La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 28332 depositata il 18 dicembre 2013 intervenendo in tema di ritardo sui rimborsi ha statuito che qualora l’Amministrazione Finanziaria ritarda nel rimborsare le imposte, il contribuente può rivolgersi al giudice tributario per la liquidazione del danno da svalutazione monetaria.
La vicenda ha riguardato una società che avendo ricevuto in ritardo il rimborso dell imposte a cui aveva diritto si era rivolto alla Commissione Tributaria Provinciale affinchè il Fisco venisse condannato al pagamento del maggior danno da svalutazione monetaria ex articolo 1224, secondo comma, c.c. per il ritardo nel pagamento del credito. Il giudice di prime cure rigettava la domanda della ricorrente. Avverso la decisione del giudice di primo grado la società contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Regionale i cui giudici confermavano la sentenza di primo grado. I giudici di appello affermano che in materia di Irpeg le regole riguardanti l’esecuzione dei rimborsi sono espresse dagli articoli 37 e seguenti del d.p.r. 602/73, i quali nulla stabiliscono a proposito del risarcimento del danno. In particolare il pagamento degli interessi per rimborso di imposte è regolamentato, come già detto, dagli articoli 44 e 44 bis del d.p.r. 602/73, che, appunto, non prevedono la corresponsione dì altri interessi per danni.”
Il contribuente per la cassazione della sentenza del giudice di merito proponeva ricorso, affidato a tre motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono le doglianze del contribuente riformando la decisione impugnata. I giudici di legittimità rilevano l’applicabilità dell’articolo 1224 c.c. stabilisce che, nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di denaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura (primo comma). Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento. Quest’ultimo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori (secondo comma).
Pertanto l’assunto del giudice del merito è stato bocciato dalla Corte di Cassazione chiarendo che, anche con riferimento alle pretese restitutorie vantate dal contribuente nei confronti dell’Erario, opera il principio che, nel caso di ritardato adempimento di un’obbligazione pecuniaria, può liquidarsi il danno da svalutazione monetaria, sempre che il creditore deduca e dimostri che un tempestivo adempimento gli avrebbe consentito di impiegare il denaro in modo tale da elidere gli effetti dell’inflazione e salva l’applicazione, imposta dalla specificità della disciplina dell’obbligazione tributaria, di un particolare rigore nella valutazione del materiale probatorio.
Pertanto alla luce di quanto soprascritto la CTR è ha commesso un errore di giudizio quando ha ritenuto non applicabile nel caso dell’obbligazione in questione il disposto del secondo comma dell’articolo 1224 del codice civile. Non si può infatti negare in astratto il diritto del contribuente al risarcimento del maggior danno da ritardo nel rimborso delle imposte; salvo adottare particolare rigore nella valutazione della prova di tale danno.
In definitiva i giudici del Palazzaccio ammette la risarcibilità del maggior danno previsto dal secondo comma dell’articolo 1224 del codice civile sicché il giudice del rinvio dovrà ora procedere alla concreta e rigorosa disamina delle prove al riguardo offerte dalla contribuente, verificando che la domanda stessa sia sorretta non dalla mera allegazione della sua qualità d’imprenditore e dalla mera deduzione del fenomeno inflattivo come fatto notorio, bensì da specifiche indicazioni in ordine al danno derivatole dalla indisponibilità del denaro determinata dall’inadempimento dell’Erario.
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