La Corte di Cassazione sezione Lavoro con la sentenza n. 21909 del 25 settembre 2013 intervenendo in materia di malattia professionale e risarcimento danni ha statuito che il giudice, una volta che abbia ammesso i testimoni, ha l’obbligo di escuterli, a meno che la parte che li abbia indicati sia incorsa in decadenza o vi abbia rinunziato con il consenso dello stesso giudice e l’adesione delle altre parti.
La vicenda ha visto protagonista la ex dipendente di una società che ha presentato una domanda al Tribunale, in veste di giudice di lavoro, volta ad ottenere la condanna della ex datrice di lavoro risarcimento dei danni subiti in conseguenza all’asbestosi con mesotelioma di carattere professionale contratta in conseguenza dell’attività lavorativa come operaio specializzato addetto alla demolizione, costruzione e ristrutturazione dì edifici pubblici e privati, senza l’utilizzazione di maschere protettive dall’inalazione delle polveri, non fornitegli dalla datrice di lavoro.
Il Tribunale rigetta la domanda della ex lavoratrice, la quale ricorre avverso la decisione del giudice di prime cure inanzi alla Corte di Appello che conferma la sentenza impugnata. Per cui il dipendente propone ricorso dinanzi alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza dei giudici di appello basandolo su tre motivi.
Gli Ermellini hanno affermato che nel rito del lavoro una decadenza a carico della parte per la mancata comparizione all’udienza fissata per l’espletamento della prova si produce soltanto per effetto di provvedimento emesso in tal senso dal giudice su istanza della controparte comparsa, mentre non può ritenersi rinuncia implicita all’assunzione dei testi richiesti il semplice silenzio serbato dalla parte richiedente dopo l’ammissione, atteso che la legge non prevede un obbligo per la parte di “insistere” per l’assunzione di una prova regolarmente indicata e ammessa e che la rinuncia alla prova deve essere esplicitata dalla parte che l’aveva indicata e produce effetto solo in seguito all’adesione delle altre parti e al consenso del giudice.
Il giudice, ove si verta in situazione di semiplena probatio, ha il potere-dovere di provvedere d’ufficio agli atti istruttori idonei a superare l’incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, indipendentemente dal verificarsi di preclusioni o di decadenze in danno delle parti, dovendo, quindi, motivare sulla mancata attivazione dei poteri istruttori officiasi là dove sollecitato dalla parte a integrare la lacuna istruttoria. L’esercizio del potere d’ufficio del giudice è possibile e doveroso solo allorquando si sia in presenza di allegazioni e di un quadro probatorio che, pur delineati dalla parti, presentino incertezze. Ne consegue che, in tema di prova testimoniale, ove i testi siano chiamati a deporre su specifiche circostanze di fatto tempestivamente dedotte dalla parte, tale collegamento tra onere di allegazione e prova risulta rafforzato al punto che, anche in omaggio al principio costituzionale di ragionevole durata del processo, ne è impedito il frazionamento tra primo e secondo grado di giudizio.
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