AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 11 marzo 2020, n. 90
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Stralcio debiti residui di importo inferiore a euro 1.000 – Articolo 4 del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119 – Emissione nota di variazione – Articolo 26 del d.PR. n. 633 del 1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Gamma S.p.A. (in seguito, “Società”, “Istante” o “Contribuente”) dichiara di essere a completa partecipazione pubblica e di avere ad oggetto, tra le altre attività, la gestione dei rifiuti solidi urbani (RSU) in tutte le sue singole fasi, ossia la raccolta, il trasporto, il recupero, il trattamento, lo smaltimento e il controllo su queste operazioni.
La Società svolge questo servizio pubblico su un territorio di quarantanove Comuni. A partire dal 2010, l’Istante dichiara di aver effettuato le seguenti operazioni:
– con atto del dicembre 2010, ha acquistato il ramo di azienda esercitato dal Consorzio M e il ramo di azienda gestito dal Consorzio B, entrambi aventi ad oggetto il servizio di gestione della raccolta dei rifiuti solidi urbani nel territorio dei Comuni consorziati;
– mediante atto di fusione effettuato ad ottobre 2013, ha incorporato T. S.r.l., che gestiva il servizio di raccolta dei rifiuti e applicava la relativa tariffa nel territorio del suo Comune.
A seguito delle menzionate operazioni, la Società è subentrata nei crediti vantati dai suoi dante causa nei confronti dei propri utenti che sono comprensivi di IVA, atteso che la tariffa applicata dai predetti soggetti aveva natura corrispettiva, al pari di quella applicata dall’Istante.
Ciò premesso, il Contribuente rappresenta che, dal 2000 al 2010, i suoi dante causa avevano affidato a Equitalia (ora Agenzia dell’Entrate – Riscossione) l’attività di riscossione mediante ruolo di una parte dei crediti vantati nei confronti dell’utenza.
L’articolo 4 del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136 prevede l’annullamento ex lege di tutti i debiti di importo inferiore a euro 1.000, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni 2000-2010, e quindi, con riguardo al caso in esame, anche di parte dei crediti affidati a Equitalia dai suoi dante causa.
In applicazione della disposizione richiamata, l’Istante dichiara di aver ricevuto, ad aprile 2019, da parte dell’Agenzia dell’Entrate – Riscossione la comunicazione con l’elenco dei crediti inferiori ad euro 1.000 oggetto di stralcio, per un importo complessivo di oltre euro 3 milioni, IVA compresa.
Tutto ciò premesso, l’Istante chiede di conoscere se, con riferimento all’ipotesi prospettata relativa allo “stralcio” dei crediti in oggetto, a fronte dei quali sono state emesse fatture assoggettate ad IVA, possa applicare il comma 2 dell’articolo 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che prevede la possibilità di ” portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25″.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società ritiene che la comunicazione ricevuta in data 11 aprile 2019, da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, relativa all’elenco dei crediti annullati ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge n. 119 del 2018, assolva la funzione di una comunicazione di infruttuosità della procedura esecutiva esperita nei confronti del debitore. Tale atto proviene da un soggetto super partes e di fatto pone fine ad ogni attività di riscossione, ivi incluse le azioni esecutive, in quanto in relazione ai crediti stralciati la Società non potrà esercitare alcuna procedura alternativa di riscossione.
Sotto un’altra prospettiva, il Contribuente ritiene che l’intervento normativo in questione possa rientrare tra gli atti di imperio del legislatore, c.d. factum principis, che la dottrina riconduce tra le cause di impossibilità sopravvenuta della prestazione che, ai sensi dell’articolo 1256 del codice civile, determinano l’estinzione dell’obbligazione.
Inoltre, a parere dell’Istante, l’impossibilità dell’obbligazione in capo ad una delle parti di un contratto a prestazioni corrispettive, come quelli conclusi con gli utenti da parte della Società e dei suoi dante causa, per lo squilibrio contrattuale che genera, conduce alla risoluzione di diritto dello stesso, ai sensi dell’articolo 1463 del codice civile. Anche seguendo tale impostazione relativa alla risoluzione per impossibilità sopravvenuta, il Contribuente sottolinea che non potrà più richiedere il pagamento dei crediti in questione.
Alla luce di tali considerazioni, la Società ritiene di poter applicare l’articolo 26, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 al fine di rispettare il principio di neutralità dell’IVA.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 4, comma 1, del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, dispone che: ” I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’articolo 3 [n.d.r. definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione] , sono automaticamente annullati. L’annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari adempimenti tecnici e contabili. Ai fini del conseguente discarico, senza oneri amministrativi a carico dell’ente creditore, e dell’eliminazione dalle relative scritture patrimoniali, l’agente della riscossione trasmette agli enti interessati l’elenco delle quote annullate… Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 529, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Gli enti creditori, sulla base dell’elenco trasmesso dall’agente della riscossione, adeguano le proprie scritture contabili entro la data del 31 dicembre 2019, tenendo conto degli eventuali effetti negativi già nel corso della gestione e vincolando allo scopo le eventuali risorse disponibili alla data della comunicazione”.
La disposizione normativa in commento dispone la cancellazione automatica dei debiti di importo residuo sino a mille euro – con le caratteristiche ivi previste – senza alcuna richiesta in tal senso da parte dei debitori e dell’ente creditore. Si tratta in sostanza di una cancellazione ex lege per effetto della quale il creditore ha tempo sino al 31 dicembre 2019 per adeguare le proprie scritture contabili.
Ai fini IVA, si ricorda che successivamente all’emissione e alla registrazione della fattura attiva, la possibilità di effettuare la rettifica dell’imposta è disciplinata dall’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in seguito, “Decreto IVA”), che recepisce l’articolo 90 della Direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006.
In particolare, il paragrafo 1 dell’articolo 90 citato prevede che: ” In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri”.
Il comma 2 del citato articolo 26 riconosce al cedente o prestatore il diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25 del Decreto IVA, quando l’operazione viene meno in tutto o in parte “in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili” nonché “per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose”.
L’esercizio del diritto alla detrazione a seguito dell’emissione della nota di variazione è ovviamente consentito entro i termini individuati dall’articolo 19 del Decreto IVA ossia “al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo” (cfr. circolare 17 gennaio 2018, n. 1/E).
Già con la risoluzione 31 marzo 2009, n. 85/E, la scrivente ha avuto modo di chiarire che “il citato articolo 26, secondo comma, riferendosi anche alle figure “simili” alle cause “di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione”, consente un’accezione ampia delle ragioni per le quali un’operazione fatturata può venir meno in tutto o in parte o essere ridotta nel suo ammontare imponibile; ciò che conta, difatti, è che la variazione e la sua causa siano registrate a norma degli articoli 23, 24 e 25 del d.P.R. n. 633 del 1972 (cfr. risoluzione n. 42/E del 2009; Cassazione 6 luglio 2001, n. 9195)”.
Nel nostro caso, per disposizione normativa speciale sopravvenuta (articolo 4, comma 1, D.L. n. 119 del 2018), l’operazione per la quale era stata originariamente emessa fattura viene meno in tutto o in parte a causa del venir meno in tutto o in parte del prezzo dovuto, corrispondente al debito di importo residuo fino a mille euro.
Considerato che l’interpello in oggetto è stato presentato dalla Società il 23 ottobre 2019, che la detrazione dell’imposta è consentita entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno 2019, la preventività rispetto a questo termine può ritenersi rispettata a condizione che la nota di variazione in diminuzione sia emessa al massimo entro aprile 2020, termine ultimo di presentazione della dichiarazione IVA 2020.
Al fine di conformarsi al presente parere, resta ferma la possibilità per il Contribuente di correggere la dichiarazione IVA 2020 eventualmente già presentata entro i termini di cui all’articolo 8, comma 6- bis, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.
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