La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 50074 depositata il 12 dicembre 2013 intervenendo in tema di estorsione ha statuito che il datore di lavoro che costringe il proprio dipendente ad accettare una retribuzione inferiore a quella dovuta con la minaccia di un licenziamento, commette il reato di estorsione.
La vicenda ha riguardato un lavoratore secondo cui l’amministratore ed il gestore di una società, esercente attività di noleggio e vendita audiovisivi, avrebbero compiuto atti idonei e non equivoci a indurre i dipendenti, con la minaccia di un pronto licenziamento, ad accettare trattamenti retributivi inferiori a quelli loro spettanti sottoscrivendo atti di transazione. Il rifiuto dei dipendente comportava il pronto licenziamento.
Il Tribunale condanna per il reato di estorsione l’amministratore ed il gestore. La Corte di Appello confermava la decisione del giudice di prime cure.
Per la cassazione della sentenza i due imputati, per il tramite dei loro difensori, proponevano ricorso alla Corte Suprema.
Gli Ermellini rigettano il ricorso degli imputati. Per i giudici di legittimità la condotta del datore di lavoro che minacci i suoi dipendenti di licenziamento per costringerli ad accettare il pagamento di uno stipendio inferiore rispetto a quello dovuto o non adeguato alle prestazioni svolte o, più in generale, imponga loro condizioni di lavoro contrarie alla legge o al CCNL integra il reato di estorsione.
Per i giudici del Palazzaccio, confermando l’orientamento della Corte, il delitto in questione si compie già con la semplice e sola minaccia.
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