Agenzia delle Entrate – Risposta n. 254 del 10 maggio 2022
Disapplicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 172, comma 7, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.) relativamente alla
operazione di fusione in presenza di consolidato (IRES e Addizionale IRES)
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
L’istante chiede la disapplicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 172, comma 7, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.) relativamente alla operazione di fusione per incorporazione della società controllata A, in Banca B.
La A è stata costituita nel 2009 (originariamente nella forma di società consortile per azioni) al fine di consentire la realizzazione di un’operazione di cartolarizzazione …. e, al tempo della fusione, era detenuta per circa il 99 per cento dalla B e, per la residua percentuale, da altre società appartenenti al gruppo.
La B Immobiliare è una società controllata da B che è stata proprietaria di beni immobili utilizzati dalla stessa B o dalle altre società del gruppo sulla base di contratti di locazione che prevedono il sostenimento di un canone. Il 3 luglio del 2009, B Immobiliare ha ricevuto un finanziamento garantito da ipoteca sui beni immobili di proprietà (il “Finanziamento Ipotecario”) erogato da B.
Tuttavia, il 31 luglio 2009, B Immobiliare ha conferito il ramo d’azienda, comprensivo degli immobili e del debito relativo al Finanziamento Ipotecario, alla A che, così, diventa pro-tempore proprietaria degli immobili, parte debitrice del finanziamento ipotecario e, anch’essa, ritraeva le risorse finanziarie necessarie principalmente dai canoni di locazione pagati dal gruppo B.
C è una società di cartolarizzazione costituita ai sensi della Legge n. 130/1999. Il 21 settembre 2010, la B ha ceduto a C (cessionaria del credito) il credito originato dal Finanziamento Ipotecario, unitamente alle garanzie reali o personali, inclusa l’ipoteca iscritta sul patrimonio immobiliare, al momento, detenuto da A.
La C, al fine di corrispondere alla B il prezzo di acquisto del credito, reperisce la provvista finanziaria mediante l’emissione di tre distinte classi di titoli, la cui remunerazione ed il cui rimborso dipenderanno dalla remunerazione e dal rimborso del Finanziamento Ipotecario da parte di A (che, si ricorda, al momento era parte debitrice del finanziamento ipotecario).
L’istante riferisce che la Commissione Europea, in data , al fine di consentire la ricapitalizzazione precauzionale di B ha approvato il c.d. “Piano di Ristrutturazione 2017-2021” nel cui ambito la B ha assunto taluni impegni (commitments), e tra essi, in particolare, l’impegno a recuperare la piena disponibilità del patrimonio immobiliare detenuto da A e a dismetterne una parte entro il 31 dicembre 2021.
A seguito della decisione della Commissione Europea sono stati attuati gli interventi di rafforzamento patrimoniale contenuti nei due Decreti Ministeriali del 27 luglio 2017, relativi, rispettivamente, al cd. burden sharing (i.e. la conversione forzosa, in azioni ordinarie di B, di taluni strumenti finanziari individuati dal decreto), e alla sottoscrizione dell’aumento di capitale di B da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).
Al fine di rispettare gli impegni presi con la Commissione Europea, e in considerazione del fatto che il patrimonio immobiliare detenuto da A risultava gravato dall’ipoteca a servizio dell’operazione di cartolarizzazione, la B ha dato corso alla seguente operazione di ristrutturazione.
In data 29 ottobre 2018, B ha promosso un’offerta pubblica di acquisto volontaria totalitaria sui Titoli di Classe A e Classe B emessi da C. L’OPA si è conclusa in data 16 novembre 2018 e, per effetto delle adesioni, B è giunta a detenere circa il 97,59 per cento dei Titoli di Classe A e il 99,81 per cento dei Titoli di Classe B.
Parallelamente, è stata attuata la fusione per incorporazione di A in B. In dettaglio, il 19 ottobre 2018, è stato depositato, presso le rispettive sedi sociali, il progetto di fusione approvato da B e A. Il 27 dicembre 2018, si è conclusa la procedura autorizzativa avviata nei confronti della Banca Centrale Europea, che ha rilasciato il provvedimento di autorizzazione all’operazione di fusione (cfr. Allegato 8 – Autorizzazione BCE). Come passaggio preliminare alla fusione, in data 18 febbraio 2019 è stata deliberata la trasformazione di A da società consortile per azioni in società per azioni (cfr. Allegato 3). Come ulteriore passaggio preliminare, in data 8 maggio 2019, B ha acquistato le partecipazioni di minoranza detenute in A dalle altre società del Gruppo B. In tal modo, B è diventata socio unico di A, con la conseguenza di assoggettare la fusione alla disciplina prevista dall’articolo 2505 c.c. in materia di incorporazione di società interamente possedute. In data 21 maggio 2019, è stato stipulato il definitivo atto di fusione (cfr. Allegato 9 – Atto di fusione). Ai fini civilistici, essa ha acquistato efficacia, ai sensi dell’articolo 2504-bis c.c., dal 22 maggio 2019 mentre gli effetti contabili e fiscali sono stati retrodatati al 1° gennaio 2019.
Una volta perfezionatasi l’operazione di fusione, B ha manifestato ad A la volontà di estinguere anticipatamente il Finanziamento Ipotecario, rimborsandolo integralmente alla data del 12 giugno 2019 (Allegato 10 – Comunicazione Rimborso Finanziamento).
L’estinzione del Finanziamento Ipotecario ha determinato il rimborso anticipato dei titoli emessi da C, avvenuto nella stessa data del 12 giugno (Allegato 11 – Comunicazione Rimborso Titoli), con conseguente chiusura dell’operazione di cartolarizzazione (Allegato 12 – Comunicato Chiusura Cartolarizzazione).
In merito al Piano di ristrutturazione 2017 che ha il fine di dimostrare la capacità della Banca stessa di ritornare alla redditività entro il 31 dicembre 2021, questo prevede i seguenti elementi: un aumento dell’efficienza della Banca; la dismissione del portafoglio di sofferenze della Banca; la revisione dei processi di gestione del rischio di credito della Banca.
In termini di costi, la Banca attuerà un importante programma di taglio dei costi e tornerà a concentrarsi sul suo mercato interno principale. Inoltre, ridisegnerà la sua rete riducendo il numero di filiali, ivi compresi i centri di coordinamento, passando da 2.032 nel 2016 a 1.432 nel 2021. Durante il periodo di ristrutturazione, la Banca opererà anche una riduzione dell’organico pari al 22 per cento ovvero di 5.501 dipendenti su 20.065. Di conseguenza, le spese del personale nel periodo 2016-2021 diminuiranno di 291 milioni di euro. Il Piano di ristrutturazione 2017 prevede anche una ulteriore ottimizzazione della voce contabile «Altre spese amministrative», che scenderà da 792 milioni di euro nel 2016 a 585 milioni di euro nel 2021. La riduzione verrà realizzata attraverso una revisione del modello commerciale e operativo della Banca e prevedrà risparmi sui costi derivanti dalla razionalizzazione della rete, oltre a un ulteriore taglio dei costi in ambito di logistica, sicurezza, gestione dell’energia, IT e patrimonio immobiliare.
A seguito della ristrutturazione, la Banca prevede di realizzare un reddito netto di 1.219 milioni di euro nel 2021 (contro 3.241 milioni di euro di perdite nel 2016) e un rapporto costi/ricavi pari al 50,6 per cento (contro il 61,2 per cento nel 2016). Il ROE (al netto delle imposte) dovrebbe raggiungere il 10,7 per cento nell’esercizio 2021. In termini di capitale, la Banca rispetterà i requisiti (e gli orientamenti) obbligatori di capitale complessivi nel corso dell’intero periodo 2018-2021.
Dal punto di vista fiscale la B è la società consolidante del consolidato fiscale del gruppo B. Essa è assoggettata all’Addizionale IRES prevista per il settore bancario e finanziario (con l’aliquota del 3,5 per cento) introdotta dall’art. 1, commi 65 e 66 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016).
Al contrario, A non è soggetta all’Addizionale IRES, non qualificandosi quale intermediario bancario, ed ha aderito al consolidato fiscale con riferimento al triennio 2015-2017 e con rinnovo per il successivo triennio.
Le posizioni soggettive richieste
La A non dispone di posizioni soggettive fiscali da richiedere mentre la B dispone di perdite fiscali conseguite in costanza di consolidato e di eccedenze di base ACE.
Con riferimento alle perdite fiscali, ai fini dell’IRES ordinaria, l’istante correttamente esclude l’applicazione dell’articolo 172, comma 7, del T.U.I.R., con riferimento alle perdite fiscali che sono state realizzate da B in costanza di consolidato fiscale.
Ai fini dell’Addizionale IRES, tuttavia la B ha maturato perdite fiscali rilevanti per un ammontare pari a euro 8.601.308.119, fino al periodo di imposta 2018, come risulta dalla dichiarazione dei redditi (Modello Redditi SC 2019). A tale importo vanno sommate le perdite maturate nella frazione di esercizio intercorrente tra il 1° gennaio 2019 e il 22 maggio 2019 (data di efficacia giuridica della fusione), che l’istante ha determinato in euro 359.564.585. L’importo complessivo delle perdite fiscali, rilevante ai fini dell’Addizionale IRES, può essere quantificato in euro 8.960.872.704.
In riferimento alle eccedenze di base ACE, quelle maturate alla data del 31 dicembre 2018 ammontano complessivamente ad euro 229.947.207 ai fini dell’IRES ordinaria e a euro 760.519.862 ai fini dell’addizionale IRES.
Per quanto riguarda il periodo interinale ante fusione (compreso tra il 1° gennaio e il 22 maggio 2019), B ha stimato le eccedenze ACE maturate in tale periodo, in un ammontare pari ad euro 42.607.065, sia ai fini dell’IRES ordinaria che dell’Addizionale IRES.
IRES ordinaria di B
Perdite fiscali —
Eccedenze ACE: 272.554.273 (229.947.208+42.607.065)
Addizionale IRES di B
Perdite fiscali (incluso periodo interinale 2019): 8.960.872.704 Eccedenze ACE: 803.126.927 (760.519.862 +42.607.065)
Attributi fiscali riportabili: 9.763.999.631
Il test di vitalità e del patrimonio netto
B supera il test di vitalità sia con riferimento al periodo d’imposta 2018 (periodo di imposta precedente a quello in cui avviene la fusione) sia con riferimento alla frazione di periodo d’imposta compreso tra l’1° gennaio 2019 e il 22 maggio 2019 (data di efficacia giuridica della fusione).
B non supera il test del patrimonio netto in quanto il patrimonio netto risultante dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2018 risulta pari ad euro 8.312.143.490 ed i conferimenti effettuati nei 24 mesi precedenti comprendono:
- un importo pari a euro 4.472.909.845, che si riferisce all’aumento di capitale relativo al cosiddetto burden sharing ovvero la conversione forzosa di taluni strumenti finanziari in azioni ordinarie di B, effettuata in conformità al D.M. 27 luglio 2017;
- un importo pari a euro 3.854.215.456, che si riferisce all’aumento di capitale sottoscritto dal MEF in conformità dell’ulteriore D.M. 27 luglio 2017.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’istante ritiene che possa escludersi che B costituisca una “bara fiscale” priva di una autonoma capacità reddituale. A sostegno della propria tesi rileva che la Banca supera il test di vitalità economica; che i costi sostenuti per il personale nonché i rilevanti ricavi derivanti dalla gestione caratteristica confermano che la Banca risulta pienamente operativa ed è dotata di un compendio aziendale in pieno funzionamento.
In merito agli incrementi patrimoniali realizzati nei 24 mesi che precedono la situazione patrimoniale di riferimento, l’istante ritiene che entrambi i menzionati incrementi non rilevano ai fini del test del patrimonio netto perché, in sintesi, non possono, essere riconducibili all’intento elusivo di incrementare artatamente il patrimonio della Banca.
Riguardo l’aumento di capitale sottoscritto dal MEF (euro 3.854.215.456), l’istante ritiene, a fortiori, che rappresenti un apporto in denaro a fronte di un aumento di capitale eseguito dallo Stato in base ad una norma di legge (i.e., il D.M. 27 luglio 2017); di conseguenza, esso dovrebbe essere ricompreso nel novero dei “contributi erogati a norma di legge dallo Stato e da altri enti pubblici” i quali, ai sensi dell’art. 172, comma 7, T.U.I.R. non devono essere computati in riduzione del patrimonio netto ai fini del relativo test.
Al contrario, l’istante ritiene che la stessa disposizione non si applichi, secondo il dato letterale, all’aumento di capitale relativo al cosiddetto burden sharing, in quanto, pur essendo stato disposto anch’esso con legge nell’ambito di un più ampio piano che prevede anche l’intervento dello Stato, rimane comunque, nei fatti, un conferimento effettuato da investitori privati.
Ritenendo di poter sterilizzare il patrimonio netto dalle riduzioni relative ai conferimenti effettuati nei 24 mesi che precedono la situazione patrimoniale di riferimento, per i motivi rappresentati, l’istante desume, da un lato, che non si dovrebbero porre problemi in relazione all’utilizzo da parte di B delle eccedenze ACE ai fini dell’IRES ordinaria e, dall’altro, che si pongono, invece, problemi di utilizzo delle posizioni soggettive di B ai fini dell’Addizionale IRES.
Al riguardo, l’istante sottolinea che gli interventi disposti con i Decreti Ministeriali del 27 luglio 2017 – relativi al burden sharing e all’aumento di capitale del MEF – costituiscono le misure di rafforzamento patrimoniale previste dal Piano di Ristrutturazione approvato dalla Commissione Europea al fine di risollevare B dalla crisi finanziaria che aveva investito la Banca e ripristinare nel medio periodo una redditività complessiva soddisfacente.
A tal proposito dal bilancio individuale di B relativo all’esercizio 2016 si desume che il patrimonio netto della Banca ammontava, al 31 dicembre 2016, ad euro 4.767,3 milioni contro gli euro 8.515,0 milioni del 31 dicembre 2015, con un decremento complessivo di euro 3.747,7 milioni, dovuto in gran parte alla perdita di esercizio (pari ad euro 3.722,8 milioni).
Il Piano di Ristrutturazione prevede il conseguimento, nel 2021, di un ROE target superiore al 10 per cento, con un utile netto stimato, nel medesimo anno, superiore ad euro 1,2 miliardi (cfr. Allegato 4).
Gli interventi di ricapitalizzazione di B risponderebbero, perciò, ad una logica diversa da quella sottostante alle disposizioni antielusiva di cui all’art. 172, comma 7, T.U.I.R..
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
In via preliminare, si ricorda che esula dall’analisi condotta nel presente parere ogni valutazione o apprezzamento in merito ai valori riportati dalla Società nell’istanza, il riscontro della correttezza delle previsioni di redditività indicate nel Piano di Ristrutturazione, nonché, la corretta determinazione e quantificazione delle posizioni soggettive fiscali delle quali si chiede la disapplicazione.
Resta, pertanto, impregiudicato qualsiasi potere di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria volto alla corretta determinazione, qualificazione e quantificazione delle stesse.
Sempre in via preliminare, si rappresenta che non è oggetto della presente risposta la liceità, ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000, delle operazioni societarie precedentemente illustrate. Sotto quest’ultimo profilo, nella descritta operazione di fusione per incorporazione della B Immobiliare in B che, come si è descritto è stata preceduta dal conferimento della propria azienda alla A, l’istante ha dichiarato che la B Immobiliare, non ha di fatto fornito alcun apporto alla B in termini di perdite fiscali riportabili in quanto le stesse sono state sterilizzate nella dichiarazione dei redditi di B.
Per le ragioni che si andranno ad esporre, la scrivente fornisce parere positivo alla disapplicazione della normativa di contrasto alla compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR.
In materia di fusioni, si ricorda che, in base ad esso, le perdite fiscali delle società partecipanti all’operazione, compresa l’incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione, incorporante o beneficiaria:
- per la parte del loro ammontare che non eccede quello del patrimonio netto della società che riporta le perdite, quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell’articolo 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e dei versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, neutralizzando così i tentativi volti a consentire un pieno, quanto artificioso, recupero delle perdite fiscali;
- allorché dal conto economico della società le cui perdite sono oggetto di riporto, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’articolo 2425 del Codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.
Lo stesso comma 7 del menzionato articolo 172 estende l’applicazione del limite sopra indicato “agli interessi indeducibili oggetto di riporto in avanti di cui al comma 4 dell’articolo 96, nonché all’eccedenza relativa all’aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214“.
La ratio delle limitazioni poste dall’articolo 172, comma 7, del TUIR è di contrastare il c.d. commercio di “bare fiscali”, mediante la realizzazione di fusioni con società prive di capacità produttiva poste in essere al fine di attuare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali di una società con gli utili imponibili dell’altra, introducendo un divieto al riporto delle stesse qualora non sussistano quelle minime condizioni di vitalità economica previste dalla disposizione normativa (da ultimo, cfr. la circolare del 9 marzo 2010, n. 9/E).
In proposito, si ricorda che la disposizione in esame richiede che la società, la cui perdita si vuole riportare, sia operativa, negando, in sostanza, il diritto del riporto delle perdite se non esiste più l’attività economica cui tali perdite si riferiscono (cfr. la risoluzione n. 116/E del 24 ottobre 2006, la risoluzione n. 143/E del 10 aprile 2008 e la citata circolare n. 9/E del 2010).
In un’ottica antielusiva, i requisiti minimi di vitalità economica debbono sussistere non solo nel periodo precedente a quello in cui è stata deliberata la fusione, così come si ricava dal dato letterale, bensì debbono continuare a permanere fino al momento in cui la fusione viene attuata (cfr., tra l’altro, la citata risoluzione n. 143/E del 2008).
Nel caso specifico, si rileva che per la A non vi sono posizioni soggettive da riportare.
Invece, per la B, si rileva che ricorrono le condizioni di cui al punto sub 2) mentre non ricorrono le condizioni di cui al punto sub 1).
La circostanza per la quale la società abbia superato il cd. test di vitalità e che, quindi, esprima una situazione di operatività, non pone, di per sé in condizione la Scrivente di sostenere la disapplicazione del limite patrimoniale di ordine quantitativo, per il semplice motivo che, diversamente, la disposizione del comma settimo dell’articolo 172 del T.u.i.r. avrebbe previsto solo uno dei due limiti, ossia quello concernente la vitalità societaria.
Non basta, pertanto, realizzare i presupposti del test di vitalità per disapplicare la normativa appena richiamata, né risulta sufficiente sostenere che la società ha svolto attività operativa fino al compimento della fusione.
Tutto ciò premesso, si riportano quelle motivazioni oggettive individuate nella documentazione inviata dall’istante che, stante la situazione di eccezionalità, consentono, nel loro complesso, di superare anche il limite del patrimonio netto.
In linea generale, come descritto dall’istante, gli interventi di rafforzamento a favore di B sono stati adottati con due decreti emanati dal Ministero delle Finanze in data 27 luglio 2017. Con il primo decreto (Decreto Ricapitalizzazione) è stato disposto l’aumento di capitale di B a servizio della sottoscrizione delle azioni da parte del MEF. Con il secondo decreto (Decreto Burden Sharing) è stata disposta la conversione forzosa degli strumenti finanziari individuati nell’articolo 2 del decreto stesso; tramite tale conversione, il capitale sociale di B è stato aumentato per un importo ulteriore pari a circa euro 4,4 Miliardi.
Infatti, il D. Lgs. n. 237/2016 prevede che l’intervento dello Stato possa essere effettuato solo dopo l’applicazione delle misure di burden sharing; di conseguenza, la sottoscrizione del capitale di B da parte del MEF non poteva prescindere dalla conversione degli strumenti finanziari individuati nell’apposito decreto. Pertanto, la conversione degli strumenti finanziari non è dipesa dalla volontà degli obbligazionisti subordinati/creditori, ma è stata imposta per legge. Da ciò discende, che la conversione non può essere sorretta da intenti elusivi, costituendo essa una misura che i titolari degli strumenti finanziari hanno dovuto subire.
Tuttavia, la disapplicazione della sterilizzazione prevista dall’articolo 172, comma 7, del TUIR dei predetti conferimenti/versamenti avviene in presenza di un patrimonio netto di riferimento che è comunque inferiore alle posizioni soggettive richieste ai fini della addizionale IRES.
Al riguardo, si sottolinea che la ricapitalizzazione precauzionale della Banca ha migliorato la capacità e le condizioni di funding del Gruppo B rispetto alla situazione precedente, con positivi impatti sugli aggregati economici e patrimoniali.
Tutto ciò considerato, si rileva che l’operazione di aggregazione aziendale non rappresenta l’epilogo di una manovra elusiva finalizzata all’indebito utilizzo, da parte del soggetto risultante dall’operazione, di perdite fiscali maturate da società partecipanti alla fusione, la cui attività economica sia ormai inesistente.
In conclusione, per le motivazioni sopra esposte, si ritiene, che nella fattispecie in esame, possa essere disapplicato il comma 7 dell’articolo 172 del TUIR.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.