentazione; a tal fine si applicano le disposizioni previste dall’articolo 52, commi da 4 a 10, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 in tema di accessi, ispezioni e verifiche ai fini IVA.
Le autorizzazioni per l’esecuzione delle indagini finanziarie sono rilasciate dal Direttore territoriale e che dovrà provvedervi con atto in cui vengono esplicitate le motivazioni di tale accesso, i soggetti abilitati e i limiti del potere esercitabile.
In considerazione dell’abrogazione del precetto di cui all’art. 35, comma 35 del decreto-legge n. 223 del 2006, le richieste di integrazione documentale sono effettuate ai sensi dell’art. 188 CDU con eventuale applicazione della sanzione di cui all’art. 102 del nuovo articolato normativo nei casi di rifiuto di fornire le informazioni e/o l’assistenza richiesta.
Capo IV – Revisione dell’accertamento – Articolo 41 – Esito dei controlli a posteriori
Nella logica della suddivisione delle attività che costituiscono il procedimento del controllo a posteriori, l’articolo, riprendendo quanto disposto dall’ art. 11 del D.lgs. 374/90, commi 5 e 6, dispone l’obbligo a carico dei soggetti indicati al precedente art.40 di redigere, all’esito dei controlli a posteriori apposito verbale di constatazione avendo cura di notificarlo alla parte e di trasmetterlo all’ufficio dell’Agenzia competente alla valutazione e emanazione del successivo atto di revisione/accertamento a posteriori, come individuato dall’art. 42, e agli altri organi eventualmente competenti per materia.
Il verbale di constatazione deve essere redatto avendo cura di indicare esattamente le generalità dei soggetti interessati/controllati e dei verificatori, le azioni compiute, le valutazioni effettuate, le motivazioni che sottostanno all’eventuale rilievo, le conseguenze in termini finanziari e sanzionatori dei rilievi e, non da ultimo, la facoltà del contribuente di esercitare il diritto di essere ascoltati secondo le disposizioni unionali e nazionali in materia; sul punto si rinvia a quanto disciplinato in relazione all’art. 34.
Capo IV – Revisione dell’accertamento – Articolo 42 – Revisione della dichiarazione
L’articolo 42 riprende, con modificazioni e integrazioni, l’articolo 11, commi 4-bis, 5, 5-bis, 8, 9, 10 del previgente decreto legislativo n. 374 del 1990, adeguandolo ai principi del diritto al contraddittorio e di adeguata motivazione, come previsti nell’ordinamento unionale.
Nell’ambito della riscrittura della procedura dei controlli a posteriori l’articolo è stato, infatti, rubricato “Revisione della dichiarazione” superando la dizione “Revisione dell’accertamento”, ponendo in evidenza che l’attività di controllo a posteriori, di cui all’art.40 o avviata su istanza di parte ( vedi commi 2 e 3 dell’articolo 42), potrebbe evidenziare anche difformità nella dichiarazione relative ad elementi diversi da quelli dell’accertamento (qualità, quantità, origine e valore) ovvero non comportare una differenza di diritti rispetto alla liquidazione indicata dall’operatore.
Potrebbero, infatti, essere rilevate e riportate nel verbale di constatazione di cui all’art.41 difformità inerenti all’applicazione di divieti o restrizioni, ovvero violazioni procedurali (ad esempio, il mancato ottenimento di un’autorizzazione all’importazione) che non riguardano l’accertamento tributario, ma che rendono, comunque, necessaria la revisione della dichiarazione.
La competenza alla revisione della dichiarazione doganale, conseguente a una attività di controllo d’ufficio o a seguito di istanza di parte, è esclusivamente dell’Ufficio dell’Agenzia presso il quale la dichiarazione è stata registrata ovvero, qualora siano interessate dichiarazioni registrate presso due o più uffici dell’Agenzia, dell’Ufficio dell’Agenzia nel cui ambito territoriale è ubicata la sede legale della parte.
In caso di omessa dichiarazione, in coerenza con il disposto di cui all’art. 87 CDU che individua il luogo di insorgenza dell’obbligazione doganale, l’Ufficio competente è quello del luogo in cui è stata constatata la violazione.
L’Ufficio, come sopra individuato, deve concludere il procedimento nel rispetto dei termini fissati dall’articolo stesso che riprende e rinvia alla vigente normativa doganale unionale.
Il comma 4 è da intendersi riferito al rispetto non soltanto dei termini indicati dagli articoli 22, paragrafo 6 del CDU e 8 del RD ma anche di tutte le prescrizioni ivi contenute con riguardo all’obbligo di garantire un adeguato e pieno contraddittorio con la parte.
Infatti, come già evidenziato con la Circolare 2 del 17 gennaio 2024 (prot. 29230/RU), il funzionario doganale, quando notifica alla parte il verbale di constatazione, deve obbligatoriamente informarla della possibilità di presentare eventuali osservazioni e richieste entro 30 giorni.
Tale obbligo di contraddittorio endoprocedimentale (o contraddittorio anticipato), come è noto, è previsto in modo analogo nell’articolo 6-bis, della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) che, però, prevede un termine pari a 60 giorni (vedi il comma 3) per la proposizione di eventuali osservazioni e richieste.
Ebbene, come ribadito nel già menzionato documento di prassi, dal momento che la materia doganale è governata da disposizioni unionali, ai fini del contraddittorio in questione, si osserva il termine di 30 giorni, già indicato nel previgente articolo 11 del D.lgs. 374 del 1990, ed oggi riportato nel comma 5 dell’articolo in esame, trattandosi di disciplina speciale rispetto a quella generale contenuta nello Statuto dei diritti del contribuente
Il provvedimento finale deve contenere le generalità dei soggetti obbligati, le azioni compiute, le valutazioni effettuate, le conseguenze in termini finanziari nonché le motivazioni che sottostanno all’eventuale rilievo, evidenziando le osservazioni e le richieste formulate dalla parte nel corso del contradditorio e le conseguenti valutazioni dell’amministrazione.
In presenza di revisione della dichiarazione su istanza di parte, qualora l’Ufficio competente ritenga di non accoglierla, anche parzialmente, deve notificare un motivato preavviso di diniego alla parte evidenziando l’opportunità di presentare osservazioni e richieste entro il termine di 30 giorni (commi 5 e 6). Decorso tale termine, l’Ufficio deve in ogni caso provvedere a concludere il procedimento con un provvedimento motivato che tenga conto delle osservazioni e delle richieste formulate dalla parte e riporti l’esito dell’attività di controllo.
La prescrizione discende direttamente dagli obblighi prescritti dall’articolo 10-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e dall’articolo 6-bis, comma 4 dello Statuto dei diritti del contribuente.
Nell’ipotesi in cui si ravvisano violazioni che possano comportare l’irrogazione di sanzioni diverse da quelle doganali, il provvedimento di cui al comma 7 deve essere comunicato all’organo competente, unitamente alle osservazioni presentate dalla parte (comma 9).
L’ufficio competente alla revisione della dichiarazione deve anche procedere al recupero dei maggiori diritti dovuti, ovvero al rimborso di quelli eventualmente riscossi e non dovuti dalla parte.
Con successivo provvedimento dell’Agenzia saranno adottate procedure semplificate da attivare qualora la revisione della dichiarazione non comporti rimborsi o sgravi.
Capo IV – Revisione dell’accertamento – Articolo 43 – Controlli integrati
L’articolo recepisce, con modificazioni, l’articolo 21 del decreto legislativo n. 374 del 1990 e contiene disposizioni volte a disciplinare i controlli integrati da eseguirsi presso le imprese interessate all’interscambio di beni con Paesi non unionali, prevedendo l’emanazione di decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di prossima adozione.
Capo V – Riscossione – Articolo 44 – Modalità di pagamento o deposito dei diritti doganali
L’Art. 44 recepisce l’art. 77 del previgente TULD, in accordo con il disposto di cui all’art. 109 del CDU.
Il primo comma elenca le forme di pagamento dei diritti doganali, delle sanzioni, ovvero il deposito cauzionale di somme a garanzia del pagamento di tali diritti.
Al riguardo, restano valide le disposizioni già dettate dalla circolare 20/D del 21 dicembre 2015, integrate dalla nota prot. 8044 /RU del 26 gennaio 2016 relativa alle condizioni previste per l’utilizzo dell’assegno circolare da utilizzare in ipotesi residuali, nonché le istruzioni dettate con nota prot. 36457 /RU del 5 settembre 2018 recante istruzioni operative mediante PagoPA.
Con riferimento alla soglia ammissibile per il pagamento in contanti ex lett. C) si richiama il disposto di cui all’articolo 1, comma 384, della legge n. 197/2022 (legge di bilancio 2023) che ha innalzato a 5.000 euro il limite all’utilizzo dei contanti stabilito dall’articolo 49, comma 3bis, Decreto legislativo del 21/11/2007 n. 231.
Nel caso di operazioni doganali di privati, senza natura commerciale, il pagamento in contanti, ove richiesto dall’utente, è ammesso fino a 500 euro. In tutti gli altri casi, l’autorizzazione per il pagamento in contanti può essere concessa:
– per operazioni non commerciali (privati) e sempre nell’ambito della soglia stabilita per legge:
– nel caso di temporaneo malfunzionamento degli strumenti di pagamento elettronici (POS);
– nel caso l’Ufficio sia sprovvisto degli strumenti di pagamento elettronici;
– per operazioni commerciali, solo qualora sia impossibile utilizzare una delle altre modalità di pagamento non in contanti e, comunque, nel limite della soglia stabilita per legge.
Il secondo comma rimette a un provvedimento dell’Agenzia, adottato di concerto con il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e sentita la Banca d’Italia, la definizione delle modalità per il successivo versamento delle somme riscosse alla Tesoreria; attualmente è in vigore il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, d’intesa con il Ragioniere Generale dello Stato e sentita la Banca d’Italia, emanato in data 23 ottobre 2015, e contenente le istruzioni operative per l’utilizzo della modalità di pagamento o di deposito dei diritti doganali mediante bonifico bancario o postale.
Capo V – Riscossione – Articolo 45 – Pagamenti dilazionati o periodici dei diritti doganali
L’articolo 45 recepisce, con modificazioni, l’articolo 78 del previgente TULD.
La disposizione in esame richiama nel contenuto il disposto di cui agli artt. 110, 111 e 112 del CDU. Le disposizioni per la concessione delle dilazioni sono attuate attraverso il Sistema delle decisioni doganali (Customs Decisions System), la cui prassi operativa è stata descritta nella circolare 1/D del 30 gennaio 2018 a cui si rimanda per le istruzioni applicative.
Per i soli tributi nazionali è stata confermata la possibilità di estendere la dilazione a 90 giorni, compresi i primi 30, a fronte di prestazione di idonea garanzia con relativo pagamento di interessi secondo i criteri previsti dall’art. 46.
Capo V – Riscossione – Articolo 46 – Interessi sul pagamento dilazionato
L’articolo 46 recepisce, con modificazioni, quanto sancito dal quarto comma dell’articolo 79 del TULD, secondo cui, per il pagamento differito dei diritti doganali, è dovuta la corresponsione di interessi (con esclusione dei primi trenta giorni) secondo il saggio, stabilito semestralmente con decreto del Ministro delle finanze, fissato sulla base del rendimento netto dei buoni ordinari del Tesoro a tre mesi (d’ora in avanti indicati come BOT trimestrali).
Dal meccanismo suddetto, in vigore da molti anni, sono conseguite notevoli difficoltà operative, nonché un appesantimento dell’attività amministrativa. Infatti, per intraprendere l’iter di formazione del decreto di fissazione semestrale del tasso dei BOT trimestrali, va attesa la naturale scadenza del decreto relativo al semestre precedente, dovendo tener conto dell’ultimo dato disponibile relativamente al rendimento netto dei BOT trimestrali. Negli ultimi anni, inoltre, i BOT trimestrali non sono stati emessi con continuità, in quanto a essi è fatto ricorso, dal Ministero dell’economia e delle finanze, solo in caso di specifiche saltuarie esigenze.
Al fine di snellire e di velocizzare la procedura per la fissazione del tasso di interesse sul pagamento dilazionato dei diritti doganali, in un’ottica di semplificazione normativa e amministrativa, l’articolo 46 delle disposizioni complementari individua un meccanismo di determinazione del predetto tasso affine a quello attualmente in vigore.
Tuttavia, quanto al parametro di riferimento, al tasso dei BOT trimestrali viene sostituito il tasso di interesse di credito applicato dalla Banca centrale europea alle sue principali operazioni di rifinanziamento. Peraltro, al fine di non stravolgere il meccanismo di fissazione attuale, si prescrive che il tasso BCE sia quello rilevato semestralmente, con riferimento al 1° gennaio e al 1° luglio di ciascun anno, e che tale tasso rimanga in vigore, ai fini della determinazione degli interessi dovuti sui pagamenti differiti, per i sei mesi solari successivi.
In considerazione delle possibili oscillazioni del tasso BCE nell’ambito della politica monetaria adottata dalla Banca centrale europea, tenuto conto dell’eventualità che il medesimo possa ridursi eccessivamente, l’articolo 46 stabilisce una soglia minima del tasso di interesse applicato in caso di pagamento differito dei diritti doganali pari allo 0,50%.
Capo V – Riscossione – Articolo 47 – Ritardo nel pagamento dei diritti
L’art. 47, che sostituisce la previsione dell’art. 81 del previgente TULD, definisce la possibilità per l’Amministrazione di procedere a tutte le attività di soddisfacimento del credito, non da ultimo procedendo alle misure di tutela dello stesso, come confisca e susseguente vendita, previste dall’art. 198 CDU.
Il comma 1 precisa che, ferma restando la necessità di garantire il corretto svolgimento del contraddittorio, nel caso in cui la merce non sia stata ancora svincolata e siano decorsi i dieci giorni previsti per il pagamento ovvero il medesimo termine sia decorso dalla notifica del provvedimento di cui all’articolo 34, comma 6, l’Agenzia comunica alla parte che, in caso di mancato pagamento entro il termine di trenta giorni, verranno adottate le misure previste in materia, inclusa la vendita della merce.
Se per una delle ragioni previste dall’art. 198(1), lettera b) non sia possibile procedere allo svincolo della merce, l’ufficio competente procederà ad applicare il disposto di cui all’art. 247 del Reg. di esecuzione (UE) 2015/2447, concedendo al dichiarante un termine congruo per porre rimedio alla causa del mancato svincolo.
Al comma 2 viene stabilito che, in caso di mancato pagamento entro dieci giorni dalla notifica di avviso di accertamento per il recupero di maggiori diritti, si procederà con la riscossione coattiva (NOTA 6)
Capo V – Riscossione – Articolo 48 – Termini per la notifica dell’obbligazione doganale
L’articolo 48 disciplina i termini per la notifica dell’obbligazione doganale, richiamando la previsione di cui all’art. 84 del previgente TULD, emendandolo attraverso l’introduzione del comma 4.
Il primo comma demanda all’art. 102 CDU le modalità di notifica dell’obbligazione doganale.
Tale previsione individua il luogo della notifica nel luogo in cui è sorta l’obbligazione doganale (NOTA 7) e le ipotesi in cui non si procede alla notifica, come di seguito elencate:
- a) in attesa della determinazione definitiva dell’importo dei dazi all’importazione o all’esportazione, sia stata istituita una misura provvisoria di politica commerciale sotto forma di dazio;
- b) l’importo dei dazi all’importazione o all’esportazione dovuti superi quello stabilito in base a una decisione presa a norma dell’articolo 33;
- c) la decisione iniziale di non notificare l’obbligazione doganale o di notificarla con una cifra inferiore all’importo del dazio all’importazione o all’esportazione dovuto sia stata presa in base a disposizioni generali successivamente invalidate da una decisione giudiziaria;
- d) le autorità doganali siano dispensate in base alla normativa doganale dall’obbligo di notificare l’obbligazione doganale.
A norma del paragrafo 3 del citato articolo 102 CDU, nei casi diversi da quelli disciplinati al paragrafo 2 del medesimo articolo, si procede alla notifica quando si è in grado di calcolare il quantum dell’obbligazione e si è in grado di prendere una decisione, decorso il termine di cui al combinato disposto dell’art. 22(6) CDU e art. 8 del Reg. delegato (UE) 2015/2446 (NOTA 8)
Resta fermo il termine di prescrizione dell’obbligazione doganale disciplinato dall’art. 103 del CDU.
Il comma 2 dell’art. 48 in esame, richiamando i contenuti di cui all’art. 103.2, stabilisce che, in caso di insorgenza dell’obbligazione doganale a seguito di un atto perseguibile penalmente, il termine per la notifica è di sette anni dall’insorgenza dell’obbligazione (NOTA 9)
Le disposizioni sopra descritte si applicano, in base al comma 3, alle obbligazioni doganali sorte dal 1° maggio 2016 e, secondo quanto previsto dall’introduzione della previsione di cui al comma 4, anche ai diritti doganali diversi dai diritti di confine, ove non diversamente disposto.
Capo V – Riscossione – Articolo 49 – Interessi per il ritardato pagamento
L’art. 49 richiama, per l’applicazione degli interessi di mora in caso di ritardato pagamento, il disposto di cui all’art. 114 CDU, il quale prevede l’applicazione del tasso di interesse pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE – serie C – che la Banca Centrale Europea ha applicato alle sue operazioni di rifinanziamento principali il primo giorno del mese della scadenza, maggiorato di due punti percentuali. Tale disposizione si applica fatta eccezione per i diritti doganali diversi dai diritti di confine, per i quali trovano applicazione le disposizioni nazionali.
Capo V – Riscossione – Articolo 50 – Garanzia per l’obbligazione doganale potenziale o esistente
L’articolo 50 recepisce, con modificazioni legate all’esigenza di adeguamento alla disciplina unionale di cui al Capo 2, Titolo III del codice doganale dell’Unione, nonché alle relative disposizioni applicative contenute nel Regolamento di esecuzione e nel Regolamento delegato, quanto sancito dal previgente articolo 87 del TULD.
Capo V – Riscossione – Articolo 51 – Riduzione dell’importo della garanzia ed esonero dalla garanzia
L’articolo 51 recepisce, con modificazioni, il disposto di cui al previgente articolo 90 del TULD.
La disposizione stabilisce, al comma 1, che, su richiesta dell’operatore economico, il competente ufficio dell’Agenzia può autorizzare la riduzione dell’importo della garanzia o l’esonero dalla garanzia per i diritti doganali.
Al comma 2, si precisa che le condizioni e i criteri per la concessione dei suddetti benefici sono stabilite con provvedimento dell’Agenzia.
In base al comma 3, la concessione può essere revocata, in qualsiasi momento, quando sorgono fondati dubbi sulla solvibilità del beneficiario che, in tal caso, entro cinque giorni dalla notifica della revoca, è tenuto a prestare la prescritta cauzione.
Restano valide le autorizzazioni per le riduzioni/esoneri concesse sulla base del previgente art. 90 TULD che saranno adeguate alle presenti disposizioni solo alla scadenza delle relative garanzie depositate.
Capo V – Riscossione – Articolo 52 – Forme di garanzia
La disposizione prevede le forme in cui può essere costituita una garanzia.
In particolare, il comma 1 stabilisce che la garanzia può essere costituita nella forma di deposito in contanti o qualsiasi altro mezzo di pagamento individuato dall’Agenzia come equivalente a un deposito in contanti, in euro, oppure nella forma di fideiussione bancaria o polizza assicurativa conforme alla previgente normativa unionale e ai modelli di fideiussione predisposti dall’Agenzia.
Nel caso di prestazione di fideiussione bancaria o di polizza assicurativa, il comma 2 soggiunge che le medesime sono subordinate all’accettazione da parte dell’ufficio delle dogane competente che può rifiutarle con provvedimento motivato.
Il comma 3 prevede che, in ogni caso, l’Agenzia può autorizzare altre forme di garanzia che assicurino in modo equivalente il pagamento dell’importo dei diritti di confine all’importazione o all’esportazione corrispondente all’obbligazione doganale e degli altri oneri.
Capo V – Riscossione – Articolo 54 – Restituzione delle somme per il tramite dei rappresentanti doganali
L’articolo 54 recepisce, con modificazioni, il disposto di cui all’articolo 92 del previgente TULD. La previsione normativa si riferisce a tutti i rappresentanti in dogana e stabilisce, al comma 1, che il rimborso di diritti di confine indebitamente riscossi ovvero lo svincolo totale o parziale di somme assunte in deposito dall’Agenzia può essere eseguito nelle mani del rappresentante doganale, qualora tali diritti o somme afferiscano a un’operazione doganale da esso compiuta in rappresentanza del titolare della merce. Questo è in linea con la normativa unionale, disciplinata nello specifico argomento dal combinato disposto tra l’art 172 RE e il 18 CDU.
Al comma 2 ci sono le condizioni per cui detta disposizione è applicabile, vale a dire:
- a) il pagamento dei diritti di confine deve essere stato effettuato dal rappresentante doganale che ne chiede il rimborso o lo svincolo;
- b) la ricevuta delle somme in deposito deve essere firmata dal rappresentante doganale in qualità di effettivo versante;
- c) non deve essere stata notificata all’Agenzia la cessazione del rapporto di rappresentanza;
- d) il rappresentante doganale richiedente non deve risultare sospeso dalle operazioni doganali ovvero destinatario di un provvedimento di revoca dell’abilitazione.
Per assicurare che il rimborso vada a beneficio dell’effettivo titolare del diritto, si richiamano le indicazioni già dettate con la nota prot.n.84923 R.U. del 2017, ed in particolare si prescrive la notifica dei rimborsi effettuati sia al rappresentante/richiedente che all’importatore.
Capo V – Riscossione – Articolo 55 – Interessi passivi
L’articolo 55 sostituisce il disposto di cui all’articolo 93 del previgente TULD, stabilendo che, fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni, gli interessi relativi ai diritti doganali diversi dal dazio indebitamente corrisposti sono dovuti nei termini e con le modalità indicate dalla normativa doganale unionale.
La regola unionale sugli interessi passivi viene estesa agli altri diritti di confine non contemplati dal codice doganale dell’Unione. Salvo diversa espressa disposizione, la norma intende escludere la corresponsione degli interessi prima che siano decorsi 90 giorni dalla decisione. Si tratta di una misura di semplificazione e allineamento della disciplina domestica a quanto disposto per i dazi e non comporta una significativa ricaduta, atteso che per l’IVA, generalmente, il relativo recupero avviene nell’ambito delle dichiarazioni periodiche.
Si ricorda, però, che per i rimborsi relativi al dazio, disciplinati dagli artt. 116 e seguenti del CDU, non è prevista una corresponsione di interessi, a meno che l’autorità doganale, tra la decisione di rimborso e l’effettivo pagamento non lasci trascorrere più di tre mesi (art 116.6). Tale norma va ritenuta applicabile anche agli altri diritti di confine.
Gli interessi da pagare sono fissati in conformità con le disposizioni dell’art 112 CDU.
Per quanto riguarda, invece, i dazi antidumping e i dazi compensativi, una consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che, quando il rimborso deriva da un’applicazione di dazi (sia antidumping che compensativi) che siano stati istituiti da un regolamento annullato dalla Corte di Giustizia o dallo stesso legislatore Unionale, perché ritenuto illegittimo (ossia adottato in “violazione del Diritto dell’Unione”), gli interessi sulle somme indebitamente pagate devono essere riconosciuti e l’onere è a carico dell’erario unionale.
Nei casi di interessi dovuti a seguito di dazio adottato “in violazione del diritto dell’unione”, il tasso di interesse da applicare è quello di cui all’art. 109 (interessi compensativi) del Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del 18/07/2018.
Per il versamento degli interessi agli operatori, dovrà farsi ricorso alla procedura del funzionario delegato mediante richiesta fondi sul capitolo di spesa 3830
Titolo III – Movimento delle merci
Capo I – Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci – Articolo 57 – Esercizio della temporanea custodia
L’articolo 57 ripropone con modifiche e aggiornamenti i contenuti del terzo, quarto e quinto comma dell’art. 98 del previgente TULD, stabilendo, in particolare, l’obbligo del gestore di una struttura autorizzata per la custodia temporanea di versare i diritti relativi a merci mancanti o solo parzialmente rinvenute, nella misura più elevata applicabile dalla data di introduzione alla data di constatazione della lora mancanza o deficienza. La disposizione in esame prescrive anche che, ove siano riscontrate eccedenze o merci diverse rispetto a quelle risultanti dalle scritture della struttura autorizzata, il gestore della stessa è tenuto a prenderle in carico.
Le richiamate prescrizioni integrano i principi unionali in materia di responsabilità della gestione delle strutture di custodia temporanea, istituto previsto dagli articoli da 144 a 152 CDU.
Si richiama, in particolare, l’articolo 147 CDU, secondo il quale il titolare della struttura di temporanea custodia è tenuto a garantire che le merci non siano sottratte alla vigilanza doganale e ad adempiere agli obblighi derivanti dal magazzinaggio delle merci in custodia temporanea.
La disciplina unionale indica anche gli strumenti con i quali gestire tale struttura e sui quali basare le relative attività di controllo.
Ai sensi dell’art. 148, paragrafo 4, CDU il titolare dell’autorizzazione deve tenere scritture adeguate nella forma approvata dalle autorità doganali e recanti le informazioni e le indicazioni che consentano alle autorità doganali di sorvegliare la gestione delle strutture di deposito, elencate nell’articolo 116, RD (ad esempio il riferimento alla dichiarazione di TC, alla conclusione della TC, quantità e descrizione delle merci, ubicazione delle merci, movimentazione delle merci tra diverse strutture di magazzini ecc.).
Altro strumento di gestione e di controllo è rappresentato dalla dichiarazione di TC o dal manifesto, qualora quest’ultimo venga usato anche come dichiarazione di TC: entrambi contengono i dati utili ad identificare la merce che viene introdotta nelle strutture di TC.
In tale contesto, ed ai fini dell’applicazione di quanto disposto dall’art.57, il titolare dell’autorizzazione è tenuto ad attivarsi per la rilevazione periodica (di regola annuale – inventario – con cadenza più ravvicinata se ricorrono particolari situazioni od eventi) di eventuali mancanze o deficienze riscontate nel magazzino, attraverso un raffronto tra l’effettiva giacenza fisica delle merci e quella riportata nelle scritture: in conseguenza del riscontro di merci mancanti o solo parzialmente rinvenute, il gestore della struttura in esame provvede a pagare i diritti nella misura prevista dall’articolo in parola e sulla base degli elementi desunti dalla dichiarazione di TC, dalle scritture o da altri documenti di trasporto o commerciali; per eventuali eccedenze e sostituzioni di merci, procede alla loro presa in carico nelle scritture, provvedendo al pagamento dei diritti relativi alla merce sostituita che si considera merce mancante.
Capo II – Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci – Articolo 58 – Arrivi dai laghi
L’articolo 58 ripropone, con modifiche e aggiornamenti, i principi contenuti nell’art.102 del TULD ed è da leggere in relazione con l’art. 2 – Linea di vigilanza doganale e con l’art.21 – Esercizio della vigilanza nei laghi di confine.
La disposizione stabilisce che le merci trasportate nel lago Maggiore o nel lago di Lugano per l’introduzione nel territorio doganale dell’Unione Europea siano presentate a uno degli uffici individuati con provvedimento dell’Agenzia, con divieto di attraversamento delle stesse nelle acque nazionali di detti laghi qualora non siano scortate da idonea documentazione doganale.
Nelle more dell’adozione del suddetto provvedimento, sulla base dei vigenti atti organizzativi, sono competenti in base alla rispettiva competenza territoriale i seguenti uffici:
– l’Ufficio delle dogane di Como e l’Ufficio delle dogane di Varese per le merci trasportate sul lago di Lugano;
– l’Ufficio delle dogane di Varese, l’ Ufficio delle dogane di Verbano Cusio Ossola e l’Ufficio delle dogane di Novara per le merci trasportate sul lago Maggiore.
Capo II – Sezione seconda -Arrivi dal mare e per via aerea – Articolo 59 -Responsabilità di comandanti e capitani
La disposizione in esame riconosce la responsabilità dei comandanti di aeromobili e dei capitani di navi, ferma la responsabilità degli altri soggetti stabilita dalla normativa doganale unionale, in caso di inosservanza delle norme contenute nelle disposizioni in esame nei riguardi delle merci trasportate.
Al precetto qui indicato fanno seguito le disposizioni degli articoli 80 e 100 relative alle corrispondenti sanzioni penali e amministrative.
Capo II – Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci – Articolo 60 – Divieti di approdo e di sosta delle navi
A differenza di quanto previsto dall’articolo 104 del TULD che prevede, nei luoghi dove non sono uffici doganali, un divieto generalizzato di rasentare il lido, di gettare l’ancora, di stare alla cappa, di mettersi in comunicazione con la terra in modo che sia agevole sbarcare e imbarcare merci e di approdare, l’articolo 60 prevede invece una facoltà dell’Agenzia, anche su richiesta della Guardia di Finanza, di apporre il predetto divieto.
Per le violazioni del divieto così apposto, si applicano le sanzioni di cui agli articoli 80, comma 2, lett. a), e 100, comma 1, lettera a).
Capo II – Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci – Articolo 61 – Obbligo del manifesto del carico. Vigilanza
La disposizione, unitamente agli articoli 62 e 63, è dedicata al tema della presentazione del manifesto di carico.
L’articolo 61 innova la disciplina contenuta agli articoli 105 e 106, secondo comma, del TULD, con modifiche ed aggiornamenti, in coerenza con l’evoluzione normativa unionale e tecnologica, prevedendo al comma 1 l’obbligo per i comandanti ed i capitani di munirsi del manifesto di carico, rispettivamente al momento dell’atterraggio o prima del decollo dell’aeromobile e al momento dell’ingresso nella zona di vigilanza doganale marittima o prima della partenza della nave.
Con il comma 2, è demandata ad un provvedimento dell’Agenzia la determinazione del contenuto del manifesto, in conformità alla normativa unionale e agli obblighi previsti dalle convenzioni internazionali.
Fino all’adozione del provvedimento anzidetto, il manifesto dovrà contenere le informazioni obbligatorie stabilite dall’Agenzia (NOTA 10) e pubblicate sul portale internet.
Capo II – Disposizioni sulla temporanea custodia delle merci – Articolo 62 – Trasmissione del manifesto
L’articolo interviene in ambito precedentemente disciplinato dagli articoli 106, 107 e 129 del TULD, adeguandone i contenuti alla ricordata evoluzione normativa unionale e tecnologica.
L’articolo, al comma 1, rinvia ad un provvedimento dell’Agenzia per l’individuazione degli obblighi dichiarativi che, ai sensi della normativa unionale, possono essere/sono assolti con l’invio del manifesto; al comma 2, rinvia ad analogo strumento per l’individuazione delle modalità e tempistiche di trasmissione nonché dei casi di esonero dall’obbligo di trasmissione.
I commi 3 e 4 stabiliscono rispettivamente che, laddove il manifesto non contenga tutte le informazioni prescritte, il medesimo si considera come non presentato e che l’Agenzia può sempre richiedere l’esibizione di altri documenti, tale richiesta diventa obbligatoria a seguito di rilevate differenze tra i dati del manifesto e la consistenza del carico.
Nelle more dell’adozione del provvedimento di cui al comma 1, restano ferme le istruzioni già diramate sulle modalità telematiche di presentazione del manifesto, sugli obblighi dichiarativi assolti con tale presentazione, sulle tempistiche di trasmissione nonché sui casi di esonero dall’obbligo di trasmissione (NOTA 11). In particolare, coerentemente con la normativa unionale che consente il ricorso al manifesto per l’assolvimento di specifiche formalità doganali, la trasmissione del manifesto merci in arrivo (MMA) assolve, in arrivo nel territorio nazionale:
– agli adempimenti di invio della notifica di arrivo e di presentazione delle merci previsti rispettivamente dagli articoli 133, paragrafo 2 CDU, 139 CDU e 190 Reg. UE 2015/2447, a condizione che i dati previsti dai relativi tracciati di cui all’Allegato B del Reg. UE 2015/2446 siano indicati nel manifesto;
– all’obbligo di presentazione di una dichiarazione di temporanea custodia ai sensi dell’articolo 145, paragrafo 5, lettera b) CDU, a condizione che contenga i dati previsti dal relativo tracciato.
Con riferimento alle tempistiche di trasmissione, assolvendo all’adempimento di “notifica di arrivo”, il comma 3 stabilisce che il manifesto deve essere presentato immediatamente all’arrivo del mezzo di trasporto.
In proposito, si specifica che non sussiste, ai fini doganali, obbligo di trasmissione del manifesto di carico (in arrivo e in partenza) per capitani e comandanti di mezzi che non svolgono attività di navigazione o aeronautica di trasporto merci e persone con finalità commerciali come nei casi di navi da diporto (NOTA 12) e militari o per gli aeromobili da turismo e militari. Nelle suddette fattispecie, per le merci in arrivo e sbarcate dai tali mezzi di trasporto, ove necessario, dovrà essere presentata in luogo del manifesto la dichiarazione di temporanea custodia.
Capo II Entrata delle merci – Articolo 64 – Aeroporti doganali – Articolo 65 – Atterraggi forzati degli aeromobili – Articolo 66 – Aeromobili viaggianti senza merci a bordo
Le disposizioni in esame, da leggere in combinazione con l’articolo 26 concernete l’autorizzazione alla costruzione di aeroporti, recepiscono con modificazioni l’articolo 32 del TULD e, coerentemente con la previsione di carattere generale di cui all’art. 46 CDU, disciplinano l’attività di vigilanza doganale all’interno degli aeroporti nazionali, attribuendo al personale dell’Agenzia e ai militari della Guardia di Finanza la facoltà di svolgere gli accertamenti di propria competenza sugli aeromobili, sui relativi equipaggi, sui passeggeri nonché sulle cose trasportate.
Premesso l’obbligo, per i comandanti di aeromobili proveniente da altri Stati (UE e non-UE) – con esclusione quindi dei voli nazionali -, di atterrare in uno degli aeroporti doganali individuati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle Finanze (NOTA 13) gli Uffici territoriali, come disciplinato dall’art.64 comma 2), sono tenuti in tale ambito a svolgere attività di istituto in via continuativa.
A tal fine si evidenzia che gli articoli 65 e 66 dettano specifiche disposizioni in relazione a:
– atterraggi forzati degli aeromobili (articolo 64): il comandante dell’aeromobile, nel caso di atterraggio per causa di forza maggiore fuori degli aeroporti doganali, deve denunciare, entro il più breve termine, l’avvenuto atterraggio al più vicino ufficio dell’Agenzia o comando della Guardia di Finanza o altro organo di polizia ovvero al sindaco per le opportune constatazioni e per ottenere l’autorizzazione a ripartire.
L’autorità avvertita, che non sia l’Agenzia o la Guardia di Finanza, ne dà immediata comunicazione a una delle già menzionate autorità.
– gli aeromobili viaggianti senza merci a bordo (articolo 66): entro lo spazio aereo sottoposto alla sovranità dello Stato possano atterrare anche in aeroporti diversi da quelli doganali alle condizioni che saranno stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con le altre amministrazioni eventualmente interessate.
Con riguardo, invece, alle modalità tecniche e operative per l’esercizio della vigilanza nelle ipotesi di scalo di aeromobili in aeroporti non doganali, l’Agenzia vi deve provvedere con apposito provvedimento conseguente all’emanazione del decreto interministeriale di cui all’art.66 con cui devono essere individuate le condizioni per l’atterraggio presso aeroporti diversi da quelli doganali.
Si evidenzia che l’atterraggio e la conseguente attività di vigilanza sugli aeroporti non doganali, nonché su aviosuperfici ed elisuperfici, riveste carattere eccezionale, ha carattere oneroso ed è attivabile esclusivamente su richiesta specifica a fronte della singola particolare situazione e previa autorizzazione dell’Ufficio delle dogane territorialmente competente.
In ragione del principio di continuità dell’azione amministrativa, nelle more dell’adozione del provvedimento di cui al comma 2, i protocolli di intesa aventi ad oggetto le modalità di esercizio dell’attività di vigilanza, stipulati dalle Strutture territoriali con gli enti gestori delle aree aeroportuali non doganali e gli altri soggetti coinvolti, continuano a trovare applicazione nel rispetto, comunque, dei principi sopra indicati.
Titolo IV – Procedure e Regimi doganali
Capo I – Deposito doganale e istituti speciali – Articolo 69 – Vigilanza sui magazzini e depositi doganali
Con riferimento all’istituto del deposito doganale, che trova una sua compiuta disciplina nella vigente normativa unionale (artt. 237-242 CDU, artt.201-203RD), la disposizione interviene in un ambito demandato agli Stati membri, già oggetto del previgente 161 del TULD.
Vengono infatti chiarite le modalità di esercizio da parte dell’Agenzia della vigilanza sulle strutture e depositi doganali attraverso controlli, in via ordinaria, ogni due anni, salva la facoltà dell’ufficio doganale competente di effettuare visite straordinarie anche senza preavviso, quando lo ritenga opportuno.
In riferimento a tale disposizione, si richiamano di seguito alcuni aspetti procedurali per la gestione dei controlli in applicazione della normativa unionale.
Ai sensi dell’articolo 214 CDU, il titolare dell’autorizzazione o il titolare del regime, nel caso dei depositi pubblici, tengono scritture contenenti indicazioni utili per il controllo del regime, in particolare la posizione doganale, l’identificazione e i movimenti delle merci vincolate a tale regime.
Ai sensi dell’art. 178 RD, sono previsti i dati da inserire nei registri: riferimenti dell’autorizzazione, MRN che identificano le dichiarazioni doganali di vincolo al deposito (tracciato H2) indicazioni di marchi, numeri di identificazione, numero e natura dei colli, quantità e descrizione delle merci secondo la loro denominazione commerciale o tecnica usuale, ubicazione delle merci, posizione doganale, informazioni sul movimento delle stesse, indicazioni relative alle manipolazioni usuali, indicazioni che consentono la vigilanza e i controlli doganali dell’uso di merci equivalenti in conformità alle disposizioni dell’art. 223 CDU ecc.
Nelle attività di controllo viene, quindi, accertata la corretta tenuta dei registri, l’esatta indicazione delle merci nelle scritture contabili, la verifica dei sistemi aziendali e dell’operatività, l’individuazione contabile e fisica delle merci, la corretta movimentazione delle stesse. La verifica ordinaria o straordinaria deve accertare, attraverso il riscontro della giacenza contabile con l’effettiva giacenza fisica del magazzino, la regolare gestione del regime del deposito doganale.
In materia può essere consultata la circolare n. 8/D del 19.04.2016 reperibile sul portale internet dell’Agenzia.
Capo I – Deposito doganale e istituti speciali – Articolo 70 – Istituzione ed esercizio delle zone franche
Con riferimento all’istituto delle zone franche, disciplinato dagli artt.243-249 CDU, l’art. 70 ripropone ed aggiorna i contenuti dell’art.166 del TULD il quale prevedeva la possibilità di istituzione della zona franca doganale con legge dello Stato.
La nuova disposizione conferma la necessità di una norma nazionale per dare attuazione all’articolo 243 paragrafo 1 del CDU che lascia agli Stati membri la scelta sullo strumento giuridico per dare applicazione all’istituto; viene anche stabilito che la legge istitutiva indichi il termine per l’emanazione del provvedimento di perimetrazione da parte dell’Agenzia, nonché l’Autorità che effettua la proposta di perimetrazione e che ne ha i poteri di gestione.
Al riguardo, giova ricordare che l’art. 243 del CDU prevede che possono essere istituite unicamente zone franche doganali intercluse e che il perimetro e i punti di entrata ed uscita delle stesse devono essere sottoposte a vigilanza doganale.
L’art. 244 CDU prevede la possibilità di costruire all’interno della zona franca immobili, attività industriali e commerciali purché autorizzate dall’Autorità doganale.
Le merci stoccate all’interno della zona franca possono essere sottoposte a manipolazioni usuali (art. 220 CDU) o anche vincolate ad altri regimi doganali purché appositamente autorizzati (perfezionamento attivo, uso finale, ammissione temporanea). L’art. 245 CDU prevede che la merce terza viene introdotta in zona franca con la semplice iscrizione nelle scritture contabili del gestore (art. 174 RD) a meno che non debbano essere presentate in dogana per appurare un regime precedente oppure se vengono introdotte in zona franca dall’esterno del territorio dell’Unione. Nella zona franca possono essere stoccate anche merci unionali che però non sono vincolate a tale regime.
In materia può essere consultata la circolare n. 8/D del 19.04.2016 del 19.04.2016 reperibile sul portale internet dell’Agenzia.
Capo I – Deposito doganale e istituti speciali – Articolo 72 – Temporanea esportazione
La norma in esame ripropone parzialmente l’istituto della temporanea esportazione come previsto nell’art. 214 del TULD ad integrazione della disciplina unionale dell’istituto.
Mentre per l’importazione temporanea, originariamente contemplata dal richiamato articolo del TULD, il regime dell’ammissione temporanea disciplinato dal diritto unionale contempla già tutte le casistiche, la normativa unionale non è allo stesso modo esaustiva nell’ipotesi di merci destinate ad essere esportate per poi tornare nel territorio dell’Unione nello stesso stato in cui erano state esportate, a parte il normale deterioramento derivante dall’uso.
Per tali fattispecie la normativa unionale prevede l’utilizzo del carnet ATA o l’applicazione del regime di esportazione definitiva con l’indicazione dell’apposito codice regime (23) e la successiva reintroduzione in franchigia nel termine dei tre anni previsto dall’art. 203 del CDU.
L’articolo 72 deve quindi intendersi inquadrato nell’istituto della reintroduzione in franchigia di cui al citato articolo 203 del CDU che, in particolare:
– non limita a determinati tipi di merci l’applicazione dell’istituto;
– fissa un termine di 3 anni per la reintroduzione, ma consente il superamento di tale limite per tenere conto di circostanze particolari.
L’art. 72 permette, in aggiunta agli strumenti unionali, di effettuare la temporanea esportazione dei beni e la reimportazione degli stessi, in maniera semplificata, richiedendo un’autorizzazione preventiva all’ufficio competente per l’esportazione, autorizzazione finalizzata a semplificare la fase di reimportazione. Difatti., il rilascio dell’autorizzazione consente di identificare con precisione le merci in esportazione, al fine di facilitare e velocizzare la successiva reimportazione nel territorio unionale.
In coerenza con la disciplina unionale dell’istituto, è stabilito che la reintroduzione deve avvenire nel termine di 36 mesi al massimo, eventualmente prorogabile su richiesta motivata dell’interessato.
La disposizione in questione indica, come il previgente 214 TULD, le ipotesi a cui l’istituto può essere applicato prevedendone il ricorso anche per esigenze similari rispetto a quelle esplicitate: ne consegue che potrà continuare ad essere utilizzata la procedura semplificata in commento anche, ad esempio, nelle ipotesi di temporanea esportazione di macchinari utilizzati in attività produttive o esecuzione di lavori, da svolgersi in Paesi terzi, autorizzando la scadenza del termine di reimportazione in concomitanza con quella del contratto commerciale con cui il bene viene inviato all’estero, derogando eventualmente anche al termine dei 36 mesi indicato nella norma (nel caso di macchinari, in base alla durata dei lavori da effettuare all’estero).
Al riguardo, si sottolinea che l’elenco dei prodotti e delle finalità indicate al comma 1 dell’articolo 72, è meramente indicativo e non esaustivo.
Capo I – Deposito doganale e istituti speciali – Articolo 73 – Ammissione temporanea di veicoli in uso privato nell’ambito di convenzioni internazionali
La norma in esame ripropone il contenuto dell’art. 216 del TULD che faceva riferimento all’importazione temporanea di veicoli e mezzi di trasporto in genere. Attualmente le norme unionali in materia di ammissione temporanea, in linea anche con i principi delle convenzioni internazionali in materia, ed in particolare della Convenzione di Istanbul, regolamentano in maniera esaustiva il trattamento dei mezzi di trasporto provenienti da paesi terzi che entrano ed escono dal territorio dell’Unione, pertanto la disposizione nazionale è finalizzata soprattutto ad evidenziare l’aspetto relativo alle violazioni nell’applicazioni del regime facendo un rinvio alle norme sanzionatorie contenute nel titolo VI, capi I e II.
La normativa unionale in materia di ammissione temporanea prevede per i mezzi di trasporto un’apposita sottosezione che, nell’art. 212 RD, contiene le condizioni di carattere generale in base alle quali un mezzo di trasporto immatricolato in un paese terzo, a nome di una persona stabilita al di fuori dell’Unione ed utilizzato da una persona non stabilita nell’Unione può essere importato in regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione. La stessa norma rinvia all’art. 214 dove sono previsti i casi di deroga alla regola generale sopra citata, in basi ai quali anche un soggetto stabilito dell’Unione può utilizzare un mezzo di trasporto immatricolato in un paese terzo. Di particolare interesse ai fini dell’applicazione dell’art. 73 in esame è l’art. 217 RD che contiene i termini massimi di permanenza dei diversi tipi di mezzi di trasporto all’interno dell’Unione, superati i quali nasce l’obbligazione doganale per l’irregolare applicazione del regime.
In materia può essere consultata la circolare n. 8/D del 19.04.2016 reperibile sul portale internet dell’Agenzia.
Capo I – Deposito doganale e istituti speciali – Articolo 74 – Provviste e dotazioni di bordo
L’art. 74 reca la disciplina in materia di provviste e dotazioni di bordo delle navi e degli aerei in linea con il quadro normativo unionale definito nell’art. 269 del CDU, riproponendo unicamente i contenuti delle disposizioni previgenti compatibili con le norme unionali.
L’articolo in esame contiene quindi la definizione di provviste e dotazioni di bordo mutuandola dagli articoli 252 e 267 del TULD ed introduce una previsione specifica in ordine alle procedure doganali applicabili alle merci imbarcate, richiamando al riguardo la disciplina definita nella normativa unionale.
Come è noto, infatti, le forniture di beni destinati a provviste e dotazioni di bordo sono contemplate nella legislazione doganale unionale all’ art. 269 par.2 e 3 del CDU.
Agli approvvigionamenti di navi e aerei si applicano regole particolari in quanto i beni non sono esportati fuori dal territorio doganale, ma destinati ad essere utilizzati o consumati a bordo; a tali approvvigionamenti non si applica il regime di esportazione in virtù di quanto previsto dal combinato disposto dell’art. 269 par. 1 e par. 2 lett. c) del CDU.
La dichiarazione di esportazione è tuttavia richiesta al ricorrere delle seguenti condizioni:
– trattasi di una fornitura di beni che beneficia di una esenzione dal pagamento dell’IVA o delle accise;
– è necessario fornire la prova di tale approvvigionamento.
Non rileva invece la destinazione della nave che può essere diretta in un Paese terzo o in uno Stato membro dell’Unione.
In linea con quanto previsto dalla normativa unionale, l’art. 74 dispone che per le provviste e le dotazioni di bordo la dichiarazione di esportazione costituisce prova dell’avvenuto imbarco.
La ratio della disposizione, che prevede la presentazione della dichiarazione doganale di esportazione al ricorrere delle condizioni definite dalla normativa unionale, è quella di consentire al fornitore delle provviste e dotazioni di bordo di poter disporre della prova dell’avvenuto approvvigionamento richiesta dalla normativa per il riconoscimento del beneficio fiscale.
In ordine alla compilazione della dichiarazione doganale di esportazione sulla base di quanto previsto al capitolo 99 della Tariffa doganale (Codici speciali della nomenclatura combinata), sottocapitolo II relativo a Codici statistici per alcuni movimenti specifici di merci, è possibile utilizzare codici tariffari semplificati così come di seguito indicato:
– 99302400: merci indicate ai capitoli da 1 a 24 della Nomenclatura combinata (NC);
– 99302700: merci indicate al capitolo 27 della NC;
– 99309900: merci classificate altrove.
Sulla base di quanto riportato nelle linee guida unionali sull’esportazione e l’uscita delle merci, il cui allegato B è dedicato alle Ship supplies, sono escluse dalla semplificazione dichiarativa le merci soggette ad accisa, che pertanto saranno indicate nella dichiarazione di esportazione con l’esatta classificazione prevista nella Nomenclatura Combinata. Analoga limitazione si applica in caso di dichiarazione di riesportazione di merci non unionali destinate all’approvvigionamento di navi e aerei, vincolate ad un regime speciale diverso dal transito (es. deposito doganale).
Si fa inoltre presente che la dichiarazione di esportazione relativa alle provviste e dotazioni di bordo dovrà riportare l’indicazione del codice F61(approvvigionamento e rifornimento di combustibile) nel data element 11 10 000 000 (regime aggiuntivo) del nuovo messaggio B1 previsto dal sistema AES per la presentazione della dichiarazione doganale di esportazione, o nella seconda suddivisione della casella 37 per il messaggio ET ancora in uso.
Per quanto riguarda gli approvvigionamenti di prodotti energetici destinati alle navi restano valide le indicazioni procedurali fornite con la Risoluzione 1/D e 69/E del 13 giugno 2017 emanata congiuntamente con l’Agenzia delle entrate.
Titolo V – Trattamento delle merci
Titolo V – Trattamento delle merci – Articolo 75 – Cessione e distruzione dei beni
L’art. 75 recepisce, con modifiche ed integrazioni, il contenuto dell’art. 278 del previgente TULD estendendolo anche alle merci confiscate.
Al comma 1 viene stabilito che l’Agenzia può provvedere alla vendita delle merci nel rispetto delle disposizioni unionali e nazionali.
Al comma 2 viene riconosciuta, agli uffici dell’Agenzia, la facoltà di affidare a terzi l’attività di vendita delle merci, purché trattasi di soggetti autorizzati ai sensi delle vigenti disposizioni e individuati nel rispetto della normativa unionale e nazionale (NOTA 14).
Resta sempre possibile procedere in autonomia alla vendita delle suddette merci, in tal caso, gli uffici gestiranno la procedura di vendita, nel rispetto della normativa previgente.
Il comma 3 dell’art. 75 dispone che, in caso di vendita, le merci non unionali che devono essere immesse in consumo nell’Unione europea, sono soggette alle relative formalità doganali e, quindi, al pagamento dei diritti di confine dovuti (NOTA 15).
In alternativa alla vendita, il comma 4, nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza dell’agire amministrativo, consente nei casi previsti, di assegnare le merci:
– ad enti pubblici o a istituti aventi scopi di assistenza e beneficenza, a titolo gratuito, col vincolo della destinazione agli scopi predetti, quando si tratti riguardano le merci deperibili di esigua quantità e di nessun valore commerciale;
– all’Agenzia, per un utilizzo a fini istituzionali, ovvero ad altre amministrazioni pubbliche, qualora funzionali all’esercizio delle loro attribuzioni.
La decisione compete agli uffici previa valutazione delle circostanze di fatto e di diritto che ne consentono l’utilizzo individuato.
Titolo V – Trattamento delle merci – Articolo 76 – Procedimenti per la vendita delle merci
L’art. 76 recepisce, con modifiche ed integrazioni, il contenuto dell’art. 279 del previgente TULD estendendolo anche alle merci confiscate.
Il comma 1 dispone che gli Uffici definiscono il prezzo base di vendita delle merci, avuto riguardo ai prezzi di mercato e allo stato d’uso.
A tal proposito gli uffici delle Dogane, al fine di determinare valore e qualità della merce oltre che l’eventuale commercializzazione o cessione gratuita, possono avvalersi del database Bloomberg e del supporto dei Laboratori chimici di ADM o di altri enti, se competenti in via esclusiva per materia.
Resta chiaro che, laddove gli Uffici decidano di avvalersi di quanto previsto nell’“Accordo quadro” stipulato con gli IVG, tale adempimento è di competenza di tali enti (punto 12 Accordo).
Il comma 2 prescrive che, qualora la vendita sia svolta al pubblico incanto, sul sito internet dell’Agenzia, sia pubblicato il relativo avviso, almeno dieci giorni prima della gara stessa, contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo di svolgimento della gara medesima.
Il comma 3 prevede che, se per la vendita si è ritenuto di ricorrere alla licitazione privata, l’invito alla partecipazione alla procedura, contenente le informazioni di cui al precedente comma 2, deve essere indirizzato ad almeno cinque operatori economici che possano avere interesse, fermo restando il rispetto del criterio della rotazione.
Sia l’avviso che l’invito, secondo quanto prescritto al comma 4, devono essere completi delle informazioni necessarie ad individuare l’oggetto, il lotto, il prezzo base nonché la posizione doganale della merce e l’ammontare degli eventuali diritti doganali dovuti.
Al comma 5, si dispone che, laddove il primo incanto non abbia esito positivo, le merci invendute sono aggiudicate, con una successiva gara, al miglior offerente, prescindendo dal prezzo base.
Si osserva che nell’ “Accordo quadro per l’affidamento agli IVG” è previsto al punto 7 la riduzione del 50% del prezzo di stima da applicarsi al secondo tentativo. Tale previsione, alla luce del comma 5, deve intendersi una mera possibilità dell’Ufficio affidante, fermo restando disciplina risulta ora in contrasto con il dettato dell’art. 76 comma 5 delle nuove disposizioni normative nazionali.
Titolo V – Trattamento delle merci – Articolo 77 – Esecuzione dei verbali di aggiudicazione e dei contratti di vendita
L’art. 77 recepisce, con modifiche ed integrazioni, il dettato di cui all’art. 281, terzo, quarto, quinto e sesto comma del previgente TULD, estendendolo anche alle merci confiscate.
Il comma 1 dispone che i termini per il vincolo delle merci a un regime doganale ovvero per la riesportazione decorrono dal perfezionamento della vendita. Tali termini vanno indicati nell’ambito del bando di gara, qualora gli Uffici decidano di procedere in autonomia senza avvalersi degli I.V.G.
Per perfezionamento della vendita si intende il pagamento della merce da parte dell’aggiudicatario e non anche i diritti poiché l’aggiudicatario potrebbe optare per l’esportazione della merce venduta.
Il comma 2 prescrive che il ricavato della vendita, fatta eccezione per le somme corrispondenti ai diritti doganali, è destinato, in via primaria, alla copertura delle spese di custodia e di vendita sostenute dall’Agenzia.
Il comma 3 stabilisce, a sua volta, che il ricavato residuo è trattenuto in deposito dall’Agenzia e resta a disposizione degli eventuali aventi diritto. Questi ultimi hanno la facoltà di chiedere la restituzione delle menzionate somme nel termine decadenziale di due anni decorrenti dall’avvenuta vendita e, in caso contrario, la somma viene acquisita a favore dell’Erario.
Il comma 4 consente agli aventi diritto di ottenere la disponibilità delle merci presentando una dichiarazione diretta a vincolarle a un regime doganale. Tale facoltà è subordinata al pagamento delle spese di custodia di pertinenza dell’Agenzia, a quelle eventualmente già sostenute per la procedura di vendita, nonché, in caso di immissione in consumo nel territorio doganale, dei diritti doganali dovuti.
Titolo VI – Violazioni doganali
Premessa sulla logica sottesa al nuovo impianto sanzionatorio
Prima di esaminare nel dettaglio le disposizioni contenute nel titolo VI, è opportuno compiere una premessa che dia atto, in via generale, del nuovo impianto sanzionatorio articolato con la riforma.
Nel rispetto dell’articolo 20 della legge delega, con il decreto legislativo delegato è stata realizzata una notevole attività di riordino e semplificazione del quadro normativo sanzionatorio attraverso un’opera che, anche in coerenza con i principi di effettività, deterrenza e proporzionalità indicati sia dalla delega sia dall’articolo 42 del Regolamento (UE) 952/2013 – CDU – ha razionalizzato le fattispecie degli illeciti penali ed amministrativi con conseguente riduzione delle relative sanzioni.
Il primo aspetto da considerare, per valutare ed applicare il nuovo impianto sanzionatorio, è quello relativo al superamento della distinzione tra illecito penale ed amministrativo, distinzione basata nel previgente TULD unicamente sulla valutazione dell’elemento soggettivo, ovvero sulla sussistenza del dolo o meno.
Altro elemento fondamentale nel previgente TULD era la previsione, di cui all’art.295 bis, delle “Sanzioni amministrative per le violazioni di lieve entità”, il cosiddetto contrabbando depenalizzato che si poneva come un terzo genus tra le violazioni penali e quelle amministrative.
Il nuovo impianto sanzionatorio, invece, al fine di semplificare la procedura sanzionatoria, prevede due sole fattispecie di illecito, penale e amministrativo, e opera la distinzione tra i due utilizzando un criterio di base meramente oggettivo relativo all’ammontare dei diritti dovuti, che riprende quello dell’art.295 bis, rendendo il sistema più coerente sia con le disposizioni attualmente in vigore per i tributi interni sia con la disciplina unionale.
Elemento oggettivo che, analogamente a quanto già avviene per le imposte dirette ed indirette, e a quanto era previsto per il cosiddetto contrabbando depenalizzato, poggia su una soglia di punibilità che disegna un sistema di progressione illecita in cui, affinché la violazione assuma rilevanza penale, è necessario, salve situazioni particolari indicate dall’art.96, che sia stato superato un determinato quantum di offensività, che l’art.96 ha fissato in 10.000 euro di diritti di confine dovuti, distintamente considerati.
Le situazioni particolari di cui sopra sono state individuate nella presenza di alcune delle circostanze aggravanti di cui all’art.88, indicate nell’art.96.
Infine, ma non di minore importanza, si deve segnalare il superamento della distinzione, che ha caratterizzato il lungo periodo di vigenza del TULD, tra contrabbando extra ispettivo e intra ispettivo, con la previsione – maggiormente aderente al sistema sanzionatorio penale e amministrativo relativo ai tributi diversi da quelli doganali – di contrabbando e corrispondente illecito amministrativo per omessa o infedele dichiarazione, fatte comunque salve le condotte diversamente definibile che hanno, come già in parte avveniva con il TULD, una disciplina particolare.
A chiusura del sistema, il nuovo impianto prevede, poi, che qualora l’Autorità giudiziaria, pur a fronte di diritti di confine dovuti superiori alla citata soglia, non rilevi l’elemento soggettivo del dolo, necessario per qualificare la condotta di rilevanza penale, restituisce la valutazione all’amministrazione doganale per l’applicazione della sanzione prevista dal comma 14 dell’art.96.
Un focus deve, inoltre, essere fatto con riguardo all’individuazione della soglia di diritti di confine che opera il discrimine tra le due fattispecie sanzionatorie.
L’importo, come visto, è stato individuato in 10.000 euro di diritti di confine dovuti, distintamente considerati; ciò in linea con quanto previsto dal decreto legislativo 14 luglio 2020 n. 75, attuativo della Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017 (c.d. Direttiva PIF) e ripreso nell’articolo295 bis del previgente TULD.
La particolarità da evidenziare è da rinvenire nella dizione “distintamente considerati”. Tale dizione specifica che è sufficiente il superamento dei 10.000 euro per uno dei diritti di confine, come individuati dall’art.27, perché anche in assenza delle circostanze aggravanti indicate, la condotta rientra tra quelle oggetto di sanzioni penali.
Tutto ciò evidenziato, l’esito dell’intervento del legislatore delegato può quindi riassumersi come segue: qualora l’evasione o l’indebita percezione di diritti di confine, distintamente considerati, non sia superiore all’importo di 10.000 euro indicato dall’articolo 96, e non ricorrono le circostanze aggravanti ivi riportate, la violazione è di natura amministrativa, con conseguente immediata irrogazione da parte dell’Agenzia delle corrispondenti sanzioni. Diversamente, al superamento della cennata soglia di punibilità, la violazione deve essere considerata, prima facie, di natura penale e gli atti dell’accertamento devono essere trasmessi all’Autorità Giudiziaria competente. Qualora, poi, l’Autorità Giudiziaria non ravvisi la condotta dolosa, si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 96, comma 14.
Si richiama, altresì, l’attenzione sull’articolo 7, comma 3 del D.lgs 26 settembre 2024, n. 141 con il quale si dispone che le sanzioni amministrative di cui all’allegato 1 e all’articolo 3 del D.lgs si applicano alle violazioni commesse a partire dalla data di entrata in vigore del decreto stesso.
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 78 – Contrabbando per omessa dichiarazione – Articolo 79 – Contrabbando per infedele dichiarazione
Come detto il nuovo impianto sanzionatorio supera il concetto di contrabbando intra ispettivo ed extra ispettivo e introduce le due fattispecie di cui agli articoli 78 e 79 rispettivamente di omessa e infedele dichiarazione, avvicinandosi così al sistema sanzionatorio degli altri illeciti tributari penale e amministrativi.
L’art.78 – omessa dichiarazione – ricomprende al suo interno tutte le fattispecie di omissione dolosa all’adempimento dell’obbligo dichiarativo in relazione ai regimi doganali non specificatamente disciplinati dalle norme particolari di cui ai successivi articoli (artt. 80, 81, 82 e 83) sottraendo le merci, in qualunque modo e a qualunque titolo, alla vigilanza doganale e al pagamento dei connessi diritti di confine.
L’ultimo comma dell’art.78 riprende, in linea con il previgente TULD, la previsione dell’inversione dell’onere della prova, considerando il detentore delle merci non unionali nella zona di vigilanza terrestre, che non sia in grado o rifiuti di dimostrarne la legittima provenienza o presenti prove che non risultano attendibili, salva la dimostrazione del possesso della merce in conseguenza di altro reato da lui commesso, responsabile di contrabbando.
La fattispecie disciplinata dall’art.79, contrabbando per dichiarazione infedele, si realizza, invece, in tutte le ipotesi in cui, nonostante la parte abbia presentato la dovuta dichiarazione, viene rilevata una differenza, dolosamente voluta, con riguardo alla qualità, quantità, origine e valore delle merci o a ogni altro elemento occorrente per l’applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti dovuti.
La nuova disciplina, riconducendo nel concetto di omessa e infedele dichiarazione tutte le fattispecie, precedentemente frammentate in diverse disposizioni, ha perseguito lo scopo di razionalizzare la fattispecie criminosa del contrabbando; nelle generiche fattispecie proposte rientrano, infatti, tutte le ipotesi di omessa o infedele dichiarazione doganale non diversamente disciplinate, da chiunque poste in essere.
Come detto, le disposizioni in parola, così come le successive di cui agli articoli 80, 81,82 e 93 devono essere lette in stretta relazione con l’art.96 – sanzioni amministrative – in quanto solo in tale disposizione il legislatore ha specificato gli elementi di discrimine tra le fattispecie penali e quelle amministrative.
Considerato che il discrimine è stato individuato nell’elemento oggettivo del valore dei diritti di confine dovuti – cosicché, indipendentemente dalla valutazione della presenza o meno dell’elemento soggettivo del dolo, a fronte di una condotta in cui i diritti di confine dovuti, distintamente considerati, sono inferiori a 10.000 euro si applica la sanzione amministrativa mentre se il valore dei diritti è superiore alla sopradetta soglia, anche di un solo euro, si applica la sanzione penale, salvo diversa valutazione dell’Autorità giudiziaria – l’entità della sanzione, in assenza di circostanze aggravanti, per entrambe le fattispecie è stata fissata dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti.
Resta evidente la differenza della disciplina e delle conseguenze tra la multa, in caso di condotta penalmente rilevante, e la sanzione amministrativa, in presenza di condotta che rientra tra le fattispecie con minor disvalore sociale.
Considerato quanto sopra, i funzionari verificatori devono sempre procedere, nel rispetto anche delle disposizioni di cui all’art.107, all’invio della notizia di reato alla competente Autorità giudiziaria a fronte delle violazioni in questione e in presenza delle situazioni di seguito indicate:
– almeno uno dei diritti di confine dovuti supera la soglia di 10.000 euro, non è necessario effettuare alcuna valutazione sulla presenza o meno dell’elemento soggettivo del dolo in quanto attività propria della già menzionata Autorità. Qualora la predetta Autorità non ravvisi una condotta dolosa verrà applicata la sanzione amministrativa di cui al comma 14 dell’art.96;
– indipendentemente dal superamento della soglia dei 10.000 euro, è stata constatata una delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 88, comma 2, lettere da a) a d).
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 80 – Contrabbando nel movimento delle merci marittimo, aereo e nei laghi di confine
L’art. 80, rispondendo all’indicazione della delega di razionalizzazione delle fattispecie sanzionatorie, riporta in un’unica disposizione, senza sostanziali modifiche, le fattispecie di contrabbando nel movimento delle merci marittimo, aereo e nei laghi di confine, regolate dal TULD negli articoli 283, 284 e 285, individuando un reato “proprio” in quanto, diversamente dalle due disposizioni precedenti in cui è usata il termine “chiunque”, la tipologia del contravventore è rinvenibile esclusivamente nel comandante di aeromobili o nel capitano della nave.
Anche per le violazioni in questione è stata prevista la multa dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti e la notizia di reato deve essere trasmessa alla Autorità giudiziaria con le modalità e in presenza delle situazioni indicata al paragrafo relativo agli articoli 78 e 79.
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 81 – Contrabbando per indebito uso di merci importate con riduzione totale o parziale dei diritti
La disposizione in questione riprende, aggiornandolo e coordinandolo con le altre disposizioni sanzionatorie, l’articolo 287 del previgente TULD.
Nonostante la particolarità della condotta interessata, relative all’indebito utilizzo della franchigia doganale, al fine di evitare forme di reato “meno gravi” e uniformare il trattamento sanzionatorio in materia di contrabbando, la multa è uguale a quella prevista per le altre fattispecie di contrabbando – dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti – e anche in questo caso, la notizia di reato deve essere trasmessa alla Autorità giudiziaria con le modalità e in presenza delle situazioni indicata al paragrafo relativo agli articoli 78 e 79.
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 82 – Contrabbando nell’esportazione di merci ammesse a restituzione di diritti. Articolo 83 – Contrabbando nell’esportazione temporanea e nei regimi di uso particolare e di perfezionamento
Le disposizioni di cui agli articoli 82 e 83 disciplinano le particolari fattispecie del contrabbando nell’esportazione temporanea, nei regimi di uso particolare e di perfezionamento e nell’esportazione di merci ammesse a restituzioni di diritti, precedentemente regolate dagli articoli 290 e 291 del TULD.
La particolarità delle disposizioni in esame è da rinvenire nella previsione, diversamente da tutte le altre fattispecie penali, del dolo specifico dello “scopo di ottenere indebita restituzione di diritti” per la condotta di cui all’articolo 82 e dello “scopo di sottrarre merci al pagamento di diritti di confine” per quella di cui all’art.83.
Anche in questi casi, però, in attuazione del criterio di delega di uniformare e razionalizzare le sanzioni penali la multa prevista è in misura pari a quella delle altre fattispecie di contrabbando e anche per questi casi, in applicazione del letterale disposto dell’art.96 che esplicitamente rinvia anche a queste fattispecie, la notizia di reato deve essere trasmessa alla Autorità giudiziaria con le modalità e in presenza delle situazioni indicata al paragrafo relativo agli articoli 78 e 79.
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 84 – Contrabbando di tabacchi lavorati
L’art. 84, sul contrabbando di tabacchi lavorati, attualizza il dettato di cui all’art. 291-bis del previgente TULD.
L’articolo in argomento, prevedendo che chiunque introduca, venda, faccia circolare, acquisti o detenga a qualunque titolo nel territorio dello Stato quantità di tabacco lavorato di contrabbando superiori a 15 chilogrammi convenzionali, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Per la definizione di chilogrammo convenzionale, ci si deve riferire all’articolo 39 quinquies del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504.
I successivi due commi dettano disposizioni in merito alle sanzioni amministrative applicabili in presenza di minori quantitativi di tabacco. In particolare:
– sanzione amministrativa pari a 5 euro per ogni grammo convenzionale di prodotto, non inferiore in ogni caso a euro 5.000 se in presenza dei fatti previsti dal comma 1 la quantità di tabacco lavorato è inferiore a 15 chilogrammi convenzionali e non ricorrano le circostanze aggravanti di cui al successivo articolo 85;
– sanzione amministrativa in ogni caso pari a euro 500 se i quantitativi di tabacchi lavorati di contrabbando non sono superiori a 200 grammi convenzionali;
– la sanzione amministrativa in ogni caso pari a euro 1.000 se i quantitativi di tabacchi lavorati di contrabbando sono superiori a 200 e fino a 400 grammi convenzionali.
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 85 – Circostanze aggravanti del delitto di contrabbando di tabacchi lavorati – Articolo 86 – Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati
Gli articoli riprendono quanto disciplinato dagli articoli 291-ter e quater del previgente TULD, con esclusione del concorso delle circostanze aggravanti proprie con le circostanze attenuanti di cui all’art. 62 c.p.
Sono state previste pene detentive, maggiori rispetto a quelle indicate per il contrabbando doganale, per i casi di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati ma anche al contrabbando di prodotti succedanei dei prodotti da fumo, di prodotti contenenti nicotina e di prodotti accessori ai tabacchi da fumo.
Inoltre, in linea con la delega, sono stati previsti reati di tipo associativo
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 87 – Equiparazione del delitto tentato a quello consumato
Come già previsto dall’ex art. 293 del previgente TULD la norma conferma che, agli effetti della pena, il reato tentato è equiparato a quello consumato.
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 88 – Circostanze aggravanti del contrabbando
La disposizione recepisce con modificazioni il dettato dell’art. 295 del previgente TULD prevedendo aggravanti con maggiori sanzioni pecuniarie e, in linea anche con la direttiva PIF, aggravanti con sanzioni restrittive personali.
Relativamente alla sanzione pecuniaria, applicabile in presenza di utilizzo di mezzi di trasporto appartenenti a persona estranea al reato, in linea con le altre sanzioni penali, è stato previsto un aumento fino alla metà della multa che sarebbe stata comminata in assenza della circostanza aggravante.
Nessuna modifica è intervenuta in relazione alle aggravanti di cui al comma 2 punti da a) a d).
Relativamente alla circostanza di cui alla lettera e) del secondo comma (già introdotta dall’art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75) e a quella prevista dal terzo comma è stato specificato che l’ammontare dei diritti di confine dovuti deve essere considerato distintamente e che affinché si determini l’aggravante basta il superamento del valore indicato di uno dei diritti di confine dovuti.
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articoli da 89 a 93.
Relativamente agli articoli suindicati, la novità rispetto al previgente TULD è da rinvenire nella specifica per cui la recidiva può essere applicata e l’abitualità o la professionalità dichiarate, solo in presenza di precedenti condanne in via definitiva.
Capo I – Sanzioni di natura penale – Articolo 94 – Delle misure di sicurezza patrimoniali. Confisca – Articolo 95 – Destinazione di beni sequestrati o confiscati a seguito di operazioni anticontrabbando
Gli articoli riproducono il dettato degli articoli 301 e 301 bis del previgente TULD.
Si specifica che, nelle more dell’adozione del previsto DM (comma 8), ai fini della corretta attuazione dell’articolo in esame, si deve far rinvio alle disposizioni di cui al DM 23 novembre 2005, n. 295 (“Regolamento in materia di destinazione di beni sequestrati o confiscati a seguito di operazioni anticontrabbando ai sensi dell’articolo 301-bis del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43”)
– e della correlata nota del Direttore dell’Agenzia n. 12444/VDC/MM del 14/11/2006 – nonché alle ulteriori disposizioni/istruzioni successivamente impartite con i seguenti provvedimenti di prassi:
– nota n. 167472/RU del 28/10/2019 della ex Direzione Antifrode e Controlli (sull’affidamento a titolo gratuito di beni mobili registrati sequestrati o confiscati nell’ambito di operazioni anticontrabbando);
– nota n. 200563/RU del 23/6/ 2020 della Direzione Dogane (“Linee di Indirizzo per l’Uniformità dell’Azione amministrativa – Confisca merci non unionali in custodia temporanea”));
– Circolare ADM n. 12/2023 del 11/5/2023 (“Gestione mezzi di trasporto oggetto di sequestro e confisca per contrabbando”);
– Circolare ADM n. 13/2024 del 16/5/2024.
In particolare, con la predetta circolare n. 12/2023 sono state impartite le istruzioni per l’affidamento/assegnazione nelle specifiche ipotesi di sequestro e confisca dei mezzi di trasporto, con individuazione dei compiti degli Uffici delle Dogane nell’ambito di detta procedura, dei presupposti per la richiesta di affidamento temporaneo o di assegnazione definitiva, dei soggetti che possono presentarla e delle destinazioni d’uso dei mezzi di trasporto.
In merito alla confisca si evidenzia anche che, ai sensi dell’art. 124 del CDU, il sequestro, la confisca nonché la distruzione di merci soggette a dazi all’importazione/esportazione sotto sorveglianza doganale, ovvero l’abbandono delle stesse allo Stato, comportano l’estinzione dell’obbligazione: le merci abbandonate, sequestrate o confiscate si considerano, inoltre, vincolate al regime di deposito doganale, ex art. 198.2 del CDU.
La Corte di giustizia UE (v. sentenza C 489/20 del 7/4/2022) ha inoltre fornito in merito alcuni specifici criteri interpretativi direttamente applicabili in ambito nazionale – precisando in particolare che:
– l’estinzione dell’obbligazione si realizza – relativamente ai dazi – sia nel caso in cui il sequestro delle merci intervenga all’atto dell’introduzione irregolare” sia che si verifichi in un momento successivo;
– successivamente all’introduzione nel territorio nazionale, invece, l’obbligazione non si estingue per l’IVA e le accise, che restano esigibili in quanto la merce irregolarmente introdotta nel territorio doganale dell’UE deve intendersi anche definitivamente immessa in consumo e pertanto soggetta a detti tributi. Per una più dettagliata analisi di tali profili e connesse istruzioni, si rinvia alla Circolare ADM n. 13/2024 del 16/5/2024 (“Gestione mezzi di trasporto oggetto di sequestro e confisca per contrabbando. Chiarimenti operativi”).
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 96 – Sanzioni amministrative
La disposizione, che sostituisce gli articoli 295-bis e 303 del previgente TULD, è di particolare importanza in quanto unica norma che descrive le soglie di punibilità che discriminano l’illecito penale da quello amministrativo.
L’articolo regola la fattispecie tipica dell’illecito ammnistrativo relativo sia all’infedele sia all’omessa dichiarazione.
Il comma 1 stabilisce che, in assenza di una delle seguenti condizioni, l’illecito è sempre da considerarsi di natura amministrativa:
– al ricorrere di una delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 88, lett. da a) a d);
– in caso di evasione o di indebita percezione di diritti di confine a titolo di dazio, per un importo inferiore a euro 10.000.
La soglia è stata fissata tenendo conto di quanto disposto dall’articolo 4, comma 1 del D.lgs. n. 75 del 2020 di attuazione della direttiva PIF.
La determinazione del quantum sanzionatorio irrogato, al pari di quanto previsto dalle disposizioni concernenti tributi interni per illeciti analoghi, è stata realizzata ricorrendo ad un criterio basato su percentuali dell’ammontare dei diritti di confine dovuti.
In attuazione della delega e in conformità ai principi di deterrenza ed effettività delle sanzioni, sanciti dall’articolo 42 del CDU, è stata, comunque, prevista una soglia minima di sanzione pari a euro 2.000 euro per le condotte riconducibili alle fattispecie di cui agli articoli 78-80-81-82 e 83 e ad euro 1.000 per il solo illecito della dichiarazione infedele.
Il comma 2, invece, al fine di dare concreta attuazione al principio unionale di proporzionalità delle sanzioni, stabilisce una riduzione pari ad un terzo quando l’operatore economico dimostra di non avere avuto l’intenzione di realizzare un disvalore grave, dal momento che la differenza tra i diritti dichiarati e quelli accertati non supera il 3%. La disposizione permette anche di estrapolare una definizione di “Diritti di confine dovuti” individuabili, come sopra visto, nella differenza tra i diritti di confine dichiarati e quelli accertati.
Sempre in attuazione del principio di proporzionalità, il precetto dei commi 3, 4, 5 e 6 individua fattispecie di non punibilità salva l’ipotesi in cui il comportamento, pur non avendo determinato un pregiudizio economico all’Erario unionale, ha comunque arrecato un pregiudizio alle attività di controllo.
Le disposizioni di cui sopra stabiliscono, infatti, che, se viene accertato che i diritti di confine complessivamente dovuti sono inferiori a quelli dichiarati, non si applica la sanzione del comma 1; tuttavia, qualora nella dichiarazione non sono indicati in maniera esatta e completa tutti gli elementi prescritti per il compimento dei controlli viene irrogata una sanzione in misura fissa che va da euro 150 a euro 1.000 sanzionando la violazione c.d. formale.
Il comma 4 precisa, poi, che in caso di dichiarazioni contenenti più articoli, ancorché l’inesattezza degli elementi prescritti per l’accertamento riguardi più articoli, la sanzione sarà applicata una sola volta.
La circolare n. 25 del 29 novembre 2023 (prot. 713699/RU), per effetto della novella legislativa, è da intendersi superata.
Il comma 5 prevede, infine, un’esimente per le ipotesi in cui, nella verifica delle merci immesse nei magazzini o nei recinti di custodia temporanea, sia rinvenuta, rispetto alla giacenza dichiarata, un’eccedenza di quantità inferiore al due per cento o una deficienza di quantità inferiore al due per cento oltre il calo riconosciuto. Come chiarito dal successivo comma 6, laddove la deficienza di quantità sia superiore al due per cento, nell’irrogare la sanzione di cui al comma 1 occorre considerare l‘intera differenza, senza tener conto del calo riconosciuto. Se non si conosce il peso della merce mancante, questo deve essere calcolato in base alla media di quelle della stessa specie.
I successivi commi da 7 a 12 disciplinano la sanzione della confisca.
La previsione della confisca anche a fronte di sanzioni amministrative consegue alla scelta del legislatore di ancorare il discrimine con quelle penali alle disposizioni del D.lgs. 75/2000, attuativo della direttiva PIF.
La scelta effettuata comporta una assenza di valutazione dell’elemento soggettivo e l’applicazione di sanzioni penali e amministrative uguali.
L’inclusione della confisca tra le sanzioni amministrative riprende anche la previsione del nuovo codice doganale unionale in via di definizione, che, tra le sanzioni applicate per le infrazioni doganali, include anche la “confisca delle merci e dei mezzi di trasporto” (art. 254).
In particolare, i commi da 7 a 12 dispongono che, nei casi previsti dal comma 1, l’ufficio dell’Agenzia territorialmente competente deve sempre disporre, con motivato provvedimento, la confisca amministrativa delle merci oggetto dell’illecito; anche alla confisca amministrativa si applicano le disposizioni di cui al precedente articolo 95.
Sono fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 82 relativa al contrabbando nell’esportazione di merci ammesse a restituzione di diritti e le deroghe previste dai successivi commi 9 e 14.
Come chiarito dal comma 10, quando la violazione consiste in una differenza tra la quantità dichiarata e quella accertata, l’Ufficio deve procedere alla confisca della sola quantità di merce eccedente quella dichiarata mentre, per i beni indivisibili, si deve procedere alla confisca dell’intero bene.
Inoltre, nel caso di beni a seguito di viaggiatori, la confisca si applica solo quando il valore complessivo dei beni rinvenuti è pari o superiore a tre volte la franchigia doganale.
In base al disposto del comma 8, la confisca deve essere disposta anche rispetto ai mezzi di trasporto utilizzati per commettere la violazione nelle ipotesi in cui questi siano adattati per consentire lo stivaggio fraudolento di merci ovvero siano modificati per aumentare la capacità di carico o l’autonomia, in difformità con le caratteristiche costruttive omologate.
Le deroghe all’applicazione della confisca di cui al comma 9, si applicano solo a fronte di dichiarazione infedele e non anche nelle ipotesi di omessa dichiarazione, quando:
- a) pur essendo errati taluni elementi della dichiarazione, il dato corretto è desumibile dai documenti di accompagnamento;
- b) le merci dichiarate e quelle riconosciute in accertamento sono ricomprese nella tariffa in sotto voci differenti di una medesima voce e l’ammontare dei diritti di confine dovuti è uguale a quello dei diritti liquidati o lo supera di meno di un terzo;
- c) le differenze in eccesso o in difetto nella qualità o valore non superano il cinque per cento per ciascuna singolo dichiarato;
- d) quando le merci non sono occultate o nascoste nei bagagli e siano rese disponibili per la verifica;
- e) quando si tratta delle violazioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 5.
Un’ulteriore ipotesi di non applicazione della confisca, si rinviene nel comma 14, quando l’Autorità giudiziaria non ravvisando, a fronte di illecito superiore a 10.000 euro, una condotta dolosa, rimette la sanzione all’autorità amministrativa.
Gli ultimi due commi dell’art. 96 sono relativi a situazioni peculiari.
Il comma 13, ricalcando quanto previsto dall’art. 20, comma 4, della legge n. 449 del 1997, introduce un esimente per i casi in cui la revisione sia avviata su istanza del dichiarante.
Di particolare rilevanza è anche il comma 14 che definisce la sanzione amministrativa, da 80 al 150 % dei maggiori diritti dovuti e comunque non inferiore a 500 euro, da applicare nelle ipotesi in cui, a fronte di una notizia di reato per contrabbando per infedele dichiarazione di cui all’art. 79, l’Autorità giudiziaria non ravvisi una condotta dolosa.
La previsione di una sanzione inferiore a quella di cui al comma 1 e la non applicazione della confisca è da ricondurre alla valutazione effettuata dall’Autorità giudiziaria di assenza dell’elemento soggettivo del dolo. Sussistenza del dolo non dirimente, invece, nelle citate ipotesi di cui al comma 1.
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 97 – Violazioni nelle zone extra- doganali
La disposizione innova rispetto alla precedente legislazione punendo solo in via amministrativa la violazione delle disposizioni dell’art. 9, prevedendo per il calcolo della sanzione, i cui minimi e massimi edittali sono stati fissati in linea con il precedente articolo 96, che la stessa deve essere commisurata ai diritti di confine che sarebbero dovuti se la merce fosse stata immessa in consumo nel territorio doganale. In linea con il nuovo sistema sanzionatorio anche per questa fattispecie è stata prevista una sanzione minima di 2.000 euro.
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 98 – violazioni sul manifesto e sulla dichiarazione sommaria
La disposizione innovando rispetto all’art.302 del previgente TULD, ha introdotto anche l’ipotesi di violazioni relative alla dichiarazione sommaria, oltre che al manifesto, sanzionando sia l’omessa sia l’infedele redazione condotte che ostacolano l’attività di controllo svolta dall’amministrazione doganale.
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 99 – inosservanza di obblighi connessi al vincolo a un regime speciale e alla temporanea esportazione
La norma, nel razionalizzare le disposizioni concernenti le violazioni amministrative previste dal previgente TULD agli articoli dal 305 al 315, sanziona le violazioni agli obblighi prescritti dalle decisioni doganali di vincolo a un regime speciale e alla temporanea esportazione, non riconducibili né alla fattispecie penale di cui all’art. 83 né alla sanzione amministrativa dell’art. 96.
In particolare, al comma 1 è prevista la sanzione dal 100 al 200 per cento dei maggiori diritti di confine dovuti, comunque in misura non inferiore a euro 500 per chi “violando gli obblighi prescritti dalla connessa decisione doganale, altera, manomette, trasforma la merce vincolata al regime speciale o alla temporanea esportazione o la rende inutilizzabile”.
Il comma 2 prevede, invece, una sanzione in misura fissa, da euro 150 a euro 2.000, per il mancato rispetto dei termini e delle modalità prescritti per l’appuramento del regime.
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 100 – inosservanza degli obblighi imposti ai capitani di navi e ai comandanti di aeromobili
La disposizione sanziona condotte non riconducibili alla fattispecie penale di cui all’art.80 e alla sanzione amministrativa di cui all’art. 96.
Trattandosi di condotte che non incidono sulle entrate erariali, sono state previste sanzioni in misura in misura non collegata ai tributi ma comunque dissuasive e coerenti con il nuovo impianto sanzionatorio.
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 101 – Inosservanza di adempimenti per opere in prossimità della linea di vigilanza
La disposizione sanziona la violazione del precetto di cui all’articolo relativo al divieto di eseguire costruzioni in prossimità della linea di vigilanza doganale senza l’autorizzazione di ADM riproponendo la sanzione già prevista dall’art. 19 D.Lgs. 374/1990, che è stato abrogato.
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 102 – Rifiuto di fornire informazioni ed assistenza
La norma riprende quanto disposto dall’art. 35 c. 35 del D.L. 223/2006 (ora abrogato) e, in linea con le indicazioni dell’art. 15 CDU, sanziona il rifiuto di esibire, entro i termini assegnati, la documentazione e le informazioni richieste, nonché l’assistenza necessaria ai fini dell’espletamento delle attività di competenza di ADM e della GdF con una sanzione amministrativa compresa tra 5.000 e 10.000 euro. Anche in questo caso la disposizione vuole sanzionare le condotte che ostacolano l’attività di controllo svolta dall’amministrazione doganale e dalla Guardia di Finanza.
Capo II – Sanzioni di natura amministrativa – Articolo 103 – Altre violazioni
L’art. 103 introduce nuove fattispecie di illeciti amministrativi relativi a condotte volte a ostacolare i controlli in materia doganale e non riconducibili a altre violazioni penali o amministrative.
In linea con le altre disposizioni, la disposizione ha previsto una sanzione in misura fissa da 150 a 2.000 euro per le condotte di:
- a) inosservanza di un provvedimento relativo all’applicazione della normativa doganale;
- b) fornitura all’Agenzia e alla Guardia di Finanza di informazioni o documenti inesatti o invalidi;
- c) mancata conservazione dei documenti e delle informazioni relativi all’espletamento delle formalità doganali, nonché la tenuta non corretta delle scritture previste ai fini doganali;
- d) manomissione e l’alterazione dei sigilli doganali”.
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative
Il Capo III, riprendendo la struttura del previgente TULD, disciplina aspetti alle sanzioni amministrative di particolare interesse per la competenza dei funzionari dell’Agenzia, nonché per le procedure che devono essere poste in essere da parte degli Uffici doganali, con riguardo alla constatazione ed irrogazione delle sanzioni, alle modalità di pagamento e alla gestione dei beni e delle merci sequestrate o confiscate.
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articolo 104 – Rinvio all’impianto sanzionatorio tributario generale
Si tratta di una norma di particolare importanza in quanto afferma in maniera esplicita l’applicazione al sistema sanzionatorio doganale, per quanto non specificamente previsto e in quanto compatibile con le disposizioni in questione, dei principi e delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 18 dicembre 1997, n. 471 e n. 472 che disciplinano l’impianto sanzionatorio tributario nazionale.
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articolo 105 – Accertamento delle violazioni – 106 – Competenza dei funzionari dell’Agenzia
In linea con la legislazione precedente e con i principi di carattere generali unionali e nazionali l’art.105 ribadisce la necessità che le violazioni alla disciplina delle disposizioni in esame e alle altre norme la cui applicazione è demandata all’Agenzia, devono essere accertate mediante processo verbale e l’art.106 dispone che i funzionari dell’Agenzia operano, in tale contesto, in veste di “ufficiali di polizia tributaria.
Al riguardo si richiama l’attenzione su quanto previsto dagli articoli 30 e segg. della Legge n. 4/1929, in particolare: l’articolo 30 attribuisce la facoltà di accertare gli illeciti fiscali di natura penale in primis agli ufficiali ed agenti di polizia tributaria e, in via sussidiaria, agli agenti ed ufficiali della polizia giudiziaria; l’articolo 32 delinea il rapporto esistente tra attività di polizia tributaria e di polizia giudiziaria; l’art. 33, in aggiunta a quanto già previsto in materia dal c.p.p., conferisce agli ufficiali di polizia tributaria, con specifico ed esclusivo riferimento ai diritti doganali, la facoltà di procedere a perquisizione domiciliare qualora abbiano notizia o fondato sospetto che si tratti di violazioni costituenti reato, potendo agire in tal senso anche quando il medesimo potere sia espressamente stabilito da “leggi speciali”. Inoltre, a norma dell’articolo 35, agli agenti di polizia tributaria è consentito, per verifiche e ricerche utili all’accertamento, l’“accesso” in qualunque ora negli esercizi pubblici e in ogni locale adibito ad un’azienda industriale o commerciale.
Riguardo alle differenze tra poteri di polizia tributaria e poteri esercitabili nell’ambito dell’attività di polizia giudiziaria, si vedano gli artt. 55 c.p.p. e i chiarimenti/indirizzi operativi forniti dalla ex Direzione antifrode e controlli con nota n. 61530/RU del 24.05.2017.
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articoli da 107 a 109
Si premette che, al fine di individuare la competenza a ricevere il processo verbale di constatazione per le violazioni che comportano un’attività di accertamento tributario, sia amministrative che penali, deve applicarsi il principio di cui al comma 1 dell’articolo 42. Ove non sia possibile applicare tale criterio (NOTA 16), la competenza all’accertamento spetta all’Ufficio territorialmente competente sul luogo dove è constatata la violazione.
Relativamente al contenuto che deve avere il processo verbale di constatazione di violazioni, le disposizioni in questione specificano le procedure da seguire distinguendo a seconda che l’accertamento sia avvenuto all’interno o fuori degli spazi doganali.
A fronte di accertamenti avvenuti negli spazi doganali (art. 107), la redazione del processo verbale, anche a fronte di rapporti (verbali o scritti) di altri organi di polizia giudiziaria, è di esclusiva competenza dei funzionari dell’Agenzia.
Il processo verbale deve essere redatto dai funzionari doganali, sia per le violazioni alle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’unione sia per le violazioni di ogni altra disposizione nei casi in cui l’applicazione di essa è demandata all’Agenzia, sempre che sia accertata negli spazi doganali.
Ove la violazione costituisca reato, il processo verbale/notizia di reato deve essere trasmesso all’Autorità giudiziaria competente. Si evidenzia che, relativamente ai diritti di confine, per “Autorità giudiziaria competente” deve intendersi esclusivamente la Procura europea EPPO.
Il processo verbale deve essere redatto avendo cura di riportare quanto chiesto dal codice di procedura penale, in presenza di reati, e comunque sempre le indicazioni relative a:
- a) origine, qualità, quantità e valore delle merci;
- b) presa in consegna e custodia delle cose sequestrate;
- c) classificazione doganale delle merci;
- d) ammontare dei diritti dovuti nonché delle sanzioni penali e amministrative stabilite dalla legge per le violazioni accertate.
Con riguardo, infine, alle attività svolte negli spazi doganali dall’Agenzia e dal Corpo della Guardia di Finanza e ai connessi rapporti di collaborazione/raccordi operativi, si richiama all’osservanza delle istruzioni dettate dai vari atti di indirizzo adottati in materia (v. in particolare nota prot. 12315RI del 07/02/2014; nota prot. 139867RU del 15/12/2015) e da ultimo a quanto previsto dal “Protocollo d’intesa” relativo ai rapporti di collaborazione tra ADM e GdF sottoscritto in data 3/4/2023, con particolare riferimento agli artt. da 4 a 9.
Diversamente, per gli accertamenti aventi rilevanza penale avvenuti fuori dagli spazi doganali, relativi sia a violazioni alle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’unione sia a violazioni di ogni altra disposizione la cui applicazione è demandata all’Agenzia e per le quali può aver luogo l’estinzione o l’oblazione (art.108), il processo verbale deve essere tramesso, a cura del pubblico ufficiale che lo ha redatto, all’ufficio dell’Agenzia territorialmente competente sul luogo dove è stata constatata la violazione, salvo l’applicazione del principio di carattere generale sulla competenza all’accertamento in caso di revisione della dichiarazione ex articolo 42.
Per le violazioni alle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, nonché per le violazioni di ogni altra disposizione la cui applicazione è demandata all’Agenzia in cui non è ammessa né l’oblazione né l’estinzione (art.109), i processi verbali debbono essere trasmessi, dai pubblici ufficiali che li hanno redatti, direttamente alla competente Autorità giudiziaria e contemporaneamente all’ufficio dell’Agenzia competente.
Anche in questo caso si evidenzia che, relativamente ai diritti di confine, per “Autorità giudiziaria competente” deve intendersi esclusivamente la Procura europea EPPO.
Relativamente alla constatazione di violazioni aventi rilevanza penale, si richiamano le istruzioni operative fornite con vari atti di prassi, in particolare con Circ. n. 14/D del 15 ottobre 2015, inerenti alla necessità di prestare una particolare attenzione all’osservanza del c.d. principio del “doppio binario”, da cui discende l’obbligo di dare corso, anche in presenza del procedimento penale, all’azione amministrativa di accertamento (e riscossione) dei diritti doganali una volta che siano stati preventivamente individuati debito e debitore/i e previa acquisizione del nulla osta da parte del giudice, senza dover attendere l’esito del procedimento penale medesimo.
In tal caso, ove l’iter amministrativo si concludesse con l’irrogazione di una sanzione, la stessa potrà comunque essere sospesa in attesa della definizione del procedimento penale (come previsto dall’art. 6 del Reg. CEE 2988/1995) al fine di assicurare, nell’ipotesi di sovrapposizione della sanzione amministrativa e di quella penale (applicabile all’esito del relativo procedimento), il rispetto del principio sovranazionale del “ne bis in idem”.
Tale opzione (alternativa all’applicazione immediata della sanzione) dovrà essere attentamente valutata e ponderata, avviando consultazioni periodiche (anche con cadenza annuale) con la Procura EPPO in ordine allo stato dei singoli procedimenti penali, in modo da mantenere un adeguato livello di coordinamento temporale e materiale tra i diversi procedimenti, e da prevenire di conseguenza l’irrogazione di sanzioni complessivamente sproporzionate o non prevedibili.
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articoli 110 e 111
Le disposizioni in questione riprendono gli artt. 239 e 330 del previgente TULD in merito:
– alle ipotesi di insorgenza dell’obbligazione civile di una somma pari all’ammontare della multa inflitta a persona insolvibile da essi dipendente o sottoposta alla loro autorità, direzione o vigilanza, in capo al capitano, al comandante, al vettore, al capostazione, al capotreno, all’ente o alla persona da cui dipende il servizio o lo stabilimento, all’esercente o al proprietario salvo che non si tratti di persona dipendente dallo Stato, da una regione, da una provincia o da un comune o sia sottoposto alla loro autorità, direzione o vigilanza.
Il medesimo esonero da responsabilità riguarda anche i gestori di servizi di trasporto qualora il contrabbando sia commesso da viaggiatori.
Si evidenzia che, rispetto alla previgente norma del previgente TULD, non è più prevista la responsabilità solidale delle persone e degli enti suddetti ai fini del pagamento del debito;
– all’obbligazione solidale, per il pagamento della somma dell’obbligazione civile, del capitano con l’armatore, del comandante dell’aeromobile con la società di navigazione o con il proprietario dell’apparecchio, del capostazione e del capotreno, per le linee gestite dall’industria privata, con la società concessionaria, per il pagamento della somma dovuta;
– alla conversione della multa, in misure sostitutive ai sensi degli artt. 102 e 103 della L. 689/1981, nei confronti del condannato in assenza di pagamento da parte degli obbligati civilmente e dei loro obbligati solidali.
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articolo 112 – Estinzione dei delitti di contrabbando punibili con la sola multa
L’articolo 112 recepisce il disposto di cui al previgente articolo 334 TULD, prevedendo la possibilità per il contravventore, in caso di delitti di contrabbando punibili con la sola pena della multa, di estinguere il reato effettuando il pagamento, oltre che del tributo eventualmente dovuto, di una somma determinata dall’Agenzia in misura non inferiore al 100 per cento e non superiore al 200 per cento dei diritti previsti per la violazione commessa, ferma restando la confisca della merce.
Al riguardo, l’Ufficio, nel determinare la somma dovuta per l’estinzione, deve tener conto dei medesimi criteri utilizzati per la determinazione delle sanzioni amministrative tributarie.
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articolo 116 – Violazione dei divieti d’importazione e di esportazione
Si tratta di una norma di coordinamento conforme al processo di razionalizzazione del sistema sanzionatorio richiesto dalla legge delega.
La norma chiarisce, infatti, che l’applicazione delle pene comminate dalle “leggi speciali” relative ai divieti di importazione e di esportazione, non preclude l’applicazione delle disposizioni previste dalle presenti disposizioni quando il fatto sia punibile anche ai sensi di queste ultima.
Capo III – Disposizioni comuni al contrabbando e alle sanzioni amministrative – Articolo 118 – Gestione dei beni e delle merci sequestrate o confiscate
Con l’articolo in esame, in attuazione degli specifici criteri di delega, è stata razionalizzata e revisionata la procedura di gestione dei beni, delle merci sequestrate o confiscate, con particolare riferimento anche alle ipotesi di sequestro di tabacchi lavorati.
La regola generale consiste nell’affidamento dei beni in custodia all’Agenzia, salva diversa disposizione dell’Autorità giudiziaria per le fattispecie costituenti reato.
Sono, in ogni caso, estese le cautele previste dal codice di procedura penale, ove applicabili, per assicurare l’identità e la conservazione delle cose sequestrate o confiscate.
Per la cessione e la vendita delle merci sequestrate, se sussiste pericolo di deperimento, l’Agenzia può procedere alla vendita, previa autorizzazione, per le fattispecie costituenti reato, dell’Autorità giudiziaria, che si deve pronunciare entro trenta giorni.
Per evitare l’accumulo di merce sequestrata affidata all’Agenzia, è importante la previsione, nei procedimenti a carico di ignoti, di un termine di tre mesi dalla data di effettuazione del sequestro, oltre il quale l’Agenzia può procedere, ferma restando la facoltà di conservazione di campioni da utilizzare a fini giudiziari, alla distruzione delle merci sequestrate.
Per le fattispecie costituenti reato deve essere previamente inviata comunicazione all’A.G. e, fatta salva sua diversa indicazione, l’Agenzia può procedere alla distruzione decorsi 15 giorni dalla comunicazione.
Specifiche disposizioni sono dettate con riferimento ai tabacchi lavorati di contrabbando.
In particolare, l’Autorità giudiziaria qualora il decreto di sequestro o di convalida del sequestro non sia più assoggettabile a riesame, può:
- a) ordinare la distruzione del tabacco lavorato sequestrato, disponendo il prelievo di uno o più campioni determinandone l’entità, con l’osservanza delle formalità di cui all’articolo 364 del codice di procedura penale;
- b) autorizzare la consegna di un campione ai produttori nazionali o esteri.
In considerazione dei possibili elevati costi per il mantenimento dei reperti, è comunque consentito all’Agenzia, dopo un anno dal sequestro, di distruggere e campionare i prodotti – secondo le modalità definite con apposito DM – previa comunicazione all’Autorità giudiziaria e trascorsi 15 giorni da questa.
Sempre al fine di evitare i costi della custodia, l’articolo prevede che, nei casi in cui il soggetto a favore del quale è stata ordinata la restituzione delle merci, non provveda a ritirarle entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento che dispone la restituzione, l’agenzia possa dare avvio alle procedure previste dagli articoli da 75 a 77.
Resta ferma la possibilità, già presente nelle previgenti disposizioni, per il trasgressore di essere autorizzato a seguito di specifica istanza a riscattare le merci confiscate in via amministrativa previo pagamento del valore delle stesse, dei diritti dovuti, degli interessi, delle sanzioni e delle spese sostenute per la loro gestione.
A tale riguardo – come chiarito dalle sopra riferite circolari dell’Agenzia n. 12/2023 del 11/5/2023 e n. 13/2024 del 16/5/2024 con specifico riferimento ai mezzi di trasporto – qualora si tratti di mezzo confiscato in quanto utilizzato per commettere l’illecito di contrabbando, occorre opporre diniego all’istanza di riscatto del trasgressore; così come anche nel caso di merci/beni – diversi dai mezzi di trasporto – parimenti utilizzati per commettere l’illecito.
I costi per la distruzione delle merci possono essere anticipati dall’Agenzia e recuperati a carico dei soggetti individuati dalle disposizioni doganali unionali.
Sono fatte salve le disposizioni in materia di confisca nel contesto di operazioni anticontrabbando, di cui agli articoli 95 e le disposizioni sulle sanzioni amministrative di cui all’articolo 96.
D.lgs 141/2024 – Articolo 6 – Modifiche in materia di Iva all’importazione (articolo 67 D.P.R. 633/1972)
Nell’ambito della legge delega, è stato previsto anche un intervento in materia di IVA all’importazione:
Articolo delega fiscale | |
17.1, lettera e) | rivedere, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea, anche attraverso la promozione di accordi di cooperazione tra le amministrazioni dei Paesi membri e di forme di collaborazione tra le amministrazioni nazionali territorialmente competenti, le disposizioni finalizzate alla prevenzione, al controllo e alla repressione dell’utilizzo abusivo e fraudolento del regime doganale che consente l’esenzione dal pagamento dell’IVA al momento dell’importazione nell’Unione europea, come previsto all’articolo 143, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, anche al fine della tutela del bilancio nazionale e dell’Unione europea nonché del regime dei dazi. |
Il codice doganale unionale (regolamento UE 952/2013) prevede la possibilità di importare merci in uno Stato membro, ma destinate ad un soggetto residente di un altro Stato membro.
In tali casi, viene utilizzato il cosiddetto regime 42. Il regime doganale 42 è utilizzato dagli importatori per ottenere l’esenzione IVA quando i beni importati sono destinati a essere trasportati in un altro Stato membro per essere ivi immessi in consumo. L’IVA è dovuta nello Stato membro di destinazione.
Con l’articolo 8, comma 2, lettera i) della Legge 15 dicembre 2011, n. 217, è stato modificato l’articolo 67 del D.P.R. 633/1972, con l’introduzione dei commi 2 bis e 2 ter, volti a disciplinare le operazioni di importazione in regime 42 per ciò che concerne gli obblighi informativi dell’importatore e, in particolare:
– il numero di identificazione IVA attribuito al cessionario stabilito in un altro Stato membro (informazione obbligatoria per ogni operazione);
– idonea documentazione che provi l’effettivo trasferimento dei medesimi beni in un altro Stato membro dell’Unione (a richiesta dell’amministrazione doganale).
Il primo obbligo informativo permette alle autorità competenti di poter verificare l’assolvimento successivo da parte dell’importatore dell’inserimento dell’operazione sugli elenchi riepilogativi periodici delle cessioni intra-unionale.
Il secondo consiste in un controllo più stringente dell’amministrazione doganale sulla realtà dell’operazione di immissione in libera pratica e cioè se la merce importata sia giunta effettivamente al soggetto (cessionario) dell’altro Stato membro.
Con l’articolo 6 del D.lgs 141/2024, si è provveduto alla modifica dell’articolo articolo 67 del D.P.R. 633/1972, ed in particolare:
– all’aggiornamento dei riferimenti alla normativa unionale nel comma 2 bis;
– all’inserimento di un nuovo comma 2 quater.
L’inserimento del comma 2 quater ha l’obiettivo di rendere maggiormente effettivi e contemporaneamente dissuasivi i controlli della documentazione sull’effettiva consegna delle merci nell’altro Stato membro.
Qualora il controllo sia disposto nell’ambito dell’analisi dei rischi e quindi vi siano elementi di rischio connessi anche all’operatore (rischi soggettivi), l’Ufficio doganale può richiedere una cauzione pari all’importo dell’imposta il cui pagamento è sospeso, in attesa di ricevere e verificare la documentazione.
L’incameramento della cauzione avviene al verificarsi di una tra le 2 seguenti condizioni:
– non perviene, entro 45 giorni, la documentazione richiesta;
– la documentazione, pervenuta entro i termini previsti, non è ritenuta comprovante l’effettivo trasferimento delle merci oggetto dell’importazione nell’altro Stato membro dell’Unione.
Sul punto, la Commissione Europea, nel documento 12.2.2014 COM(2014) 69, ha evidenziato che l’obbligo generale di garanzia per tutti gli operatori o rappresentanti fiscali che vogliono avvalersi del regime doganale 42, costituisce un onere sproporzionato per le imprese corrette, oltre a mettere a repentaglio il corretto funzionamento del mercato interno, perché annulla la flessibilità e l’attrattiva della semplificazione offerta da questo regime. La Commissione ha pertanto precisato che un siffatto sistema dovrebbe essere applicato unicamente agli operatori a rischio.
Si evidenzia che, analogamente a quanto previsto in materia dalle disposizioni sui depositi IVA (art.50-bis, comma 4, lett. b), dl n.331/93, la cauzione non è richiesta ai soggetti in possesso dell’autorizzazione prevista dall’art.38 del Regolamento UE n. 952/2013 (soggetti certificati AEO) ed a quelli esonerati ai sensi dell’articolo 51 delle disposizioni complementari.
Allegato
(testo dell’allegato)
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Note:
(1) Si rimanda alla lettura della legge delega per meglio comprendere il perimetro entro cui si è mossa l’attività legislativa del Governo.
(2) Ad esempio, nell’ambito del traffico marittimo, i servizi doganali potranno essere organizzati per il solo tempo necessario al loro svolgimento nei soli giorni in cui sussiste detto traffico.
(3) Per gli aeroporti, il sedime aeroportuale ricomprende sia l’air side che la land side (aerostazione passeggeri, strade esterne al perimetro, capannoni esterni, ecc.)
(4) Cfr. Cass. pen., Sez. III, Sent., 11/02/2022, n. 4978
(5) In sostanza, si è provveduto al riallineamento dell’istituto a quanto dettato in materia dal CDU (vedi sul punto anche la circolare 8D del 2016 dell’Agenzia).
(6) Riferimento al provvedimento prot. 3204 R.U. del 21 gennaio 2013 – Modalità di affidamento della riscossione delle somme intimate con gli atti di cui all’articolo 9, comma 3-bis, del Decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni ed integrazioni, dalla Legge 26 aprile 2012, n. 44, in carico agli agenti della riscossione
(7) vedi articolo 87 CDU.
(8) Si richiamano i contenuti di cui alla circolare 8/D del 19 aprile 2016.
(9) Tale previsione era già contenuta nella precedente versione dell’art. 84 TULD, così come modificato dalla l’art. 12 della Legge europea 2018 (Legge 3 maggio 2019, n. 37, pubblicata in G.U. n. 109 dell’11 maggio 2019 ed entrata in vigore il 26 maggio 2019). Si veda inoltre la nota 37298/RU del 3 luglio 2019 con la quale è stata adeguata della Circolare 3/D del 24/3/2015 al Codice Doganale dell’Unione.
(10) Tracciati MMA e MMP ver. 32.
(11) Sito web ADM – Sezione servizi digitali – reingegnerizzazione sistemi doganali – presentazione merci
(12) La navigazione da diporto è quella effettuata in acque marittime o interne a scopi sportivi o ricreativi senza finalità di lucro.
(13) Rispetto all’elenco degli aeroporti doganali risultanti dal precedente Decreto D.M. 11 marzo 1993 e ss.mm.ii, si è avuto modo di rilevare che alcuni scali, pur essendo individuati come doganali, non sono operativi come tali. Essi, privi del codice IATA non sono stati infatti inclusi nella lista degli aeroporti internazionali comunicati dall’Agenzia alla Commissione Europea ai sensi dell’art. 45 del Reg. (UE) 2447/2015.
(14) Accordo quadro per l’affidamento agli Istituti Vendite Giudiziarie dei beni oggetto di confisca amministrativa per contrabbando e delle merci abbandonate tra ADM, Associazione Nazionale Istituti Vendite Giudiziarie e UN.I.V.G. ITALIA del 20 ottobre 2023.
(15) Si richiama l’attenzione su quanto dettato in materia dalla circolare 13/2024.
(16) Ad esempio, nel caso in cui la violazione non riguardi una dichiarazione doganale già registrata.