AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 17 febbraio 2021, n. 119
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Emissione delle note di variazione ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 9, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA] (di seguito, istante), fornitore di energia elettrica e gas, pone il quesito qui sinteticamente riportato in merito ai criteri di emissione delle note di variazione ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 9, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito, decreto IVA).
In particolare, l’istante, come dettagliato anche in risposta ad apposita richiesta di documentazione integrativa, deve gestire alcune situazioni di morosità della clientela riconducibili alla seguente casistica:
«1) il cliente cambia fornitore di energia (cd. “switching”) e successivamente non provvede al pagamento degli importi maturati da [ALFA] e addebitati e fatturati da quest’ultimo (caso n. 1: cambio di fornitore prima dell’inadempimento);
2) il cliente non adempie al pagamento degli importi dovuti a seguito dell’emissione della fattura per la somministrazione e successivamente esercita il diritto di recesso al fine di cambiare il proprio fornitore (caso n. 2: cambio di fornitore dopo l’inadempimento);
3) il cliente non adempie al pagamento degli importi dovuti a seguito dell’emissione della fattura per la somministrazione ma né quest’ultimo né [ALFA] interrompono il rapporto contrattuale in essere tra le stesse parti e:
a) nonostante l’inadempimento del cliente, la Società istante continua ad erogare il servizio perché sta discutendo/negoziando il recupero del credito (caso n. 3.a);
b) a causa dell’inadempimento, [ALFA] ha sospeso l’erogazione del servizio ma il punto di consegna è ancora attributo alla Società istante che, pertanto, può riprendere in qualsiasi momento a erogare energia (caso n. 3.b);
4) il cliente non adempie al pagamento degli importi dovuti e [ALFA] decida di procedere con la risoluzione del contratto secondo quanto previsto nella clausola 13.3 [ai sensi dell’articolo 1456 c.c., dandone comunicazione a mezzo raccomandata, ndr.] delle Condizioni generali (Caso 4);
Può accadere che le fatture per gli importi non pagati siano emesse anche l’anno successivo all’interruzione del servizio ovvero allo switching.».
L’istante riferisce, altresì, che «Nelle ipotesi in cui il cliente moroso procede allo switching prima che [ALFA] in qualità di venditore uscente, possa disporre il distacco dell’utenza, la Socetà istante può fare ricorso al meccanismo previsto nell’ambito del cd. Sistema Informativo Integrato (di seguito, il “SII”), ossia al cd. “corrispettivo C-mor” (di seguito, “C-mor”) disciplinato, da ultimo, nell’Allegato A della deliberazione 3 agosto 2017, 593/2017/R/com, “Testo Integrato del sistema indennitario a carico del cliente finale moroso nei settori dell’energia elettrica e del gas naturale TISIND” (di seguito, “TISIND”, in Allegato n. 6) dell’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed i Sistema Idrico (di seguito, “ARERA”).
Si tratta di un particolare meccanismo che prevede il recupero di una somma a titolo indennitario (il C-mor, per l’appunto) che si sostanzia in un indennizzo forfetario e calcolato su stime di consumo a favore del venditore uscente.».
In applicazione del predetto articolo 13.3., l’istante ha comunicato ai clienti inadempienti nel 2019 la risoluzione del contratto nei primi giorni del mese di giugno 2020 ed intende emettere le note di variazione in diminuzione ex articolo 26, commi 2 e 9, del decreto IVA entro il 30 giugno 2020, termine ultimo di presentazione della dichiarazione IVA per l’anno 2019.
Ciò posto, l’istante chiede di conoscere:
– se «nel caso di attivazione della clausola risolutiva espressa per inadempimento del cliente che abbia al contempo esercitato il diritto di recesso e abbia, quindi, cambiato fornitore, il presupposto per attivare la procedura di recupero dell’imposta ex art. 26, commi 2 e 9 del decreto IVA nel rispetto dei termini per poter esercitare il diritto alla detrazione ex. art. 19 del medesimo decreto decorra:
– dalla data dell’evento previsto nella clausola risolutiva espressa ai sensi dell’art. 13.3 delle Condizioni generali, i.e. l’inutile decorso del termine per l’adempimento previsto nella comunicazione di messa in mora con sospensione dell’erogazione del servizio (quando questa precede lo switching) o lo switching stesso se antecedente all’inadempimento del cliente, o
– dalla data di notifica della comunicazione con la quale [ALFA] dichiara formalmente di avvalersi della clausola risolutiva espressa ai sensi dell’art. 1456 del codice civile.
Ciò anche nel caso in cui l’istante abbia già attivato il meccanismo del recupero del credito vantato nei confronti del cliente inadempiente tramite l’addebito del C-mor da parte del fornitore entrante e non abbia ancora trovato soddisfazione.»;
– se sia possibile «attivare la procedura di variazione in diminuzione» nel caso di attivazione del citato meccanismo di recupero;
– quale sia «il successivo trattamento IVA delle somme eventualmente recuperate tramite C-Mor successivamente all’attivazione della clausola risolutiva espressa»;
– quale sia «il comportamento da tenere con riferimento alle fatture emesse nell’anno successivo all’interruzione ovvero allo switching».
Qualora, infine, «l’evento previsto dalla clausola risolutiva (e la sospensione del servizio) ovvero lo switching si siano verificati nel 2019», l’istante chiede se le note di variazione in diminuzione «debbano essere emesse entro il 30 giugno 2020 ed annotate separatamente nel medesimo termine, per poter essere recuperate nella Dichiarazione annuale IVA per l’anno 2019 (anche tramite la presentazione di una dichiarazione integrativa per il medesimo anno)».
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante esclude che, nel caso di risoluzione del contratto per l’inadempimento di clienti che abbiano cambiato fornitore, con conseguente impossibilità di proseguire la fornitura, la comunicazione formale di risoluzione ex articolo 13.3 delle Condizioni generali possa essere considerata il presupposto per il recupero dell’IVA sulle fatture insolute tramite note di variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26, comma 2, del decreto IVA, rilevando a tal fine la causa/evento che ha dato luogo all’applicazione della clausola risolutiva ovvero lo switching.
Ritiene, dunque, di dover emettere le note di variazione in diminuzione con riferimento alle ipotesi in cui l’evento previsto dalla clausola risolutiva espressa ovvero lo switching si siano verificati nel 2019 per poi recuperare la relativa imposta detratta nella dichiarazione IVA per l’anno 2019, anche tramite la presentazione di una dichiarazione integrativa per il medesimo anno. A tal fine ritiene opportuno annotare gli importi variati separatamente, tramite soluzioni gestionali e informatiche che garantiscano tutti i requisiti richiesti per una corretta tenuta della contabilità, consentendo, altresì, un puntuale controllo nel tempo da parte dell’amministrazione finanziaria, conformemente a quanto precisato nella circolare n. 1/E del 2018.
Ad avviso dell’istante, il recesso del cliente via switching non rileva ai fini della recuperabilità dell’IVA sulle fatture insolute, stante la prevalenza, quale causa di scioglimento del contratto, della risoluzione per inadempimento rispetto al recesso non esercitato in buona fede, con conseguente efficacia ex tunc dell’estinzione del rapporto contrattuale.
Tale conclusione vale anche laddove l’istante abbia richiesto l’indennizzo C-mor relativamente ai casi di inadempimento e switching verificatisi nel 2019, tenuto conto che l’istante non ha ancora recuperato alcun importo a tale titolo.
L’importo del C-mor, oltretutto, potrebbe non eguagliare l’importo delle fatture rimaste insolute. In tal modo, verrebbe meno uno dei criteri che consentono di attrarre nel campo dell’imposta le somme indennitarie, vale a dire l’esatta corrispondenza con le somme che l’istante avrebbe dovuto ricevere dal cliente. Pertanto, una volta risolto il contratto per inadempimento, la somma recuperata dall’istante tramite il corrispettivo C-mor avrebbe natura di mera reintegrazione patrimoniale e non di corrispettivo ex articolo 3 del decreto IVA e, come tale, non sarebbe soggetta ad IVA.
Con specifico riferimento alle ulteriori situazioni di morosità descritte nel quesito, l’istante prospetta le seguenti soluzioni:
– Caso 3.a: qualora il cliente non paghi la fattura, ma né quest’ultimo né l’istante interrompano il rapporto contrattuale e, nonostante l’inadempimento del cliente, l’istante continui la fornitura perché sta negoziando il recupero del credito, l’eventuale nota di variazione in diminuzione potrà essere emessa a partire dall’interruzione della fornitura o, se antecedente, dallo switching del cliente inadempiente. Il diritto alla detrazione potrà essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa all’anno in cui tali momenti alternativi si siano verificati;
– Caso 3.b: qualora il cliente non paghi e, a causa di ciò, l’istante abbia sospeso la fornitura, ma il punto di consegna sia ancora attribuito all’istante – la quale, pertanto, può riprendere in qualsiasi momento la fornitura – l’eventuale nota di variazione in diminuzione potrà essere emessa a partire dall’interruzione della fornitura o, se antecedente, dallo switching del cliente inadempiente. L’istante può ancora erogare la propria prestazione, ed il diritto alla detrazione potrà essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa all’anno in cui detti eventi si sono verificati;
– Caso 4: qualora il cliente non paghi la fattura e l’istante risolva il contratto secondo quanto previsto nella clausola 13.3 delle Condizioni generali, la nota di variazione potrà essere emessa a partire dall’interruzione della fornitura, indipendentemente dal momento in cui la comunicazione formale è stata inviata. Il diritto alla detrazione sarà esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa all’anno in cui detto evento si è verificato. Infine, con specifico riferimento alle ipotesi in cui le fatture siano emesse l’anno successivo a quello in cui si verifica l’interruzione della fornitura ovvero lo switching, l’istante non fornisce soluzioni.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 26, commi 2, 3 e 9, del decreto IVA dispone: «2. Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose […], il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25.
3. La disposizione di cui al comma 2 non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti […].
9. Nel caso di risoluzione contrattuale, relativa a contratti a esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento, la facoltà di cui al comma 2 non si estende a quelle cessioni e a quelle prestazioni per cui sia il cedente o prestatore che il cessionario o committente abbiano correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni.».
Dalla norma riportata emerge come, nel caso prospettato, non operi il limite temporale di un anno di cui al comma 3, posto che i mancati pagamenti segnalati dall’istante non dipendono da un “sopravvenuto accordo fra le parti”. Trattandosi, inoltre, di contratti ad esecuzione continuata o periodica, in applicazione del comma 9, la risoluzione per inadempimento del cliente non investe le forniture già regolarmente poste in essere tra le parti.
In ordine alla procedura di variazione ai sensi del citato articolo 26, comma 2, la circolare 17 gennaio 2018, n. 1/E, al paragrafo 1.5 precisa che «per effetto del combinato disposto dell’articolo 26 e dell’articolo 19 del medesimo decreto, detta procedura deve realizzarsi (e, dunque, la nota di variazione deve essere emessa) entro i termini previsti dal comma 1 del citato articolo 19.
In particolare, tenendo conto della nuova formulazione dell’articolo 19, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, la nota di variazione in diminuzione deve essere emessa (e la maggiore imposta a suo tempo versata può essere detratta), al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione (cfr., con riguardo all’individuazione dell’anno in parola, la risoluzione n. 89/E del 18 marzo 2002, confermata dalla successive risoluzioni n. 307/E del 21 luglio 2008 e n. 42/E del 17 febbraio 2009).».
Il “presupposto per operare la variazione in diminuzione” coincide, in questo caso, con la risoluzione contrattuale, intendendosi per tale la materiale interruzione del rapporto contrattuale e della fornitura, oggetto di successiva comunicazione al cliente inadempiente ai sensi dell’articolo 13.3 delle Condizioni generali.
Posto che la risoluzione contrattuale è la conseguenza dell’inadempimento del cliente, ne discende che l’istante può operare la variazione per tutte le fatture insolute emesse antecedentemente alla risoluzione medesima, secondo il principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di legittimità: «In tema di IVA, a fronte della risoluzione per inadempimento da parte del consumatore finale di un contratto di abbonamento a servizi telefonici, il prestatore, in base alla norma sopravvenuta introdotta dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 126, ha la facoltà di variare in diminuzione la base imponibile dell’IVA in relazione alle prestazioni eseguite, e non remunerate antecedentemente alla risoluzione.» (Cass. civ. sez. V, sent. del 10 maggio 2019, n. 12468).
E ciò, indipendentemente dalla circostanza che il recesso (switching) del cliente sia intervenuto prima o dopo il mancato pagamento della fattura.
Peraltro, la tempistica del recesso del cliente – anteriore o posteriore al suo inadempimento, secondo la casistica formulata nel quesito – pone una questione di legittimità rispetto alla risoluzione chiesta dall’istante, che è rimessa alla valutazione del giudice terzo, ed è irrilevante sotto il profilo fiscale, come confermato dalla risoluzione 21 novembre 2008, n. 449/E: «Verificatasi una causa di estinzione di un contratto, in relazione alla quale il cedente o il prestatore abbia già emesso fattura per il prezzo ed assolto il conseguente obbligo di pagamento dell’Iva, il medesimo soggetto ha diritto di emettere la nota di variazione e di detrarre l’imposta, a norma dell’articolo 26, secondo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, “senza che sia necessario un formale atto di accertamento (negoziale o giudiziale) del verificarsi dell’anzidetta causa di risoluzione” (Cass. 8 novembre 2002, n. 15696; Cass. n. 5568 del 1996). Ciò che conta è non tanto la modalità con cui si manifesta la causa della variazione dell’imponibile Iva, quanto piuttosto che della variazione e della sua causa si effettui la registrazione ai sensi degli articoli 23, 24 e 25 del d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass. 6 luglio 2001, n. 9195).» (si veda, peraltro, nel medesimo senso, anche la successiva Cass. civ. sez. V, sent. del 24 gennanio 2016, n. 3598).
Ne discende che, una volta emessa la fattura ed assolto l’obbligo di versamento dell’imposta, l’istante può emettere senza limiti di tempo la nota di variazione «in relazione alle prestazioni eseguite, e non remunerate antecedentemente alla risoluzione» (Cass. 10 maggio 2019, n. 12468, cit.), che in questo caso è integrata, come detto, dalla materiale interruzione della fornitura.
Al fine di poter detrarre l’imposta relativa alla fattura insoluta è, comunque, necessario che la nota di variazione in diminuzione sia emessa, al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificata l’interruzione della fornitura.
Pertanto, se la fornitura è stata interrotta nel 2019, la nota di variazione in diminuzione doveva essere emessa entro il 30 giugno 2020, termine ordinario di presentazione della dichiarazione fissato dall’articolo 62, comma 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. Emessa tempestivamente la nota, l’imposta detratta confluirà nella relativa liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione annuale IVA di riferimento (ossia, nella fattispecie in esame, la dichiarazione 2021 relativa al periodo d’imposta 2020 [si veda, in questo senso, l’indicazione già fornita nella risposta n. 192 pubblicata il 24 giugno 2020 nell’apposita sezione del sito dell’Agenzia, www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agliinterpelli]).
Nell’ipotesi in cui le fatture siano emesse in un momento successivo a quello in cui si verifica l’interruzione della fornitura ovvero lo switching (come rappresentato, in determinati casi, anche l’anno successivo) – eventualità sulla quale l’istante non fornisce soluzioni – si conferma che, anche in questo caso, la nota di variazione può essere emessa senza limiti di tempo ex articolo 26, comma 2, del decreto IVA, ma nel rispetto del citato articolo 19.
In questa eventualità, tuttavia, il presupposto non può essere rinvenuto nella risoluzione del contratto (i.e. nell’interruzione della fornitura) che precede la materiale emissione della fattura e la sua registrazione, ma nel mancato pagamento. Ipotesi per la quale l’articolo 26, comma 2, del decreto IVA richiede la presenza «di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose» (si veda, per l’identificazione di tale “infruttosità” il successivo comma 12 dello stesso articolo 26).
Per quanto attiene alla natura del corrispettivo C-mor, la risoluzione 9 novembre 2011, n. 106/E, precisa che esso trae origine «dalla condizione di morosità del cliente nei confronti del venditore uscente, evidenziata dalla richiesta di indennizzo presentata da quest’ultimo per l’importo fatturato e non riscosso. Il C-mor difetta, quindi, di un nesso sinallagmatico diretto rispetto alla fornitura di energia elettrica effettuata dal venditore entrante.”».
Ne discende che l’addebito del C-mor dall’impresa distributrice al venditore entrante e, successivamente, da quest’ultimo al cliente finale, «non possa essere classificato come corrispettivo ai sensi dell’art. 13 del d.P.R. n. 633 del 1972. L’addebito del C-mor, nelle diverse fasi in cui si sostanzia la fornitura dell’energia elettrica al cliente finale, costituisce soltanto una modalità mediante la quale il venditore uscente recupera il proprio credito nei confronti del cliente inadempiente. Pertanto, l’importo del C-mor, calcolato sulla base dei criteri anzidetti, non deve essere assoggettato ad IVA configurandosi – nelle diverse fasi in cui si articola il sistema indennitario – alla stregua di una movimentazione di carattere finanziario ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a), del D.P.R. n. 633 del 1972.».
Sulla scorta di quanto precede, si condivide la soluzione interpretativa prospettata dall’istante, secondo cui la somma recuperata a titolo di C-mor ha natura di mera reintegrazione patrimoniale e non di corrispettivo e, come tale, non è soggetta ad IVA.
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