AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 31 maggio 2019, n. 174
QUESITO
[ALFA], […], (di seguito istante), in sintesi fa presente che, il […], l’Ufficio distrettuale delle imposte dirette notificava un avviso di accertamento […] per il periodo di imposta […].
Il predetto avviso è stato impugnato; la Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso con riferimento alla maggior parte dei rilievi formulati nell’avviso di accertamento, ad eccezione di quello concernente il recupero a tassazione di una perdita su crediti ritenuta indeducibile. L’esito del giudizio di appello è risultato totalmente favorevole al contribuente.
La sentenza di secondo grado è stata cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale.
Anche in sede di giudizio il contribuente è risultato totalmente vittorioso.
Alla data di presentazione dell’interpello, il giudizio risulta pendente davanti alla Corte di cassazione, a seguito di ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Secondo quanto sostenuto dall’istante, nel ricorso per cassazione è stato omesso qualsiasi riferimento al rilievo concernente le perdite su crediti, deciso in primo grado a favore dell’Agenzia delle entrate; di conseguenza, l’istante ritiene che su tale rilievo si sia formato un giudicato interno favorevole al medesimo.
Tanto premesso, al fine dell’eventuale adesione alla definizione agevolata della controversia ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, l’istante chiede chiarimenti circa la determinazione degli importi da versare.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In sintesi, l’istante è dell’avviso che, nel caso di specie, la controversia possa essere definita in via agevolata mediante il pagamento del 5 per cento del valore della controversia, ai sensi del comma 2-ter dell’articolo 6 del decretolegge n. 119 del 2018, ritenendo integrata la condizione della soccombenza integrale dell’Amministrazione finanziaria nei precedenti gradi di giudizio.
Ritiene, sulla base di diverse argomentazioni, irrilevante a tal fine sia la sentenza di cassazione con rinvio sia la soccombenza della società in primo grado in relazione ad un rilievo su cui, successivamente, si sarebbe formato un giudicato ad essa favorevole.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Si evidenzia preliminarmente che la presente risposta è fornita sulla base di quanto esposto dall’istante senza valutazioni sullo svolgimento del processo tributario e sui suoi esiti.
L’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018, che disciplina la definizione agevolata delle controversie tributarie, al comma 1 dispone che “Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546”.
Il comma 2 stabilisce che “In deroga a quanto previsto dal comma 1, in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto, le controversie possono essere definite con il pagamento:
a) del 40 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;
b) del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado”.
Il comma 2-bis prevede che “In caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, secondo le disposizioni di cui al comma 2, per la parte di atto annullata”.
Il successivo comma 2-ter statuisce che “Le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia”.
Sulla definizione agevolata sono stati forniti chiarimenti con le circolari n. 6/E del 1° aprile 2019 e n. 10/E del 15 maggio 2019.
In particolare, la circolare n. 6/E del 2019, in riferimento alla determinazione degli importi dovuti per la definizione agevolata della controversia, ha precisato che la misura del 5 per cento, prevista dal comma 2-ter dell’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018, si applica nel solo caso in cui il giudizio penda innanzi alla Suprema Corte alla data del 19 dicembre 2018 (oltre
che alla data di presentazione della domanda di definizione agevolata – cfr. circolare n. 6/E del 2019, par. 3.) e tutte le precedenti pronunce siano integralmente sfavorevoli all’Agenzia delle entrate. Secondo quanto si legge nella citata circolare n. 6/E del 2019, “Non sono […] definibili con la riduzione al cinque per cento le liti per le quali l’Amministrazione sia risultata anche parzialmente vittoriosa – indipendentemente dalla misura – in almeno uno dei precedenti gradi.
“La soccombenza dell’Agenzia delle entrate è determinata dal raffronto tra quanto richiesto dal contribuente e quanto deciso dall’organo giurisdizionale adito e si considera «integrale» quando la domanda del contribuente sia stata accolta.” (cfr. par. 5.1.5.).
Nella fattispecie oggetto di interpello, ove l’Amministrazione è risultata parzialmente vittoriosa in primo grado, non risulta verificata la condizione prevista dal comma 2-ter dell’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018, ossia la soccombenza dell’Agenzia delle entrate “in tutti i precedenti gradi di giudizio”, con la conseguenza che la controversia non può essere definita con il pagamento del 5 per cento del valore della lite.
L’eventuale formazione di un giudicato interno – circostanza asserita dall’istante ma non verificabile in sede di interpello – non muta l’esito del giudizio di primo grado ma incide unicamente sulla determinazione dell’effettivo valore della controversia (al riguardo cfr. la circolare n. 6/E del 2019, par. 5., e la circolare n. 10/E del 2019, par. 2.3.).
Si consideri, inoltre, per la verifica della sussistenza del requisito della soccombenza dell’Agenzia delle entrate nei precedenti gradi di giudizio, quanto chiarito al paragrafo 2.4 della circolare n. 10/E del 2019. In particolare, è stato esaminato il caso in cui sia la Commissione tributaria provinciale sia la Commissione tributaria regionale abbiano deciso in favore del contribuente, la
Suprema Corte abbia cassato con rinvio accogliendo una questione di rito sollevata dall’Agenzia delle entrate e la Commissione tributaria regionale in sede di rinvio abbia messo una sentenza favorevole al contribuente depositata prima del 24 ottobre 2018 e impugnata in Cassazione con ricorso notificato prima del 19 dicembre 2018.
Il predetto documento di prassi ha precisato che “Nell’ipotesi rappresentata, la controversia è definibile tramite il pagamento di un importo corrispondente al 15 per cento del relativo valore, ai sensi della lettera b) del comma 2 dell’articolo 6. Tale norma opera, infatti, anche qualora l’ultima pronuncia depositata alla data del 24 ottobre 2018, favorevole al contribuente, sia stata emessa dalla Commissione tributaria regionale in qualità di giudice del rinvio. Va dunque esclusa l’applicabilità del comma 2-ter dello stesso articolo 6, secondo cui possono essere definite con il pagamento del 5 per cento del valore le controversie pendenti innanzi alla Corte di cassazione alla data del 19 dicembre 2018, «per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio».
“Di contro, nel caso di specie, il giudizio di impugnazione della pronuncia di secondo grado favorevole al contribuente, instaurato dall’Agenzia delle entrate, si è concluso con una sentenza di cassazione con rinvio, da considerarsi favorevole alla medesima Agenzia”.
Alla luce di quanto fin qui detto la controversia in cui è parte l’istante può essere definita con il pagamento del 15 per cento del valore della stessa, ai sensi della lettera b) del comma 2 dell’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018.
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