La Corte di Cassazione con la sentenza n. 15769 del 24 giugno 2013 ha statuito la sussistenza del demansionamento del dipendente, qualora il datore di lavoro lo abbia destinato a nuovi incarichi che, seppur in astratto corrispondenti alla declaratoria contrattuale di appartenenza, risultano riduttivi rispetto a quelli svolti in passato dallo stesso lavoratore.Nello specifico la Suprema Corte ha precisato che, in mancanza della prova da parte del datore circa l’equivalenza delle mansioni attribuite, il dipendente deve essere risarcito del danno; nel caso di specie, il risarcimento riconosciuto nella misura del 50 per cento della retribuzione per tutto il periodo della dequalificazione, visto l’atteggiamento intransigente del lavoratore, prossimo alla pensione, nel ricollocarsi in una posizione differente dopo la ristrutturazione aziendale.
La vicenda ha avuto origine dal contrasto tra un dipendente e la RAI, assunto dal 1979 come programmista regista, inquadrata nel 1° livello classe A quadro del contratto collettivo di categoria, esponeva che, a decorrere dalla soppressione (in data 15.9.2002) dell’ultimo programma da lei ideato e curato era stata ridotta in condizione di immotivata inattività. Il lavoratore ricorreva al giudice del lavoro il quale, respinte le questioni di procedibilità, riconosceva il diritto della dipendente a vedersi assegnata a mansioni equivalenti a quelle svolte m precedenza e al risarcimento del danno per la prolungata inattività.
La Rai ricorreva alla Corte di Appello avverso la sentenza del Tribunale. I giudici di appello pur confermando la sentenza di primo grado puntualizzano che la sostanziale resistenza passiva della dipendente a ricollocarsi in trasmissione con caratteristiche differenti o a doverosamente formulare nuovi progetti successivamente all’eliminazione dal palinsesto della trasmissione a lei affidata, la RAI non aveva offerto la prova dell’assegnazione a mansioni che, sebbene diverse, potessero essere considerate equivalenti a quelle in precedenza assolte.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la RAI s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi.
Gli Ermellini rigettano tutti e tre motivi della ricorrente.
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