AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 30 dicembre 2019, n. 538
Articolo 165 del TUIR di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 – Flussi provenienti da partecipazioni in società residenti in Brasile (juros sobre capital proprio)
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA S.p.A. (in breve “la società istante” o “ALFA S.p.A.”), società operante nel settore della …, detiene una partecipazione del 99,6 per cento nella società BETALt da, residente in Brasile (in breve “la società controllata”).
La società istante dichiara di aver ricevuto dalla società controllata alcune somme a titolo di “juros sobre capital proprio” (in breve “JSCP”) secondo la legislazione brasiliana.
Al riguardo, ALFA S.p.A. precisa che la suddetta espressione indica un regime agevolativo rientrante nelle misure ACE (“Allowance for Corporate Equity”), che tipicamente rendono deducibile dal reddito d’impresa un rendimento figurativo del capitale proprio al fine di rafforzare la struttura patrimoniale delle imprese.
Il citato regime agevolativo, introdotto in Brasile nel 1995 allo scopo di incentivare il ricorso al finanziamento con capitale di rischio anziché di debito e migliorare la solvibilità finanziaria delle imprese, si caratterizza per l’attribuzione di un rendimento al capitale di rischio, qualificato come dividendo ai fini civilistici e contabile, ma deducibile ai fini fiscali come interesse passivo. In particolare, i soci della società brasiliana, qualora quest’ultima abbia realizzato profitti in applicazione del regime JSCP, hanno diritto alla percezione di un dividendo minimo in relazione al rendimento attribuito al capitale proprio. Le erogazioni, pertanto, sono iscritte in bilancio come distribuzione di dividendi, ma ai fini fiscali sono deducibili come interessi passivi. Al momento dell’erogazione all’istante, i proventi derivanti dal regime JSCP subiscono una ritenuta in uscita che non può eccedere, secondo quanto stabilito dalla Convenzione, il 15 per cento dell’ammontare lordo degli importi distribuiti.
In sede di documentazione integrativa, l’istante ha chiarito di aver ricevuto somme a titolo di JSPC dal 2012 al 2016 e negli ultimi due anni (2018 e 2019).
Tutto ciò premesso, l’istante chiede di conoscere la corretta qualificazione, ai fini della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica Federale del Brasile per evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte dirette, firmata a Roma il 3 ottobre 1978 (nel prosieguo “la Convenzione”), delle somme corrisposte dalla controllata brasiliana a titolo di JSCP e l’ammontare del credito d’imposta deducibile dall’imposta netta italiana, rispetto alle imposte pagate a titolo definitivo in Brasile.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Con riguardo al trattamento civilistico e fiscale brasiliano, l’istante chiarisce in primo luogo che i proventi JSCP sono considerati come dividendi e contabilizzati in bilancio come tali, ma dal punto di vista fiscale sono qualificati come interessi passivi e pertanto deducibili dal reddito d’impresa della società emittente.
Sotto il profilo convenzionale, invece, l’istante richiama l’articolo 10, paragrafo 4 della Convenzione, che fornisce la definizione di dividendo, affermando che anche le somme JSCP potrebbero essere ricomprese nella nozione, trattandosi di redditi derivanti da azioni. ALFA S.p.A richiama altresì l’articolo 11, paragrafo 4, della citata Convenzione che, includendo nella definizione di interessi, in via residuale, ogni altro provento assimilabile ai redditi di somme date in prestito, rinvia alla legislazione fiscale dello Stato contraente da cui i redditi provengono.
Tra le due opzioni l’istante sembra propendere per la sussunzione dei proventi in esame, ai fini convenzionali, alla categoria reddituale degli interessi.
Secondo l’istante, tale interpretazione ha il pregio di evitare gli effetti elusivi derivanti dal trattamento convenzionale delle somme JSCP come dividendi, atteso che si determinerebbe l’effetto indesiderato di deduzione nello Stato della fonte (ossia il Brasile) e l’esenzione o non inclusione nello Stato di residenza del socio percettore,beneficiario effettivo.
Ciò premesso, atteso che, ai fini convenzionali, i dividendi e gli interessi possono essere tassati in Brasile, come Stato della fonte, con un aliquota non eccedente il 15 per cento dell’ammontare lordo degli importi, se il percettore ne è il beneficiario effettivo, l’istante ritiene che la doppia imposizione dal medesimo subita per effetto della tassazione dei medesimi proventi nei due Stati contraenti possa essere neutralizzata mediante il riconoscimento del credito d’imposta, con le modalità di cui all’articolo 165 del TUIR. Sul punto, ALFA S.p.A. osserva che l’articolo 23, paragrafo 4, della predetta Convenzione riconosce un credito d’imposta figurativo (c.d. “matching credit”) stabilendo che, ai fini della deduzione dall’imposta italiana delle imposte pagate in Brasile, l’imposta brasiliana deve sempre considerarsi pagata con l’aliquota del 25 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi, degli interessi e dei canoni corrisposti al soggetto residente in Italia, ancorché l’imposta effettivamente pagata sia pari al 15 per cento.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si evidenzia che esula dall’analisi della presente istanza di interpello ordinario la corretta determinazione e quantificazione del valore contabile e fiscale delle operazioni indicate in istanza e nei vari allegati prodotti, restando impregiudicato qualsiasi potere di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria volto alla corretta determinazione, qualificazione e quantificazione fiscale degli stessi.
Il quesito verte sulla qualificazione, ai fini della Convenzione tra Italia e Brasile,delle somme corrisposte a titolo di JSCP dalla controllata brasiliana al socio italiano e l’ammontare del credito d’imposta deducibile dall’imposta netta italiana, rispetto alle imposte pagate a titolo definitivo in Brasile.
Ciò premesso, in relazione alla corretta qualificazione e al trattamento fiscale dei flussi provenienti da società controllate brasiliane denominati Juros sobre Capital Proprio, si rappresenta quanto segue.
Al fine di determinare il corretto trattamento fiscale dei proventi percepiti da un contribuente italiano, relativi alla partecipazione in società brasiliane, va innanzitutto qualificato il flusso percepito in funzione della categoria del titolo partecipativo secondo la disciplina interna.
L’articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR, definisce le caratteristiche dei titoli e degli strumenti finanziari emessi dalle società che si considerano similari alle azioni,la cui remunerazione è da qualificare dividendo. Tale comma, all’ultimo periodo stabilisce che “le partecipazioni al capitale o al patrimonio, nonché i titoli e gli strumenti finanziari di cui al periodo precedente emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), si considerano similari alle azioni a condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza del soggetto emittente; a tal fine l’indeducibilità deve risultare da una dichiarazione dell’emittente stesso o da altri elementi certi e precisi”.
Nella fattispecie analizzata, tenuto conto che parte della remunerazione del titolo, trattata in Brasile come JSCP, è deducibile dal reddito del soggetto emittente, non risulta rispettata la condizione dell’indeducibilità totale nello Stato estero. Pertanto, i titoli partecipativi in questione non possono essere considerati titoli similari alle azioni ai fini delle imposte sui redditi e la relativa remunerazione deve essere interamente qualificata quale interesse attivo e non quale dividendo.
Di conseguenza, non è applicabile l’esclusione del 95 per cento del flusso percepito dal socio residente in Italia, ai sensi dell’articolo 89, comma 3, del TUIR.
In sede convenzionale, come chiarito dal Commentario all’articolo 23 (PAR. e) del Modello di Convenzione OCSE, per il riparto della potestà impositiva tra le giurisdizioni italiana e brasiliana, ai fini della qualificazione di un flusso corrisposto a un soggetto dell’altro Stato contraente, sia per i dividendi che per gli interessi, si fa riferimento alla legislazione fiscale dello Stato contraente da cui i redditi provengono.
Pertanto, nel caso di specie, per qualificare i redditi “in uscita” dal Brasile, ai fini convenzionali, viene in rilievo la qualificazione prevista dalla normativa brasiliana, con la conseguenza che deve essere considerato quale interesse la parte di reddito deducibile in Brasile a titolo di JSCP e quale dividendo la parte corrisposta non deducibile.
In applicazione del Trattato, quindi, la porzione di provento proveniente dall’entità brasiliana e correlata a ciò che, ai fini convenzionali, è considerato”dividendo” – vale a dire alla porzione di utile non dedotta come juros – gode del regime di esenzione, quale rimedio contro la doppia imposizione, previsto dall’articolo 23, par. 3, della Convenzione Italia-Brasile (in presenza di partecipazione che ecceda il 25% del capitale).
La porzione di provento qualificato quale interesse, ai sensi della Convenzione Italia-Brasile, concorre interamente al reddito del socio italiano che ha diritto al matching credit previsto dall’articolo 23, par. 4, della Convenzione Brasile-Italia, nella misura dell’aliquota del 25 per cento dell’ammontare lordo degli juros.
Il trattamento impositivo dettato dalla norma convenzionale, come sopra declinata, prevale rispetto alla normativa interna, considerato sia l’articolo 169 del TUIR e sia l’articolo 117 della Costituzione.
In particolare, il suddetto articolo 169 stabilisce che le disposizioni del TUIR si applichino anche in deroga agli accordi internazionali contro le doppie imposizioni se più favorevoli al contribuente, e attribuisce una prevalenza generale alla norma convenzionale.
Con riferimento all’articolo 117 della Costituzione, la Corte costituzionale ha riconosciuto che i trattati – ivi comprese dunque le convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni – assumano un rango intermedio nella gerarchia delle fonti interne,rimanendo subordinate alla Costituzione, ma sovra ordinate alla legge che, quindi, non può violarne le disposizioni.
Resta inteso che i flussi di reddito corrisposti dalla società brasiliana, non essendo collegati a rapporti aventi causa finanziaria ma a un investimento di carattere partecipativo, non rientrano tra gli interessi attivi e proventi assimilati che concorrono alla determinazione del limite di deducibilità degli interessi passivi di cui all’articolo 96 del TUIR.
Ciò anche alla luce dell’interpretazione fornita dalla circolare n. 19/E del 21 aprile 2009, che ha precisato quanto segue: “Per quanto riguarda l’individuazione degli oneri e proventi ‘assimilati’ rispettivamente agli interessi passivi e attivi, occorre fare riferimento ai fini della norma in esame ad una nozione non meramente nominalistica, ma sostanzialistica di interessi. A titolo esemplificativo si ritengono compresi fra gli oneri e proventi assimilati agli interessi attivi e passivi le seguenti voci: gli sconti passivi su finanziamenti ottenuti da banche o da altre istituzioni finanziarie; le commissioni passive su finanziamenti e per fideiussioni o altri flussi e garanzie rilasciate da terzi; gli altri oneri da titoli di debito emessi, compresi i disaggi di emissione e i premi di rimborso; gli oneri sostenuti dal prestatario nelle operazioni di prestito titoli, sempreché la causa di detti ultimi contratti rivesta una natura finanziaria”. Pertanto, per la parte di tali flussi considerata interesse passivo in Brasile spetterà il credito d’imposta previsto dal paragrafo 4 dell’articolo 23 della Convenzione e, per la parte considerata dividendo, si applicherà il meccanismo dell’esenzione,previsto dal paragrafo 3 dello stesso articolo per i dividendi ricevuti da società residenti in Italia, che detengono partecipazioni in società brasiliane almeno pari al 25 per cento del capitale.
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