La Corte di Cassazione con la sentenza n. 18166 pubblicata il 26 luglio 2013 interviene in tema di licenziamento e di ferie affermando in primis la legittimità dei licenziamenti e in secondo luogo quella della richiesta di risarcimento: i lavoratori dovranno rifondare circa 12 mila euro di danni. Infatti, precisa la Corte, in materia di ferie è sempre il datore di lavoro ad avere l’ultima parola, in osservanza del potere organizzativo e direttivo: quindi, il lavoratore può richiedere le ferie in un determinato periodo, ma il datore di lavoro può sempre decidere diversamente.
La vicenda ha visto come protagonisti i lavoratori di una pizzeria che di fronte al silenzio del datore di lavoro decidono per la chiusura dell’esercizio pubblico in un periodo di punta della stagione estiva, così da permettere loro di fruire delle ferie. La chiusura fa perdere ricavi all’imprenditore, che già versava in condizioni economiche difficili e porta alla chiusura definitiva del locale a causa della crisi. Così, licenzia i dipendenti per giustificato motivo oggettivo, chiedendo loro anche un risarcimento per il dannocausato dalla chiusura “autoimposta”.
Pertanto alla luce del contenuto della sentenza in esame l’ultima parola sulla scelta dell’inizio delle ferie spetta sempre all’azienda mentre i dipendenti possono solo indicare il periodo in cui intendono fruire delle giornate di riposto, ma a disporre in via definitiva è il datore di lavoro.
Per cui nel caso in cui i lavoratori decidano il loro periodo di usufruizione delle ferie senza l’autorizzazione del datore di lavoro possono essere condannati al risarcimento dei danni nei confronti dell’azienda. I danni possono essere parametrati ai mancati guadagni per la ditta.
Gli Ermellini hanno confermato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo nei confronti di alcuni dipendenti che avevano anticipato i giorni della chiusura di una pizzeria, facendo perdere al datore di lavoro diverse migliaia di euro in termini di guadagni mancati. Gli stessi dipendenti sono stati condannati al pagamento di una somma, determinata in via equitativa, nella misura di un terzo/un quarto dei ricavi mensili stimati (complessivamente 12 mila euro).
I giudici di legittimità hanno, inoltre, precisato in merito ad altra questione del ricorso in materia di prova sullo svolgimento di straordinari lavorativi: l’orario di chiusura del registratore di cassa non fa fede per gli straordinari.
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