AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 24 aprile 2020, n. 118
Interpello ordinario – Applicabilità dell’esenzione IVA prevista dall’articolo 10, primo comma, 18), del d.P.R. n. 633 del 1972 ad un “pacchetto di medicina preventiva e curativa ad approccio funzionale” – Diverso trattamento per gli educatori tecnico-sportivi laureati in scienze motorie
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA (di seguito, “Società”, “Istante” o “Contribuente”) rappresenta di esercitare l’attività di impianto e gestione diretta di una catena di poliambulatorimedici, denominata “Centro Medico BETA” (in breve, “Centro”), polispecialistici, odontoiatrici, psicologici, laboratori di analisi mediche e di diagnostica per immagini.
Nell’ambito di tale attività la Società è intenzionata a creare “ambulatori di medicina preventiva e curativa ad approccio funzionale”.
L’Istante spiega che in medicina funzionale l’obiettivo primario è il ripristino delle normali fisiologiche funzioni dell’organismo, ponendo particolare attenzione ai fattori che si ritiene, o si sospetti, siano all’origine dei processi patologici per poter intervenire prima dell’insorgere della malattia o ridurne le conseguenze. L’approccio funzionale non è né alternativo né in conflitto con la medicina curativa, di cui osserva i principi e le linee guida.
Nei laboratori il paziente verrà preso in carico da un medico che, dopo avere identificato il suo profilo di rischio individuale, metterà a punto obiettivi di cura specifici, e identificherà le azioni e gli interventi necessari ai fini di:
– prevenzione, ossia per ridurre la probabilità di ammalarsi, sviluppare condizioni invalidanti o morire prematuramente;
– terapia e/o miglioramento dell’efficacia della cura di elezione e della qualità della vita, qualora vi siano patologie in corso (ad esempio, in presenza di sindrome metabolica o di patologie croniche quali il diabete).
L’Istante chiarisce che, concentrandosi sulla prevenzione primaria, la medicina funzionale punta ad ampliare l’adeguatezza dell’intervento terapeutico privilegiando la visione d’insieme dell’individuo, tenendo in considerazione le problematiche legate allo stile di vita e le patologie cronico-degenerative, che sono oggi largamente diffuse.
L’approccio funzionale, dunque, fa sì che sia in fase diagnostica sia in fase terapeutica, il paziente venga considerato nella sua unitarietà e ciò richiede un approccio multi disciplinare che comporta l’erogazione di prestazioni da parte di differenti figure professionali, quali: medici, educatori tecnico-sportivi laureati in scienze motorie, dietisti/nutrizionisti, psicologi.
Il Contribuente specifica che negli ambulatori del Centro tali prestazioni saranno coordinate dal medico che prenderà in carico il paziente, definendo il percorso di cura e gli interventi necessari secondo una serie di protocolli clinici, appositamente realizzati dallo stesso, con affidamento ai singoli professionisti per la concreta esecuzione.
A fronte di ciò verrà corrisposto un corrispettivo unitario (c.d. “pacchetto di medicina preventiva e curativa ad approccio funzionale”) fatturato dalla Società al paziente. Ciascun singolo professionista chiamato ad operare, per la parte di propria competenza, nell’ambito della prestazione di “medicina preventiva e curativa ad approccio funzionale”, fatturerà poi i propri compensi al Centro proporzionalmente al tempo dedicato e sulla base di valorizzazioni orarie proprie del tipo di prestazione.
La Società evidenzia che la “medicina preventiva e curativa ad approccio funzionale” rappresenta una modalità di cura frutto di studi scientifici relativamente recenti sulla quale non ci sono indicazioni di sorta.Chiede pertanto di applicare a queste tipo di prestazioni mediche l’esenzione di cui all’articolo 10, primo comma,numero 18), del decreto del Presidente della Repubblica. 26 ottobre 1972, n. 633, rese nell’ambito di una prestazione medica unitaria, anche attraverso diverse figure professionali, sanitarie e non, coordinate tra di loro.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società ritiene che sia corretto includere nel citato regime di esenzione le prestazioni di “medicina preventiva e curativa ad approccio funzionale” come sopradescritte, rese nell’ambito di una prestazione medica unitaria, anche attraverso diverse figure professionali, sanitarie e non, coordinate tra di loro.
A parere del Contribuente non può non riconoscersi contenuto “medico” alle prestazioni volte alla prevenzione e/o alla terapia realizzata tramite misure quali l’attività fisica, la corretta alimentazione, visite specialistiche mirate, prescritte e coordinate tra loro da un medico dopo aver fatto un’attenta valutazione del cliente/paziente. Quest’attività, pur estrinsecandosi in prestazioni di differente natura,tempi e soggetto che le eroga, va considerata come un’unica terapia, un unico percorso di salute, ideato ed erogato dal Centro.
A supporto di tale tesi, l’Istante richiama i principi espressi dalla circolare n. 4/E del 28 gennaio 2005, dalla risoluzione n. 128/E del 20 dicembre 2011 e quanto chiarito dalla Corte di Giustizia nelle sentenze 11 gennaio 2001, causa C-76/99 e 20 novembre 2003, causa C-307/01, in cui si evidenzia che le prestazioni mediche esenti sono solamente quelle di diagnosi, cura e riabilitazione, il cui scopo principale è tutelare,mantenere o ristabilire la salute delle persone, comprendendo in tale finalità anche quelle dei trattamenti o degli esami medici a carattere profilattico eseguiti nei confronti di persone che non soffrono di alcuna malattia.
La Società fa notare che proprio il fine di prevenzione è individuabile nelle prestazioni comprese nel pacchetto di medicina preventiva e curativa ad approccio funzionale, oltre a quello più strettamente terapeutico: in altri termini trattasi di un vero e proprio complemento delle terapie, farmacologiche e non, quindi da intendersi quale parte essenziale e di uguale importanza nel processo di cura.
Secondo il Contribuente, dunque, il pacchetto di medicina preventiva e curativa ad approccio funzionale va considerato come unicum, ossia un’unica prestazione complessa, finalizzata alla prevenzione e/o alla guarigione, fini ai quali sono strettamente connesse e accessorie, nonché indispensabili, tutte le prestazioni che compongono tale pacchetto.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 10, primo comma, n. 18), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in seguito, “Decreto IVA”) prevede l’esenzione da IVA per “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’articolo 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze”.
Tale disposizione trova fondamento nell’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della direttiva del 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE (in breve, “Direttiva IVA”), ai sensi del quale “gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: (…) c) le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato (…)”.
Secondo costante giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, le esenzioni di cui all’articolo 132 della Direttiva IVA devono essere interpretate restrittivamente, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo.
Con riferimento alle prestazioni mediche e paramediche di cui alla lettera c) del paragrafo 1 del citato articolo 132, con le sentenze del 20 novembre 2003, cause C-307/01 e C-212/01, la Corte di Giustizia UE ha enucleato taluni principi e limitazioni nell’applicazione della citata disposizione comunitaria, commentati dalla scrivente nella circolare 28 gennaio 2005, n. 4/E.
In particolare, l’esenzione alle prestazioni in commento è subordinata al ricorrere di un requisito soggettivo e di un requisito oggettivo.
In merito all’ambito oggettivo di applicazione, la circolare precisa che l’applicazione dell’articolo 10, primo comma, n. 18), del Decreto IVA “va limitato alle prestazioni mediche di diagnosi, cura e riabilitazione il cui scopo principale è quello di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone, comprendendo in tale finalità anche quei trattamenti o esami medici a carattere profilattico eseguiti nei confronti di persone che non soffrono di alcuna malattia”.
Sul punto, infatti, le citate sentenze della Corte di Giustizia UE hanno affermato che le prestazioni mediche devono avere uno scopo terapeutico, benché ciò non debba essere inteso in un’accezione particolarmente rigorosa. “Anche nel caso in cui appaia che le persone che sono state oggetto di esami o di altri trattamenti medici a carattere profilattico non soffrono di alcuna malattia o anomalia di salute” – affermano i giudici unionali – “l’inclusione di tali prestazioni nella nozione di «prestazioni mediche» è conforme all’obiettivo di ridurre il costo delle spese sanitarie, che è comune tanto all’esenzione prevista dall’art. 13, n. 1, lett. b) della sesta direttiva che a quella prevista dallo stesso numero, lett. c) [ora lettera c) dell’articolo 132, paragrafo 1, della Direttiva n. 112 del 2006, n.d.r.] (…)”.
Per la Corte di Giustizia in sostanza è lo scopo della prestazione medica che determina se quest’ultima debba essere esentata da IVA. Pertanto, “le prestazioni mediche effettuate per un fine diverso da quello di tutelare, vuoi mantenendola, vuoi ristabilendola, la salute delle persone non possono, secondo questa stessa giurisprudenza, beneficiare dell’esenzione prevista all’art. 13, parte A, n. 1, lett. c),della sesta direttiva” (cfr. Corte di Giustizia, causa C-212/01 del 20 novembre 2003 punti 40-41; causa C-307/01 del 20 novembre 2003 punti 58-59 e in senso analogo, causa C-141/00 del 10 settembre 2002 e causa C-700/17 dell’8 settembre 2019), come, ad esempio, nel caso di scopi puramente cosmetici (cfr. Corte di Giustizia, causa C-91/12, punto 29).
Riguardo al profilo soggettivo dell’esenzione in commento, come già accennato, l’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della Direttiva IVA non definisce la nozione di “professioni mediche e paramediche” in quanto è lasciata alla libertà degli Stati membri definirne il contenuto.
Al riguardo la circolare n. 4/E del 2005 e in seguito la risoluzione n. 128/E del 20 dicembre 2011, precisano che “la prestazione medica o paramedica può essere esente dall’IVA solo se resa dai soggetti sottoposti a vigilanza ai sensi dell’articolo 99 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 e successive modificazioni ovvero individuati dal decreto del ministero della Sanità 17 maggio 2002”.
In particolare:
– rientrano nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza ai sensi dell’articolo 99 del testo unico delle leggi sanitarie” l’esercizio “della medicina e chirurgia, della veterinaria, della farmacia e delle professioni sanitarie di levatrice,assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata”; è tale, inoltre, l’esercizio”delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie”, vale a dire “le arti dell’odontotecnico,dell’ottico, del meccanico ortopedico ed ernista e dell’infermiere abilitato o autorizzato, compresi in quest’ultima categoria i capi bagnini degli stabilimenti idroterapici e i massaggiatori”;
– sono “prestazioni individuate con decreto interministeriale” quelle contenute nell’articolo 1, Decreto Interministeriale 17 maggio 2002.
La legge dell’11 gennaio 2018, n. 3 che provvede, tra l’altro al “riordino delle professioni sanitarie” all’articolo 5, paragrafo 2 ribadisce che: “Per l’esercizio di ciascuna delle professioni sanitarie, in qualunque forma giuridica svolto, è necessaria l’iscrizione al rispettivo albo”. All’articolo 6 sono, poi disciplinate le modalità per l’individuazione di nuove professioni sanitarie e l’istituzione di nuovi albi professionali.
Tutto ciò premesso, con riferimento al caso di specie, si ritiene che le prestazioni di medicina preventiva e curativa ad approccio funzionale rese da medici, psicologi,dietisti e biologi nutrizionisti possono beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 10, primo comma, n. 18), del Decreto IVA, sussistendo entrambi i requisiti soggettivo e oggettivo e ferma restando la valutazione di carattere medico effettuata dal personale qualificato a tale scopo circa il fine terapeutico perseguito, da intendersi anche nel senso di mantenimento della salute dei pazienti (causa C-91/12, punto 35).
Al contrario, le prestazioni svolte dagli educatori tecnico-sportivi laureati in scienze motorie, saranno in ogni caso soggette ad IVA con aliquota ordinaria.
Al riguardo giova ricordare che con la risposta n. 90 del 2018, la scrivente ha negato che le prestazioni rese dagli Operatori Socio Sanitari (OSS) possano rientrare nell’esenzione in commento: si tratta di una figura professionale non ricompresa negli elenchi prima richiamati e che si caratterizza per essere sprovvista “delle caratteristiche della professione sanitaria in senso proprio, per la mancanza di autonomia professionale, con funzioni accessorie e strumentali…”.
Le prestazioni svolte dagli educatori tecnico-sportivi laureati in scienze motorie non costituiscono, inoltre, un unicum con le altre prestazioni medico-sanitarie, esenti da IVA.
Secondo consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia: “Per decidere, ai fini dell’IVA, se una prestazione di servizi che è composta da più elementi debba essere considerata come una prestazione unica o come due o più prestazioni autonome che devono essere valutate separatamente, si deve tener conto della duplice circostanza che, da un lato, dall’art. 2, n. 1, della sesta direttiva 77/388 discende che ciascuna prestazione di servizi dev’essere considerata di regola come autonoma e indipendente e che, dall’altro, la prestazione costituita da un unico servizio sotto il profilo economico non dev’essere artificialmente divisa in più parti per non alterare la funzionalità del sistema dell’imposta sul valore aggiunto. (…) A questo proposito, si configura una prestazione unica in particolare nel caso in cui uno o più elementi devono essere considerati nel senso che costituiscono la prestazione principale, mentre uno o alcuni elementi devono essere considerati come una prestazione accessoria o alcune prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale. Una prestazione dev’essere considerata accessoria aduna prestazione principale quando essa non costituisce per la clientela un fine a séstante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore. In tale circostanza, il fatto che un prezzo unico sia fatturato non riveste un’importanza decisiva. (Cfr sentenza C-349/96 del 25 febbraio 1999 p. 30, oltre alla sentenza 22 ottobre 1998, cause riunite C-308/96 e C-94/97, Madgett e Baldwin,punto 24).
Nel caso di specie, da quanto rappresentato dall’Istante, è possibile desumere che non c’è una prestazione prevalente e altre accessorie, apparendo tutte egualmente rilevanti.
Non sarà, perciò, possibile applicare il regime di esenzione di IVA nei confronti del cliente/paziente per l’intero pacchetto di medicina preventiva e curativa ad approccio funzionale. Per le prestazioni rese da soggetti non rientranti nell’articolo 99, primo comma, del Testo unico delle leggi sanitarie né nel decreto del 17 maggio 2002, quali quelle eseguite dagli educatori tecnico-sportivi laureati in scienze motorie, si applicherà l’IVA con aliquota ordinaria.
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