La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 20928 depositata il 13 settembre 2013 intervenendo in tema di agevolazioni tributarie ha statuito che il provvedimento di diniego dell’esenzione dalle imposte è legittimo anche se arriva dopo molti anni dalla richiesta del contribuente. La condotta dell’Amministrazione Finanziaria non integra alcuna violazione del dovere di buona fede sancito dallo Statuto del contribuente.
La vicenda ha riguardato una società, che successivamente veniva sottoposta a procedura concorsuale, che insieme alla dichiarazione dei redditi per l’anno 1993 presentava una richiesta di applicazione del beneficio della esenzione decennale IRPEG e ILOR, previsto dagli artt. 101 e 105 della L. n. 218 del 1978 e dall’art. 14 della L. n. 64 del 1986, rispettivamente, per la realizzazione di nuove iniziative produttive da parte di soggetti costituiti in forma societaria e l’istallazione di stabilimenti tecnicamente organizzati localizzati nel sud Italia.
L’Amministrazione Finanziaria a distanza di circa un decennio dalla richiesta (ossia nel 2002) opponeva il diniego al riconoscimento del beneficio fiscale poiché il sopralluogo eseguito nel corso dell’anno 2000 aveva rilevato la presenza di uno stabilimento inattivo già da diversi anni. L’organo della procedura concorsuale, avverso il diniego, presentava ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale il cui esito fu negativo. Anche in sede di appello La Commissione Tributaria Regionale confermava la decisione dei giudici di prime cure avallando, in tal modo, l’operato dell’Amministrazione perché il curatore fallimentare non produceva alcun documento idoneo a dimostrare il possesso dei requisiti di legge per l’esenzione.
Avverso la sentenza dei giudici di appello il curatore proponeva ricorso, alla Suprema Corte per la cassazione della decisione, basandolo su sei motivi.
Gli Ermellini nel dichiarare inammissibile il ricorso del curatore fallimentare osservano, con un significativo passaggio all’interno delle lunghe motivazioni della sentenza, che i motivi presentati dall’organo della procedura concorsuale si sono palesati infondati “in quanto viene equiparata apoditticamente la situazione di ritardo in ordine alla verifica della sussistenza dei presupposti della esenzione – condotta omissiva suscettibile di integrare una violazione del ‘dovere di collaborazione’ imposto all’Amministrazione finanziaria in funzione della prevenzione di contestazioni e della certezza e stabilità delle situazioni giuridiche derivanti dal rapporto tributario, che può produrre inefficienze in relazione al perseguimento di tali obiettivi – alla violazione del dovere di buona fede di cui all’articolo 10 della l. 212 del 2000 – che si riflette invece nella ‘lealtà e trasparenza’ che deve connotare lo svolgimento dei rapporti tra contribuente e Fisco, e che impone a quest’ultimo di evitare azioni amministrative che producano effetti decettivi o tali da ingenerare falsi affidamenti nelle condotte esigibili dai contribuenti -, e da tale equiparazione intende fare discendere la tutela di un legittimo affidamento sull’acquisto del diritto alla esenzione”.
I giudici di legittimità aggiungono che oggetto della controversia è il diritto della contribuente all’esenzione e che a tal proposito si è sostenuto che le norme sulle esenzioni decennali IRPEG e ILOR integrano benefici direttamente accordati dalla legge e competono quindi indipendentemente da istanze del contribuente o da altre iniziative in sede amministrativa, e senza necessità di provvedimenti di tipo ricognitivo o concessorio dell’A.F. (Cass. n. 7943/04). Sicché, come nel caso di specie, tali benefici possono essere fatti valere direttamente avanti al giudice tributario impugnando l’atto emesso dall’Ufficio finanziario che esplicitamente o implicitamente li escluda, ovvero l’atto disponga il pagamento delle imposte versate, “gravando in ogni caso sul contribuente che afferma il diritto alla esenzione l’onere della prova dei fatti costitutivi del medesimo” (cfr. Cass. n. 8219/08).
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