La Corte di Cassazione con la sentenza n. 15648 del 2 giugno 2013 interviene in tema di dichiarazione congiunta e confermando che gli accertamenti in rettifica delle dichiarazioni presentate in forma congiunta sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati nei confronti del marito e la responsabilità in solido dei coniugi per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome di uno dei due e che sia scaturito dalla dichiarazione congiunta.
Il contenuto dell’art. 17 della Legge 114/1977 prevede chiaramente che gli accertamenti in rettifica delle dichiarazioni presentate in forma congiunta sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati nei confronti del marito. Principalmente per questo motivo la Suprema Corte ha respinto evidenziando che lo stesso articolo summenzionato specifica, all’ultimo comma, che “i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito”.
La presentazione di una dichiarazione congiunta è una facoltà, non un obbligo, pertanto chi sceglie di aderire a tale modalità accetta, conseguentemente, anche i rischi che, eventualmente, da essa conseguano, come specificato dalla Cassazione nella precedente sentenza n. 12371/2002, o nella n. 2021/2003.
Il coniuge non può neppure portare a propria giustificazione, secondo i giudici di legittimità, il fatto di non essere più convivente.
Né può eccepirsi l’incostituzionalità della norma, dal momento che la mancata impugnazione dell’atto di rettifica da parte del marito non comporta la definitività dell’obbligazione tributaria in capo alla moglie, cui spetta, comunque, un’autonoma facoltà di far valere in giudizio le proprie ragioni.
Se ciò non avviene o se, come nel fatto di causa, la moglie si limita a contestare la mancata notifica personale, senza entrare nel merito della questione tributaria contestata, il ricorso deve essere rigettato, così come è stato rigettato dalla Cassazione nella sentenza in commento e in altre che l’hanno preceduta (cfr. ad es, Cass. 17347/2003).
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