La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7361 depositata il 19 marzo 2024, intervenendo in tema di tassazione degli interessi sui finanziamenti intercompay (società delle stesso gruppo), ha ribadito, anche in tema di mutui e finanziamenti, che “… la disciplina in materia del transfer pricing internazionale deve trovare applicazione sia quando il prezzo pattuito sia inferiore a quello mediamente praticato nel comparto economico di riferimento, sia quando sia nullo (Cass. 30/06/2016, n. 13387); che sono soggetti alla medesima disciplina i finanziamenti infruttiferi internazionali tra imprese controllate e controllanti, attesa l’esigenza, in funzione dell’unitaria ratio dell’istituto, di oggettivare il valore delle operazioni ai soli fini fiscali, senza che ne siano alterati gli equilibri civilistici tra i contraenti (Cass. 15/11/2017, n. 27018); che detta disciplina opera anche nell’ipotesi di prestito ad una società del gruppo, fattispecie nella quale, essendo il costo rappresentato dal saggio di interesse, questo deve essere determinato in relazione al prezzo normale di mercato, ossia al tasso mediamente praticato nel tempo e nel luogo dell’operazione (Cass. 29/01/2019, n. 2387). …”
Pertanto per il Supremo consesso nelle operazioni intercorrenti tra soggetti di un gruppo multinazionale, deve essere applicata la normativa della c.d. transfer pricing internazionale, la quale prevede che i componenti conseguenti alla suddette operazioni siano assunti sulla base del “valore normale”, a prescindere dalle pattuizioni contrattuali. Pertanto nelle operazioni riguardanti i finanziamenti sia il tasso negoziale che l’eventuale infruttuosità devono essere analizzati confrontando l’operazione realizzata con fattispecie analoghe che, in situazioni comparabili, interessino imprese indipendenti.
In particolare per i finanziamenti infruttiferi il contribuente, a cui l’agenzia contesti l’applicazione del valore normale, può dimostrare che la deroga al principio di libera concorrenza è connessa a ragioni commerciali interne al gruppo.
Gli Ermellini, nella sentenza in commento, hanno precisano che la giurisprudenza di legittimità, sule tema dell’onere della prova, ha statuito che “… la disciplina di cui all’art. 110, comma 7, t.u.i.r. non ha natura antielusiva, ha chiarito che la prova gravante sull’Amministrazione finanziaria riguarda – non il concreto vantaggio fiscale, che potrebbe essere anche inesistente – bensì l’esistenza di transazioni, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale; incombe, invece, sul contribuente, giusta le regole ordinarie di vicinanza della prova ex art. 2697 cod. civ. ed in materia di deduzioni fiscali, l’onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali alla stregua di quanto specificamente previsto dal citato art. 9, comma 3, t.u.i.r. (Cass. 30/01/2023, n. 2689, Cass. 20/05/2021, n. 13850, Cass. 15/04/2016, n. 7493) …”
Con la sentenza in commento, i giudici di legittimità, hanno “… chiarito che, lo scrutinio del giudice di merito deve orientarsi lungo due direttrici: in primo luogo deve verificare se l’ufficio abbia o meno fornito la prova, ad esso spettante, che la controllante italiana ha compiuto un’operazione di finanziamento a favore della controllata estera, quale legittimo presupposto della ripresa a tassazione degli interessi attivi del mutuo, in base al tasso di mercato osservabile in relazione a finanziamenti aventi caratteristiche sufficientemente comparabili ed erogati a soggetti con il medesimo credit rating dell’impresa debitrice associata (cfr. report dell’OCSE 2020): detta determinazione è quaestio facti rimessa al giudice di merito. In secondo luogo, una volta acclarato tale profilo preliminare, anche in base al principio di non contestazione, deve verificare se, dal canto suo, la società abbia dimostrato che il finanziamento infruttifero era dovuto a ragioni commerciali interne al gruppo, o comunque era coerente con le normali condizioni di mercato o se, al contrario, risultasse che quel tipo di transazione (cioè il prestito di denaro) tra imprese indipendenti operanti nel libero mercato sarebbe avvenuta a condizioni diverse. (Cass. 10/01/2024, nn. 995, 996, 998, 1001, Cass. 20/05/2021, n. 13850). …”
I giudici di piazza Cavour, hanno anche, rammentato come la “… Le Sezioni Unite di questa Corte hanno riconosciuto la natura di soft law propria delle raccomandazioni contenute nel Commentario OCSE (cfr. Cass. Sez. U. 25/03 2021, n. 8500 in motivazione).
Nel report dell’OCSE pubblicato 1’11/02/2020, sulle transazioni finanziarie, si ribadisce (come già affermato nel Commentario OCSE all’art. 9 del Modello di Convenzione) che, nelle operazioni di finanziamento intercompany, la corretta applicazione del principio di libera concorrenza è rilevante non soltanto nella determinazione del valore di mercato dei tassi di interesse applicati, ma anche per valutare se un’operazione di finanziamento debba essere effettivamente considerata un prestito o, in alternativa, un apporto di capitale proprio. …”
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