AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 28 dicembre 2018, n. 148
Determinazione del reddito di lavoro dipendente prodotto nel territorio italiano da un soggetto fiscalmente non residente in Italia – art. 23 d.P.R. n. 600 del 1973 – Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212 –
Quesito
ALFA Spa è una società del Gruppo ALFA, uno dei gruppi multinazionali più importanti al mondo, che opera nei settori dell’industria, dell’energia e della sanità fornendo.
Dal momento che le attività del Gruppo sono dislocate in tutto il mondo e che il loro svolgimento richiede competenze altamente qualificate, i dipendenti del Gruppo sono frequentemente trasferiti presso le varie sedi del Gruppo. I trasferimenti dei lavoratoti sono disciplinati da una “policy” aziendale di Gruppo al fine di assicurare ai dipendenti il medesimo trattamento a livello mondiale. Nell’ambito di detti trasferimenti, la BETA, con sede all’estero – società controllante – invia proprio personale dipendente in via temporanea presso la società istante.
II trasferimento temporaneo dei lavoratori viene effettuato sulla base di un apposito contratto e risulta disciplinato dalla Policy di Gruppo che si caratterizza per:
– la sospensione del contratto di lavoro tedesco per la durata dei periodo di lavoro in Italia;
– la sottoscrizione di un contratto di lavoro subordinato soggetto alla normativa italiana con la Società Istante con conseguente erogazione della retribuzione da parte della Società Istante.
La Società istante, in qualità di sostituto di imposta, opera le ritenute Irpef sul reddito di lavoro dipendente corrisposto al dipendente estero ai sensi dell’art. 23 DPR 600/73. Durante il periodo di lavoro presso la società istante, si verifica che i lavoratori residenti all’estero:
– svolgano la propria attività lavorativa in trasferta all’estero (estero inteso come al di fuori del territorio italiano), come richiesto dal ruolo ricoperto e dalle funzioni esercitate, in particolar modo nello Stato in cui è situata la Società BETA controllante, e
– si qualifichino come fiscalmente non residenti in Italia ai sensi dell’art. 2 TUIR e, per quanto occorra, dell’articolo 4, paragrafo 2 del Trattato contro le doppie imposizioni, in quanto per la maggior parte del periodo di imposta non risultano iscritti all’anagrafe della popolazione residente, non hanno il domicilio e la residenza in Italia e nello Stato estero dispongono di una abitazione permanente dove viene mantenuto il centro dei loro interessi vitali (relazioni familiari, sociali ed economiche).
In considerazione della non residenza fiscale del dipendente, questi è soggetto, ai sensi dell’art. 23 del TUIR, ad imposizione in Italia sui soli redditi di fonte italiana, da gestire tramite ritenuta alla fonte da parte del datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta.
In applicazione del principio di territorialità, il sostituto di imposta ALFA S.p.A. dovrebbe quindi assoggettate a ritenute alla fonte il reddito di lavoro dipendente relativo ai soli giorni di lavoro trascorsi nel territorio italiano (in quanto redditi prodotti in Italia) ed escludere da tassazione in Italia il reddito di lavoro dipendente relativo ai giorni di lavoro trascorsi all’estero, fuori dal territorio italiano, in quanto prodotti all’estero.
II reddito mondiale percepito dal dipendente viene assoggettato a tassazione nello Stato di residenza fiscale dei contribuente, tramite dichiarazione dei redditi annuale, con applicazione dell’esenzione con riserva di progressività per quanto concerne i redditi prodotti in Italia.
Con l’istanza di interpello in esame, la società chiede conferma della correttezza della soluzione interpretativa di seguito illustrata.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società istante ritiene che, stante il presupposto di non residenza fiscale in Italia del dipendente sulla base dell’art 2 TUIR, e della supremazia delle norme convenzionali sulla normativa interna, il reddito di lavoro dipendente corrisposto da ALFA S.p.A. deve essere soggetto a tassazione in Italia esclusivamente per i giorni relativi all’attività svolta nel territorio italiano in base al metodo dei giorni di presenza fisica, mentre il reddito di lavoro dipendente relativa all’attività svolta all’estero, fuori dal territorio italiano, non risulta essere imponibile in Italia.
In particolare, ai fini della determinazione del reddito prodotto nel territorio italiano, la Società istante intende fare riferimento al rapporto tra iL numero di giorni durante il quale la prestazione lavorativa è esercitata nel territorio italiano e il numero totale dei giorni lavorativi dell’anno fiscale considerato, al netto quindi dei giorni di ferie, malattie, festività e week-end. Tale esercizio viene effettuato dalla società istante nel corso delle operazioni di conguaglio dei redditi di lavoro dipendente a fronte della presentazione della seguente documentazione da parte del lavoratore distaccato:
– Autocertificazione di non residenza fiscale in Italia ai sensi dell’art. 2 del TUIR corredato da certificato di residenza fiscale emesso dalle autorità fiscali estera;
– Registro compilato dal dipendente da cui emergono i giorni di lavoro trascorsi in Italia e all’estero nel corso del periodo di imposta di riferimento.
Al fine di determinare la base imponibile da assoggettate a tassazione la società istante procederà a:
1. determinare il rapporto tra i giorni di lavoro esercitati in Italia e il totale dei giorni lavorati, come sopra determinati.
2. Il rapporto così determinato viene applicato al reddito imponibile corrisposto dalla società istante;
3. L’importo determinato rappresenta il reddito di lavoro dipendente riferito all’attività italiana che deve essere assoggettato a tassazione;
4. In fase di conguaglio, ai sensi dell’art. 23 del d.P.R. 600 del 1973, la società istante opera il conguaglio tra le ritenute operate sul totale imponibile erogato dall’Italia e l’imposta dovuta sull’imponibile riferito all’attività italiana.
Le ritenute in eccesso operate nel corso del periodo d’imposta vengono restituite al dipendente;
5. Il reddito imponibile riferito all’attività estera escluso dalla tassazione viene indicato nella Certificazione Unica come da istruzioni ministeriali;
6. Da ultimo, con riferimento ai giorni di lavoro, nella CU verranno indicati i soli giorni di lavoro italiani.
Parere dell’agenzia delle entrate
Preliminarmente, si osserva che esulano dall’istituto dell’interpello, come disciplinato dalla legge n. 212 del 2000, le valutazioni di elementi di fatto.
Ne consegue che, in questa sede, lo status di non residenza dei lavoratori dipendenti della BETA, distaccati presso ALFA spa, con sede in Italia, e il luogo di svolgimento delle trasferte non saranno oggetto di valutazione, ma saranno assunti così come rappresentati nell’istanza.
Nel merito, si osserva che il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, recante “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”, all’articolo 23, dal titolo “Ritenuta sui redditi di lavoro dipendente”, dispone, tra l’altro, che le società per azioni che “… corrispondono somme e valori di cui all’articolo 48 [rectius 51] dello stesso testo unico, devono operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa…”.
In base a tale disposto, l’obbligo di effettuare la ritenuta sussiste in capo al soggetto erogante/sostituto d’imposta ogni qual volta la corresponsione riguardi somme e valori di cui all’articolo 51 del TUIR e, quindi, somme e valori in qualunque modo riconducibili al rapporto di lavoro, indipendentemente dallo status di residente o non residente del percipiente.
In relazione a questi ultimi, si fa, però, presente che l’articolo 23 del TUIR, disciplinante l’ “Applicazione dell’imposta ai non residenti”, al comma 1, lett. c), prevede che “Ai fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato: … i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 50;”.
Ai sensi dell’ordinamento domestico, pertanto, il criterio di collegamento ai fini dell’attrazione dei predetti emolumenti nella potestà impositiva nazionale è costituito dal luogo in cui è svolta la prestazione lavorativa, ovvero risulteranno imponibili nel nostro Paese i soli emolumenti che sono corrisposti, ai lavoratori dipendenti non residenti, per l’attività lavorativa svolta in Italia. Ciò posto si ricorda, tuttavia, che il trattamento fiscale illustrato può subire modifiche per effetto delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.
Invero, si osserva come il Modello OCSE di Convenzione per eliminare le doppie imposizioni, cui si ispirano gran parte delle convenzioni stipulate dal nostro Paese, all’articolo 15, disciplinante la ripartizione della potestà impositiva del reddito derivante dall’attività di lavoro subordinato, statuisce, tra l’altro, che
“i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato.
2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le remunerazioni che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente svolta nell’altro Stato contraente sono imponibili soltanto nel primo Stato se:
a) il beneficiario soggiorna nell’altro Stato per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale i 183 giorni nel corso dell’anno fiscale considerato, e
b) le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dell’altro Stato, e
c) l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato….”.
Dalla lettera di tale ultima disposizione, e fatta salva l’ipotesi disciplinata dal paragrafo 2, si evince che anche ai fini convenzionali, per i non residenti, il criterio di collegamento ai fini dell’attrazione dei redditi di lavoro dipendente nella potestà impositiva di uno Stato è costituito dal luogo in cui è svolta la prestazione lavorativa.
In altre parole, ai sensi del citato articolo 15, paragrafo 1, uno Stato contraente ha potestà impositiva, oltreché sui redditi di lavoro dipendente ovunque prodotti dal soggetto residente, anche sui redditi di lavoro dipendente prodotti da un soggetto non residente sempreché, però, la prestazione lavorativa sia svolta nel suo territorio.
In ragione, quindi, dell’articolo 23, comma 1, lett. c), del TUIR, nonché dell’art. 15 del modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni, nella fattispecie rappresentata, la società istante, previa presentazione, da parte del lavoratore, di apposita domanda corredata della certificazione di residenza fiscale – rilasciata dalla competente autorità fiscale estera – non è tenuta ad operare le ritenute ai fini IRPEF, di cui all’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973, sul reddito di lavoro dipendente prodotto dai lavoratori dipendenti non residenti, per l’attività lavorativa svolta al di fuori del nostro Paese.
Al fine di individuare il reddito di lavoro dipendente non imponibile in Italia, in quanto prodotto all’estero da un soggetto non residente, occorre fare riferimento al rapporto tra il numero di giorni durante il quale la prestazione lavorativa è stata esercitata nel Paese estero e il periodo totale – espresso anch’esso in giorni – di distacco in Italia del lavoratore presso ALFA spa. Affinché tale criterio sia applicato correttamente, si precisa che il numero dei giorni indicati al numeratore e al denominatore del rapporto deve essere individuato con criteri omogenei.
Al riguardo, la scrivente con circolare n. 17 del 2017 ha precisato, tra l’altro, che possono ritenersi i termini del rapporto omogenei qualora il periodo di lavoro considerato al numeratore del rapporto sia assunto al netto delle festività, week end e ferie e, analogamente, il periodo di lavoro del denominatore è calcolato anch’esso al netto di festività, week end e ferie.
Pertanto, nella fattispecie in esame, la percentuale derivante dal rapporto tra giorni di attività lavorativa svolta all’estero e i giorni totale di distacco in Italia, applicata alla retribuzione totale erogata al dipendente, determinerà la quota di reddito di lavoro dipendente da non assoggettare a tassazione in Italia e da non inserire nella Certificazione Unica.
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