La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 26520 depositata il 27 novembre 2013 intervenendo in tema di decadenza del lavoratore dalla cassa integrazione ha affermato che nel caso in cui il lavoratore collocato in Cassa integrazione guadagni non abbia dato comunicazione all’INPS dello svolgimento di un lavoro saltuario o temporaneo, questi decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale e tale decadenza deve estendersi all’intero periodo di concessione del beneficio, anche se lo svolgimento dell’attività lavorativa si sia verificato solo in un periodo.
La vicenda ha avuto origine dalla richiesta dell’INPS nei confronti di un lavoratore in cassa integrazione guadagni il quale aveva svolto, anche se saltuariamente, attività lavorative durante il periodo della CIG senza comunicarlo all’Istituto, per cui secondo l’INPS il lavoratore era decaduto dal diritto al trattamento di integrazione salariale. Il Tribunale adito aveva accolto parzialmente sia le domande del lavoratore che quelle della domanda riconvenzionale dell’INPS. La Corte di Appello, a cui aveva presentato gravame l’INPS, respingeva il ricorso avverso la decisione del giudice di prime cure.
Per la cassazione della sentenza del giudice di seconde cure l’INPS proponeva ricorso, affidandosi ad un unico motivo di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’INPS cassando la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigettando la domanda del lavoratore. I giudici di legittimità hanno evidenziato che l’istituto della cassa integrazione ed i relativi provvedimenti di prolungano della durata sono da collocare unitariamente (senza distinzione tra intervento ordinario e intervento straordinario) nell’ambito del diritto pubblico dell’economia. Inoltre hanno affermato che la prima disposizione persegue lo scopo di evitare il cumulo, fino alla concorrenza, tra l’erogazione (quantomeno integrale: cfr. Cass. 14 aprile 1993 n. 4419, 14 giugno 1995 n. 6712) della previdenza pubblica e quella proveniente da una attività lavorativa suscettibile di produrre reddito per chi la svolge ed implica pertanto per la sua concreta applicazione l’accertamento a posteriori della effettiva percezione di un reddito e del relativo ammontare giorno per giorno in costanza di sospensione in CIGS, essa, in particolare, prevede la perdita da parte del lavoratore, che presta attività lavorativa durante il periodo di cassa integrazione, del diritto alla relativa integrazione per tutto il periodo lavorativo in ragione della cessata funzione sociale del trattamento integrativo, che trova la sua causa nello stato di bisogno in cui versa il lavoratore che fuoriesce dal circuito occupazionale (Cass. 21 febbraio 2007, n. 4004).La disposizione di cui all’art. 8, comma 5, è invece diretta a consentire all’INPS la tempestiva verifica relativamente alla compatibilità della attività temporanea o saltuaria (non a tempo indeterminato, che determinerebbe l’estinzione del rapporto di lavoro presupposto dell’integrazione: Corte cost. sentenza 26 maggio 1995 n. 195) che l’interessato intende svolgere con l’erogazione, totale o parziale, dell’integrazione salariale nel medesimo periodo. Essa stabilisce, quindi, la decadenza “dal diritto al trattamento di integrazione salariale” ai danni del lavoratore che – diversamente da quanto in precedenza previsto – tralascia di comunicare all’INPS lo stato di occupazione.
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