La recente approvazione della legge comunitaria (legge 97/2013), e gli interventi amministrativi (comunicazione dell’Unità di informazione finanziaria, Uif, del 23 aprile 2012) mirano a contrastare i diffusi fenomeni di frode fiscale e il reimpiego di denaro proveniente da attività illecite in attività finanziarie ufficiali anche mediante l’utilizzo di società offshore interposte. Considerando l’evasione fiscale e riciclaggio come fenomeni strettamente collegati.
La maggiore attenzione a livello internazionale a questa interconnessione è testimoniata anche dal fatto che il tema della trasparenza della proprietà e del controllo delle persone giuridiche (compresi i trust) ha acquisito rilevanza sia nell’agenda G8 (17 e 18 giugno 2013), sia in sede europea con la proposta della IV direttiva contro il riciclaggio di denaro presentata dalla Commissione europea lo scorso febbraio.
Il recente schema elaborato dall’UIF accoglie i recenti indirizzi di matrice internazionale. Infatti sono considerati rappresentativo di comportamenti anomali (denominato «Operatività connessa con le frodi fiscali internazionali e con le frodi nelle fatturazioni»), che individua le principali tipologie di esportazione (illecita) di capitali e profitti, tra cui si annovera l’utilizzo di società veicolo interposte, come trust, fondazioni, International business company o società fiduciarie ubicate in paradisi “societari”.
L’azione di prevenzione e repressione dei fenomeni di illecito trasferimento e detenzione di attività economiche e finanziarie all’estero (in ambito fiscale) è stata implementata con la legge europea 2013 (legge 97 del 6 agosto 2013) che reca tra l’altro disposizioni in materia di monitoraggio fiscale.
Quest’ultimo provvedimento normativo ha consentito, inoltre, di dare concreta attuazione alle disposizioni di contrasto delle frodi internazionali consentendo all’agenzia delle Entrate (Ucifi, Ufficio centrale per il contrasto agli illeciti fiscali internazionali) e alla Guardia di finanza di richiedere, previa autorizzazione, agli intermediari i dati e le notizie relative a operazioni finanziarie con l’estero, da chiunque poste in essere anche al fine di individuare i beneficiari/titolari effettivi celati attraverso l’uso di schermi offshore.
I dati e le informazioni acquisite in sede di riciclaggio, pertanto, potranno costituire un patrimonio informativo di assoluta rilevanza da valorizzare anche in sede fiscale al fine di garantire una migliore tutela degli interessi erariali.
L’attuale articolo 36, comma 6 del Dlgs 231/2007 (decreto antiriciclaggio), infatti, prevede «l’utilizzabilità ai fini fiscali, secondo le disposizioni vigenti», dei dati e delle informazioni registrate da parte degli intermediari finanziari e degli altri soggetti destinatari della nuova normativa antiriciclaggio.
Ulteriore disposizione di particolare interesse, contenuta nel decreto legislativo 231/2007, è rappresentata dall’articolo 6 che prevede la possibilità per l’Uif di avvalersi dei dati contenuti nell’anagrafe dei rapporti finanziari recentemente implementata dal Dl “Salva Italia”, con il quale è stato introdotto l’obbligo per gli operatori finanziari di comunicare periodicamente all’Anagrafe tributaria le movimentazioni bancarie necessarie ai controlli fiscali e ogni informazione relativa a questi rapporti.
Il contesto normativo e operativo costituisce un conferma della corrispondenza esistente tra la disciplina antiriciclaggio e la normativa fiscale e di come la volontà del legislatore sia quella di istituire dei meccanismi di interazione tra le citate disposizioni, fornendo agli organi di controllo i connessi strumenti operativi al fine di realizzare la repressione degli illeciti di rispettiva competenza.
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