La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 5948 depositata il 6 marzo 2025, intervenendo in tema di licenziamento per abuso dei permessi della legge n. 104/1992, ha ribadito che il ricovero del familiare disabile presso una struttura (residenza per persone anziane autosufficienti e non autosufficienti) del tutto assimilabile ad una struttura ospedaliera trattandosi di struttura che assicura assistenza sanitaria continuativa (…) tale circostanza, come richiede l’incipit del comma 3 dell’art. 33 della legge n. 104 del 1999, esclude la sussistenza del diritto ai permessi giornalieri retribuiti.

La vicenda ha riguardato un dipendente a cui veniva notificato, a conclusione della procedura disciplinare, il licenziamento per giusta causa per abuso dei permessi ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992. Il lavoratore impugnava il provvedimento di espulsione. Il Tribunale adito, nella veste di giudice del lavoro, riteneva legittimo il licenziamento. Il dipendente impugnava la decisione. La Corte di appello confermava la sentenza impugnata. Per i giudici di secondo grado il parente disabile era ricoverato in maniera permanente e a tempo pieno presso una residenza per anziani che (per l’assistenza fornita h 24:00 da parte di infermieri professionali, operatori socio sanitari qualificati e fisioterapisti, nonché per l’affiancamento di medici) era del tutto assimilabile ad una struttura ospedaliera e, dall’altra, che il lavoratore aveva prestato un tempo limitatissimo (non più di mezz’ora di visita, ossia di assistenza del tutto atecnica del familiare, considerate le condizioni di ricovero del parente) in ciascuna delle giornate di permesso fruite (in assenza di ulteriori attività riferibili, latu sensu, all’assistenza). Il dipendente avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione fondato su un unico motivo.

I giudici di legittimità dichiaravano inammissibile il ricorso.

In particolare, gli Ermellini hanno ritenuto corretto l’operato dei giudici di merito nel ritenere escluso il diritto ai permessi di cui alla legge 104/1992 qualora il familiare disabile sia ricoverato in strutture assimilate a quelle ospedaliere per cui, in tale ipotesi, si configura l’abuso dei permessi di cui al comma 3 dell’art. 33 della legge n. 104/1992.

A conforto di tale tesi, i giudici di piazza Cavour, hanno richiamato l’orientamento espresso dalla Cort di Cassazione con la sentenza n. 21416 depositata il 14 agosto 2019 la quale “alla luce dei suoi presupposti e delle vicende normative che lo hanno caratterizzato, la ratio legis dell’istituto in esame consiste nel favorire l’assistenza alla persona affetta da handicap grave in ambito familiare rendendo incompatibile con la fruizione del diritto all’assistenza da parte dell’handicappato solo una situazione nella quale il livello di assistenza sia garantito in un ambiente ospedaliero o del tutto similare.

8.2. Solo strutture di tal genere, infatti, possono farsi integralmente carico sul piano terapeutico ed assistenziale delle esigenze del disabile, con ciò rendendo non indispensabile l’intervento, a detti fini, dei familiari.

8.3. L’interesse primario cui è preposta la norma in questione è, del resto, quello di “assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito” (v. Coste cost. sentenze n. 19 del 2009 e n. 158 del 2007 citate). Tanto più che i soggetti tutelati sono portatori di handicap in situazione di gravità, affetti cioè da una compromissione delle capacità fisiche, psichiche e sensoriali tale da “rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”, secondo quanto letteralmente previsto dall’art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992.

8.4. L’istituto del permesso mensile retribuito è allora in rapporto di stretta e diretta correlazione con le finalità perseguite dalla legge n. 104 del 1992, in particolare con quelle di tutela della salute psico-fisica della persona portatrice di handicap, diritto fondamentale dell’individuo ai sensi dell’art. 32 Cost., rientrante tra i diritti inviolabili che la Repubblica riconosce e garantisce all’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.).

 8.5. Pur con i vari interventi legislativi è stata tenuta ferma la condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno (cioè per tutte le 24 ore del giorno).

8.6. Tale condizione non può che intendersi riferita al ricovero presso strutture ospedaliere o simili (pubbliche o private) che assicurino assistenza sanitaria continuativa. Solo se la struttura ospitante sia in grado di garantire un’assistenza sanitaria in modo continuo e così di assicurare al portatore di handicap grave tutte le prestazioni sanitarie necessarie e richieste dal suo status si rende superfluo, o comunque non indispensabile, l’intervento del familiare, venendo così meno l’esigenza di assistenza posta a base dei permessi.

8.7. Se, invece, la struttura non sia in grado di assicurare prestazioni sanitarie che possono essere rese esclusivamente al di fuori di essa, si interrompe la condizione del ricovero a tempo pieno in coerenza con la ratio dell’istituto dei permessi (secondo gli stessi arresti della giurisprudenza costituzionale sopra citati in ordine all’irrilevanza di forme di assistenza non continuativa) che è quella di consentire l’assistenza della persona invalida che non sia altrimenti garantita o per i periodi in cui questa non lo sia. Solo tale esigenza giustifica il sacrificio imposto al datore di lavoro, in adempimento ad obblighi ispirati al dovere costituzionale di solidarietà.

8.8. Peraltro, come evidenziato, le disposizioni di cui alla l. n. 104 del 1992 sono state oggetto di importanti modifiche aggiuntive ed innovative, introdotte con le l. n. 423 del 1993 e n. 53 del 2000, complessivamente caratterizzate da una implementazione del diritto all’assistenza del disabile: tale criterio, che costituisce la ratio legis deve presiedere all’attività di interpretazione della disposizione di che trattasi al fine di assicurare coerenza al sistema e compatibilità con i principi costituzionali, anche ex art. 3 della Costituzione

8.9. Da tanto consegue che il lavoratore può usufruire dei permessi per prestare assistenza al familiare ricoverato presso strutture residenziali di tipo sociale, quali case-famiglia, comunità-alloggio o case di riposo perché queste non forniscono assistenza sanitaria continuativa mentre non può usufruire dei permessi in caso di ricovero del familiare da assistere presso strutture ospedaliere o comunque strutture pubbliche o private che assicurano assistenza sanitaria continuativa. “