La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 118 depositata il 7 gennaio 2014 intervenendo in tema di reati fiscali ha enunciato il principio, affermato dalle sezioni unite, in base al quale l’intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perché contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art.591 comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art.606 comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale”.
La vicenda ha visto come protagonista un contribuente nei cui confronti era stata effettuata una verifica fiscale a seguito della quale veniva redatto un PVC da cui si evincevano comportamenti fraudolente di cui all’articolo 2 D.L.vo 74/2000 al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Il Tribunale in composizione monocratica condannava il contribuente per il reato contemplato dall’articolo 2 D.Lgs. 74/2000 per aver indicato nelle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi per un importo complessivo pari ad euro 202.845,60.
L’imputato avverso la decisione del giudice di prime cure proponeva ricorso alla Corte di Appello che, però, confermava la sentenza del giudice di primo grado. In particolare i giudici territoriali affermavano che il processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F. era stato inserito correttamente nel fascicolo per il dibattimento ex art.431 co.1 lett.b) c.p.p. ed era pienamente utilizzabile trattandosi di atto irripetibile compiuto dalla p.g.. L’acquisizione delle fatture, i riscontri sulle merci, le attività attraverso cui era stata accertata la consistenza aziendale dei soggetti formalmente in rapporto con le società amministrate dall’imputato consentivano, poi, di affermare (indipendentemente dalle dichiarazioni di tali soggetti riferite dal M.P.) l’inesistenza, anche se solo soggettivamente, delle operazioni commerciali. Erano quindi tali dati oggettivi ad attestare la fittizietà delle operazioni.
Per la cassazione della pronuncia del giudice di seconde cure l’imputato propone il ricorso, basandolo su tre motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini rigettano il ricorso dichiarandolo inammissibile. Per i giudici di legittimità, infatti, affermano che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità il processo verbale di costatazione con cui sono state accertate o riferite violazioni a norme finanziarie o tributarie (cfr. ex multis Cass.pen. sez. 3 n.36399 del 18.5.2011) costituisca atto irripetibile.
Inoltre i giudici supremi puntualizzano che qualora durante l’attività ispettiva emergano indizi di reati allora “occorre procedere secondo le modalità previste dall’art.220 disp.att.c.p.p., altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile” (cfr. Cass.pen. sez. 3 n.6881 del 18.11.2008; Cass. Sez. 3 n. 15372 del 10.2.2010).
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