L’interpretazione qualificata del diritto UE operato dalla Corte di Giustizia UE va attribuito efficacia ultra partes. Infatti tale efficacia vincolante, non statuita espressamente, trae fondamento dall’articolo art. 99 del regolamento di procedura della Corte di giustizia (RP CG) e delle indicazioni fornite dalle sentenze Da Costa e soprattutto Cilfit. In particolare nelle suddette sentenze la Corte di Giustizia UE ha statuito che l’art. 177, 3° comma del Trattato obblighi senza alcuna restrizione i giudici nazionali di ultima istanza a sottoporre alla Corte qualsiasi questione interpretativa dinanzi ad essi sollevata, l’autorità dell’interpretazione data dalla Corte può tuttavia far venir meno la causa di tale obbligo e privarlo quindi del suo contenuto; ciò avviene in ¡specie qualora la questione sollevata sia sostanzialmente identica ad altra questione, sollevata in relazione ad analoga fattispecie, che sia già stata decisa in via pregiudiziale ovvero qualora il punto di diritto di cui trattasi sia stato risolto dalla costante giurisprudenza della Corte, indipendentemente dalla natura dei procedimenti da cui essa ha tratto origine, anche in mancanza di stretta identità delle questioni controverse. Resta comunque inteso che, in tutte queste ipotesi, i giudici nazionali, compresi quelli di cui all’art. 177, 3° comma restano del tutto liberi di adire la Corte qualora lo ritengano opportuno.
Inoltre con la sentenza Costa del 1964 la Corte di Giustizia UE definitivamente statuisce la supremazia del diritto comunitario sulla legislazione nazionale fondandola sulla specificità dell’ordinamento giuridico comunitario, destinato a ricevere un’applicazione uniforme in tutti gli Stati membri.
La Corte unionale, nella sentenza Costa, ha evidenziato che, “a differenza dei comuni trattati internazionali”, il Trattato CEE aveva istituito “un proprio ordinamento giuridico, integrato nell’ordinamento giuridico degli Stati membri”, “che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare”. Infatti, gli Stati membri, istituendo la Comunità, avevano “limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani” e creato “un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi.”
I giudici UE, con la sentenza Costa, hanno osservato che tale “integrazione nel diritto di ciascuno Stato membro di norme che promanano da fonti comunitarie, e più in generale, lo spirito e i termini del Trattato” avevano “per corollario l’impossibilità per gli Stati di far prevalere, contro un ordinamento giuridico da essi accettato a condizione di reciprocità, un provvedimento unilaterale ulteriore, il quale pertanto non potrà essere opponibile al l’ordine comune”.
Pertanto per la Corte Ue il “trasferimento, effettuato dagli Stati a favore dell’ordinamento giuridico comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del Trattato” implicava “una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, di fronte alla quale un atto unilaterale ulteriore, incompatibile col sistema della Comunità, sarebbe del tutto privo di efficacia.”
Anche la Corte Costituzionale Italiana ha affermato che il valore delle sentenze della Corte UE è cogente, vincolante nell’applicare il diritto dell’Unione così come interpretato dalla Corte di giustizia, si esprime in termini di «efficacia diretta» o di «immediata operatività». La Corte Costituzionale con la sentenza n. 284 del 2007 ha affermato che “… Le statuizioni della Corte di giustizia delle Comunità europee hanno, al pari delle norme dell’Unione direttamente applicabili cui ineriscono, operatività immediata negli ordinamenti interni
[…]
Le sentenze della Corte di giustizia vincolano il giudice nazionale all’interpretazione da essa fornita, sia in sede di rinvio pregiudiziale, che in sede di procedura d’infrazione …”
L’articolo 91 del del regolamento di procedura della Corte di giustizia (RP CG) prevede che le sentenze e le ordinanze della Corte UE abbiano efficacia vincolante, rispettivamente dal in cui è pronunciata, per la sentenza, e dal giorno della notifica, per l’ordinanza.
Inoltre si ritiene che la pronuncia della Corte esplichi i propri effetti retroattivamente (ex tunc), ovvero dal momento di entrata in vigore delle norme oggetto di interpretazione.
La Corte di Cassazione ha da tempo riconosciuto alle pronunce della Corte UE “valore normativo” (Cass. 30 dicembre 2003, n. 19842) ed efficacia retroattiva e valore erga omnes: poiché alla Corte UE è affidato il compito di fornire una interpretazione autentica del diritto dell’Unione.
Il Supremo consesso ha ormai costantemente affermato che “… Le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno efficacia vincolante, diretta e prevalente sull’ordinamento nazionale, così come confermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 168/1981 e n. 170/1984, ed hanno perciò “valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità” (cfr. Cass. n. 13425 del 2019 ed ivi la richiamata Cass. n. 22577 del 2012). (Cassazione ordinanza n. 34743 del 2023; ordinanza n. 33713 del 4 dicembre 2023) …” (Cassazione ordinanza n. 2674 del 2024)
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