AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 10 dicembre 2020, n. 578
Emolumenti erogati a favore di persona fisica non residente a seguito di verbale di conciliazione in sede sindacale Articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa S.p.A. (di seguito anche “Alfa”, la “Società” o “l’Istante”) richiede conferma sulla tassazione da applicare alla somma riconosciuta nel 2019 a una persona fisica non residente a seguito della mancata stipula di un contratto di lavoro disciplinato dalla normativa italiana, secondo accordi intercorsi tra la Società e il percipiente persona fisica nel 2016.Alfa rappresenta che, nel corso della riorganizzazione del gruppo mirata a cedere la linea produttiva “Comparto X”, numerosi profili altamente qualificati del settore “Comparto X” sono fuoriusciti dal gruppo. Tra questi il sig. X, cittadino italiano non residente ai fini della normativa tributaria italiana e dirigente del gruppo Alfa – settore “Comparto X” – che, nell’ambito della predetta riorganizzazione, è stato licenziato in data XX XXXXXX 20XX e assunto da una società di diritto extra-UE, esterna al Gruppo Alfa, ma coinvolta nel processo di integrazione delle società del gruppo Alfa specializzate nel settore “Comparto X” a far data dal XX/XX/20XX. In data XX/XX/XXXX l’Istante ha inviato al sig. X una lettera, firmata per ricevuta dal destinatario, in cui, qualora il rapporto di lavoro con la società cinese si fosse risolto entro determinate scadenze temporali, al realizzarsi di specifiche ipotesi si impegnava, alternativamente, a offrire un contratto di lavoro, nella società Alfa S.p.A. o in altra società del gruppo, disciplinato dalla normativa italiana e con una RAL predeterminata e un’anzianità convenzionale riconosciuta, coerente con la professionalità e il trascorso professionale del sig. X all’interno del gruppo Alfa o, in caso di impossibilità o grave difficoltà a reperire un ruolo coerente con quanto stabilito, a riconoscere un importo complessivo lordo predeterminato “a titolo di penale per l’inadempimento di obbligo di facere”. Tale importo è stato calcolato sulla base della retribuzione mensile media e del numero di mensilità riconosciute dalla prassi in occasione di controversie risolte in sede arbitrale.Entrambe le opzioni sono subordinate alla specifica richiesta di attuazione dell’obbligazione da parte del sig. X, espressa per iscritto, e alla sottoscrizione di un verbale di conciliazione “nelle forme previste dagli artt. 410, 411 c.p.c.e 2113 cod. civ.”, nel quale il sig. X “dichiarerà di rinunciare ad ogni e qualsiasi pretesa” nei confronti della Alfa S.p.A. Il XX XXXXX 20XX, il sig. X rassegna le sue dimissioni dalla società di diritto cinese e comunica per iscritto l’intenzione di avvalersi delle obbligazioni assunte nei suoi confronti da parte dell’Istante nel 20XX . Il sig. X e l’Istante, il XX XXXXX 20XX, sottoscrivono il verbale di conciliazione in sede sindacale , in cui il sig. X dichiara “di essere integralmente soddisfatto rispetto alle obbligazioni derivanti dalla lettera di Alfa datata 4 novembre 2016 e che null’altro avrà a pretendere da Alfa S.p.A.”, nonché dalle altre società del gruppo, delle società collegate e da Gamma srl , “per qualsiasi titolo, ragione o causa e dichiara comunque di rinunciare ad ogni e qualsiasi pretesa comunque derivante e/o derivabile anche in via occasionale e/o indiretta, e/o attraverso terzi dai rapporti tutti intercorsi e/o intercorrendi tra le parti, compresi eventuali diritti alla costituzione di un rapporto di lavoro, a eventuali premi o bonus, differenze retributive, emolumenti e indennità in genere”. A seguito della sottoscrizione del verbale, Alfa nel mese di aprile ha erogato al sig. X l’importo prestabilito al netto della ritenuta a titolo d’imposta del 30%, in base a quanto dichiarato dal sig. X in merito al suo status di non residente nel territorio italiano ai fini fiscali. La Società specifica che il sig. X non ha richiesto l’applicazione di alcuna convenzione contro le doppie imposizioni. Ciò detto, la Società effettua una disamina in relazione:a) alla qualificazione del reddito;b) al luogo di produzione del reddito;c) agli obblighi di sostituzione di imposta.In relazione alla qualificazione del reddito, Alfa rappresenta che il diritto alla percezione di tali somme non trae origine da un rapporto “avente per oggetto una prestazione di lavoro”, né gli importi sono erogati dalla Società “in relazione al rapporto di lavoro”, ma, al contrario, ciò avviene proprio per l’assenza di tale rapporto.La Società, inoltre, chiarisce che ciò che potrebbe indurre a inquadrare tali somme nell’ambito dei redditi di lavoro dipendente è la (apparente) natura risarcitoria delle stesse, dato che, da quanto si evince dall’accordo sottoscritto dalle parti, l’importo viene erogato “a titolo di penale per l’inadempimento di un obbligo di facere”. Infatti, ai sensi di quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 6 del T.U.I.R. “I proventi conseguiti in sostituzione di redditi … e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, (…) costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti” e da ciò ne conseguirebbe che l’ammontare percepito dalla Risorsa, in quanto volto a risarcire la perdita di un reddito di lavoro dipendente a seguito della mancata instaurazione del rapporto lavorativo, assumerebbe la medesima natura del reddito “perso”, ossia quella di reddito di lavoro dipendente. Tuttavia, secondo Alfa, tale ricostruzione non trova riscontro nell’ulteriore condizione rappresentata dall’impegno, assunto dal Percettore, di rinunciare alla richiesta – anche giudiziale – dell’esecuzione dell’obbligazione da parte della Società. Alfa chiarisce, in particolare, che ciò che rileva con maggior forza negli atti, è che il pagamento dell’importo sia subordinato alla sottoscrizione di un verbale di conciliazione con cui il Percettore dichiara di rinunciare ad ogni e qualsiasi pretesa nei confronti di Alfa o di altra società del Gruppo , ed è proprio la rinuncia operata in virtù di tale previsione che porterebbe, secondo Alfa, ad inquadrare il corrispettivo erogato nell’alveo dei redditi diversi e, segnatamente, fra quelli derivanti “dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere” di cui all’articolo 67, comma 1, lettera l) del T.U.I.R. In relazione al luogo di produzione del reddito, la Società rappresenta che, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 3 comma 1 del T.U.I.R., “l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato … per i non residenti soltanto da quelli [i redditi] prodotti nel territorio dello Stato”.Alfa sottolinea la difficoltà di ricondurre la corresponsione della somma in parola al concetto innanzi espresso, alla luce del fatto che, nel caso in analisi, il presupposto dell’erogazione, sempre a detta della società, è dato dall’assunzione di un obbligo di non facere, ossia non dallo svolgimento di un’attività (i.e. l’azione esecutiva), ma dalla mancata esecuzione della stessa, con la conseguenza che sembrerebbe lecito, in linea di principio, concludere a favore dell’assenza del presupposto impositivo. Tuttavia, Alfa si chiede se, invece, l’attività produttiva del reddito non possa essere ravvisata nella materiale rinuncia del Percettore a pretendere l’assolvimento dell’obbligazione da parte di Alfa e, in tal caso, la circostanza che la stessa sia avvenuta sul territorio italiano, innanzi alla Commissione di Conciliazione istituita in Assolombarda, potrebbe portare ad individuare il luogo di produzione del reddito nel territorio dello Stato. In relazione agli obblighi di sostituzione di imposta, Alfa rappresenta che, ai sensi dell’articolo 25 comma 1 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (di seguito anche “d.P.R. n. 600/73”) – così come modificato dall’articolo 36, comma 24, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 – i sostituti di imposta che corrispondono a soggetti residenti in Italia “compensi comunque denominati, … per l’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere devono operare all’atto del pagamento una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell’Irpef dovuta dai percipienti, con l’obbligo di rivalsa”. Prosegue, poi, il successivo secondo comma stabilendo che “se i compensi e le altre somme di cui al comma precedente sono corrisposti a soggetti non residenti, deve essere operata una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 30 per cento”. Alfa, inoltre, sostiene che in virtù delle modifiche apportate all’articolo 25 del d.P.R. n. 600/73 con cui è stato esteso l’obbligo di effettuazione delle ritenute sui compensi derivanti dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere, sembrerebbe lecito ritenere che l’apparente lacuna dell’articolo 23 del T.U.I.R. in merito alla definizione del luogo di produzione di tali redditi sia stata colmata dalla normativa vigente in tema di sostituzione di imposta – che, nel caso di specie, assumerebbe carattere di specialità rispetto al T.U.I.R. – laddove viene espressamente prevista l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta del 30% per i compensi corrisposti a soggetti non residenti a fronte dell’assunzione di un obbligo di non fare, risolvendo in tal modo qualsiasi dubbio relativo all’applicazione del principio di territorialità in tutte quelle ipotesi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera l) del T.U.I.R. in cui l’erogazione di un reddito non sia strettamente connessa allo svolgimento materiale di un’attività.
Infine, la Società conclude che il richiamato obbligo, in linea di principio, dovrebbe essere valutato anche nell’ambito delle previsioni di diritto internazionale, segnatamente nelle disposizioni contenute in eventuali Convenzioni contro le doppie imposizioni . Tuttavia, con riguardo al caso specifico, la Società rappresenta che non si è preoccupata di svolgere tale ulteriore analisi “(…) posto che, da un lato, il Percettore non ha fatto alcuna richiesta in merito all’applicazione di disposizioni di maggior favore eventualmente disposte dalla Convenzione contro le doppie imposizioni di riferimento e che, dall’altro lato, a detta della società, ove la previsione di diritto internazionale fosse stata la Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore fra l’Italia e la Repubblica Popolare Cinese – Paese presso cui il Percettore si era trasferito – l’articolo 22, destinato a disciplinare la richiamata fattispecie, seppur sancisca al primo paragrafo il principio di imponibilità esclusiva nello Stato di residenza del percettore, altresì, al successivo terzo paragrafo – in deroga al Modello di convenzione elaborato dall’OCSE – prevede che “gli elementi di reddito di un residente di uno Stato contraente che non sono trattati negli articoli precedenti del presente Accordo e provenienti dall’altro Stato contraente sono imponibili nell’altro Stato contraente”, con la conseguenza che, per la fattispecie oggetto del presente interpello, troverebbe applicazione un principio di tassazione concorrente fra l’Italia e la Cina, mantenendo in tal modo piena valenza la richiamata previsione di cui all’articolo 25 del d.P.R. n. 600/73 (…)”.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società rappresenta quanto segue:a) circa la natura reddituale delle erogazioni corrisposte, le stesse non presentano caratteristiche tali per essere ascrivibili ai redditi di lavoro dipendente ai sensi degli articoli 49 e 51 del T.U.I.R., non traendo origine da un rapporto avente per oggetto una prestazione di lavoro, ma anzi trovando la loro ragion d’essere nell’assenza di siffatto rapporto. Considerazioni di carattere logicosistematico hanno quindi condotto a identificare nei redditi diversi ex articolo 67, comma 1, lett. l) la categoria reddituale espressiva della causa giustificatrice del pagamento, quale “assunzione dell’obbligo di non fare” da parte del Percettore, estrinsecantesi nella formale rinuncia di questi a intraprendere qualsiasi azione nei confronti della Società istante e del Gruppo a fronte del pagamento ricevuto;b) quanto all’assoggettamento a imposizione in Italia del compenso corrisposto a un soggetto non residente ai fini fiscali nel territorio dello Stato, si rileva come l’enunciato dell’articolo 23, comma 1, lett f) del T.U.I.R. non aiuti ad individuare con certezza il luogo di produzione di un reddito diverso connesso al mancato svolgimento di un’attività, a meno che non si sostenga che la stessa si sostanzi nella rinuncia ad attivare un’azione esecutiva. In tal caso rileverebbe il luogo in cui è avvenuta la rinuncia stessa; c) nonostante le considerazioni in merito alle previsioni dell’articolo 23 del T.U.I.R., il disposto di cui all’articolo 25 del d.P.R. n. 600/73 – che nel caso in esame assurgerebbe al ruolo di norma speciale – dispone l’assoggettamento a una ritenuta a titolo di imposta del 30% dei compensi erogati a soggetti non residenti in Italia in ragione dell’assunzione, da parte degli stessi, di obblighi di fare, non fare e permettere. Proprio in virtù della specificità di tale previsione la Società istante conclude, in ultima istanza, di essere tenuta all’assolvimento dell’obbligo di operare la ritenuta del 30% a titolo d’imposta sugli importi corrisposti al soggetto Percettore. Alfa ritiene pertanto di dover operare quale sostituto d’imposta e assoggettare tale importo a ritenuta a titolo d’imposta del 30%, ai sensi dell’art. 25 comma 2 del D.P.R. n. 600 del 1973, che prevede che, “(…) se i compensi e le altre somme di cui al comma precedente sono corrisposti a soggetti non residenti, deve essere operata una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 30 per cento (…)”, in quanto tale erogazione, subordinata alla rinuncia, da parte del sig. X, di qualsiasi pretesa nei confronti dell’Istante si qualifica come compenso a seguito di obbligo di non facere in capo al sig. X, inquadrabile come reddito diverso ai sensi dell’art. 67 lettera l) del TUIR.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Preliminarmente, si osserva che in questa sede lo status di residente o non residente del lavoratore dipendente della società istante, il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa e la mancata richiesta, da parte del percettore, dell’applicazione di trattati contro la doppia imposizione non saranno oggetto di valutazione, ma saranno assunti così come rappresentati nell’istanza. Dall’analisi della documentazione prodotta e, in particolar modo, dal verbale di conciliazione in sede sindacale del 7 novembre 2016, emerge che: In data XX gennaio 2016 Alfa Beta S.r.l. assume con qualifica di Dirigente il sig. X, proveniente da altre società del Gruppo Alfa; In data XX ottobre 2016 la Alfa Beta S.r.l. intima il licenziamento per giustificato motivo oggettivo; Con lettera del XX novembre 2016 il Sig. X impugna il suddetto licenziamento; Il XX novembre 2016 le Parti, senza con ciò riconoscere le reciproche pretese ed eccezioni, convengono di prevenire eventuali azioni giudiziarie e di definire bonariamente ogni ragione di lite tra esse insorta, conciliando e transigendo, anche in via di transazione generale novativa, ogni e qualsiasi reciproca pretesa che possa derivare, sia in via causale che in via meramente occasionale, dell’esecuzione e cessazione dell’intercorso rapporto di lavoro, nonché da ogni altro rapporto eventualmente intercorso tra le stesse, previa sottoscrizione di un verbale di conciliazione in sede sindacale. Giova ricordare che in data XX novembre 2016, l’Istante (Alfa S.p.A.) si impegna, al verificarsi di determinate ipotesi, di: a) assumere il Sig. X a condizioni retributive e contrattuali prestabilite, b) o, in alternativa, in caso di impossibilità o grave difficoltà a reperire un ruolo coerente con le professionalità del Sig. X in Alfa S.p.A. (o in altra società del Gruppo Alfa attiva nel business Consumer), a riconoscere al Sig. X un importo complessivo lordo predeterminato. In data XX dicembre 2018, il sig. X comunica per iscritto all’Istante quanto segue: “(…) in data XX dicembre 2018 ho rassegnato le mie dimissioni da …omissis…. In ragione di quanto sopra, sono con la presente a confermarvi che è mia intenzione avvalermi delle obbligazioni da voi assunte nei punti 2a) o 2b) con lettera del 4 novembre 2016 (…)”. Il XX gennaio 2019 il sig. X e l’Istante sottoscrivono il verbale di conciliazione in sede sindacale, in cui il sig. X accetta di ricevere la somma prestabilita. Alfa S.p.A. nel mese di aprile 2019 eroga al sig. X l’importo prestabilito al netto della ritenuta a titolo d’imposta del 30%, in base a quanto dichiarato dal sig. X in merito al suo status di non residente nel territorio italiano ai fini fiscali. Ciò detto, a parere della Scrivente, l’importo percepito dal Sig. X trae origine dal documento a firma di Alfa S.p.A. del XX novembre 2016, da considerare nel contesto di una transazione relativa alla risoluzione del rapporto di lavoro tra il Sig. X e una società, all’epoca della transazione, appartenente al Gruppo Alfa, anche in considerazione delle modalità di determinazione dell’importo prestabilito. Nella documentazione prodotta, la Società ha infatti precisato “(…) che è stato preso in considerazione un valore corrispondente a [omissis] mensilità (pari a 12 mensilità a titolo di preavviso cui sono state sommate ulteriori [omissis] mensilità – valore medio solitamente riconosciuto in occasione di controversia risolta in sede di collegio arbitrale), basate su una retribuzione mensile – comprensiva di componenti fisse e variabili – di circa Euro [omissis]”. L’articolo 17, comma 1, lettera a), del TUIR prevede che siano assoggettati a tassazione separata le “(…) altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti [di lavoro dipendente], comprese l’indennità di preavviso, le somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni e quelle attribuite a fronte dell’obbligo di non concorrenza … nonché le somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro (…)”. Tra i redditi per i quali è applicabile l’istituto della tassazione separata rientrano, dunque, le somme e i valori comunque percepiti a seguito di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro .Come evidenziato dalla giurisprudenza, con l’introduzione dell’articolo 17, comma 1, lettera a) del TUIR il legislatore ha inteso ricomprendere nel reddito di lavoro dipendente anche le somme, diverse dal risarcimento del danno emergente, percepite a seguito di qualsiasi transazione, prescindendo cioè dalla natura o meno novativa della stessa, purché relative al rapporto di lavoro subordinato (cfr. Cass., sez. Lav., 8 aprile 2004, n. 6910). Con specifico riferimento ai soggetti non residenti si osserva che la tassazione dei redditi percepiti in dipendenza della cessazione del rapporto di impiego da lavoratori residenti all’estero trova la sua disciplina nell’articolo 23, comma 2, lettera a) del TUIR, che reca una presunzione assoluta in base alla quale si devono considerare come prodotti nel territorio italiano, e come tali assoggettabili a tassazione in Italia ai sensi dell’articolo 3 del TUIR, i redditi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) del TUIR, “se sono corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti”. Il criterio di collegamento ai fini dell’attrazione dei predetti emolumenti nella potestà impositiva nazionale è costituito, pertanto, solo dalla residenza fiscale del soggetto erogante, a nulla rilevando la circostanza che la prestazione lavorativa sia svolta in Italia o all’estero, dal momento che, nel caso di specie, si tratta di somme e valori comunque percepiti (ancorché erogati/percepiti in una data successiva) a seguito di transazioni relative alla risoluzione del rapporto di lavoro. All’atto del pagamento dei suddetti emolumenti, pertanto, il sostituto d’imposta è tenuto ad applicare le ritenute alla fonte con le modalità previste dall’articolo 23, comma 2, lettera d), del D.P.R. n. 600 del 1973, ai sensi del quale la ritenuta da operare è determinata “(…) sulla parte imponibile del trattamento di fine rapporto e delle indennità equipollenti e delle altre indennità e somme di cui all’articolo 16, comma 1, lettera a) [ora art. 17], del citato testo unico, con i criteri di cui all’articolo 17 [ora art. 19 ] dello stesso testo unico (…)” (sottolineatura aggiunta).Ciò posto si ricorda che il trattamento fiscale previsto dal nostro ordinamento può subire modifiche per effetto delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Tuttavia si osserva, al riguardo, che l’Istante rappresenta che “(…) il Percettore non ha fatto alcuna richiesta in merito all’applicazione di disposizioni di maggior favore eventualmente disposte dalla Convenzione contro le doppie imposizioni di riferimento (…)” e pertanto, per quanto concerne gli adempimenti del sostituto d’imposta relativamente alle suddette spettanze, si segnala che Alfa S.p.A., in assenza di presentazione, da parte del lavoratore, di apposita domanda corredata della certificazione di residenza fiscale – rilasciata dalla competente autorità fiscale estera – deve operare la ritenuta alla fonte di cui all’articolo 23, comma 2, del citato D.P.R. n. 600 del 1973. Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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