CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 febbraio 2020, n. 2825
Tributi – Provvedimento di diniego di sgravio – Istanza di definizione ex art. 11 d.l. n. 50 del 2017 – Esclusione
Rilevato che
1.1 L’agenzia delle entrate propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 33/31/12 del 9/3/12, con la quale la commissione tributaria regionale della Lombardia, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimi quattro dinieghi di sgravio notificati alla I. (poi MG V.) di M. e G. snc. L’agenzia delle entrate aveva respinto, con tali provvedimenti, l’istanza di definizione agevolata delle sole sanzioni (art. 17 d.lvo 472/97), dal momento che la pretesa impositiva risultava da avvisi di accertamento Iva ed Irap ’99-’02 poi dedotti in cartella non impugnata dalla società, la quale – del resto – si era avvalsa del pagamento ridotto di un quarto delle sanzioni, ex art. 17 cit., solo con riguardo all’Irap non anche (a definizione complessiva della controversia sanzionatoria) all’Iva.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: – l’impugnazione da parte della società dei dinieghi di sgravio non fosse impedita dalla definitività della cartella (non impugnata), trattandosi di atti impositivi atipici autonomamente impugnabili ex art. 19 d.lgs.546/92; – corretta fosse la decisione del primo giudice il quale aveva ritenuto che, in caso di applicazione di unica sanzione per più tributi, la definizione ex art. 17 d.lvo 472/97 non fosse preclusa dal pagamento ridotto delle sole sanzioni relative ad un singolo tributo.
1.2 Resiste con controricorso la società la quale, con istanza 28.9.17, ha chiesto la sospensione del giudizio ex art. 11, co. 8, d.l. 50/17 conv. in l. 96/17, stante l’avvenuta presentazione telematica di istanze di definizione agevolata liti pendenti ex art. 11 co. 6 d.l. cit. (con importo dovuto pari a zero, trattandosi di sanzioni collegate al tributo ex art. 11, co. 2, d.l. 50/17).
In data 13.3.18 l’agenzia delle entrate comunicava alla società la reiezione di tali istanze, posto che: “la controversia non è definibile in quanto l’oggetto del contenzioso è rappresentato da un provvedimento di diniego di sgravio”.
Avverso tale reiezione la società proponeva impugnazione ex art. 11, co. 10, d.l. cit. chiedendo la previa riunione di tale impugnazione al ricorso pendente. Chiedeva quindi, in via principale, l’annullamento dei provvedimenti di reiezione con dichiarazione di estinzione del giudizio per intervenuta definizione della lite fiscale pendente e, in subordine, il rigetto del ricorso dell’agenzia delle entrate.
Assumeva l’inconferenza della motivazione di rigetto opposta dall’agenzia delle entrate, dal momento che la proposta definizione qui concerneva le sanzioni collegate al tributo (Irap) ed a questo commisurate, e che il d.l. 50/17 (art. 11) non escludeva dalla definizione le liti aventi ad oggetto i dinieghi di sgravio; neppure, rilevava la mancata impugnazione della cartella, assumendo in ogni caso rilevanza assorbente la pretesa sostanziale dedotta nella definizione agevolata della lite.
L’agenzia delle entrate depositava controricorso all’impugnativa di reiezione, assumendo che – come anche desumibile dalla Circolare 22/E del 28 luglio 2017 – la definizione ex d.l. 50/17 (pur estesa alle cartelle) non si estendeva alle liti aventi ad oggetto non l’imposizione, ma il rifiuto di sgravio.
La società contribuente ha depositato memoria.
1.3 L’impugnazione contro il diniego di definizione ex art. 11 d.l. 50/17 cit. è infondata perché, nella specie, la lite pendente non riguardava la cartella di pagamento (pur astrattamente definibile in base alla norma da ultimo citata), ma la legittimità di un successivo provvedimento avente natura non direttamente determinativa del quantum a carico del contribuente (già definitivamente stabilito dalla cartella non impugnata) bensì negatoria di sgravio.
L’interpretazione del d.l. 50/17 da parte dell’amministrazione finanziaria appare – sul punto – conforme alla legge, posto che la definizione si attua mediante il ricalcolo in riduzione di quanto sia stato fatto oggetto di imposizione, e non di quanto sia stato fatto oggetto di diniego (di restituzione di somma in caso di avvenuto pagamento, ovvero di sgravio in caso di pagamento non ancora effettuato). Rileva correttamente, In proposito, la Circolare 22/E/2017 (art. 1.2 – Atti oggetto delle liti definibili), secondo cui: “(…) A differenza delle precedenti fattispecie di definizione agevolata delle liti pendenti, l’articolo 11 non contiene specificazioni circa la tipologia degli atti oggetto delle controversie definibili. Pertanto, possono essere definite, non soltanto le controversie instaurate avverso avvisi di accertamento e atti di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti agli avvisi di liquidazione, alle iscrizioni a ruolo e alle cartelle di pagamento. (…) Non sono, invece, definibili, per la mancanza di importi da versare da parte del contribuente, le controversie In materia di dinieghi espressi o taciti di rimborso o di spettanza di agevolazioni e, comunque, quelle di valore indeterminabile, come, ad esempio, le controversie che attengono al classamento degli immobili. In proposito si osserva che il comma 1 dell’articolo 11 afferma che le controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle entrate possono definirsi “col pagamento di tutti gli importi di cui all’atto Impugnato che hanno formato oggetto di contestazione in primo grado e degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo”, mentre II successivo comma 2 stabilisce che, “In caso di controversia relativa esclusivamente agli interessi di mora o alle sanzioni non collegate ai tributi, per la definizione è dovuto il quaranta per cento degli importi in contestazione. In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo qualora II rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione”. Le richiamate disposizioni escludono, quindi, che possano essere definite le controversie inerenti a istanze di restituzione di somme o, in ogni caso, quelle nelle quali non è possibile determinare il quantum dovuto dal contribuente”.
In definitiva, la contribuente avrebbe potuto definire ai sensi del d.l. cit., in ipotesi, la controversia pendente intorno alla cartella (qualora questa fosse stata impugnata), ma non quella pendente intorno al diniego di sgravio, una volta divenuta definitiva ed intangibile (perché non opposta) la pretesa impositiva propriamente detta.
2.1 Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360, 1 co., n. 4) c.p.c. – violazione dell’art. 19 d.lgs. 546/92. Per non avere la commissione tributaria regionale rilevato l’inammissibilità dell’impugnazione dei dinieghi di sgravio, in quanto atti meramente riproduttivi di una volontà negatoria della definizione agevolata già contenuta nella cartella (non impugnata) notificata in recupero dell’intero importo sanzionatorio (decurtato quanto già versato a titolo di sanzioni Irap).
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360, 1 co., n. 4) c.p.c. – nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione, non avendo la commissione tributaria regionale esplicitato le ragioni per cui il pagamento ridotto delle sanzioni sarebbe stato ammissibile anche se relativo ad un solo tributo e non a tutti i tributi oggetto del verbale di constatazione.
Con il terzo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate deduce – ex art. 360, 1 co., n. 3) c.p.c. – violazione e falsa applicazione dell’art. 17 d.lvo 472/97. Dal momento che questa disposizione, rispondendo alla ratio di assicurare un immediato introito all’erario e di definire il contenzioso, presupponeva che il pagamento agevolato in misura ridotta concernesse le sanzioni di tutti i tributi contestati e non di taluni soltanto.
2.2 E’ fondato, con assorbimento delle altre censure, il primo motivo di ricorso.
La contribuente, volendo affermare il proprio asserito diritto alla riduzione delle sanzioni anche soltanto limitatamente ad un tributo (Irap) ex art. 17 d.lvo 472/97, avrebbe dovuto impugnare la cartella dalla quale già doveva evincersi l’opposto intendimento dell’amministrazione di procedere alla riscossione di tutte le sanzioni di cui alle violazioni del verbale di constatazione (Iva ed Irap), stante la ritenuta preclusione di una definizione sanzionatoria soltanto parziale. Su tale presupposto, i provvedimenti negatori di sgravio, poi impugnati nella presente lite, non denotavano una pretesa impositiva “nuova” ed autonoma, né rideterminavano ex novo l’importo dovuto, limitandosi piuttosto a recepire in via puramente attuativa e consequenziale il contenuto sostanziale ed inequivoco della cartella.
Ciò ne precludeva – pena lo stravolgimento del sistema impugnatorio di cui all’art. 19 d.lgs. 546/92 ed il sostanziale aggiramento del regime decadenziale e preclusivo che lo assiste – l’autonoma impugnabilità una volta divenuta definitiva la cartella (per applicazioni del principio in materia di condono fiscale: Cass. nn. 16100/11; 14878/16; 19576/18).
In accoglimento del ricorso, la sentenza della commissione tributaria regionale va dunque cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, sussistono i presupposti, ex articolo 384 c.p.c., per la decisione nel merito mediante dichiarazione di inammissibilità del ricorso introduttivo della società.
Le spese di lite dei gradi di merito vengono compensate in ragione del consolidarsi in corso di causa del su riportato indirizzo interpretativo; le spese del presente giudizio di legittimità vengono poste a carico della società, in ragione di soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara la lite non definibile ex art. 11 d.l. 50/17 conv. in I. 96/17; accoglie il ricorso dell’agenzia delle entrate, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo della società contribuente;
pone le spese del presente giudizio di legittimità a carico di parte ricorrente, liquidate in euro 6.500,00 oltre spese prenotate a debito; compensa le spese dei gradi di merito.
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