Lavoratore si assenta per malattia derivata dal demansionamento subito: va tutto provato
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 16508 del 02 luglio 2013 interviene in tema di demansionamento affermando che in caso di accertato demansionamento professionale, la liquidazione del danno alla professionalità del lavoratore non può prescindere dalla prova del danno e del relativo nesso causale con l’asserito demansionamento.
Il caso. Il Tribunale aveva condannato una società al risarcimento del danno da dequalificazione professionale patito dal dipendente della stessa, nonché del danno biologico dallo stesso subito. Avverso la sentenza del Tribunale viene proposto ricorso alla Corte di Appello dove i giudici in parziale riforma di detta sentenza di primo grado, ha respinto la domanda relativa al risarcimento del danno alla professionalità, confermando, nel resto, la sentenza di primo grado. I giudici della Corte d’Appello di Roma ha considerato che il medesimo non è stato specificamente dedotto né tanto meno provato, mentre il danno biologico è stato provato a mezzo delle risultanze mediche attestanti le patologie da cui è rimasto affetto il lavoratore in coincidenza con il subito demansionamento.
Il lavoratore avverso la sentenza della Corte di Appello propone ricorso alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza basando il ricorso su un unica. La società datore di lavoro propone controricorso.
Gli Ermellini hanno ritenuto infondati entrambi i ricorsi “in quanto sostanzialmente censurano sotto il profilo sia della violazione di legge che del vizio di motivazione l’accertamento di fatto operato dal giudice di merito che ha escluso il danno alla professionalità sulla base dell’attività istruttoria svolta e, in particolare, sulla corretta considerazione per cui non ogni demansionamento comporta comunque un danno alla professionalità, ma solo quello concretamente allegato e provato. A tale principio va pure aggiunto quello, pure affermato dalla Cassazione secondo cui, comunque, in caso di accertato demansionamento professionale, la liquidazione del danno alla professionalità del lavoratore non può prescindere dalla prova del danno e del relativo nesso causale con l’asserito demansionamento, ferma la necessità di evitare, trattandosi di danno non patrimoniale, ogni duplicazione con altre voci di danno non patrimoniale accomunate dalla medesima fonte causale (Cass. 30 settembre 2009 n. 20980).”
La Corte Suprema, inoltre, evidenzia che in merito “al danno biologico, viceversa riconosciuto dal giudice di appello, va osservato che, analogamente a quanto affermato riguardo al danno alla professionalità il giudizio relativo alla sua sussistenza è parimente riservato al giudice di merito.”
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