Distrazione per fini extraimprenditoriali di ramo di azienda - Cassazione sentenza n. 47213 del 2013La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 47213 depositata il 28 novembre 2013 intervenendo in materia di rati fallimentari ha affermato che  in sede di riesame dell’ordinanza applicativa di misura cautelare, ove intenda adottare una decisione difforme dall’ordinanza stessa, non può non confrontarsi con il contenuto motivazionale di essa, dando adeguatamente e specificatamente conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza tanto da comportarne l’annullamento.

La vicenda ha riguardato un imprenditore fallito e sottoposto a d indagine per i reati di cui agli articoli 236 – 223 – 216 n. 1 – 219 commi 1 e 2 n. l. R.D. 16.3.1942 n. 267 e successive modifiche – 110 c.p. piochè secondo il PM in concorso con gli amministratori della F.S.L. s.r.l., ammessa al concordato preventivo, quale titolare della R., con lo scopo di procurare a sé e/o ad altri un ingiusto profitto e di recare un pregiudizio ai creditori, distraevano per fini extraimprenditoriali il ramo di azienda relativo alla gestione delle apparecchiature elettroniche da intrattenimento, cedendolo simulatamente alla R. attraverso la stipula di un contratto di associazione in partecipazione. In particolare per aver eseguito una serie di pagamenti contanti.

Il Tribunale con ordinanza annullava il provvedimento del G.I.P. di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari. In particolare, dopo aver analizzato gli elementi indiziari, il Tribunale osserva che la circostanza del pagamento in contanti degli emolumenti spettanti alla F.S.L., che quest’ultima società curava la raccolta degli introiti delle giocate che erano tutti in monete e tratteneva alla fonte sia la quota di sua spettanza sia il pagamento rateale del prezzo delle schede cedute e che, inoltre, era possibile verificare attraverso un portale di rete, giorno per giorno, l’andamento delle giocate e dunque gli incassi.

Il Procuratore della Repubblica propone ricorso per la cassazione del pronuncia del Tribunale inanzi alla Corte Suprema. In particolare il PM lamentava l’errore di valutazione nel ritenere “trasparente” la descritta operazione economica tra gli indagati e quindi poco indicativo il quadro indiziario a sostegno della misura cautelare, finendo addirittura per considerare regolare che i reciproci rapporti di dare e avere tra la società di Tizio e la Beta s.r.l. fossero regolati in contanti, mentre la legge stabilisce espressamente che nelle transazioni commerciali il passaggio di denaro per importi oltre una certa soglia non può avvenire in contanti.

Gli Ermellini accolgono il ricorso, proposto dalla Procura della Repubblica, ravvisandone la fondatezza ed annullano con rinvio l’ordinanza impugnata poiché viziata “da manifesta illogicità e contraddittorietà” nel punto in cui ritiene normale che i rapporti di dare e avere tra le due imprese fossero regolati in contanti.

Il Tribunale inoltre non spiega come abbia potuto desumere dalla scarsa documentazione bancaria offerta dalla difesa la regolarità anche delle altre operazioni non documentate. Questa lacuna motivazionale dovrà ora essere colmata dal giudice del rinvio, cui spetterà pure rivalutare il materiale indiziario sui cui ha fatto leva la Procura.