AGENZIA delle DOGANE – Circolare n. 9/D del 14 marzo 2023
Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti in cui è parte l’agenzia delle dogane e dei monopoli, ai sensi dell’articolo 1, commi da 186 a 203, della Legge n. 197 del 2022
SOMMARIO
PREMESSA
1) I PRESUPPOSTI GENERALI DELLA DEFINIZIONE AGEVOLATA
2) L’ATTRIBUZIONE DELLA CONTROVERSIA ALLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA
3) LA TIPOLOGIA DI ATTI IMPUGNATI
4) LA TIPOLOGIA DI TRIBUTI IN CONTESTAZIONE E LA NOZIONE DI CONTROVERSIA
5) LA QUALITA’ DI “PARTE” DELL’AGENZIA
6) LA PENDENZA DELLA CONTROVERSIA ALL’1/1/2023
7) GLI IMPORTI DOVUTI PER LA DEFINIZIONE AGEVOLATA
8) LA DOMANDA DI DEFINIZIONE AGEVOLATA
9) IL MOMENTO PERFEZIONATIVO DELLA DEFINIZIONE E I RELATIVI EFFETTI
10) IL PROCEDIMENTO DI DEFINIZIONE AGEVOLATA E L’EVENTUALE DINIEGO
11) ESEMPI PRATICI
PREMESSA
Nella G.U. – Serie Generale n. 303 del 29-12-2022 – Suppl. Ordinario n. 43 è stata pubblicata la Legge n. 197 del 2022, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025”.
Con la presente circolare, si forniscono indicazioni in merito alla definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti disciplinata dall’articolo 1, commi da 186 a 203, della Legge n. 197 del 2022, nelle quali sia parte l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Nel prosieguo, si intenderà:
– per “Agenzia” l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
– per “Direttore dell’Agenzia”, il Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
– per “CGT1” le corti di giustizia tributaria di primo grado;
– per “CGT2” le corti di giustizia tributaria di secondo grado.
Ogni riferimento a “commi” si intende, ove non diversamente specificato, ai commi dell’articolo 1 della Legge n. 197 del 2022.
1) I PRESUPPOSTI GENERALI DELLA DEFINIZIONE AGEVOLATA
Il comma 186 dell’articolo 1 della Legge n. 197 del 2022 stabilisce che “le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte … l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546”.
I presupposti generali per fruire della definizione agevolata disciplinata dalla Legge n. 197 del 2022 sono dunque:
– l’attribuzione della controversia alla giurisdizione tributaria;
– la qualità di “parte”, nella controversia, dell’Agenzia;
– la pendenza della controversia alla data dell’1/1/2023;
– la domanda da parte del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione;
– il pagamento di un importo stabilito in base al valore della controversia.
La sussistenza di tali presupposti è oggetto di un procedimento di controllo presso l’Agenzia, che può concludersi con un provvedimento di “diniego”, da notificare al soggetto richiedente la definizione, entro il 31/7/2024.
2) L’ATTRIBUZIONE DELLA CONTROVERSIA ALLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA
Sotto il profilo della giurisdizione, sono definibili ai sensi della Legge n. 197 del 2022 tutte le controversie pendenti innanzi agli organi di giustizia tributaria purché concernenti questioni devolute alla giurisdizione tributaria, ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 546/1992. Tenuto conto che il difetto di giurisdizione delle CGT1 e delle CGT2 è rilevabile d’ufficio dal giudice, ai sensi dell’articolo 37 c.p.c. e dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 546/1992, in ogni stato e grado del procedimento, è comunque ipotizzabile che il giudice tributario, ove rilevi la propria carenza di giurisdizione sulla controversia, non potrà, anche in presenza delle condizioni previste dal comma 198 (deposito di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata) fornire “viabilità” alla definizione agevolata e non potrà dichiarare estinto il processo, bensì dovrà dichiarare il proprio difetto di giurisdizione. In ogni caso, qualora l’Agenzia abbia sollevato in giudizio il difetto di giurisdizione, l’Agenzia riterrà non definibile in via agevolata la controversia e, pertanto, le domande di definizione agevolata relative alla controversia saranno esitate con il diniego di cui al comma 200.
Sono da annoverare, sotto il profilo della giurisdizione, tra le controversie definibili, quelle pendenti in riassunzione presso organi della giurisdizione tributaria, provenienti da organi di altre giurisdizioni mentre non potranno essere considerate definibili le controversie, provenienti da organi della giurisdizione tributaria, in attesa di essere riassunte presso organi di una diversa giurisdizione.
3) LA TIPOLOGIA DI ATTI IMPUGNATI
La Legge n. 197 del 2022 non pone limiti alla tipologia di atti impugnati nelle controversie definibili (diversamente da previgenti procedure di definizione agevolata delle liti pendenti, non applicabili all’Agenzia, ad esempio, quella di cui all’articolo 6 del Decreto Legge n. 119 del 2018 convertito in Legge n. 136 del 2018, la quale prevedeva che le controversie definibili dovessero avere ad oggetto “atti impositivi”), purché si versi innanzi alla giurisdizione tributaria e si tratti di questioni devolute alla giurisdizione tributaria. Saranno, dunque, definibili, oltre alle controversie relative agli avvisi di pagamento, gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica, gli avvisi di liquidazione e gli altri atti di competenza dell’Agenzia a carattere impositivo, compresa l’irrogazione di sanzioni tributarie e di indennità di mora, anche le controversie relative, ad esempio, ad atti meramente riscossivi. Si ritiene di richiamare, in proposito, il principio della necessaria “natura effettiva” della controversia, il quale trova giustificazione nel principio generale del divieto di abuso del processo allo scopo di creare surrettiziamente una lite pendente al fine di ottenere una definizione agevolata, ove a monte esista un accertamento definitivo (cfr. Cassazione SS.UU. n. 19298/2021). Pertanto, qualora la controversia abbia ad oggetto un atto della riscossione (ad esempio, la cartella esattoriale) e l’accertamento sia divenuto definitivo, l’Agenzia, ove sia parte nella controversia, non potrà ritenere definibile la fattispecie.
Tenuto conto che per la definizione agevolata il legislatore fa riferimento al valore della controversia, le controversie di valore indeterminabile non possono essere definite, così come le controversie nelle quali siano impugnati atti nei quali non risulta essere stata ancora quantificata la pretesa erariale, come i verbali di operazioni compiute. Essendo necessario, per il perfezionarsi della definizione agevolata, il versamento di un importo (che può anche essere pari a zero, ma mai negativo), non possono essere definite in via agevolata le controversie aventi ad oggetto dinieghi espressi o taciti di rimborso/restituzione né dinieghi di agevolazioni.
4) LA TIPOLOGIA DI TRIBUTI IN CONTESTAZIONE E LA NOZIONE DI CONTROVERSIA
Circa le tipologie di tributi in contestazione, il comma 193 esclude dalla definizione agevolata le controversie concernenti, anche solo in parte:
– le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio del 14 dicembre 2020, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;
– le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.
Riguardo alla nozione di “controversia”, va sottolineato che la Legge n. 197 del 2022 utilizza il termine in due accezioni diverse:
– “controversia” con un ambito riferito all’ “atto impugnato”:
– nel comma 195 è specificato che per “ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda di definizione agevolata esente dall’imposta di bollo ed effettuato un distinto versamento. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato”;
– “controversia” con un ambito riferito alla lite:
– nel comma 192: “la definizione agevolata si applica alle controversie … per le quali … il processo non si sia concluso …”
– nel comma 197: “le controversie definibili non sono sospese … In tal caso il processo è sospeso”;
– nel comma 198: “nelle controversie pendenti … in caso di deposito ai sensi del comma 197 secondo periodo, il processo è dichiarato estinto …”;
– nel comma 199: “per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione”;
– nel comma 201: “per i processi dichiarati estinti ai sensi del comma 198, l’eventuale diniego della definizione è impugnabile …”.
Pertanto:
– il contribuente deve presentare una distinta domanda di definizione agevolata per ciascun atto impugnato nella controversia che si intende definire (non sono ammesse domande aventi ad oggetto più atti impugnati);
– ciascuna domanda di definizione agevolata deve essere formulata per l’intero valore in contestazione del singolo atto impugnato e non per una parte soltanto.
Assunta la nozione di “controversia”, in generale, come “lite”, eccetto che per il ristretto ambito disciplinato dal comma 195, ne deriva che il comma 193 va interpretato nel senso che non sono definibili le liti concernenti, anche solo in parte, le risorse proprie tradizionali e/o l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione. Per tali controversie, infatti, tutti gli atti impugnati non potranno essere oggetto di definizione agevolata, e non solo quelli recanti recupero dei citati tributi, salvo le precisazioni più oltre fornite.
5) LA QUALITA’ DI “PARTE” DELL’AGENZIA
Le controversie che sono definibili con domanda rivolta all’Agenzia sono quelle in cui l’Agenzia riveste la qualità di “parte” nella controversia. Al riguardo, il comma 186 richiama una nozione formale di parte, vale a dire di soggetto destinatario del ricorso/appello, e quindi chiamato in giudizio o intervenutovi volontariamente. Infatti, qualora non risulti destinataria del ricorso/appello o non venga chiamata in giudizio o non vi sia intervenuta volontariamente, l’Agenzia, pur eventualmente rivestendo la qualità di “ente creditore”, non ha alcun margine per fornire viabilità amministrativa alla domanda di definizione agevolata. Pertanto, in tutti i casi in cui si controverta di un credito tributario relativamente al quale l’Agenzia rivesta la posizione di “ente creditore”, ma non risulti destinataria del ricorso/appello né sia stata chiamata in giudizio né vi sia intervenuta volontariamente, l’Agenzia concluderà il procedimento con un provvedimento di diniego. Va, tuttavia, precisato che nei casi in cui sia stato ritualmente notificato il ricorso/appello all’Agenzia o la stessa sia stata regolarmente chiamata in giudizio, non è necessario, ai fini della procedibilità della domanda di definizione agevolata, che l’Agenzia si sia formalmente costituita nel giudizio.
Con riferimento alle controversie nelle quali l’Agenzia sia evocata in giudizio pur non essendo “ente creditore” delle somme in contestazione, la domanda di definizione agevolata presentata presso l’Agenzia non potrà essere considerata procedibile in quanto l’Agenzia non dispone del relativo credito. Con riferimento ai crediti degli enti territoriali rispetto ai quali l’Agenzia agisce come mero soggetto accertatore/riscossore, si segnala il disposto del comma 205, secondo cui “Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 marzo 2023, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni dei commi da 186 a 204 alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale”.
6) LA PENDENZA DELLA CONTROVERSIA ALL’1/1/2023
Per la “viabilità” della definizione agevolata, occorre che la controversia sia pendente all’1/1/2023, data di entrata in vigore della Legge n. 197 del 2022. In particolare, il comma 192 stabilisce che è definibile la controversia il cui ricorso in primo grado sia stato notificato all’Agenzia entro l’1/1/2023 e il cui “processo” non si sia ancora concluso con pronuncia definitiva alla data di presentazione della domanda di definizione agevolata.
Possono essere definite, pertanto, anche le controversie per le quali il ricorrente abbia notificato all’Agenzia il giudizio introduttivo del primo grado entro l’1/1/2023 ma non si sia costituito entro il predetto termine, perché ancora nei termini ex articolo 22 del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, eventualmente anche per effetto di quanto disposto dall’articolo 17-bis, comma 3, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992.
Il fatto che la controversia è considerata pendente fino a che “il processo non sia concluso con pronuncia definitiva”, comporta che potrà essere definita anche una controversia per la quale sia stata depositata la pronuncia conclusiva del grado di giudizio, purché non siano ancora spirati i termini per impugnarla. Riguardo a tali termini, il comma 199 dispone che “Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore della presente legge e il 31 luglio 2023”. Pertanto, ove i termini per impugnare una pronuncia conclusiva del grado di giudizio relativamente ad una controversia definibile, scadano nel periodo 1/1/2023 – 31/7/2023, essi sono sospesi per un periodo di 9 mesi. Il termine a quo da cui calcolare il periodo di sospensione è l’1/1/2023. Ad esempio, se una sentenza non notificata risulta depositata il 20/12/2022, il termine lungo per impugnare sarà sospeso dall’1/1/2023 fino al 30/9/2023 e riprenderà a decorrere dall’1/10/2023, conteggiandosi un mese dall’originario termine fino al 20/10/2023, e i successivi cinque mesi fino al 20/3/2024, nuova scadenza del termine per impugnare. Dalla sospensione automatica sono esclusi tutti i termini processuali diversi da quelli per impugnare, compresi quelli per la proposizione del ricorso in primo grado e quelli per la costituzione in giudizio del contribuente e dell’ufficio presso le CGT1 e le CGT2.
Le controversie che alla data di presentazione della domanda di definizione agevolata, risultano essere state decise con sentenza della Corte di Cassazione senza rinvio non possono essere definite in via agevolata. Possono, invece, essere definite in via agevolata le controversie decise in Cassazione con sentenza di rinvio e che risultano riassunte (ma non ancora decise in via definitiva) o ancora nei termini per la riassunzione. Problemi si pongono, invece, per le controversie provenienti da rinvio della Cassazione per le quali i termini di riassunzione siano scaduti e ciononostante il contribuente provveda al deposito in giudizio dell’atto di riassunzione, sul quale, comunque, il giudice deve esprimersi, fosse anche solo per rilevare l’intervenuta estinzione ex-lege (articolo 63 del Decreto Legislativo n. 546 del 1992) del processo, e che, quindi, potrebbe dar luogo, comunque, ad una “controversia pendente” ai fini della definizione agevolata. Ciò induce a ritenere che il giudice sia chiamato, in generale, a valutare, prima di decretare la cessata materia del contendere e la conseguente estinzione del processo per effetto del perfezionamento della definizione agevolata, oltre alla propria giurisdizione anche l’ammissibilità del ricorso (anche essa rilevabile d’ufficio, ex articolo 22 del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, in ogni stato e grado del giudizio).
7) GLI IMPORTI DOVUTI PER LA DEFINIZIONE AGEVOLATA
Gli importi dovuti per la definizione agevolata differiscono in base alle casistiche previste dai commi da 186 a 191. Al fine di determinare correttamente gli importi in questione, si dovrà preliminarmente tenere in conto che:
– per “valore della controversia” si intende il valore della lite come determinato ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, vale a dire “l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato;
in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste”. Ai fini della determinazione dell’effettivo valore della controversia, vanno comunque esclusi gli importi di cui all’atto impugnato che eventualmente non formano oggetto della materia del contendere, come avviene, ad esempio, nelle ipotesi di contestazione parziale dell’atto impugnato, di formazione di un giudicato interno, di conciliazione o mediazione perfezionate, che non abbiano definito per intero la lite, ovvero in caso di parziale annullamento dell’atto a seguito di esercizio del potere di autotutela da parte dell’ufficio, formalizzato tramite l’emissione di apposito provvedimento;
– per “soccombenza dell’Agenzia” si intende la soccombenza totale o parziale dell’Agenzia. Si tenga in conto che, in caso di soccombenza parziale dell’Agenzia, la controversia è definibile per l’intero, ma, per la parte che ha visto l’Agenzia vittoriosa, occorre pagare il 100% del valore della controversia, mentre solo per la parte che ha visto l’Agenzia soccombente è possibile pagare le ridotte percentuali previste dal comma 188 più oltre descritto. Il comma 189, infatti, prevede che “In caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e la competente Agenzia fiscale, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, secondo le disposizioni di cui al comma 188, per la parte di atto annullata”;
– per “pronuncia favorevole all’Agenzia” si intende la pronuncia che abbia determinato la soccombenza totale del contribuente (id est, rigetto in toto dei motivi di ricorso/appello da parte del contribuente o accoglimento totale dei motivi di appello da parte dell’Agenzia);
– per “controversie relative esclusivamente alle sanzioni” si intendono le controversie nelle quali gli atti impugnati sono esclusivamente quelli mediante i quali sono state irrogate sanzioni;
– le “sanzioni collegate al tributo” sono quelle irrogate per comportamenti che hanno determinato un’omissione o un ritardo nel versamento di tributi. Costituiscono, ad esempio, “sanzioni collegate al tributo”, quelle irrogate ai sensi dell’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 471 del 1997; ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del Decreto Legislativo n. 504 del 1998; ai sensi dell’articolo 39-quinques, comma 2, del Decreto Legge n. 269 del 2003 convertito in Legge n. 326 del 2003; ai sensi dell’articolo 282 e ss. T.U.L.D. (contrabbando doganale depenalizzato) quando vi è stato consumato in frode e i tributi sono esigibili;
– le “sanzioni non collegate al tributo” sono quelle irrogate per comportamenti che non hanno determinato un’omissione o un ritardo nel versamento dei tributi. Rientrano tra le “sanzioni non collegate al tributo” quelle per le quali il comportamento sanzionato non ha determinato l’esigibilità del tributo, ma il valore del tributo applicabile costituisce esclusivamente un parametro di commisurazione della sanzione ancorché il tributo stesso non sia esigibile. Costituiscono, ad esempio, “sanzioni non collegate al tributo”, quelle irrogate ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del Decreto Legislativo n. 471 del 1997; ai sensi dell’articolo 50, comma 1, del Decreto Legislativo n. 504 del 1995, quando l’irregolarità non ha inciso sulla esigibilità del tributo; ai sensi dell’articolo 282 e ss. T.U.L.D. (contrabbando doganale depenalizzato) quando vi è sequestro/confisca della merce e i tributi non sono esigibili; ai sensi dell’articolo 303 T.U.L.D.; ai sensi dell’articolo 59, comma 3, del Decreto Legislativo n. 504 del 1995, quando il tentativo o la sottrazione di energia elettrica non ha determinato un omesso o tardivo pagamento dell’imposta; ai sensi dell’articolo 5, comma 2, o comma 3, del Decreto Legislativo n. 504 del 1998.
Ciò premesso, le casistiche descritte nei commi dal 186 al 191 possono essere organizzate nella seguente struttura esplicativa (di seguito a ciascuna è indicato il Codice Modalità di Definizione da inserire nella domanda):
– le controversie (diverse da quelle aventi ad oggetto, anche solo in parte, risorse proprie tradizionali e/o iva riscossa all’importazione) non relative esclusivamente alle sanzioni, e le controversie relative esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono per le quali non sia stato definito il rapporto relativo ai tributi, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al:
– 100% del valore della controversia (regola generale prevista dal comma 186):
– le controversie che, alla data di presentazione della domanda, risultano oggetto di pronuncia giurisdizionale, conclusiva del primo grado di giudizio, depositata entro l’1/1/2023, favorevole all’Agenzia, ancora nei termini per essere impugnata (Codice Modalità di Definizione: 01);
– le controversie che, alla data di presentazione della domanda, risultano oggetto di pronuncia giurisdizionale, conclusiva del secondo grado di giudizio, depositata entro l’1/1/2023, favorevole all’Agenzia, ancora nei termini per essere impugnata (Codice Modalità di Definizione: 01);
– le controversie che, alla data di presentazione della domanda, risultano pendenti in Cassazione e l’Agenzia risulti vincitrice nel secondo grado di giudizio (Codice Modalità di Definizione: 01);
– le controversie nelle quali il contribuente ha notificato il ricorso entro l’1/1/2023 all’Agenzia, ma a tale data non si è ancora costituito in giudizio tramite il deposito o la trasmissione del ricorso stesso alla Segreteria della CGT1, ai sensi dell’articolo 22, comma 1, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992 (Codice Modalità di Definizione: 01);
– 90% del valore della controversia:
– le controversie con ricorso pendente iscritto nel primo grado (comma 187).
Si tratta delle controversie nelle quali il contribuente ha notificato il ricorso entro l’1/1/2023 all’Agenzia e, a tale data, si è già costituito in giudizio tramite il deposito o la trasmissione del ricorso stesso alla Segreteria della CGT1, ai sensi dell’articolo 22, comma 1, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992 (Codice Modalità di Definizione: 02);
– le controversie che, alla data di presentazione della domanda, risultino pendenti in riassunzione (o risultino pendenti i termini per la riassunzione) provenienti da pronunce conclusive del grado di giudizio di cassazione con rinvio (Codice Modalità di Definizione: 02);
– 40% del valore della controversia:
– in caso di soccombenza dell’Agenzia nel primo grado (comma 188 lett. a)).
Si tratta delle controversie che, alla data di presentazione della domanda, pendono in secondo grado o pendono i termini per l’impugnazione in secondo grado, per le quali si sia verificata una pronuncia conclusiva del primo grado di giudizio che abbia determinato la soccombenza dell’Agenzia (Codice Modalità di Definizione: 03). Si segnala che, in caso di soccombenza ripartita occorre utilizzare il Codice Modalità di Definizione 05, e si ricorda che il 40% è applicabile solo alla parte, del valore in contestazione dell’atto, annullata dal giudice, mentre alla parte confermata si deve applicare il 100%;
– 15% del valore della controversia:
– in caso di soccombenza dell’Agenzia nel secondo grado (comma 188 lett. b)). Si tratta delle controversie che alla data di presentazione della domanda risultano decise in secondo grado con pronuncia che abbia visto l’Agenzia soccombente, e ancora nei termini per essere impugnata (Codice Modalità di Definizione: 04). Si segnala che in caso di soccombenza ripartita, occorre utilizzare il Codice Modalità di Definizione 05 e si ricorda che il 15% è applicabile solo alla parte, del valore in contestazione dell’atto, annullata dal giudice, mentre alla parte confermata si deve applicare il 100%;
– 5% del valore della controversia:
– le controversie pendenti nel grado di cassazione, per le quali l’Agenzia sia risultata soccombente sia in primo che in secondo grado (Codice Modalità di Definizione: 06);
– le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo (comma 191 primo periodo) possono essere definite con il pagamento di un importo pari al:
– 15% del valore della controversia:
– in caso di soccombenza dell’Agenzia nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata all’1/1/2023 (Codice Modalità di Definizione: 07). Si segnala che in caso di soccombenza ripartita, occorre utilizzare il Codice Modalità di Definizione 10 e si ricorda che il 15% è applicabile solo alla parte, del valore in contestazione dell’atto, annullata dal giudice, mentre alla parte confermata si deve applicare il 100%;
– 40% del valore controversia:
– negli altri casi (Codice Modalità di Definizione: 08). Si segnala che in caso di soccombenza ripartita, occorre utilizzare il Codice Modalità di Definizione 09 e si ricorda che il 40% è applicabile solo alla parte, del valore in contestazione dell’atto, annullata dal giudice, mentre alla parte confermata si deve applicare il 100%;
– le controversie relative esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono (comma 191 secondo periodo) possono essere definite senza che sia dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione agevolata (Codice Modalità di Definizione: 10).
Si precisa che:
1) ai fini del calcolo del valore della controversia relativa al singolo atto impugnato, l’indennità di mora di cui all’articolo 3, comma 4, del Decreto Legislativo n. 504 del 1995 non è annoverabile tra le “sanzioni” né tra le “imposte”. Sul punto, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19338/2022 del 16/6/2022 (che ha ripreso il tradizionale orientamento della giurisprudenza di legittimità dopo la parentesi inaugurata dalla pronuncia n. 30034/2018), ha stabilito che “concettualmente … il legislatore ha ritenuto di dovere ricomprendere nel <<debito di imposta>> non solo quanto dovuto quale imposta originaria, ma anche la successiva indennità di mora che, a seguito del tardivo pagamento, fa parte dell’obbligazione tributaria complessiva” e che “l’indennità di mora costituisce, al pari di quanto previsto per i diritti doganali, solo l’interesse moratorio per il ritardato pagamento delle accise, avente quindi natura risarcitoria”. Essendo la funzione dell’indennità di mora, al pari degli interessi di mora, quella risarcitoria per il ritardo nel pagamento, essa va assimilata, ai fini del calcolo del valore della controversia relativa al singolo atto impugnato, all’“interesse”, e, pertanto, non rientra nel valore della controversia. Ai fini, invece, della distinzione tra controversie relative esclusivamente alle sanzioni e controversie non relative esclusivamente alle sanzioni, qualora la controversia abbia ad oggetto un unico atto impugnato, recante irrogazione di sanzioni e dell’indennità di mora, la controversia va annoverata tra quelle relative esclusivamente alle sanzioni, con conseguente applicabilità del comma 191, in quanto l’indennità di mora non è una “imposta”. Ne deriva che la controversia avente ad oggetto un unico atto impugnato, recante sia irrogazione della sanzione di cui all’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 471 del 1997 sia applicazione dell’indennità di mora di cui all’articolo 3, comma 4, del Decreto Legislativo n. 504 del 1995, sarà definibile:
a. ai sensi del comma 191 primo periodo (con il pagamento, quindi, del 40% o del 15% – a seconda della soccombenza o meno dell’Agenzia nell’ultima pronuncia depositata all’1/1/2023 – del valore della sola sanzione ex articolo 13 del Decreto Legislativo n. 471 del 1997 e non anche dell’indennità di mora) nel caso in cui il rapporto sui tributi non sia stato definito;
b. ai sensi del comma 191 secondo periodo (senza cioè dovere alcun importo) nel caso in cui il rapporto sui tributi sia stato definito (fermo restando il divieto di cui al comma 193);
2) in caso di controversia relativa sia ai tributi che alla sanzione:
a. se tra i tributi da recuperare vi sono anche le risorse proprie tradizionali e/o l’iva riscossa all’importazione di cui al comma 193, neppure la sanzione sarà definibile in via agevolata;
b. se tra i tributi da recuperare non vi sono le risorse proprie tradizionali e/o l’iva riscossa all’importazione di cui al comma 193, la controversia sarà definibile ai sensi dei commi da 186 a 190;
c. si fa presente che una controversia relativa sia ai tributi che alla sanzione, può tramutarsi, per l’effetto dell’integrale pagamento da parte del contribuente dell’intero valore dell’atto impugnato relativo ai tributi (comprensivo, quindi, di interessi ed eventuali altri accessori), in una controversia relativa esclusivamente alla sanzione collegata al tributo (se la sanzione è collegata al tributo), qualora il contribuente provveda a rinunciare alla parte di controversia riguardante l’atto impugnato relativo ai tributi. In tal caso, l’avvenuto integrale pagamento dell’atto impugnato relativo ai tributi (comprensivo degli eventuali accessori) e la rinuncia alla parte di controversia riguardante tale atto impugnato, costituisce “definizione del rapporto sui tributi” ai sensi del comma 191 secondo periodo, in quanto la controversia rimane esclusivamente vertente sulla sanzione, e la sanzione è una sanzione collegata al tributo (il cui rapporto deve considerarsi definito). Ciò vale, nelle controversie aventi ad oggetto allo stesso tempo tributi e sanzioni collegate a tali tributi, anche qualora il rapporto relativo ai tributi verta sulle “risorse proprie tradizionali” e/o “iva riscossa all’importazione”: anche in tal caso, l’integrale pagamento di tutte le poste indicate nell’atto impugnato relativo ai tributi, compresi eventuali accessori (e, quindi, anche gli interessi), e la rinuncia all’impugnazione di tale atto regolarmente effettuata ai fini processuali, determinerà il passaggio della controversia da “controversia relativa sia ai tributi che alla sanzione”, a “controversia relativa esclusivamente alla sanzione collegata al tributo”.
3) in caso di controversia relativa esclusivamente alla sanzione collegata al tributo:
a. se il rapporto relativo ai tributi è stato definito (anche con modalità diverse dalla definizione agevolata, fermo restando il divieto di cui al comma 193), non è dovuto alcun importo relativo alla sanzione (comma 191 secondo periodo). In caso di soggetti diversi, eventualmente obbligati in solido, la controversia può essere definita dal soggetto obbligato al pagamento della sanzione collegata al tributo anche se il rapporto sui tributi sia stato definito dal soggetto diverso. Al riguardo, si fa presente che l’Agenzia non può comunicare al richiedente la definizione
agevolata informazioni riguardanti il rapporto tributario in essere o definito con soggetti diversi: pertanto, la domanda di definizione agevolata della controversia relativa esclusivamente alla sanzione collegata al tributo, presentata sul presupposto dell’intervenuta definizione del rapporto ad opera di altro soggetto, sarà denegata dall’Agenzia qualora non risulti, alla data di presentazione della domanda, che il rapporto sui tributi sia stato effettivamente definito;
b. se il rapporto relativo ai tributi non è stato definito, la controversia sarà definibile ai sensi dei commi da 186 a 190;
4) l’eventuale controversia tributaria sulla confisca disposta ai sensi dell’art. 301 T.U.L.D. non è definibile, giacché la confisca è una misura che consegue obbligatoriamente al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge;
5) in caso di controversia relativa esclusivamente a sanzioni collegate all’omesso o tardivo versamento di acconti d’imposta, l’avvenuto e formalizzato conguaglio a credito del contribuente, per l’anno d’imposta in questione, al momento della presentazione della domanda di definizione agevolata, costituisce definizione del rapporto sui tributi per le finalità del comma 191 secondo periodo, fermo restando il divieto di cui al comma 193;
6) le sanzioni irrogate ai sensi degli articoli 282, e ss., T.U.L.D. (contrabbando doganale depenalizzato) per comportamenti che hanno determinato un consumato in frode (e, quindi, l’esigibilità dei tributi dovuti sulla merce contrabbandata), qualora oggetto di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni, potranno essere definite con il meccanismo previsto dal comma 191 secondo periodo nel caso in cui il rapporto sui tributi sia stato definito, tenuto conto del divieto posto dal comma 193, con modalità diverse dalla definizione agevolata (vedi, al riguardo, il precedente punto 2), lett. c)).
Tenuto conto che va presentata una domanda di definizione agevolata per ciascun atto impugnato nella controversia che si intende definire in via agevolata, in ciascuna domanda andrà indicato il “valore della controversia” relativamente al singolo atto impugnato. Su tale valore (se maggiore di zero) si dovranno applicare le percentuali di riduzione previste in relazione a ciascun caso disciplinato dall’articolo 1, commi da 186 a 191, dalla Legge n. 197 del 2022, determinando quindi l’“importo lordo dovuto”. Il comma 196, primo periodo, dispone che “196. Dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio”. Pertanto, dall’“importo lordo dovuto”, come sopra determinato dovranno defalcarsi esclusivamente gli importi a qualsiasi titolo versati (purché in dipendenza degli obblighi attribuiti al contribuente con gli atti impugnati e/o con i provvedimenti del giudice), in pendenza di giudizio (da evidenziare, nel modello di domanda, alla voce “importo versato in pendenza di giudizio”). Il risultato darà luogo all’“importo netto dovuto”. Il comma 196 secondo periodo prevede che “La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa”: pertanto, in nessun caso, “l’importo netto dovuto” potrà essere inferiore a zero. Il comma 194, terzo periodo, prescrive che: “È esclusa la compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”. L’importo netto dovuto, pertanto, non può essere oggetto di compensazione e, se diverso da zero, deve essere materialmente versato dal contribuente.
Si riportano, di seguito, tre esempi generici di determinazione dell’importo netto dovuto, ipotizzando che tra i tributi non siano presenti risorse proprie tradizionali e/o iva riscossa all’importazione.
ESEMPIO GENERICO 1
Controversia pendente in Cassazione, con Agenzia soccombente in CGT2 (soccombenza ripartita), avente ad oggetto due atti impugnati:
– atto impugnato recante avviso di accertamento per tributi oltre ad interessi;
– atto impugnato recante irrogazione di sanzioni collegate ai tributi.
L’atto impugnato relativo ai tributi + interessi, reca un valore in contestazione di 110, di cui 100 a titolo di tributi e 10 a titolo di interessi. L’atto impugnato relativo alla sanzione reca un valore in contestazione di 120. La sentenza della CGT2 ha annullato del 50% la pretesa erariale, sia con riferimento all’atto recante tributi + interessi che con riferimento all’atto recante irrogazione della sanzione.
Di conseguenza:
– l’atto impugnato recante tributi + interessi vede applicate due distinte percentuali di pagamento calcolate sul valore della controversia, per un importo totale di 50 + 7,5 = 57,5:
– valore confermato dalla CGT2 (pari a 55), dal quale vanno comunque sottratti gli interessi (55-5=50), sul quale applicare il 100%, e, quindi, il dovuto sarà 50;
– valore annullato dalla CGT2 (pari a 55), dal quale vanno comunque sottratti gli interessi (55-5=50), sul quale applicare il 15%, e, quindi, il dovuto sarà 50 * 0,15 = 7,5;
– l’atto impugnato recante irrogazione della sanzione collegata al tributo avrà un valore di controversia pari a 0.
Ipotizzando che non siano stati versati importi in pendenza del giudizio, l’importo netto dovuto per la definizione della controversia, in esito alle due domande di definizione agevolata, sarà pari a 57,5 (netto dovuto per l’atto tributi, eventualmente rateizzabile) + 0 (netto dovuto per l’atto sanzioni) = 57,5. In particolare, il contribuente dovrà presentare due domande di definizione agevolata:
– una per l’atto impugnato recante tributi + interessi, con “importo netto dovuto” = 57,5;
– una per l’atto impugnato recante irrogazione della sanzione collegata al tributo, con un “importo netto dovuto” = 0.
Ambedue le domande di definizione agevolata dovranno recare il Codice Modalità di Definizione 05.
ESEMPIO GENERICO 2
Controversia pendente in CGT2, con Agenzia soccombente in CGT1 (soccombenza ripartita), avente ad oggetto due atti impugnati:
– atto impugnato recante avviso di accertamento per tributi oltre ad interessi;
– atto impugnato recante irrogazione di sanzioni non collegate ai tributi.
L’atto impugnato relativo ai tributi + interessi reca un valore in contestazione di 110, di cui 100 a titolo di tributi e 10 a titolo di interessi. L’atto impugnato relativo alla sanzione reca un valore in contestazione di 30. La sentenza della CGT1 ha annullato del 50% la pretesa erariale solo con riferimento all’atto recante tributi + interessi mentre per il resto ha confermato integralmente le sanzioni.
Di conseguenza:
– l’atto impugnato recante tributi + interessi vede applicate due distinte percentuali di pagamento calcolate sul valore della controversia, per un importo totale di 50 + 20 = 70:
– valore confermato dalla CGT1 (pari a 55), dal quale vanno comunque sottratti gli interessi (55-5=50), sul quale applicare il 100%, e, quindi, il dovuto sarà 50;
– valore annullato dalla CGT1 (pari a 55), dal quale vanno comunque sottratti gli interessi (55-5=50), sul quale applicare il 40%, e, quindi, il dovuto sarà 50 * 0,40 = 20;
– l’atto impugnato recante irrogazione della sanzione non collegata al tributo avrà un valore di controversia pari a 0.
Ipotizzando che non siano stati versati importi in pendenza del giudizio, l’importo netto dovuto per la definizione della controversia, in esito alle due domande di definizione agevolata, sarà pari a 70 (netto dovuto per l’atto tributi, eventualmente rateizzabile) + 0 (netto dovuto per l’atto sanzioni) = 70. In particolare, il contribuente dovrà presentare due domande di definizione agevolata:
– una per l’atto impugnato recante tributi + interessi, con “importo netto dovuto” = 70;
– una per l’atto impugnato recante irrogazione della sanzione non collegata al tributo, con un “importo netto dovuto” = 0.
Ambedue le domande di definizione agevolata dovranno recare il Codice Modalità di Definizione 05.
ESEMPIO GENERICO 3
Controversia pendente in CGT1 (iscritta), avente ad oggetto un unico atto impugnato:
– atto impugnato recante sanzione collegata al tributo, del valore in contestazione di 100.
Il rapporto sui tributi non risulta definito.
Di conseguenza, l’atto impugnato recante irrogazione di sanzione vede applicata la percentuale di pagamento del 90%, per cui, ipotizzando che non siano stati versati importi in pendenza di giudizio, l’importo netto dovuto per la definizione della controversia, in esito alla unica domanda di definizione agevolata, sarà pari a 100 * 0,90 = 90 (netto dovuto). In particolare, il contribuente dovrà presentare una sola domanda di definizione agevolata:
– per l’atto impugnato recante sanzione collegata al tributo, con “importo netto dovuto” = 90;
La domanda di definizione agevolata dovrà recare il Codice Modalità di Definizione 02.
Il versamento dell’importo netto dovuto, in caso di importo superiore a € 1.000,00, può avvenire in forma rateizzata: al riguardo, il comma 194 primo periodo dispone che, “nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, con applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni dell’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, con decorrenza dal 1° aprile 2023 e da versare, rispettivamente, entro il 30 giugno 2023, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata”. Quindi:
– il numero di rate in cui può essere suddiviso il pagamento può variare da 1 (versamento dell’intero importo netto dovuto per la definizione agevolata in un’unica soluzione) a 20;
– le rate sono trimestrali e scadono la prima (o unica) entro il 30/6/2023, la seconda il 30/9, la terza il 20/12, la quarta il 31/3, e così via, in ciascun anno fino ad integrale conclusione del ciclo rateale;
– sulle rate successive alla prima, sono dovuti gli interessi legali calcolati dalla data di versamento della prima rata;
– in caso di inadempimento nei pagamenti rateali, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, tra cui quella secondo cui il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di definizione agevolata.
La suddivisione dell’“importo netto dovuto” per il numero di rate dà luogo all’“importo da versare per la definizione o per la prima rata”. Il versamento di questo importo, unitamente alla presentazione della domanda, costituisce presupposto per il perfezionamento della definizione agevolata.
8) LA DOMANDA DI DEFINIZIONE AGEVOLATA
La domanda di definizione agevolata va presentata, ai sensi del comma 186, dal “soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o da chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione”.
Tenuto conto che il comma 195 prescrive che, per “ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda” e che “Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato”, il contribuente deve presentare una domanda per ciascun atto impugnato. Ciò vale anche nel caso in cui con una medesima controversia si siano impugnati più atti: per ciascun atto andrà presentata una domanda di definizione diversa. Inoltre, dovrà chiedersi la definizione dell’intero valore in contestazione dell’atto impugnato in quanto ciascuna controversia autonoma deve essere integralmente definita.
Al comma 203 è previsto che, con uno o più provvedimenti del Direttore dell’Agenzia, siano stabilite le modalità di attuazione dei commi da 186 e 202. Per l’effetto, è stato pubblicato sul sito internet dell’Agenzia all’indirizzo www.adm.gov.it apposita determinazione direttoriale del Direttore dell’Agenzia.
Va precisato che la domanda di definizione agevolata può essere sostituita da altra, concernente la stessa controversia autonoma, fino al 30/6/2023. A tal fine, nel modello di domanda è prevista un’apposita parte per l’indicazione della data e del numero di protocollo della domanda da sostituire con la nuova. Una volta spirato il termine del 30/6/2023, non è più possibile sostituire una domanda con un’altra.
Si fa presente che dovrà prestarsi, tra l’altro, la massima cura nell’indicare esattamente l’ufficio impositore dell’Agenzia “parte” nella controversia che si vuole definire in via agevolata, giacché la domanda di definizione agevolata trasmessa ad un ufficio dell’Agenzia non parte della controversia che si intende definire potrebbe essere oggetto di diniego. Analoga attenzione dovrà prestarsi alla coerenza tra il “codice modalità di definizione” e la reale situazione della controversia, così come alla coerenza tra il “codice modalità di definizione” e gli importi indicati nella parte “valore della controversia e determinazione dell’importo dovuto”, giacché ogni ipotesi di discordanza tra la fattispecie indicata tramite il “codice modalità di definizione” e la situazione reale della controversia, compresi gli importi realmente in contestazione, darà luogo ad un provvedimento di diniego.
Nell’ambito della tutela dell’affidamento del contribuente e dell’obbligo di comportamento secondo buona fede di cui all’articolo 10 dello Statuto dei Diritti del Contribuente, l’Agenzia, esclusivamente nei casi in cui sia indicato nella domanda di definizione agevolata un recapito cui effettuare comunicazioni diverse dalla notifica di atti, e non sia scaduto il termine del 30/6/2023, tenterà comunque di contattare il soggetto richiedente qualora nella domanda risulti indicato un ufficio che non è parte nella controversia o risultino evidenti incoerenze tra il codice modalità di definizione indicato e i dati reali relativi al valore della controversia e alla determinazione dell’importo dovuto, affinché la domanda passibile di diniego sia sostituita in tempo utile con una domanda di definizione regolare.
9) IL MOMENTO PERFEZIONATIVO DELLA DEFINIZIONE E I RELATIVI EFFETTI
Il comma 194 stabilisce che:
– la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 195 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi dei commi da 186 a 191 entro il 30 giugno 2023;
– nel caso di versamento rateale, la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 195 e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata entro il termine previsto del 30 giugno 2023;
– qualora non vi siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.
La Legge n. 197 del 2022 non prescrive che tra i due adempimenti (presentazione della domanda e pagamento degli importi) debba intercorrere un rapporto di pregiudizialità. I due adempimenti devono comunque intervenire entro il 30/6/2023. Qualora, alla medesima data, la domanda presentata non rechi tutte le informazioni obbligatorie per il corretto svolgersi del procedimento amministrativo, e/o manchino i presupposti sostanziali per la definizione (ad esempio, il soggetto richiedente non è legittimato, la causa indicata come da definire non risulta tra quelle in cui è parte l’Agenzia, il valore del netto dovuto da versare non è stato correttamente calcolato) e/o gli importi dovuti per l’unica soluzione o la prima rata non siano stati integralmente versati, la definizione non potrà considerarsi perfezionata.
Al fine di descrivere gli effetti dell’avvenuto perfezionamento della definizione agevolata, sul credito erariale in contestazione, occorre ricordare che la definizione della controversia tra l’Agenzia e il contribuente si produce al ricorrere dei presupposti previsti dalla Legge n. 197 del 2022. Questo è il motivo per il quale al giudice, ove la controversia si trovi ancora sottoposta al suo giudizio, spetta il solo compito di controllare che il contribuente abbia regolarmente chiesto di avvalersi della definizione agevolata e che questa si sia perfezionata, al fine di dichiarare estinto il processo in quanto mancante la materia del contendere. Tuttavia, finché la controversia è sub iudice e non viene conclusa, ai sensi del comma 198, con un decreto o un’ordinanza dichiarativa dell’estinzione del processo, il rapporto sostanziale controverso risulterà comunque in contestazione presso l’autorità giudiziaria e, dunque, passibile di una decisione giudiziaria diversa rispetto a quella descritta dal comma 198, con i conseguenti riflessi, nelle more, sulla gestione da parte dell’Agenzia del credito erariale in contestazione. Qualora invece il rapporto sostanziale controverso sia già stato conformato da una sentenza conclusiva del grado del giudizio (non ancora definitiva), troverà applicazione, al perfezionarsi della definizione per effetto dei citati commi 194 e 195, il comma 196 terzo periodo, secondo cui “Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge”; pertanto, la controversia già decisa in via non definitiva all’1/1/2023 risulterà ridefinita dall’avvenuto perfezionamento della definizione agevolata, con effetti immediati sulla pretesa erariale in contestazione. La pronuncia travolta dal perfezionamento della definizione agevolata cessa, tra l’altro, di costituire titolo per eventuali rimborsi o sgravi.
Il comma 202 stabilisce che “La definizione agevolata perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri, compresi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fatte salve le disposizioni del secondo periodo del comma 196” (fatto salvo, cioè, che la definizione non dà, comunque, luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto). Ne deriva che, come stabilito dalla Corte di Cassazione (ordinanza n. 13382/2017), “la definizione agevolata di una controversia avente ad oggetto un’obbligazione tributaria gravante su più soggetti solidalmente, proposta anche da uno solo dei coobbligati, ha effetto per tutti gli altri poiché ciò che rileva è l’unicità dell’obbligazione (quindi del relativo credito), la cui estinzione, benché intervenuta per effetto dell’attività di uno solo degli obbligati, non può che rilevare anche nei confronti degli altri”.
La semplice circostanza che la controversia sia astrattamente “definibile” non produce, di per se stesso, alcun effetto sul processo, nemmeno sospensivo (comma 197 primo periodo). Qualora, invece, il contribuente dichiari in giudizio di volersi avvalere della definizione agevolata (senza depositare la domanda di definizione agevolata e prova degli importi versati), la controversia è sospesa dal giudice fino al 10/7/2023, termine entro il quale il contribuente “ha l’onere di depositare, presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia, copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata” (comma 197 secondo periodo). Se il contribuente non provvede, entro il termine indicato, al deposito in giudizio della documentazione in questione, il giudizio prosegue. Se il contribuente provvede, entro il termine indicato, al deposito in giudizio della documentazione in questione, “il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione. Le spese del processo restano a carico della parte che le ha anticipate” (comma 198).
Nel caso di controversia già decisa con sentenza non definitiva, l’effetto conformativo sul credito erariale si produce al momento del perfezionamento della definizione (ancorché l’Agenzia disponga, comunque, fino al 31/7/2024 per notificare l’eventuale diniego). Il perfezionamento della definizione rende inoltre inammissibile l’eventuale ricorso/appello contro la pronuncia giurisdizionale non passata in giudicato all’1/1/2023 (comma 196 terzo periodo: “gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente all’1/1/2023”).
Fermo restando la sostituibilità, entro il 30/6/2023, di una domanda di definizione agevolata con un’altra che annulli la precedente, il perfezionamento della definizione produce l’irrevocabilità della domanda (Corte di Cassazione, ordinanza n. 8555/2019). Una volta perfezionata la definizione agevolata, la domanda non potrà più essere ritirata né sostituita con altra (fermo restando l’obbligo di presentare la domanda entro il 30/6/2023).
10) IL PROCEDIMENTO DI DEFINIZIONE AGEVOLATA E L’EVENTUALE DINIEGO
Il comma 200 stabilisce che “L’eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali”. Tale disposizione, in uno con quanto disposto dal comma 195 ( “per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda di definizione agevolata esente dall’imposta di bollo ed effettuato un distinto versamento”) fa ritenere che il contribuente, con la presentazione all’Agenzia della domanda di definizione agevolata, introduca un particolare procedimento amministrativo di controllo della “viabilità” della definizione agevolata, disciplinato ad hoc dalla Legge n. 197 del 2022. Al riguardo, tenuto conto della peculiarità del procedimento in questione, caratterizzato dal valore processuale della domanda e dalla sua irrevocabilità, dal valore processuale dell’eventuale diniego, dallo speciale meccanismo secondo cui vi è l’obbligo per il contribuente di procedere a determinati adempimenti entro una specifica data e per l’Amministrazione di notificare entro una specifica data l’eventuale diniego (e non l’eventuale accoglimento), nonché dagli effetti tributari che conseguono al perfezionamento della definizione, va esclusa l’applicabilità delle norme di cui alla Legge n. 241 del 1990 relative al contraddittorio endoprocedimentale.
In caso di definizione agevolata richiesta in pendenza del giudizio, l’eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato dall’Agenzia al contribuente entro il 31/7/2024. La notifica potrebbe essere anteriore o successiva al decreto/ordinanza che, ai sensi del comma 198, dichiara estinto il processo, giacché il comma 198 non prevede un termine entro cui il giudice deve dichiarare estinto il processo. Pertanto:
– nel caso in cui l’Agenzia notifichi il diniego entro il 31/7/2024 e il giudice non abbia ancora dichiarato estinto il processo, il contribuente, se intende impugnare il diniego, deve farlo, ai sensi del comma 200 secondo periodo, “entro sessanta giorni dalla notificazione del medesimo dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia”;
– nel caso in cui l’Agenzia notifichi il diniego entro il 31/7/2024 e il giudice abbia già dichiarato estinto il processo, il contribuente, se intende impugnare il diniego, deve farlo, ai sensi del comma 201 primo periodo, “dinanzi all’organo giurisdizionale che ha dichiarato l’estinzione”, mediante richiesta di revocazione. Infatti, il comma 201 dispone, altresì, che “Il diniego della definizione è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato ai sensi del comma 198 e la revocazione è chiesta congiuntamente all’impugnazione del diniego. Il termine per impugnare il diniego della definizione e per chiedere la revocazione è di sessanta giorni dalla notificazione” del diniego.
Anche in caso di definizione agevolata richiesta in pendenza dei termini per impugnare, l’eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato dall’Agenzia al contribuente entro il 31/7/2024 e quindi la data di notifica potrebbe essere anteriore o successiva alla scadenza dei termini per impugnare, così come sospesi per effetto del comma 199. Pertanto:
– nel caso in cui l’Agenzia notifichi il diniego entro il 31/7/2024 e non siano ancora scaduti i termini per impugnare, il comma 200 terzo periodo prescrive che “la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine”;
– nel caso in cui l’Agenzia notifichi il diniego entro il 31/7/2024 e siano già scaduti i termini per impugnare, la Legge n. 197 del 2022 non sembra disporre alcunché. Affinché il contribuente non rimanga sfornito di tutela, occorre considerare il termine di sessanta giorni previsto dal comma 200 terzo periodo come un nuovo termine che inizia a decorrere dalla notifica del diniego, indipendentemente dalle vicende dell’originario termine di impugnazione. A tale nuovo termine sarà comunque applicabile la sospensione feriale dei termini.
Il diniego va motivato e deve essere notificato con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali.
11) ESEMPI PRATICI
Si riportano, di seguito, alcuni esempi pratici. Il calcolo delle eventuali rate deve comunque avvenire in conformità alla normativa vigente.
ESEMPIO PRATICO N. 1
Controversia pendente in Cassazione, avente ad oggetto 2 atti impugnati:
– Atto di irrogazione di sanzioni amministrative per contrabbando, ex art. 292 e 295-bis T.U.L.D., di autoveicolo (mancanza dei requisiti per la fruizione del regime di ammissione temporanea in esenzione dai dazi e dalla fiscalità interna), del valore di € 7.900,14 (così determinato sulla base della liquidazione dei diritti evasi, ma non esigibili);
– Atto di confisca del veicolo ai sensi degli artt. 301 e 295-bis T.U.L.D.
La CGT1 ha rigettato integralmente il ricorso del contribuente. La CGT2 ha rigettato integralmente l’appello del contribuente. Il contribuente non ha versato alcun importo nel corso del giudizio.
L’inquadramento della controversia va effettuato tenendo in conto che:
– la controversia è una “controversia relativa esclusivamente alle sanzioni”;
– la sanzione è stata irrogata per un comportamento che non ha determinato l’esigibilità dei tributi (risorse proprie tradizionali e iva riscossa all’importazione) dovuti sull’autoveicolo, giacché l’autoveicolo è stato sequestrato e confiscato. Si tratta, pertanto, di sanzione che, ai fini della definizione agevolata, va inquadrata tra le “sanzioni non collegate al tributo”.
Mancando il collegamento al tributo, non si fa applicazione del divieto di cui al comma 193, nonostante le risorse proprie tradizionali e l’iva da riscuotere all’importazione abbiano costituito base per il calcolo della sanzione;
– l’atto di confisca non è definibile in via agevolata in quanto l’autoveicolo non può essere restituito, essendone obbligatoria la confisca ai sensi della normativa vigente al momento della disposta confisca.
La controversia va, quindi, inquadrata nell’ambito del comma 191 primo periodo, in particolare, negli “altri casi” per i quali è previsto il pagamento del 40% dell’importo della sanzione. Il contribuente dovrà presentare una sola domanda di definizione agevolata, relativa all’atto di irrogazione della sanzione, con Codice Modalità di Definizione 08 e con un importo netto dovuto pari a € 7.900,14 * 0,40 = € 3.160,05, rateizzabile in massimo 20 rate trimestrali. In tal caso (importo chiesto in rateizzazione per un numero di 20 rate), l’importo dovuto per la prima rata, valido a perfezionare la definizione agevolata, sarà pari a € 3.160,05 / 20 = € 158,00.
ESEMPIO PRATICO N. 2
Controversia pendente in Cassazione, avente ad oggetto 2 atti impugnati:
– Avviso di accertamento ex articolo 11 del Decreto Legislativo n. 374 del 1990, per il recupero di diritti di confine dovuti su autoveicolo mancante dei requisiti per la fruizione del regime di ammissione temporanea in esenzione dai dazi e dalla fiscalità interna, del valore di:
– Dazio: € 2.700,00
– Iva (da riscuotere all’importazione): € 6.534,00;
– Interessi: € 226,43.
– Atto di irrogazione di sanzione amministrativa per contrabbando, ex articoli 292 e 295-bis T.U.L.D., dell’autoveicolo di cui sopra, del valore di € 46.170,00 (così determinato sulla base della liquidazione dei diritti evasi);
La CGT1 ha rigettato integralmente il ricorso del contribuente. La CGT2 ha rigettato parzialmente l’appello del contribuente, confermando in toto i tributi, ma rideterminando l’importo della sanzione in € 18.468,00. Il contribuente non ha versato alcun importo nel corso del giudizio.
L’inquadramento della controversia va effettuato tenendo in conto che la controversia ha ad oggetto almeno un atto impugnato recante, tra le poste contabili in esigibilità, risorse proprie tradizionali e/o iva riscossa all’importazione: pertanto, si incorre nel divieto di cui al comma 193.
Né l’atto impugnato relativo ai tributi, né l’atto sanzionatorio, possono essere definiti in via agevolata. La controversia va inquadrata nell’ambito del comma 193 che fa divieto di definire in via agevolata la controversia. Il contribuente non potrà presentare alcuna domanda di definizione agevolata per l’intera controversia in questione.
Tuttavia, se il contribuente, prima del termine del 30/6/2023, provvede al pagamento integrale dell’atto impugnato relativo ai tributi, comprensivo degli interessi, e rinuncia, con apposito atto valevole ai fini processuali, alla controversia per la parte relativa ai tributi, la controversia si tramuta da “controversia relativa sia ai tributi che alle sanzioni collegate a tali tributi” in “controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi” di cui al comma 191 secondo periodo. In tal caso, in esito al regolare versamento di tutti gli importi previsti con le modalità indicate dall’atto impugnato relativo ai tributi, e una volta determinatosi l’effetto processuale della rinuncia, il contribuente potrà, sempre entro il 30/6/2023, definire la parte residua di controversia non rinunciata, presentando una sola domanda di definizione agevolata, avente ad oggetto l’atto impugnato relativo alla sanzione, calcolando l’importo dovuto ai sensi del comma 191 secondo periodo e, quindi, senza alcun versamento.
ESEMPIO PRATICO N. 3
Controversia pendente in cassazione, avente ad oggetto 1 atto impugnato:
– avviso di accertamento ex articolo 24 del Decreto Legge n. 98 del 2011 convertito in Legge n. 111 del 2011, in materia di imposta unica sulle scommesse, con contestuale irrogazione delle sanzioni previste dall’articolo 5 del Decreto Legislativo n. 504 del 1998, in particolare:
– imposta unica: € 244.481,19
– interessi: € 24.737,04
– sanzione ex art. 5, comma 1, del Decreto Legislativo n. 504 del 1998: € 293.377,43
– sanzione ex art. 5, comma 2, del Decreto Legislativo n. 504 del 1998: € 516,00
– sanzione ex art. 5, comma 3, del Decreto Legislativo n. 504 del 1998: € 1.000,00
– spese di notifica: € 8,75
La CGT1 ha rigettato integralmente il ricorso del contribuente. La CGT2 ha respinto integralmente l’appello del contribuente. Il contribuente non ha versato alcun importo nel corso del giudizio.
La controversia è inquadrabile nell’ambito del comma 186. Il contribuente, per definire l’intera controversia dovrà presentare una sola domanda di definizione agevolata (in quanto vi è un unico atto impugnato), con Codice Modalità di Definizione 01, e dovrà corrispondere il 100% del relativo valore della controversia. Il valore della controversia è pari a € 244.481,19 (non si computano, infatti, gli interessi e le sanzioni, né quelle direttamente collegate al tributo né quelle non direttamente collegate al tributo in quanto la controversia non è relativa solo alle sanzioni e quindi non vi è applicazione del comma 191), rateizzabile in massimo 20 rate trimestrali. In tal caso (importo chiesto in rateizzazione per un numero di 20 rate), l’importo dovuto per la prima rata, valido a perfezionare la definizione agevolata, sarà pari a € 244.481,19 / 20 = € 12.224,05.
ESEMPIO PRATICO N. 4
Controversia pendente in Cassazione, avente ad oggetto 1 atto impugnato:
– avviso di pagamento e contestuale provvedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative ex articolo 15 del Decreto Legislativo n. 504 del 1995 e articolo 13 del Decreto Legislativo n. 471 del 1997 in materia di energia elettrica, in particolare:
– imposta: € 81.374,89
– interessi: € 25,81
– indennità di mora: € 4.882,50
– sanzione: € 24.412,47
La CGT1 ha rigettato integralmente il ricorso del contribuente. La CGT2 ha respinto integralmente l’appello del contribuente. Il contribuente non ha versato alcun importo nel corso del giudizio.
La controversia è inquadrabile nell’ambito del comma 186. Il contribuente, per definire l’intera controversia, dovrà presentare una sola domanda di definizione agevolata (in quanto vi è un unico atto impugnato), con Codice Modalità di Definizione 01, e dovrà corrispondere il 100% del relativo valore della controversia. Il valore della controversia è pari a € 81.374,89 (non si computano, infatti, gli interessi e le sanzioni e l’indennità di mora va equiparata, ai fini della definizione agevolata, agli interessi), rateizzabile in massimo 20 rate trimestrali. In tal caso (importo chiesto in rateizzazione per un numero di 20 rate), l’importo dovuto per la prima rata, valido a perfezionare la definizione agevolata, sarà pari a € 81.374,89 / 20 = € 4.068,74.
ESEMPIO PRATICO N. 5
Controversia pendente in CGT2, avente ad oggetto 2 atti impugnati:
– avviso di rettifica per indebita applicazione dell’inversione contabile:
– dazi: € 0,00
– iva riscossa all’importazione: € 6.973,75
– interessi di mora afferenti la fiscalità nazionale: € 760,75
– atto di irrogazione di sanzione amministrativa ex articolo 13 del Decreto Legislativo n. 471 del 1997:
– sanzione: € 2.092,10
La CGT1 ha rigettato integralmente il ricorso del contribuente. Il contribuente non ha versato alcun importo nel corso del giudizio.
L’inquadramento della controversia va effettuato tenendo in conto che la controversia ha ad oggetto almeno un atto impugnato recante, tra le poste contabili in esigibilità, risorse proprie tradizionali e/o iva riscossa all’importazione, dunque si incorre nel divieto di cui al comma 193.
Né l’atto impugnato relativo ai tributi, né l’atto sanzionatorio possono essere definiti in via agevolata. La controversia va inquadrata nell’ambito del comma 193 che fa divieto di definire in via agevolata la controversia. Il contribuente non potrà presentare alcuna domanda di definizione agevolata per l’intera controversia in questione.
Tuttavia, se il contribuente, prima del termine del 30/6/2023, provvede al pagamento integrale dell’atto impugnato relativo ai tributi, comprensivo degli interessi, e rinuncia, con apposito atto valevole ai fini processuali, alla controversia per la parte relativa ai tributi, la controversia si tramuta da “controversia relativa sia ai tributi che alle sanzioni collegate a tali tributi” in “controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi” di cui al comma 191 secondo periodo. In tal caso, in esito al regolare versamento di tutti gli importi previsti con le modalità indicate dall’atto impugnato relativo ai tributi, e una volta determinatosi l’effetto processuale della rinuncia, il contribuente potrà, sempre entro il 30/6/2023, definire la parte residua di controversia non rinunciata, presentando una sola domanda di definizione agevolata, avente ad oggetto l’atto impugnato relativo alla sanzione, calcolando l’importo dovuto ai sensi del comma 191 secondo periodo, e quindi senza alcun versamento.
Le Direzioni Territoriali e la Direzione Legale e Contenzioso dell’Agenzia vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare siano puntualmente osservati dagli uffici dipendenti.