La Corte di Cassazione con la sentenza n. 28352 del 01 luglio 2013 intervenendo in tema di dichiarazioni fraudolenti ha affermato che il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti sussiste sia nell’ipotesi di inesistenza oggettiva dell’operazione sia nell’ipotesi di inesistenza relativa (quando l’operazione ha interessato quantitativi e valori inferiori a quelli posti in fattura) ma anche nell’ipotesi di sovrafatturazione “qualitativa”, cioè quando la fatturazione indichi una cessione di beni o servizi ad un prezzo maggiore di quelli forniti.
Gli Ermellini lo hanno evidenziato, sottolineando che oggetto della repressione deve essere “ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale“. Si tratta, hanno affermato i massimi giudici, di un orientamento consolidato e preesistente che è stato reiterato anche con riferimento alla nuova figura, dell’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000. E dunque, quanto al caso in esame, anche la sovrafatturazione, vale a dire l’inserimento in fattura di un importo maggiore rispetto a quello realmente corrisposto, è tale da ricadere nello spettro dell’art. 1 e, di conseguenza in quello dell’art. 2. Cit..
La vicenda originata da una verifica da cui era emerso che la fattura n. xxxx del 31 dicembre 2003 emessa dalla XXXX servizi per l’ecologia nei confronti della YYY S.p.A., rappresentata dall’imputato, con riferimento ad un trasporto di rifiuti intervenuto in data 3 dicembre 2003, il quantitativo di rifiuti oggetto di trasporto, indicato in chilogrammi 4,122.003, era risultato in realtà corrispondere a chilogrammi 31.340 come da formulario; si era poi accertato che il costo inerente il trasporto in realtà contabilizzato e parzialmente non effettuato era stato effettivamente sostenuto dalla società YYY come emerso dai relativi mandati di pagamento; infine, l’appartenenza all’epoca dei fatti ad un unico gruppo sia della società emittente sia della società utilizzatrice della fattura aveva comportato, in una prospettiva di bilancio consolidato, che la società Sao aveva pagato sì minori imposte per euro 84.000 ma, correlativamente, la collegata XXXX aveva versato una maggiore imposta corrispondente al 34% della somma relativa al trasporto non effettuato. Ciò posto, ed escluso che si versasse in ipotesi di errore materiale (la corrispondenza del quantitativo indicato con la data del 4.12.2003 poteva essere stata artatamente preordinata a fornire una giustificazione della falsa Indicazione), ha osservato il Tribunale che, come da giurisprudenza di legittimità, non integra la fattispecie criminosa di cui all’art. 2 contestato la condotta di indicazione in fattura di un importo maggiorato ma effettivamente corrisposto dall’utilizzatore, potendo eventualmente ravvisarsi nei confronti dell’utilizzatore le diverse ipotesi di reato di dichiarazione fraudolenta mediante artifici o di dichiarazione infedele, ipotesi queste, tuttavia, nella specie non configurabili per mancata restituzione alla S.a.o. della somma medesima.
Gli Ermellini accolgono la tesi e le doglianze del Procuratore della Repubblica rilevando al contempo la prescrizione del reato ex art. 609, comma 2, c.p.p., essendo il relativo termine maturato, a decorrere dal 2/11/2004 quale data ultima di presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2003, in data 02/05/2012. Ciò comporta l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza per intervenuta estinzione del reato.
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