La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 38800 depositata il 22 ottobre 2024, intervenendo in tema di evasione IVA ed onere della prova, ha affermato il principio secondo cui “è del tutto corretta l’acquisizione come prove documentali, ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., delle fotografie, tratte da internet e dai social media, che rappresentano le offerte commerciali della società in esame, non trovando applicazione né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza di cui all’art. 254 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 12062 del 05/02/2021, Di Calogero, Rv. 280758; Sez. 3, n. 8332 del 06/11/2019, dep. 2020, R., Rv. 278635)”
La vicenda ha riguardato il rappresentante legale di un società sportiva dilettantistica società assimilata a una società commerciale, accusato al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto, non presentava, essendovi obbligato, la dichiarazione annuale relativa a detta imposta. Il Tribunale condannava l’amministratore della società sportiva in relazione al delitto di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000. L’imputato proponeva appello. La Corte territoriale confermava la sentenza impugnata. L’amministratore avvero la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione fondato su cinque motivi.
I giudici di legittimità dichiaravano inammissibile il ricorso.
Per gli Ermellini il ricorso era inammissibile in quanto “la denuncia di violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello costituisce causa di inammissibilità originaria dell’impugnazione; non possono, quindi, essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perché non devolute alla sua cognizione (ex multis, Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Costa e altro, Rv. 269632; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577), tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (Sez. 2, n. 6131 del 29/01/2016, dep. 15/02/2016, Menna, Rv. 266202)”
Per il Supremo consesso il regime previsto per le associazioni sportive dilettantistiche, è quindi l’esonero dall’obbligo della dichiarazione IVA, “…. è subordinato, ai sensi degli artt. 1, comma 2, I. n. 398 del 1991 e 9, comma 2, d.P.R. n. 544 del 1999, all’esercizio di un potere di opzione e al rispetto di un limite dimensionale del valore dei proventi da attività commerciali, realizzate nel corso dell’anno di imposta, non superiore ai 250.000 euro; sussiste dunque l’obbligo di manifestazione dell’opzione attraverso la dichiarazione Iva (Cassaz. 6-5, n. 547 del 2022), nel momento in cui si effettui tale opzione.
(…) Giova ulteriormente premettere che l’art. 148, comma 3, t.u.i.r. prevede che, per le associazioni sportive dilettantistiche, non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.
Ai fini dell’applicabilità di tale disposizione, è necessario che le associazioni interessate si conformino a una serie di clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, quali: a) il divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge; b) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge; c) la disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione; d) l’obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie; e) l’eleggibilità libera degli organi amministrativi, il principio del voto singolo di cui all’articolo 2532, comma 2, del codice civile, la sovranità dell’assemblea dei 5 soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, i criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; f) l’intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa (cfr. in proposito Cass. civ. 26 settembre 2018 n. 22939; Cass. civ. 9 maggio 2018, n. 11050).
(…) L’art. 90 l. 27 dicembre 2002, n. 289, prevede che le disposizioni della legge n. 398 del 1991 e successive modificazioni, nonché le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche, si applicano alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro, a meno che, al di là della veste formale, queste ultime svolgano in concreto attività commerciale avente scopo lucrativo; invero, come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza civile di questa Corte, le esenzioni d’imposta a favore delle associazioni non lucrative dipendono non dalla veste giuridica assunta dall’associazione, bensì dall’effettivo esercizio di un’attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sull’interessato, sicché, l’agevolazione fiscale non spetta in base al solo dato formale bensì per l’effettivo svolgimento dell’attività considerata (Sez. L, n. 11492 del 30/04/2019, Rv. 653745; Sez. 6, 5, n. 10393 del 30/04/2018, Rv. 647995). “