AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 46 del 17 gennaio 2023
Art. 5 del d.lgs. n. 446/1997 – Determinazione della base imponibile IRAP – Finanziamenti a tasso zero
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA S.p.A. ha proposto istanza d’interpello ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. a), della Legge 27 luglio 2000, n. 212, al fine di ottenere l’interpretazione in merito alla determinazione della base imponibile IRAP ex art. 5 del d.lgs. n. 446/ 1997.
ALFA S.p.A. è una società attiva nel settore del commercio dei motori marini, delle imbarcazioni e degli accessori per la nautica in generale. La Società opera sul mercato tramite rivenditori autorizzati indipendenti, sia monomarca che plurimarca (cd. dealer).
Al fine di incentivare le vendite dei propri prodotti e, quindi, con una riconoscibile finalità commerciale, ALFA S.p.A. ha deciso di agevolare gli acquisti da parte dei consumatori finali (clienti dei propri dealer), procurando loro indirettamente l’opportunità di accedere a un finanziamento a tasso zero in occasione della compravendita.
Più in particolare, lo schema negoziale in esame può essere così sintetizzato:
– il consumatore finale acquista i prodotti commercializzati da ALFA presso uno dei dealer presenti sul territorio nazionale;
– una società finanziaria (BETA S.p.A.) concede un finanziamento a tasso zero al consumatore finale per il pagamento rateale del bene e liquida contestualmente al dealer l’importo del corrispettivo della vendita, sulla base di apposito accordo con ALFA e di un separato contratto con ciascun dealer interessato;
– a fronte delle varie operazioni di vendita di prodotti, effettuate dai dealer nei confronti dei consumatori finali, che fruiscono dei finanziamenti da parte di BETA, ALFA riconosce alla società finanziaria un corrispettivo per la concessione del credito al consumo a tasso zero.
ALFA registra in contabilità gli importi dovuti alla società finanziaria, in base del principio di competenza, in una voce di conto economico a diretta riduzione dei ricavi di vendita (voce A1), in analogia a quanto avviene per gli sconti di natura commerciale. Tale approccio contabile è stato condiviso con la società attualmente incaricata della revisione legale dei conti ed è alternativo all’imputazione di una specifica voce di costo per servizi resi dalla società finanziaria nella voce B7 di conto economico.
Premesso quanto sopra, la Società chiede di conoscere se gli importi riconosciuti alla società finanziaria per l’erogazione dei finanziamenti a tasso zero ai consumatori finali (clienti dei propri dealer) e classificabili in bilancio a riduzione dei ricavi della voce A1 ovvero ad incremento dei costi per servizi di cui alla voce B7 di conto economico, siano deducibili nella quantificazione dalla base imponibile ai fini IRAP.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Ai sensi dell’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 446/1997, la base imponibile rilevante ai fini IRAP per le società di capitali è costituita dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A e B dell’art. 2425 del Codice Civile, ad eccezione dei costi sostenuti per il personale dipendente e delle componenti reddituali che hanno natura valutativa, contenute nelle voci B12 e B13, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio.
Alla base imponibile IRAP, pertanto, non concorrono i proventi e gli oneri di natura finanziaria, classificati o classificabili nella voce C di conto economico. In pratica, la base imponibile deve essere depurata dal costo sostenuto per la remunerazione dei fattori della produzione collegati all’impiego di capitale di terzi (cioè degli interessi passivi), ossia dagli elementi di reddito di natura finanziaria, in quanto ritenuti estranei alla gestione caratteristica dell’impresa.
Si prevede inoltre (art. 5, comma 5) che, indipendentemente dall’effettiva collocazione nel conto economico, i componenti positivi e negativi del valore della produzione devono essere accertati secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa (nel caso di specie, i principi contabili nazionali adottati dall’OIC).
Orbene, in base al Principio Contabile OIC 12 ”Composizione e schemi del bilancio di esercizio” (aggiornato al dicembre 2016), sono classificabili nella voce C17 (irrilevante ai fini della quantificazione della base imponibile IRAP) gli oneri finanziari, quali gli interessi passivi maturati su debiti contratti dall’impresa e in generale derivanti dall’utilizzo di capitali di terzi.
Gli oneri connessi alla gestione caratteristica della società, quali gli sconti di natura commerciale o i costi per attività promozionali, restano invece classificati nelle voci costituenti il valore della produzione ed i costi ad esso connessi (imputati a riduzione dei ricavi delle vendite nella voce A1 o tra i costi per servizi della voce B7).
Da quanto premesso, con riferimento alla fattispecie prospettata, la società istante ritiene che gli obblighi contrattuali che si generano in capo a ALFA non rivestano natura finanziaria, in quanto le remunerazioni riconosciute alla società di credito al consumo non sono connesse a finanziamenti, aperture di credito o altre forme di finanziamento atte a dotare la società di nuove risorse monetarie.
Nel descritto schema contrattuale, non potrebbe neppure ravvisarsi una forma di beneficio finanziario indiretto per ALFA, in quanto:
– la società finanziaria liquida i fondi direttamente al rivenditore/dealer, cliente della Società, mentre il beneficio finanziario, connesso alla rateizzazione del pagamento a tasso zero, è riconosciuto a favore del consumatore finale, con il quale ALFA non ha alcun rapporto diretto (non essendo un proprio cliente, ma del dealer); i rivenditori/dealer non hanno assunto alcun vincolo contrattuale, né impegno giuridico, ad utilizzare (quantomeno non in modo diretto, immediato e consequenziale) le disponibilità finanziarie derivanti dalla liquidazione delle pratiche di finanziamento allo scopo di saldare degli eventuali debiti commerciali nei confronti della Società, né sono in essere accordi che impongano alla società finanziaria di corrispondere gli importi in oggetto direttamente in favore di ALFA.
Ciò premesso, l’Istante ritiene che le somme che ALFA corrisponde alla società finanziaria, a fronte del servizio reso nei confronti dei consumatori finali, concorrano tra i costi operativi rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, in quanto direttamente afferenti ai ricavi di vendita ovvero in quanto assimilabili ai costi di natura commerciale. Il contratto in essere con la società finanziaria è stato, infatti, stipulato per scopi di natura commerciale, con la finalità di incentivare le vendite ed aumentare la competitività sul mercato della Società.
Quanto argomentato troverebbe conferma nella Risoluzione n. 52/E del 9 aprile 1996, ove sia pure ai fini delle imposte sui redditi il Ministero delle Finanze ha avuto modo di evidenziare che i compensi corrisposti dal venditore alla società erogatrice del prestito a tasso zero non siano inquadrabili come interessi dovendo, invece, ritenersi che gli stessi si configurino come proventi erogati a fronte di una generica obbligazione di fare. Il Ministero, condividendo il parere dell’Ufficio, ha quindi ritenuto che il provento erogato dall’impresa venditrice alla società di credito al consumo non abbia natura di interesse, atteso che, come testé rilevato, il rapporto intercorrente tra le parti non ha né la struttura né la funzione di un contratto di mutuo.
Nella successiva Risoluzione n. 71/E del 13 luglio 1998, il Ministero delle Finanze avrebbe, secondo l’Istante, confermato tale orientamento, precisando che la struttura dei negozi posti in essere in tali operazioni è tale per cui il corrispettivo che la società produttrice paga a quella finanziaria affinché quest’ultima conceda il mutuo al cliente della prima a tasso agevolato (ovvero a tasso zero), è un costo certo e definitivo fin dall’origine e tale per cui la società produttrice può senz’altro imputarlo immediatamente a fronte dei ricavi delle vendite. Tale corrispettivo, pur non maturando tecnicamente come ”frutto civile”, è obiettivamente collegato ad una prestazione di servizio che la società finanziaria rende nel tempo; collegamento significativo sia sul piano economico che sul piano giuridico. È indubitabile, infatti, sotto il primo profilo, che esso rappresenti per la società finanziaria il guadagno (o la integrazione di guadagno) che la società medesima si aspetta dal servizio che si è impegnata a rendere e di cui sopporta i relativi costi nel tempo. Altrettanto, sotto il profilo giuridico, il corrispettivo in parola appare formalmente pattuito tra le parti proprio come compenso di una prestazione di facere diretta a realizzare un interesse specifico del soggetto che lo corrisponde.
La società istante evidenzia, infine, che anche la giurisprudenza (proprio in tema di IRAP) ha aderito all’orientamento secondo il quale le obbligazioni contrattuali derivanti dagli accordi stipulati tra l’impresa venditrice e l’intermediario finanziario, per favorire l’accesso ai finanziamenti a tasso zero da parte della clientela, non abbiano una causa finanziaria.
In particolare, la Suprema Corte di Cassazione (Ord. n. 26122 del 16 ottobre 2019), accogliendo sul punto la posizione della giurisprudenza di merito (Sent. Comm. Reg. Sardegna n. 92/1/2018), ha evidenziato che tra la società finanziaria che concede il finanziamento a tasso zero al consumatore finale e la società commerciale che vende il bene non si pone in essere alcun rapporto/contratto di finanziamento, costituendosi invero un contratto di finanziamento solo tra detto ente finanziario e l’acquirente del bene. I corrispettivi corrisposti dalla società commerciale alla società finanziaria non possono pertanto essere qualificati come oneri finanziari, non essendo in alcun modo assimilabili ad un frutto civile di un mutuo, ma sono piuttosto il compenso di un servizio reso dalla società finanziaria.
La Cassazione ha quindi ribadito che, ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, non sono deducibili gli interessi passivi su finanziamenti di cui all’art. 2425, comma 1, lett. C), che, al punto 17, comprende proprio gli interessi e gli altri oneri finanziari, da intendersi quali operazioni connesse a prestazioni di natura finanziaria, ovvero tutti quei costi bancari direttamente imputabili ad operazioni di finanziamento, dovendo al contrario essere rilevati come ”costi per servizi” tutti i costi diversi da interessi e sconti passivi, commissioni passive su finanziamenti e spese bancarie accessorie all’ottenimento dei finanziamenti bancari; nella specie, escluso che trattasi di costi sostenuti per ottenere finanziamenti bancari da parte della società contribuente, atteso che le operazioni di finanziamento riguardavano soggetti terzi, ovvero clienti della stessa, le spese sostenute per consentire il rilascio di tali finanziamenti in loro favore risultavano correttamente rilevate tra i costi per servizi, deducibile ai fini IRAP.
In conclusione, la società istante ritiene che i costi ad essa addebitati e derivanti dall’accordo con BETA siano pienamente rilevanti ai fini IRAP, in base all’art. 5 del D.Lgs. n. 446/1997, in quanto afferenti alla gestione caratteristica e non alla gestione finanziaria dell’impresa, come definita dai principi contabili nazionali, applicabili nella redazione del bilancio di esercizio (OIC 12).
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Ai sensi dell’art. 5, comma 1, del decreto legislativo n. 446/1997, la base imponibile rilevante ai fini IRAP per le società di capitali è determinata dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13).
Dunque, la base imponibile rilevante ai fini IRAP per le società di capitali è costituita dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A e B dell’art. 2425 del Codice Civile, ad eccezione, tra le altre voci, dei proventi e degli oneri di natura finanziaria, classificati o classificabili nella voce C di conto economico.
In sostanza, la base imponibile deve essere depurata dal costo sostenuto per la remunerazione dei fattori della produzione collegati all’impiego di capitale di terzi (cioè degli interessi passivi), ossia dagli elementi di reddito di natura finanziaria, in quanto ritenuti estranei alla gestione caratteristica dell’impresa.
Nel caso in esame, la società istante corrisponde dei corrispettivi alla società finanziaria per l’erogazione di finanziamenti a tasso zero che quest’ultima concede ai consumatori finali, acquirenti dei prodotti commercializzati dall’Istante attraverso i vari rivenditori/dealer presenti sul territorio italiano.
Al riguardo, si ritiene che l’importo corrisposto dall’Istante alla società finanziaria abbia natura finanziaria.
Non è condivisibile, infatti, la soluzione interpretativa proposta dell’Istante, secondo la quale il corrispettivo dovuto alla società finanziaria BETA non può avere natura finanziaria in ragione del fatto che beneficiario del capitale dato in prestito non è la società istante ma unicamente il cliente finale.
Un onere ben può avere natura finanziaria pur non costituendo in senso stretto un interesse sul capitale erogato.
La natura finanziaria di un onere, infatti, non è data dalla sua mera identificabilità nella remunerazione del capitale (i.e. interesse), ma dalla sua stretta connessione con la erogazione del finanziamento, senza il quale l’obbligo della prestazione non trova fondamento.
Gli stessi principi contabili nazionali disciplinano gli ”oneri di transazione” quali costi marginali direttamente attribuibili all’acquisizione, all’emissione o alla dismissione di un’attività o di una passività finanziaria. Un costo marginale è un costo che non sarebbe stato sostenuto se l’entità non avesse acquisito, emesso o dismesso lo strumento finanziario (OIC 19 § 20). I costi di transazione includono a mero titolo esemplificativo gli onorari e le commissioni pagati a soggetti terzi (es.: consulenti, mediatori finanziari e notai), i contributi pagati a organismi di regolamentazione e le tasse e gli oneri sui trasferimenti. Tali oneri vengono addebitati a conto economico lungo la durata del prestito a quote costanti ad integrazione degli interessi passivi nominali alla voce ”C17) Interessi e altri oneri finanziari” (OIC 19 § 45).
Trattasi di oneri che, pur se distinti dalla remunerazione del capitale dato in prestito, sono contabilmente classificati come finanziari in quanto ad esso strettamente connessi.
Ne deriva che un onere ha natura finanziaria in virtù della suddetta connessione.
Nel contratto stipulato tra l’Istante e la società finanziaria si legge che il pagamento da parte di ALFA in favore di BETA ha ad oggetto il corrispettivo per i servizi finanziari resi da BETA in favore degli acquirenti dei prodotti, circostanza dalla quale risulta evidente la stretta connessione tra il corrispettivo pagato e il capitale erogato da BETA al cliente.
Peraltro, gli importi pattuiti tra la società istante e la società finanziaria, definiti nelle tabelle alle quali fanno rinvio le clausole contrattuali, sono parametrati ad elementi tipicamente caratterizzanti i contratti di finanziamento, quali l’ammontare dell’importo finanziato al cliente, la durata del finanziamento, il numero delle rate e il TAEG dell’operazione (Tasso Anno effettivo globale d’interesse).
Inoltre, nel caso di specie è contrattualmente riconosciuto alla società finanziatrice il potere di modificare unilateralmente i corrispettivi dovuti in caso di variazioni del Tasso di riferimento, elemento tipico delle operazioni di finanziamento nelle quali si pone a carico del beneficiario del finanziamento (in questo caso indiretto) l’onere collegato alla variazione dei tassi di interesse.
Rilevante, altresì, è il fatto che ai fini Iva, in merito ai corrispettivi dovuti dalla società istante a BETA, l’operazione è qualificata come ”finanziaria”, in quanto viene emessa fattura in esenzione da IVA ex art. 10, comma 1, punto 1, del D.P.R. n. 633/1972.
In tal senso con la Risoluzione n. 71/E del 13 luglio 1998 è stato precisato che le operazioni di finanziamento ”a tasso zero” verso un soggetto terzo (cioè l’acquirente/consumatore finale), rese da una società finanziaria nei confronti di una società commerciale, devono essere considerate esenti da IVA, in quanto inquadrabili nell’ambito dell”’assunzione di impegni di natura finanziaria” di cui al citato articolo del D.P.R. n. 633/1972.
Sul punto, oggetto di richiesta di chiarimenti della scrivente Amministrazione, in sede di integrazione documentale l’Istante, al fine di argomentare la differente qualificazione dell’operazione ai fini IVA e ai fini delle imposte dirette, si è limitata a ribadire che le somme corrisposte da BETA. non sono destinate a dotare la società Istante di risorse finanziarie.
Tale dato, tuttavia, non risulta dirimente in quanto, secondo quanto sopra evidenziato, la causa negoziale dell’operazione resta finanziaria anche in mancanza di diretta corresponsione di risorse finanziarie alla società venditrice, conformemente anche alla giurisprudenza di merito (CTR Lazio 6972/29/14 del 22/10/2014).
Nell’assetto negoziale l’Istante, da un lato, attraverso il finanziamento a tasso zero, ottiene i benefici derivanti dall’agevolazione delle condizioni di acquisto e, quindi, l’incremento delle vendite; dall’altro assume gli oneri finanziari dell’operazione da cui deriva il suddetto beneficio.
Il suddetto collegamento rivela quindi la causa del negozio che resta finanziaria.
Conseguentemente, la predetta componente negativa, pur non costituendo, in senso stretto, un interesse derivante da un contratto di mutuo stipulato tra l’Istante e la società finanziaria, assume a tutti gli effetti natura finanziaria da classificare nella voce ”C17)” del conto economico con conseguente indeducibilità ai fini del tributo regionale.
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